25 marzo 1996
Dentro questa riflessione, sul rapporto tra settorializzazione e complessivizzazione anche dell'intervento politico, anche i settori specificidel momento organizzativo debbonosempre più confrontarsi complessivamentecon tutti i vari aspetti del sociale. È necessario rendere materiale, all'interno di tutti gli organismi in cui operiamo, questo concetto di rapporto in rete: non solo perché il problema è quello di mettere in comunicazione la rete, ma anche e soprattutto perché i contenuti che affrontiamo ed i terreni su cui lavoriamo devono immediatamente porsi in una logica e in una dinamica complessiva. Scendiamo velocemente sul terreno pratico, senza scomodare grandi discorsi teorici: se fai intervento al Centro sociale non può esistere solo un discorso specifico del Centro sociale, ma devi fare immediatamente i conti con le tematiche dell'immigrazione, del reddito, della comunicazione. Così come se intervieni sull'autorganizzazione nel posto di lavoro, ti trovi immediatamente ad avere a che fare con giovani lavoratori che rivendicano anche spazi d'aggregazione, con l'immigrato che vive un problema di diritti negati e così via. Non possono esistere dinamiche separate. Anche qui si tratta di forzare nell'agire politico quotidiano.
Con questo spirito penso vada affrontato anche il mio terreno specifico, cioé l'esperienza dell'Associazione Difesa Lavoratori - Cobas, momentaneamente federata Slai, perché noi abbiamo un nostro progetto, una nostra pratica, un nostro approccio rispetto alle cose, che., se per un verso trova delle grosse assonanze su alcune cose che vengono fatte all'interno dell'Alfa di Arese, su altri terreni abbiamo delle logiche che ci porteranno probabilmente da tutt'altra parte. Per fortuna l'orientamento dominante nello Slai-Cobas non è quello del libro di Malabarba - "Dai Cobas al sindacato", facciamo gli scongiuri - , noi cerchiamo di dire qualcosa di completamente diverso, l'orientamento dev'essere ben altro, l'orientamento è la rete, le reti, non ricostruire il sindacato ma costruire e diffondere autorganizzazione. Il discorso strategico non può essere quello del nuovo sindacato nazionale, ma porsi il problema del lavoro produttivo e delle modificazioni che sono in atto. Per esempio, che cosa succede nel momento in cui l'Alfa chiude? A me dispiace, ma bisogna ragionarci prima. Chiaramente può esserci una logica di lotta di tipo resistenziale, ma le lotte di resistenza possono avere un senso solo nel momento in cui sono foriere dello sviluppo di un orizzonte nuovo; se invece sono un fine a se stesso, finisce come sono finite tutte le lotte di tipo resistenziale, punto e a capo.
La logica deve essere invece quella dell'internità ad una dinamica sociale. Noi cerchiamo di muoverci in quest'ottica, anche nelle piccole cose. Il fatto che l'A.D.L. sia passata da alcune singole esperienze di autorganizzazione ad oltre settecento iscritti in provincia di Padova non vuol dire nulla; vuol dire molto il fatto che promuoviamo iniziative di lotta e scioperi autorganizzati, che ci poniamo in una logica che non è di puzza al naso sulle dinamiche di trattativa, che riusciamo a conquistare spazi (come la nuova sede che diventerà un punto di riferimento per l'estensione della proposta A.D.L. a tutto il Nordest), che stiamo sperimentando l'apertura ad una logica diversa. Per esempio, con la campagna per ottenere il rimborso sulle bollette Enel, abbiamo raccolto in una settimana oltre trecento adesioni tra i lavoratori, mentre gli ambientalisti hanno fatto un'iniziativa solo di facciata. Abbiamo una logica che non è quella della semplice tutela sindacale del lavoratore di fabbrica o dell'impiegato in ufficio, ma ci muoviamo in una logica più complessiva dal punto di vista sociale: a partire dall'iniziativa del Cobas dell'Italcementi di Monselice abbiamo, per esempio, aperto una vertenza contro la scelta del cementificio di bruciare copertoni. La questione è stata sollevata dagli stessi lavoratori interni all'Italcementi e oggi sta mobilitando l'intero paese. C'è una composizione operaia molto giovane che con la riforma delle pensioni ha davanti la prospettiva di trent'anni di fabbrica e che si pone in prima persona il problema della salute. Noi non ragioniamo certo sull' "esportazione" di questo modello nelle altre provincie, ma vogliamo aprire un confronto a tutto campo con i differenti organismi: stiamo per esempio sviluppando un rapporto con il Centro sociale di Padova.
Volevo concludere con una annotazione sulla globalizzazione: questo discorso penso vada localizzato. Si pensa spesso ad una rigida divisione tra un centro dell'economia-mondo e una sua periferia. In realtà, a cinque kilometri da qui abbiamo delle fabbriche dove si lavora per 3.500 lire all'ora che sono legate al ciclo calzaturiero della Riviera del Brenta. Non so se avete letto sul giornale che a New York ti prendono l'impronta del piede con lo scanner e ti fanno la scarpa su misura qui. Allora, abbiamo certo un alto tasso di tecnologia, ma non vorrei credessimo che qui tutti lavorano al computer e le scarpe le fanno solo a Taiwan. In realtà questo meccanismo di stratificazione e polarizzazione sociale è ben presente anche qui, sotto casa nostra.