Discutiamo anche di questo


Ora che si sono spenti i riflettori dei media sull'affaire "secessione" crediamo sia possibile con maggiore serenità proporre delle considerazioni attorno alle dinamiche sociali e produttive, dentro cui si è innestata la proposta politica della Lega di Bossi & C, partiamo da qui perchè le tematiche sollevate ci sembrano di grande attualità e modernità.

È pur vero che da almeno un paio di anni ricercatori sociali quali Bologna, Bonomi, Fumagalli, Moroni, il Laboratorio dell'Agire Comunicativo ed altri hanno saputo richiamare l'attenzione politica su specifici elementi caratterizzanti il manifestarsi del fenomeno leghista nei diversi territori dell' Italia settentrionale. Ma nel circuito dello Slai-cobas, e più in generale del sindacalismo di base e della autorganizzazione sociale, tranne poche eccezioni, per quel che è dato sapere, poco si è prodotto per approfondire la conoscenza di quello che, tranquillamente, può dirsi il fatto politico "nuovo" degli anni 90. Certamente con questo scritto non si presume di superare il ritardo accumulato o il problema in se stesso, ma semplicemente far circolare, e richiamare l'attenzione, nel mondo dell'auto-organizzazione su alcuni spunti di discussione per l'assunzione di problematiche politiche con le quali dobbiamo e dovremo confrontarci a tutto campo.

Aldilà della genesi storico-politica del partito Lega Nord e Liga Veneta, per altro non indifferente per la compresenza di veterani della politica provenienti dalle fila dell'ultra destra, in particolare dal filone denominato dei nazimaoisti, e qualche soggetto passato dalle parti del movimento studentesco, crediamo sia importante sottolineare come il "leghismo" abbia insistito nel voler rappresentare il "popolo dei produttori" andando poi a identificare il territorio in cui si era insediato, che lo contiene, e ciò emerge chiaramente laddove i leader leghisti rimpallano al Censis di De Rita l'invenzione e/o la scoperta della "padania", quale area territorial-produttiva omogenea, quale grande e diffuso distretto produttivo capace di autoalimentarsi ed autorigenerarsi.

I risultati elettorali e, soprattutto la sostituzione-conversione in ampie aree territoriali del reticolo dei poteri precedente con uno fondato su dei loro uomini, stanno a dimostrare come tale operazione politica sia in massima parte riuscita, con una laica e spregiudicata metodologia nel tessere alleanze, nel creare contraddizioni, nell'alzare il tono della polemica politica. Basti andare con la memoria allo stop and go nel governo Berlusconi e alle sperimentazioni attorno al federalismo con i sindaci del Nord-est, al governo di Mantova, alla blitz-krieg estiva sulla secessione.

Comunque in ogni fase Bossi & C si è posto come baluardo e mentore del "popolo dei produttori" contro i grandi monopolisti pubblici e privati per il riconoscimento politico di un segmento di classe che ha sempre vissuto oscurato dai riflettori del Potere, che non aveva ottenuto la dovuta ed attesa valorizzazione e cooptazione politica nella stanza dei bottoni: la piccola imprenditoria artigianale ed industriale dello storico triangolo industriale e delle aree del vecchio e nuovo decentramento produttivo. Un insieme di interessi convergenti, con origini e radici diverse e molteplici spesso effetto dei fenomeni ristrutturativi degli ultimi decenni ma con il sub strato comune del self-made man e dell'etica del lavoro e del sacrificio personale. Un insieme sociale "originario" di questa fine secolo, che attorno a questi valori dominanti è stato capace, per congiuntura politica ed economica, di aggregare attorno a sè una molteplicità di soggetti, dal pubblico dirigente al cassaintegrato, rimasti disorientati di fronte al degrado sociale e all'innovazione tecnologica incombente. Un insieme politico che è stato capace di sostanziare un blocco sociale, che si è determinato per quella qualità totale, per quel toyotismo del decentramento produttivo padano, per quella casereccia unità d' intendimenti tra padrone e operaio della piccola officina, tipico e caratterizzante la iper produttività delle micro imprese decentrate e diffuse nei nostri territori, capace di competere alla grande nel sistema produttivo dell'econoimia globalizzata e della fabbrica just in time. Un'entità sociale diffusa ancora plasmabile attorno a cui si sta riorganizzando il sistema delle comunicazioni, dalle reti telefoniche (accordo di area della Telecom), alle stazioni televisive de Nord-est con l'industriale Panto (il nuovo responsabile della LIFE) in competizione con l'industriale Carraro (area movimento dei sindaci), alla mobilità di uomini e merci, con il proliferare di compagnie di trasporto aereo e non (ALPI-eagles e FRIUL-aria, dove ci sono dentro tutti i tessili, da Benetton a Marzotto). Un corpo sociale mostruoso di produttori (dipendenti ed imprenditori), unitario per ideologia interessi ed egoismi, molto ben radicato nel nuovo dislocamento economico prodotto dall'innovazione tecnologica e dal passato ciclo di lotte operaie, tale da poter prefigurare una neoformazione sociale su cui andare a sperimentare, ad edificare nuove o rivisitate forme statutarie e statuali.

In questo senso si può andare a definire la Lega come un partito erede della tradizione leninista, capace di progettare forzare rompere e allearsi con chiunque, attento soprattutto a dare rappresentazione a gli interessi di una specifica composizione di classe, a torto o a ragione considerata levatrice della storia.

Tutto ciò a noi è profondamente, ontologicamente, nemico. Ma il nostro essere ontologicamente diversi, "altri", non ci esime dal soppesare con cura quello che deve essere duramente ed efficacemente combattuto (la diversificazione territoriale dei diritti dei lavoratori, il razzismo etnocentrista, il maschilismo derminista e, la lista è lunghissima) e quello che può essere utile, rivisitato e corretto, al circuito dell'autorganizzazione sindacale e sociale, se solo ci togliessimo quelle bardature politico-ideologiche che non ci fanno disvelare la realtà che ci sta attorno, e che, magari, fa, vedere a qualcuno, con gli occhiali terzinternazionalisti, Marcos come Trotzky in Messico e Mara Maravendola come Rosa Luxenburg a Napoli. Invece, purtroppo, dobbiamo ammettere che il "leghismo" ha saputo, qui nei nostri territori, costruire un immaginario collettivo, pescando anche in quello che è stato l'armamentario ideologico di molta sinistra (lavorista) che ancora ha frequentazione nel nostro circuito, e questo certamente non ci interessa.

Pensiamo, piuttosto, a tutto il nostro essere e dichiararci " contro lo stato" che è stato ed è, in maniera congiunturale, tradotto in un esodo "ghandiano"dallo stato centrale, con la finalità classista di costruirne una copia a proprio uso e consumo, a mezza via tra Lubiana e Hong Kong. Comunque, in ciò la rottura dell'entità statuale e del suo patto costitutivo è stata semiologicamente riproposta a livello generale e simbolicamente praticata a livello di massa, dimostrando la possibilità di una diversa organizzazione sociale. È da questo passaggio che noi possiamo distillare la potenza latente ma diffusa di una grande disponibilità a rompere il patto sociale che ci sta soffocando, per riproporre un terreno di sperimentale autorganizzazione sociale, solidale, di diversi, di "altri".

Pensiamo a quante camicie abbiamo sudato e quanti guai molti di noi hanno subito nel dichiarare e praticare percorsi di lotta che non tenevano conto degli steccati posti da quella che sempre abbiamo chiamato legalità borghese, le leggi di uno stato stragista dichiarato. Ebbene la riaffermazione di una possibile e praticabile illegalità contro le ingiustizie imposte da uno stato gestito ed amministrato dai 40 Ladroni, senza Ali Baba, è stata ribadita dal Ladrone Bossi con la minaccia di rappresaglia contro i ripetitori TV ed altro, con, addirittura, la costituzione ufficiale di una milizia, attrezzata a difendere un potere sorretto da una diversa legittimazione, seppur surrettizia di quella dello stato repubblicano. Una milizia un metodo, una demagogia, ripetiamo, nemici e che evocano incubi e spettri sempre latenti nell'emergere e nell'imporsi di nuove forme di gestione della società nelle determinazioni delle dislocazioni capitalistiche. La disvelazione, comunque, a livello diffuso e di massa della praticabilità della rottura della legalità imposta, senza le tragiche conseguenze di una simulata guerra civile armata, come per alcuni aspetti si è dato nel crepuscolo degli anni 70 e nell'alba tragica degli anni 80, è di grande rilevanza per tutti coloro che non vogliono subire passivamente lo stato presente delle cose.

E l'autorganizzazione politico-sindacale che, per sua essenza, nega le regole imposte dai padroni pubblici e privati, con l'avvallo dei sindacati, che lotta contro l'ingiustizia sociale assunta quale filosofia del dominio e dell'amministrazione dello stato, questa fenomenologia politica, questa disponibilità a militare e a schierarsi, seppur distorta e raccapricciante, non può restare indifferente, non può non cercare di trarne indicazione per il proprio agire politico.

Pensiamo alla continua agitazione dell'obiezione fiscale ventilata dalla Lega e dalle sue espressioni settoriali (LIFE e SALP), che nel caso della bolla di accompagnamento l'hanno anche praticata, che in questi ultimi tempi si va definendo con proposte di autorecupero fiscale del pregresso già versato sul dovuto prossimo versamento del mod. 740, con il non rinnovo del canone TV ed altri specifici balzelli fiscali propri della micro imprenditorialità. Di fronte a queste possibili pratiche non si può restare indifferenti, magari alzando la voce per dire che coloro a cui si indirizza la proposta dei leghisti sono degli evasori grandi e piccoli, quando in fondo siamo tutti evasori solo a poterlo essere. Il problema vero è che i lavoratori dipendenti sono inchiodati dal prelievo alla fonte (sostituto d'imposta), allora si tratterà di demistificare, a mò di esempio, il prelievo per la sanità (INAM), giacchè la sua gratuità è venuta meno anche nelle strutture pubbliche, e per la pensione (INPS-IMPDAP), posto che nessuna garanzia e/o rapporto reale è dato tra prelievo ed effettiva corresponsione previdenziale, evitando accortamente di cadere nel pannellismo più smaccato o nella mera denuncia del furto attuato sulla Gescal (già nei fatti parzialmente abolita). Con ciò non riteniamo che un percorso innovativo di autorganizzazione sindacale e sociale passi attraverso la mera lotta contro le tasse, anche perchè, e la storia lo insegna, i movimenti di rottura nati attorno a simili percorsi sono serviti essenzialmente per una diversa dislocazione del potere nella classe dominante, ma sosteniamo invece che può essere un terreno di sperimentazione di una nuova solidarietà, di una nuova mutualità, di nuove forme di cooperazione che finalmente spezzino l'egemonia sindacale e il monopolio statale, e aprano nuove pratiche e terreni di autorganizzazione.

Pensiamo all'insistenza con cui Bossi & C si richiama al "popolo dei produttori", facendo riferimento esplicito agli artigiani, ai piccoli e medi imprenditori, considerandolo il segmento della composizione di classe emergente dentro la rivoluzione tecnologica e la nuova dislocazione economica degli anni 90, da ciò dovremo ricavare l'ammonimento ad avere maggior attenzione alle modificazioni sotterranee dentro la materialità della composizione di classe in un sistema come quello italiano ed europeo, che sta galoppando nel post-fordismo con l'emergere di nuove "figure operaie" stratificate, anzichè insistere sui milioni di disoccupati che, in realtà, sono assai virtuali. Nel senso che, come è stato rilevato anche da alcune indagini irrituali, i "disoccupati", anche nel Sud più disastrato, sono molto di più lavoratori irregolari (in nero, stagionali, a fattura, ecc.), piuttosto che disoccupati come classicamente definiti, da esercito industriale di riserva.

Non vorremo che questo contributo alla discussione fosse scambiato per un elogio del "leghismo", o similia, tutt'altro. Vorrebbe essere un elogio della pazzia, della possibilità di assumere alcuni elementi, già nostri e poi caduti nel dimenticatoio, e di riproporli con l'originaria carica dirompente all'immaginario collettivo e alla pratica dell'autorganizzazione sindacale come uno dei possibili terreni di verifica e di sperimentazione, assieme a quelli classici e mai obsoleti dell'orario, del salario e dell'organizzazione dell'autonomia dei lavoratori.

associazione difesa lavoratori
federata allo SLAI-cobas

padova ottobre '96.


ECN Padova