La Repubblica -14 Settembre 1997

Venezia, si schiera Bertinotti
"Contro la Lega tutti uniti"

 
di ROBERTO BIANCHIN


 
VENEZIA - Si erano tanto odiati. Smarriti, dispersi, divisi. Comunisti, verdi, autonomi, sindacalisti, ragazzi dei centri sociali, cani sciolti del popolo della sinistra alternativa, non erano più capaci di parlarsi da anni. Si sono ritrovati ieri, erano in tanti, almeno quindicimila (il doppio, sostengono gli organizzatori), si sono annusati, si sono guardati con un briciolo di sospetto, hanno sfilato di nuovo insieme. Ciascuno con la sua bandiera ma tutti con un solo nemico: il razzismo e la secessione. In una parola, la Lega.
Più che la magia di Venezia, più che la suggestione del messaggio del Subcomandante Marcos, letto sul palco di campo Santo Stefano da Maribel, una piccola donna del Chiapas con il volto coperto da un fazzoletto ("il neoliberismo distrugge le nazioni per impossessarsi di loro, e due continenti, quello europeo e quello americano, tornano ad affratellarsi nella lotta"), ha pesato il fantasma della Padania che Bossi, in laguna, evocherà oggi.
"Una cosa buona Bossi l'ha fatta - ride Fausto Bertinotti- ci ha rimesso assieme, ha riempito questa piazza. Non so se ci saremmo riusciti da soli". Gongola il segretario di Rifondazione, giacca e cravatta nell'afa tropicale. "Questa giornata è importantissima. Perché abbiamo chiuso la frattura del '77 e il popolo della sinistra, una sinistra pluralista, diversificata, da oggi si rimette in cammino. Vuol dire che si può ancora sognare, sperare, vincere". Il messaggio di Bertinotti è ambizioso : battere la Lega "che fa una politica sciagurata, di destra, e vuol fare del Nord Est il regno del mercato", e "costruire una nuova sinistra". Con i comunisti, gli ambientalisti, i centri sociali, per alzare una diga contro il neoliberismo "inumano" e difendere i valori dello Stato sociale. Ecco il primo obiettivo: una grande manifestazione, prossimamente a Roma (Piazza del Popolo o Piazza San Giovanni, forse già in ottobre) per instaurare "un nuovo Stato sociale".
"Possiamo osare" dice. E spiega che non importa contare se sono più le bandiere di Rifondazione o quelle dei verdi o quelle del sindacato o quelle del Leoncavallo. Non c'è problema: sono più quelle di Rifondazione. Sono arrivati da diverse regioni, fanno sventolare la falce ed il martello, cantano Bandiera Rossa e canzoni partigiane. Due cortei attraversano la città, le bandiere dei Verdi e gli striscioni dei sindacati sono di meno. Molte di più quelle dei centri sociali, tantissime con la faccia di Guevara e la stella rossa dell'esercito zapatista. Quelli del Leonka portano sul volto un passamontagna nero, come Markos, e hanno uno striscione con il sole celtico della Lega chiuso dentro un cartello di divieto d'accesso. "Taglia di un miliardo a chi scova un leghista intelligente" c'è scritto su un altro. Nessuna tensione, il clima è festoso. "Chi non salta un leghista è" cantano e saltano, come allo stadio.
Sono in quattromila i giovani dei Centri sociali, vengono da tutta Europa, non vogliono più farsi chiamare "autonomi". Da giovedì, al palasport di Mestre, stanno facendo convegni, dibattiti, concerti. Una kermesse intensa, affollata, tranquillissima, con gli zapatisti, Cacciari, Bettin, Minà, gli scrittori Galeano e Taibo, l'antropologo Le Bot, il verde Scalia, l'ex autonomo Piperno, gli Area, i Litfiba e molti altri. "Ci hanno detto cani rognosi, delinquenti - dice Luca Casarini, portavoce dei Centri sociali- ma su questa piazza, con questa grande mobilitazione, abbiamo vinto noi, e la Lega è stata già battuta". Sul palco, sotto lo striscione unitario, senza simboli, "L'Europa sociale contro il razzismo e il secessionismo", salgono in tanti nel pomeriggio. Dal prosindaco Gianfranco Bettin al direttore del "manifesto" Valentino Parlato, dal deputato laburista Ken Coates a Pino Greco, operaio della " ;Pertusola" di Crotone. E' una maratona che dura quattro ore.
"Viva Zapata" si alza il coro della piazza quando Maribel legge, è già sera, le parole di Marcos : "Il ponte che avete teso con i vostri cuori ha sfondato questo oceano". Luigi Pilotto, che ha una maglia a righe, da gondoliere, e il fazzoletto dell'associazione partigiani al collo, alza il pugno. Sul braccio ha tatuato il leone di San Marco. "L'ho fatto dopo l'assalto al campanile - dice - San Marco è nostro, non sta con loro".