La Nuova Venezia -14 Settembre 1997

 

VENEZIA-La tensione sale alle 15.30 in Strada Nova. Un signore in maglietta verde con uno Yorkshire in braccio si affaccia alla finestra. Urla dal corteo: "Vieni giù se hai coraggio". Lui raccoglie l'invito. Lancio di pomodori, insulti: "Provocatore". Uno del servizio d'ordine ne esce con gli occhiali rotti Un manifestante ammette: "lo abbiamo scambiato per un leghista, ho sprecato due pomodori". Gianluigi Ratti, chimico in pensione: "Un episodio irrilevante, non mi sorprende. Porto quella maglietta in casa, non pensavo al significato. Ma è grave dover evitare un colore perché ha una sfumatura politica".

MILLE COLORI CONTRO LA LEGA

di Fiorenza Ferretti

VENEZIA-Bandiere rosse e palloncini colorati, sole giallo in campo verde, capelli verdi o rosa shocking, facce nere, la faccia del Che su tante bandiere. Dal ponte degli Scalzi pendono manifesti biancoverdi, ma non sono della Lega. C'è scritto: "Padania no grazie. Uniti", il Leone di S. Marco spezza in due alcune lance.
Il popolo antileghista ha mille colori. E i mille colori del corteo contro la secessione iniziano qui, da piazza della stazione. Un altro troncone si muove da piazzale Roma. Quindicimila Persone, più o meno. Tra quelli venuti da lontano ci sono i ragazzi del treno della protesta giovanile contro l'Europa di Maastricht: arrivano da Francia Germania, Belgio Irlanda, Ungheria, Serbia, Bielorussia. Poi gli immigrati, come il senegalese George che in un italiano stentato dice di voler manifestare <<contro il razzismo" e porta incollato al petto l'adesivo con la scritta "Bossi gna'fa". In quanto a chilometri percorsi non scherzano neanche i giovani della "Coppola Rossa>>, da Adelfia, Ban: dieci ore di viaggio per venire a Venezia a dire che "da cinque mesi esistiamo, unico centro sociale in una terra senza prospettive di lavoro né occasioni di aggregazione" spiega Nino, 30 anni, disoccupato.
C'è chi invece per sfilare contro Bossi ha percorso solo un breve tratto, come i soci del circolo di Chioggia di Rifondazione comunista. Sul loro striscione, coloratissimi bragozzi evocano il passato e presente marinaro. "Patria nostra e il mondo intero". Mauro Cordini, 70 anni, da Riva del Garda, tranviere in pensione, berretto e bandiera rossi dice: "Sono compagno da 50 anni.
L'importante è che i giovani siano educati alla pluralità dei popoli. Il futuro sono loro". Da Cinisello Balsamo è arrivato Pasquale, napoletano, tranviere, emigrato nel '69 nel cuore della Padania: "Bossi dice che la manodopera è solo del Nord, e allora io cosa sono?.". Da Milano vengono anche quelli di <<Apolidia", sigla che riunisce molti sans papiers. Innalzano uno striscione con parole in arabo e in cinese, contro la secessione e il razzismo, contro la xenofobia e per la libertà di espressione. Sul petto di un gruppo di insegnanti di Pordenone spicca un adesivo giallo con una "T" nera: "Teròn". L'adesivo, stampato per la campagna in difesa degli insegnanti meridionali, va a ruba. Il folklore è affidato al "Movimento degli uomini casalinghi" che predica il ritorno ad una società matriarcale popolata da maschi gentili e premurosi. Insomma il contrario di Bossi, "tipico maschio guerriero e arrogante".
Quello che si muove alle ore 15 dalla stazione è un cocktail di colori e di ideali, di teste rapate e famigliole con bambini nel passeggino, facce barbute da vecchi compagni, piercing e passamontagna in stile zapatista. Occupazione, antirazzismo, diritti, delle minoranze, ambiente, casa. Le idee campeggiano sugli striscioni, rimbalzano sui volantini, riecheggiano negli slogan, mentre t-shirt e gadget le ripropongono sotto forma di frasi del Che. Apre il corteo lo striscione del "Leoncavallo". La folla multicolore si muove, accompagnata da percussioni e canti, tra grida da stadio ("Chi non salta un leghista è") e martellanti refrain: "La Padania non esiste la Padania non esiste".
Dai microfono esce un appello. "Venezia è una città delicata, una città del mondo. Non usate spray sulle pietre dei palazzi. Questa non è un'invasione barbarica come quella di domani (oggi, ndr.)".
Via, si parte. Il corteo imbocca Strada Nova, gli slogan scandiscono l'aria, la gente si affaccia dalle finestre e dai negozi, i turisti fanno finta di niente. La manifestazione procede senza incidenti salvo un animato battibecco che per poco non finisce in rissa contro un signore colpevole di indossare una Lacoste verde-Lega.
Il serpentone striscia tra calli e campi, si dilata e si restringe per superare i ponti, sfila tranquillo (o forse ignaro) vicino a Ca' d'Oro, a due passi dalla sede della Lega, presidiata da quattro giorni dalle forze dell'ordine nel timore di un tiro mancino. Invece, neanche uno schiamazzo.
Gli slogan si sprecano più avanti. IL più colorito suona così: "Bossi non ci convinci, la tua Padania è come il Gratta e vinci>>. In Campo S. Apostoli zigzagando tra i tavoli del bar-pizzeria "Solda" gremiti di turisti giapponesi con le forchette alzate, il corteo rallenta. C'è Bertinotti, intervistato da radio e tv. Ma a strappare l'applauso dei manifestanti non è il segretario di Rifondazione, bensì gli inquilini di un palazzotto nobiliare che hanno appeso il cartello "Padania no grazie" alle bifore del secondo piano. In un canale si svolge uno strano intreccio di imbarcazioni: il motoscafo che porta via Bertinotti e le sue guardie del corpo, un taxi con un corteo nuziale, una gondola coi soliti turisti giapponesi. Intorno sventolano le bandiere rosse e i ritratti del Che.
E al rosso si ispira anche la vetrina del negozio di Fiorella Mancini, protagonista di tante performances all'epoca di De Michelis. Tra i suoi preziosi velluti oggi propone magliette con l'effigie di Marx a 20 mila lire. "La mia è una galleria dell'immagine che cambia a seconda degli eventi-spiega- Domani sarà il giorno del verde di Bossi".