da la Repubblica del 5/6/97 |
PADOVA
- "Ho scritto una lettera a Napolitano. E gli ho detto: voglio parlarti di quello che è successo, bisogna che ci incontriamo". Ah, però. E il testo esatto sarebbe? "Signor Ministro, avrei bisogno di parlare con Lei...". Se mai accadrà, possiamo già immaginare il sopracciglio anglo-partenopeo del ministro, inarcato davanti agli orecchini e al giubbotto di questo Luca. Che ieri stava in mezzo alla sassaiola, e oggi chiede rispettosamente un incontro per spiegare. Per spiegare che cosa, poi? "Che noi ci chiamiamo autonomi, ma con la storia degli Anni Settanta non c'entriamo niente. Roba passata, chiusa. Io allora avevo tre anni...".
E dunque, chi sono questi nuovi autonomi? Anzi, più in dettaglio, questi nuovi autonomi veneti? Sì, perché sentire che ieri, davanti all'aula-bunker di Mestre, proclamavano di essere "federalisti dal basso", ha lasciato di stucco parecchia gente. I giornalisti, intanto, che quando sentono "autonomi padovani" pensano: Toni Negri, 7 aprile, notti dei fuochi, rivoltellate al professor Angelo Ventura, teorema Calogero e via rivangando brutti ricordi. Padova è ancora la roccaforte di questa nuova generazione, e la redazione di Radio Sherwood dove stiamo è ancora quella, la stessa.
Lo stanzone al primo piano, qui in vicolo Pontecorvo, ha le pareti coperte di scaffali. Libri a centinaia: storia del movimento operaio, opere di Lenin, eccetera. Tutti vecchi. Tre ripiani ospitano 97 copie di "La forma Stato" di Antonio Negri, edizioni Feltrinelli, ancora rigorosamente incellofanate. Negli archivi, grossi contenitori con "Requisitoria Calogero". Sul tavolo, una copia del Gazzettino. Titolo: "Vesce: "Autonomi non avete capito"". Proprio lui, Emilio Vesce, che di Radio Sherwood fu uno dei fondatori, che andò in galera per il 7 aprile. "E oggi è lui che non ha capito niente. D'altra parte, è di Forza Italia...".
Dunque, niente più autonomia operaia, oggi va l'autonomia federalista? Wilma risponde parlando a raffica: "Bisogna essere federalisti. Questo sta nelle contraddizioni reali, nella realtà, e noi restiamo materialisti. Anche il sub-comandante Marcos in Chiapas dice: vogliamo autogoverno, vogliamo autonomia. Bisogna ragionare sulla possibilità che siano le comunità, e cioé i Comuni a decidere. Siamo municipalisti. E continueremo ad essere autonomi. Diciamo l'ala radicale del federalismo".
Non sono soltanto i giornalisti, a stupirsi. Telefona Nicola, da radio Onda d'urto di Brescia: "Suscita una certa curiosità, questo tema del municipalismo, si vorrebbe capire meglio...". Altra telefonata da Trieste: "A chi ci chiede che cosa ci facevano gli autonomi davanti all'aula-bunker è difficile spiegare che il federalismo, il localismo possono essere riempiti di valori nostri come l'antirazzismo e la solidarietà...". E Wilma: "Vedi, il pericolo è la croatizzazione. Quando vedi che si mettono insieme la Life e i nazisti di Gioventù nazionale, ti devi mobilitare. Non puoi lasciare la piazza in mano a chi istiga all'odio razziale, alla secessione, all'evasione fiscale, all'egoismo. E che non interpreta il malessere dei piccoli produttori...".
Oh madonna, anche voi col malessere dei piccoli produttori. "Guarda che qui davvero la gente lavora 15 ore al giorno. Anzi, se non lavori 15 ore non lavori proprio". E Max del centro sociale Pedro (biondo, sorridente, telefonino nello zaino), fa di sì con la testa. Gianni di "Razzismo Stop": "Non siamo più comunisti, non sappiamo che cosa vuol dire. Ci occupiamo di inserimento degli immigrati. La nostra lotta è contro l'intolleranza. La Lega secessionista di Bossi è forte, l'abbiamo visto nei gazebo, e fa proposte di leggi che sono leggi razziali. O contrastiamo queste cose, insieme a tutti, oppure addio. E lo Stato centrale è in crisi, questo è evidente&qu ot.
Pino, anche lui del Pedro (intitolato a Pietro Greco, autonomo ucciso a Trieste da un agente del Sisde): "Difendere l'unità d'Italia non ci appartiene e non ci interessa". Luca Casarini, ancora lui, quello che ha scritto a Napolitano: "Il federalismo non l'ha inventato Bossi, ma il mercato. E allora, o si dice "vogliamo il comunismo" come fanno i compagni di altri centri sociali in Italia, oppure si tenta di affrontare il problema della solidarietà. E non da soli. Noi vogliamo un dibattito con la sinistra, il volontariato cattolico, il Movimento dei sindaci del Nord-Est".
Ecco, non c'è solo il sub-comandante Marcos. "Macché. Non parliamo di fare la rivoluzione. Non vogliamo il potere. Ci riferiamo al movimento dei sindaci, mica alla Comune di Parigi. Vogliamo Comuni governati da gente come Cacciari, Zanonato, Illy. E parliamo con tutti, con i ministri e i parlamentari". Però su una cosa non cambiate: siete maneschi, casinari, violenti. "Sì, con gente come Padovan della Life o Rocchetta, o con i nazisti, noi diciamo: "meglio un cazzotto oggi che la Croazia domani". Non si può essere tolleranti con tutti, perché qui la democrazia è in pericolo. Non certo con chi propugna il divieto di matrimoni misti o il razzismo".
Del professor Toni Negri, quello di cui conservano libri incellofanati e coperti di polvere, che cosa sanno? Wilma: "Mah, certo Negri ha detto che la sinistra sbaglia lasciando i temi del localismo in mano alla destra". E Luca, con tono di rivelazione: "C'è un noto ex-autonomo, Franco Piperno, che parla del Sud e dice che il municipalismo è l'unica soluzione". Dalla definizione "noto ex-autonomo" si capisce che, davvero, lui aveva solo tre anni. Il suo problema, oggi, è la Lega: "Ridono tutti dei gazebo. Ma io li ho visti, erano pieni di militanti. Per loro sono stati una vittoria, una vera manifestazione costituente. Su questo ha ragione Bossi, non Scalfaro". E allora, que viva el subcomandante Cacciari.