PAOLO FERRERO
Segreteria nazionale del Prc, responsabile dello stato sociale
V I SONO FATTI COLLETTIVI che esprimono in forma emblematica percorsi più complessi e che - per questa ragione - meritano di essere indagati a fondo, per coglierne le diverse facce e possibilità. La manifestazione del 13 a Venezia rappresenta, a mio parere, uno di questi momenti e non dobbiamo lasciarlo cadere facilmente nel dimenticatoio.
In primo luogo, la manifestazione ha rappresentato una risposta politica forte alla Lega nord (anche se quasi ignorata dai mass-media), uscendo dal modo tutto politicista di oscillare tra l'inseguimento ai contenuti della Lega e il delirio repressivo. E' stata una risposta alla Lega pienamente politica, perché ha messo al centro i nodi sociali, ha indicato nei processi di globalizzazione le basi strutturali del successo del secessionismo. La questione vera che ci pone la Lega è infatti la nostra capacità di dare una risposta - da sinistra - ai disastri sociali e al senso di insicurezza generati dal neoliberismo, ovvero formulare una moderna critica della mercificazione capitalistica.
Questo, la necessità e la possibilità di guardare avanti, a me pare abbia costituito il vero fatto di fondo della manifestazione di Venezia.
Non per caso, la presenza degli zapatisti ha avuto quel peso: non era solo solidarietà; era la consapevolezza di far parte della stessa lotta di fronte allo stesso nemico, le politiche neoliberiste intrecciate al processo di globalizzazione. Non per caso, la manifestazione è stata tutt'altro che "difensiva". Il suo stesso tono allegro, vivo, unitario, ci ha segnalato che qualcosa di nuovo stava accadendo. I manifestanti non erano, e non si percepivano, come un residuo del passato, come un esercito sconfitto che orgogliosamente dice ancora una volta la sua, ma come i portatori di una possibile diversa idea di società.
Quando, nel mese di luglio, abbiamo tutti insieme scritto il testo dell'appello per la manifestazione ci siamo posti, già nella forma, il problema di pesare adeguatamente le parole d'ordine "contro" e quelle "per"; e la manifestazione ha espresso, meglio del nostro appello, il pieno intreccio tra il no alla Lega e del sì a una diversa modernità.
In secondo luogo, la manifestazione è stata possibile perché aveva al centro l'idea e la prospettiva dell'Europa sociale. Di nuovo, non credo sia un caso che molti di coloro che hanno promosso il 13 veneziano siano gli stessi che hanno aderito, mesi fa, alla manifestazione di Amsterdam. Paradossalmente, è stato possibile mettersi d'accordo in Italia perché abbiamo trovato delle sintonie in Europa e sull'Europa; perché abbiamo individuato insieme i tratti del nuovo ciclo capitalista e, di conseguenza, ci siamo posti - tutti - il problema di una risposta nuova.
Le discussioni che abbiamo avuto, anche nel meeting organizzato dai centri sociali a Mestre, non hanno ricalcato le discussioni del passato, ma hanno proposto una ricerca in cui - da diversi punti di partenza - si ragionava sullo stesso ordine di problemi: come tenere insieme resistenza e innovazione in questa gigantesca trasformazione. Come parlare a diverse composizioni di classe, chi vede le sue conquiste messe in discussione e chi non ha tutele. Come sia possibile saldare resistenza e progetto, se mi è permesso riproporre il motto dell'ultimo congresso di Rifondazione comunista.
Perciò la manifestazione di Venezia è stata un fatto positivo, e per questo contiene le premesse del suo sviluppo. Ed è per questo, infine, che ci pare possibile rilanciare l'idea di una grande iniziativa nazionale unitaria, da tenersi in autunno, con al centro il nodo della difesa e della riforma dello stato sociale. La partita sullo stato sociale sarà infatti decisa non solo sul terreno dei rapporti politici, ma anche su quello dei rapporti sociali. Se dovesse risultare vincente l'impostazione proposta dalla Commissione Onofri - un "universo della miseria" in cui lo Stato non è garante di una redistribuzione del reddito dell'alto verso il basso ma di una redistribuzione tutta interna al monte salari - è evidente che ci saranno tutte le premesse per una ulteriore frantumazione sociale e per una vera e propria guerra tra i poveri.
Se per liberare risorse per l'occupazione la proposta è quella del taglio delle pensioni e della precarizzazione del lavoro, è evidente che si fabbricano i presupposti di gigantesca guerra tra i poveri, in cui l'avversario del disoccupato diventa il pensionato, l'avversario del lavoratore precario diventa il lavoratore "garantito", e via frammentando. Se poi consideriamo il fatto che la maggior parte dei giovani disoccupati risiede nel Mezzogiorno e la maggior parte degli aventi diritto alle pensioni di anzianità nel centro nord, vediamo come questa guerra tra i poveri rischia di saldarsi al conflitto territoriale, fornendo basi di massa alle destre populiste: alla Lega nord, con il rischio di un vero e proprio sfondamento egemonico all'interno del proletariato industriale in nome della "conservazione" dei diritti; ad Alleanza nazionale, tra i giovani del sud, in nome del lavoro da ottenere attraverso la "solidarietà nazionale".
Inoltre, se il governo italiano accetta come immodificabile l'enorme evasione fiscale e non mette in discussione il livello dei profitti, implicitamente dà alla globalizzazione capitalistica una risposta molto simile a quella di Bossi: la Lega propone il separatismo delle regioni ricche su base territoriale; l'accettazione che le classi ricche non partecipino in misura congrua alla spesa sociale significa accettare un separatismo di fatto su basi di classe.
Abbiamo quindi bisogno di una grande manifestazione nazionale che ponga con forza il problema della rivendicazione del conflitto, della ricostruzione di elementi di unità di classe in nome di una comune lotta contro la grande evasione fiscale e i profitti. Che dia una risposta da sinistra ai problemi posti dalla globalizzazione e individui nella costruzione di un'Europa sociale la risposta - parziale ma oggi possibile - al neoliberismo.
Per tutte queste ragioni mi pare non solo possibile ma necessario - dopo Amsterdam e Venezia - metterci al lavoro per costruire un appuntamento di massa a Roma, che veda protagonisti il sindacalismo classista e l'associazionismo così come le mille forme in cui oggi si esprime la sinistra antagonista.