La Stampa -14 Settembre 1997

Bertinotti, l'anti-Senatùr
IN PIAZZA CONTRO LA SECESSIONE
Con il solito motto: crisi con questo welfare

 

VENEZIA
DAL NOSTRO INVIATO
Prendere la frase di Fausto Bertinotti, sostituire la parola "crisi" con "secessione", e dal palco di Campo Santo Stefano ecco il primo paradosso: tranne la camicia azzurra, con la cravatta, la giacca e perfino le calze in una sinfonia di verde, sembra proprio Umberto Bossi: "Volete la crisi? Prendetevi le vostre responsabilità! Noi non ci stiamo! Non la cerchiamo, ma piuttosto che produrre delusione nel nostro popolo della sinistra, meglio la crisi! Si può ancor sognare, sperare, vincere!". O ancora: "Siamo qui in 40, 50 mila!", ma l'Ansa darà conto di 15 mila, meno della metà. Secondo paradosso: dai veterani del '68 come Emilio Molinari e Guido Pollice, dai reduci del "7 aprile" come Paolo Benvegnù, dai temutissimi Autonomi ora riconvertiti in Centri Sociali, dai Verdi ai neocomunisti di Bertinotti, sono tutti qui, con il tricolore, a difendere Stato e istituzioni contro "il grugnito leghista", "lo smottamento societario che porta al micronazionalismo", "per la dignità dei popoli contro il neoliberismo".
Sul palco, il fazzolettone a coprire metà volto, la compagna Maribel e il compagno Mesias, la delegazione zapatista: in tasca un messaggio del subcomandante Marcos datato "Venezia, Italia ribelle, settembre 1997". Alle loro spalle la pelata di Sandro Curzi, dal Mugello al Campiello. Sotto il palco, infrante le resistenze del servizio d'ordine, 12 giovanotti dell'associazione "Ya Basta" si calano il passamontagna nero sul viso, "perché siamo tutti zapatisti". Il compagno Fausto è seduto accanto al compagno Luca del centro sociale "Pedro" di Padova. Quando toccherà a lui il Campo diventa uno stadio: "La Lega è stata battuta oggi e qui, compagne e compagni. Alziamo tutti il pugno, abbiamo riempito Venezia!". Chi non salta un leghista è, gridano gli amplificatori: non salta nessuno, ma non importa. E' il momento di Bertinotti, e dal centro del Campo, sotto la statua di Nicolò Tommaseo che guarda dall'altra parte, volano le note di "Bandiera rossa". Bertinotti canticchia, sembra Bossi con il "Va' pensiero".
Campo Santo Stefano è tutto un pugno chiuso, una bandiera rossa, un tricolore. Gli striscioni della "Rete Zapatista Marchigiana". Quello del "Leoncavallo" di Milano, che invoca "Luca libero!" Quello della "Consulta stranieri di Grottammare". E il banchetto che dà inizio alle vendite del Calendario Anticlericale proprio mentre dal palco leggono una lettera del vescovo di Caserta. Le kefiah dei palestinesi. Le magliette "Silvia Baraldini libera". Il volantino di "Effettivamente solidali". Dal palco, il compagno Fausto deve aver provato più di un brivido. Finito di canticchiare "Bandiera rossa", abbassato il pugno sinistro, lo confessa a tutti: "Sento l'emozione nel poter usare la parola compagna, compagno...". In Campo Santo Stefano vede il suo popolo: "Un nuovo popolo di sinistra che si può costruire, come dimostra questa piazza!". E allora, continuando nel paradosso, ecco che la Lega e la secessione, come in gran parte dei 18 interventi che l'hanno preceduto, finisce sullo sfondo, svanisce.
"Si può ancora sognare, sperare e vincere!", ripete Bertinotti. Arrivati a Venezia con treni speciali, pullman, auto e autostop, per gridare contro la secesssione, i 40 mila (o 15 mila), si sentono proporre da Bertinotti un'altra cosa. Li spiazza, alla Bossi, e li tiene tutti con sé: "Ho sentito proporre un'altra manifestazione in una piazza più grande, piazza San Marco, ma perché non piazza del Popolo o San Giovanni a Roma? Si rimetta in moto il popolo della sinistra! Non chiediamoci da dove vieni, ma dove vogliamo andare!". Per il compagno Fausto, da Campo Santo Stefano può nascere "il nuovo popolo della sinistra". Un nuovo popolo aperto a tutte le "diversità". "Questo è il popolo dell'indulto che vuole la pacificazione e la solidarietà rispettando i familiari delle vittime, ma guardando anche avanti!". Ovazione. Parla ai descamisados dei Centri Sociali: "Pur nella diversità, nelle periferie urbane hanno costruito un argine contro la droga e l'emarginazione!". Doppia ovazione.
A Roma, dunque, con Centri Sociali, veterani e reduci, per la mobilitazione sullo Stato sociale, per farsi sentire da Prodi e D'Alema a nome di campo Santo Stefano e di chi "si aspettava qualcosa di diverso da un governo di sinistra. Gridare, come scrive il subcomandante, "perché gridare è una forma di sognare". Solo il Nuovo Popolo della Sinistra, chiude Bertinotti, può battere la Lega: "la risposta di questa classe politica è inefficace, non è credibile, e pure le risposte di magistratura, polizia o carabinieri sarebbero inefficaci". Il Nuovo Popolo della Sinistra dovrà "prosciugare l'acqua della Lega: tanti stanno nella Lega perché si sentono privati del futuro, se un operaio li vota mi domando dove abbiamo sbagliato per renderlo attivo e militante in un modello di società che noi proponiamo opposto a quello di Bossi". Che arriverà oggi pomeriggio, in una sinfonia di verde, e dirà più o meno così: "Volete la secessione? Prendetevi le vostre responsabilità! Si può ancora sognare, sperare, vincere...".

Giovanni Cerruti