
Internet madre di tutti i mali e regina di tutte le meraviglie. Ad ogni esaltazione entusiasta delle possibilità di crescita economica per le imprese che potranno offrire i propri prodotti a un pubblico globale, corrisponde puntualmente l'eco di terribili sciagure che si abbattono su chi fa usi poco consoni della rete mondiale. Suicidi collettivi e non, pedofili e serial killers, adolescenti che fuggono da casa plagiati da chissà quale influsso negativo della rete, salvo poi scoprire che in tutto ciò Internet ha poco o niente a che vedere.
L'ultimo caso riguarda il Corriere della Sera che, a proposito dell'attentato dinamitardo a Palazzo Marino, azzarda la pista Internet - suggerita secondo il redattore Fabrizio Gatti dagli stessi inquirenti - e non perde l'occasione di offrire ai propri lettori lo scoop indicando i "siti del terrorismo anarchico" nelle pagine di "aut-op-sy" e della "rete E.C.N." (Isole nella Rete), lasciando intravedere chissà quali intrighi internazionali e lanciando gravi quanto ingiustificate accuse ai siti della rete dei centri sociali.
Disinformazione, sensazionalismo, superficialità o cos'altro? A chi giova questa dilagante paranoia attorno all'uso di Internet?
Senz'altro i tentativi di censura politica della rete si stanno facendo più evidenti, come dimostrato da recenti casi avvenuti in vari paesi occidentali, dagli Usa alla Germania; segno che, nonostante i tentativi di fare di Internet la più grande TV commerciale del mondo, qualche scheggia tuttora sfugge a questo disegno di omologazione, qualche aspetto dell'originario spirito libertario della rete tuttora resiste e naturalmente viene tacciato di terrorismo.
L'attività politica gestita dal basso è la cosa che spaventa di più, ne sono una riprova i vari rapporti stilati per il Pentagono dalla Rand Corporation in cui, a partire dalla visibilità acquisita sulla scena mondiale dall'esercito Zapatista in Messico, si esprimono serie preoccupazioni per l'utilizzo di Internet come sistema globale di informazione da parte di gruppi non allineati.
Strumento con immense potenzialità di aggregazione, di propaganda, di discussione e approfondimento, ma soprattutto alla portata di tutti, Internet rende possibile il dibattito non moderato da alcun elemento centralizzante, quindi incontrollabile. Ed è proprio l'impossibilità di avere costantemente il pieno controllo dei mezzi di informazione a costituire il maggior problema per alcune categorie di politici e militari. Basta un computer da pochi soldi collegato in rete anche in un remoto angolo del pianeta per aggirare qualunque black-out informativo e testimoniare davanti all'opinione pubblica mondiale le atrocità o semplicemente i soprusi di un regime. E' quello che è successo nel Chiapas, a Mururoa, in Bosnia. E' un utilizzo pericoloso per chi finora ha goduto di una certa sicurezza nella gestione dell'informazione di massa, tanto da cercare di capovolgere la situazione, in una sorta di contropiede, e paventare una nuova categoria di nemico: "Bastano pochi tipi in gamba con un normale computer e modem per mettere in pericolo vite umane e causare gravi disastri economici" ha dichiarato alla rivista Time l'ex capo del settore comunicazioni del Pentagono Donald Latham.
Il nemico non è più arginabile geograficamente, l'attacco può essere globale e scavalcare, attraverso la rete, ogni barriera fisica. La chiamano Infowar o Netwar e dopo gli anni della guerra fredda rappresenta uno degli scenari preferiti dagli esperti di simulazione bellica del Pentagono, ma anche oggi, come vent'anni fa, in attesa di affrontare il nemico dichiarato la guerra viene combattuta sul fronte interno, cercando per quanto possibile di riportare la rete a un modello di informazione broadcast altamente qualificata e personalizzabile, ma concentrata in poche fonti di diffusione. Troppa informazione significa troppa vulnerabilità, secondo la Rand Corporation, e questa equazione sembra essere condivisa da molti esperti di sicurezza. E' la stessa antica logica per cui "le masse è bene che restino ignoranti" e per cui la "sicurezza nazionale" è un affare della massima segretezza da cui possono affiorare soltanto, come unici messaggi "comunicativi" relitti di aerei in fondo al mare e bombe nelle piazze e nelle stazioni.
Sarà bene che qualcuno cominci a cercare seriamente i bombaroli non nei siti pubblici di Internet, ma nei vasti archivi "riservati" di qualche ministero.
