La recente sentenza relativa all'azione partigiana di via Rasella e' scandalosa:non e'
possibile mettere sullo stesso piano vittime e carnefici,non si puo' riscrivere la storia in
modo cosi' sfrontato.
La seconda repubblica che sta nascendo non deve avere nessuna traccia di antifascismo,
nessuna traccia di conflitto.
Ma noi crediamo che non si debba dimenticare che cosa sia stato il fascismo e perche'sia
stato giusto prendere le armi contro di esso.Ed e' a questo scopo che proponiamo la
lettura dei documenti che seguono.
Si tratta di due articoli tratti da "La difesa della razza", un giornale del regime fascista
che era portavoce del razzismo piu' estremo, quel razzismo che e' alla base dell'olocausto,
dello sterminio di milioni di persone che avevano la sola colpa di non essere "ariane".
L'autore degli articoli e' Giorgio Almirante, tristemente famoso nel dopoguerra per aver
fondato e diretto per molti anni il MSI.Il suo pupillo , Fini e' il segretario di AN.
Il fascismo non e' finito, ha solo cambiato volto
.
NE' CON 98 NE' CON 998
Di Giorgio Almirante.
E' escluso in ogni caso per gli ebrei l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado.
Il Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre per gli studi sulla razza nelle
principali Universita'.
Il Gran Consiglio.
Occore dire che l'Italia non ha ancora la sua scuola. C'e' stato, in alcuni periodi,
l'affermarsi di questo o quel cenacolo di cultura, c'e' stato il fiorire di qualche grande
maestro; ma una scuola italiana, da quando l'Italia politicamente esiste, non e' mai
esistita.
Siamo rimasti chiusi, dal '61 in qua, in un circolo vizioso, che partiva da una cultura
serva di quello straniero da cui le armi ci avevano liberato, per giungere ad una scuola
incapace di "far gli italiani"; e da una scuola procedente con metodi e mentalita'
estranei al nostro genio, ripiegava su una cultura sempre piu' bastarda.
I grandi nomi di Carducci e di Pascoli polarizzarono sul principio del secolo,
l'attenzione di quanti rivolsero il pensiero alle sorti della scuola italiana; si nutri' allora
la generosa illusione che un nuovo Umanesimo si affacciasse alle porte dell'Europa e
che in Italia se ne trovasse il seme. Ma la nostra scuola, che pure avrebbe dovuto
esserne il terreno fecondo, non educava italianamente. Era il tempo in cui il Bertana
insegnava che nelle tragedie d'Alfieri nulla c'era che non fosse francese, il tempo in cui
il mito di Croce pesava sulla corrente concezione della storia; il tempo di una cultura
bastarda, mezza tedesca e mezza francese di una pedanteria verniciata di sufficienza e
di "savoir faire". Il tempo di un avvenierismo impotente, poiche' incapace di
affondar le radici nel nostro suolo; il tempo del tradizionalismo di marca peggiore,
poiche' riflettente le tradizioni altrui e ben poco delle nostre
La guera fece opera santa. La rivoluzione potenzio' quest'opera. Ripulirono,
svecchiarono, sveltirono, rinvigorirono la nostra scuola e la nostra cultura: in una
parola, dettero la loro sostanza, sostanza di sangue e di volonta', genuina sostanza. Ma
abbiamo chiesto troppo alla guerra e alla rivoluzione. Abbiamo atteso da loro, per anni,
il miracolo; abbiamo atteso che esse sole ricreassero la cultura e la scuola italiana,
quando esse non potevano che contribuire, sia pure con forza gigantesca, alla tanto
auspicata creazione, o rinascita.
Ho assistito, ed ho preso parte, in questi ultimi anni, ai convegni dei Littoriali della
Cultura e dell'Arte. E sempre ho sentito risuonare sotto forme diverse, la stessa
domanda: "puo' una rivoluzione politica sostanziare di se' una nuova cultura?"; o,
piu' pressantemente e precisamente: "Avra' il Fascismo la sua cultura? e quando e
come l'avra'?"
Erano giovani che si ponevano, in perfetta buona fede, queste domande. Erano giovani
che avevan tutta l'aria di attender la risposta da un oracolo divino, poiche' dai banchi
delle commissioni - in quanto commissioni" e in quanto formate da uomini
necessariamente lontani da questi problemi, che soltanto la giovane generazione sente
con drammatica evidenza - una risposta soddisfacente non poteva davvero venire.
Erano giovsani che discutevano, e nella discussione esaurivano la loro ansia di sapere;
e non si accorgevano che quel discutere era gia' qualche cosa, era talvolta moltop, per
la vittoria della causa da essi propugnata; non si accorgevano, parlando di guerra e di
rivoluzione come astratte entita', che la guerra erano loro, che la rivoluzione erano
loro, che da loro in quanto sanamente e sinceramente fascisti, doveva nascere la nostra
scuola, la nostra cultura.
Queste cose, in parte, furon gia' dette: e a taluno forse sapranno d'imparaticcio. Ma
furon dette assai male. Non si disse: i giovani hanno il dovere di creare la nostra nuova
cultura; ma: la cultura del tempo fascista nascera' dai giovani. Ora, non si tratta di una
generazione spontanea, e neppure di faticosissimo parto; poiche' il parto presuppone
un ben maturo e ben formato embrione. Si tratta di riconoscer noi stessi, di ricostruire
noi stessi; dico noi, tutti, vecchi e giovani, poiche' la giovinezza degli anni non si
identifica con la giovinezza dello spirito e della mente; e i nati-vecchi pullulano,
purtroppo, ovunque; e anche in casa nostra.
*****************************
Il razzismo e' il piu' vasto e coraggioso riconoscimento di se' che l'Italia abbia mai
tentato. Chi teme, ancor oggi, che si tratti di un'imitazione straniera (e i giovani non
mancano, nelle file di questi timorosi) non si accorge di ragionare per assurdo: poiche'
e' veramente assurdo sospettare che un movimento inteso a dare agli italiani una
coscienza di razza - cioe' qualche cosa come un nazionalismo potenziato del
cinquecento per cento - possa condurre ad un asservimento ad ideologie straniere.
Si e' parlato di razzismo spirituale. Attenzione. Chi parla cosi' ha tutta l'aria di voler
rientrare nelle ingloriose file di coloro che, sotto la minaccia delle sanzioni, esaltavano
l'imperialismo dello spirito, o, colti dal terrore del manganello, si professavano
spiritualmente fascisti. E' meglio parlare di razzismo integrale, nel quale, come in ogni
creazione di Mussolini, teoria e pratica si armonizzano in una chiara e realistica visione
dell'umanita'. Si parte dal fatto biologico fondamentale - esistenza della razza italiana -
e si giunge al gigantesco fatto politico: esistenza e potenziamento dell'Impero italiano.
Ecco un circolo, ma non vizioso; e in esso rientra, come necessario tramite tra scienza
e politica, la cultura, la nostra cultura. Ed e' ora assolutamente necessario, piu' che mai
necessario, il sorgere di una nostra scuola.
Abbiamo udito, in questi giorni, in seguito alla totale eliminazione degli ebrei dalle
scuole italiane, qualche timido lamento. L'operazione chirurgica e' stata pronta e
spietata; e qualche animuccia debole se n'e' spaurita. "Vita Universitaria" - per
esempio - organo ufficiale dell'Universita' di Roma - si affretta a riconoscere "che
oggi non sara' facile coprire tutte le cattedre con elementi scientificamente ben
preparati; e forse, in alcune materie, non sara' possibile per alcuni anni"; e si
preoccupa degli " immediati e passeggeri (bonta' sua!) danni" che l'esclusione dei
giudei dalle Universita' italiane potra' arrecare. A parte la discutibilissima inopportunita'
di simili affermazioni, oggi che tanto si parla di un necessario prestigio di razza;
vorremmo sapere quale ne sia la fondatezza.
Due, infatti, sono i casi. O la questione razziale, in Italia, vien concepita come un
semplice avvicendarsi di posti e di cariche; e allora pur deplorando nell modo piu' vivo
chi cosi' la concepisce - siamo disposti a concepire le ansie indicibili di quei poveri
Rettori che di punto in bianco son costretti a sostituire 98 (diconsi novantotto)
chiarissimi titolari di altrettante cattedre. O si capisce, e pre un Rettore non dovrebbe
esser troppo lo sforzo, che l'impostazione del problema razzista implica il totale
risanamento della Nazione dai germi che tentavano corromperla, e allora non ci si
dovrebbe avvilire, come italiani, come fascisti e come professori, a chiamar danno - sia
pure "passeggero" - quella che e' una salutare, una benedetta liberazione.
Supponiamo, per assurdo, il peggiore dei casi. Supponiamo che non solo quei 98 non
siano - come fa supporre "Vita universitaria" e come ci rifiutiamo di credere -
degnamente sostituibili; ma che non siano sostituibili affatto. Supponiamo che, per
dannata ipotesi, non un assistente, non un incaricato, non un libero docente sia in
grado di salire su una di quelle 98 cattedre. Ebbene? Avra' perduto qualcosa per
questo, la nostra cultura? No; perche' quei 98 professori erano ebrei, quindi non erano
italiani, quindi non appartenevano che in apparenza, ai puri e semplici effetti
amministrativi, alla scuola italiana. Erano un corpo gia' avulso da quello della nostra
vita culturale; adesso tale separazione e' stata sanzionata dalla legge. Ed e' divenuto
legalmente necessario colmare dei vuoti che culturalmente e politicamente gli
interessati avrebbero dovuto provvedere a colmare gia' da un pezzo.
***
Siamo dunque all'alba di una nuova scuola italiana. Sara', finalmente, la nostra scuola? Le
condizioni necessarie ci sono; Perche' intervengano anche le sufficienti, e la gran macchina
si metta in moto, occorre che, per quel che concerne i nuovi insegnamenti e i nuovi
insegnanti nelle Universita' italiane, non si proceda con la tecnica dell'intarsio, inserendo il
nuovo nel vecchio, , in modo da creare, con nomi nuovi, una situazione in tutto simile alla
precedente. E' un grande, un arioso affresco murale, quello che dobbiamo dipingere; e
raschiata a dovere la parete da tutti i residui del passato, bisogna su di essa far sorgere,
far vivere , l'armonia mirabile di una scuola italiana, in tutta l'altezza del termine.
Il Ministro dell'Educazione ha annunciato l'istituzione di cattedre di razzismo in tutte le
facolta' universitarie. Il provvedimento e' salutare. Ma non puo' essere che un primo
provvedimento. In quel modo, infatti, gli studenti in Lettere, i futuri professori - quelli da
cui, in fin dei conti, dipende l'avvenire, della scuola italiana - potranno penetrare i principi
razzisti, e farsene gli assertori; se si continuera' a insegnar loro la storia letteraria, la
nostra storia letteraria, alla maniera di Croce; se dalle cattedre di storia si continuera' a
presentare l'Impero romano come un fenomeno europeo e il nostro risorgimento come un
portato della Rivoluzione francese? Come potranno gli studenti di diritto intender la portata
delle nuove leggi razziste se il problema della cittadinanza verra' loro presentato alla
maniera tradizionale (e non nostra)? Come potranno i futuri medici comprendere le basi
scientifiche del razzismo, se i santoni della biologia nazionale non desisteranno dal predicar
loro in nome di principi fondamentalmente antirazzisti?
Lo stesso discorso vale - naturalmente - per i libri di testo. A proposito dei quali occorre
por mente a due gravissimi pericoli. Il primo e' che gli autori ebrei cacciati dalla porta
rientrino dalla finestra, attraverso un semplice mutamento di nomi sulle copertine; il che -
tanto perche' non ci si accusi di correre all'assalto dei mulini a vento - si e' gia'
verificato ed e' gia' stato segnalato, sul "Tevere". Il secondo e' che non si faccia, e
sollecitamente, la necessaria pulizia anche fra i libri di autori ariani. Era in atto un
processo di ebraizzazione della scuola italiana; e lo si e' tempestivamente troncato.
Troncato alla radice; ma alcune propaggini - quelle costituite dai cosiddetti ebraizzati -
sono rimaste in vita e a vivere, e peggio, a generare, continueranno, se non si provvede in
tempo.
La scuola italiana non si fa con 98 nuove cattedre, ne' con 998. Si fa mettendo
l'italianita' alla base di ogni insegnamento.
L'ultima uscita della giunta di Milano sul diritto di organizzare cortei e pubbliche manifestazioni farebbe ridere, in un primo tempo, invece la questione e' tremendamente seria.
Secondo Albertini chi organizza un corteo deve anche pagarsi la presenza, il piu' delle volte non richiesta, dei vigili urbani!
Noi crediamo che il perche' di questa assurda richiesta si trovi in una cultura padronale (della quale Albertini e' un esponente molto noto) che non ammette contestazioni e dissensi,che si crede l'unica interprete dell'interesse generale.
Tutto ha un prezzo anche il diritto di parola e chi non puo' pagare taccia!
Quello che la giunta sta tentando e' un vero attacco alla liberta' di espressione che va respinto subito, pena un ulteriore decadimento culturale e morale di una citta' che ha gia' dovuto sopportare quattro anni di Lega.
Se la giunta non fara' marcia indietro bisognera' mobilitarsi;invitiamo tutti a organizzarsi in questo senso.
Vorremmo spendere anche noi qualche parola sulle fantomatiche "elezioni padane".
Non ne abbiamo una gran voglia, ma ci siamo costretti, purtroppo.
Queste elezioni sono ancora piu' truffaldine di quelle "regolari"(che gli anarchici hanno sempre boicottato), di fatto alle elezioni padane partecipa un solo partito, come nella vecchia URSS, ma , per mantenere la parvenza della competizione, i legaioli si sono inventati una serie di liste "avversarie".
Ci sono i liberali, i comunisti e ... anche gli anarchici, ma si tratta di anarchici un po' strani:sono capitalisti, loro!Il quotidiano legaiolo La Padania ,si affretta ad intervistarli...
I loro idoli sono Reagan e la lady di ferro, sono strenui difensori della proprieta' privata e lottano contro lo stato solo per non pagare le tasse (Al Capone,arrestato per evasione fiscale, e' il loro eroe anti-fisco).
Chiunque abbia una minima conoscenza dell'anarchismo sa che nessuna delle sue pur
variegate correnti e' filo capitalista e questo per una ragione ovvia :la proprieta' privata e' uno
strumento di dominio e gli anarchici,contrari ad ogni forma di dominio, non possono che
combatterla.
Non possiamo impedire a nessuno di definirsi anarchico, se ci tiene,cosi' come non si puo'
impedire ad uno stupratore di di definirsi femminista, ma sia chiaro non abbiamo niente che che spartire con questa gente.
Concludiamo ribadendo la nostra contrarieta' a qualsiasi elezione comprese quelle di condominio organizzate dalla lega.
CIRCOLO ANARCHICO PONTE DELLA GHISOLFA
VIALE MONZA, 255
PER INFORMAZIONI 02 29003324
VI PROPONIAMO LA LETTURA DI UN'INTERVISTA RILASCIATA DA LUIS MERCIER VEGA, A NOSTRO GIUDIZIO UNA DELLE FIGURE PIU' IMPORTANTI DELL'ANARCHISMO DI QUESTO SECOLO.
LA SUA ATTIVITA' HA SPAZIATO DAL SINDACALISMO, ALLA RIVOLUZIONE SPAGNOLA, AGLI STUDI SULL'AMERICA LATINA AGLI STUDI SOCIOLOGICI;DI PARTICOLARE RILIEVO GLI STUDI SULLA NUOVA CLASSE DOMINANTE, LA TECNOBUROCRAZIA.
MERCIER VEGA E' MORTO, SUICIDA, 20 ANNI FA.
Parliamo del Sud America.Cominciamo da una "tragedia" che merita qualche riflessione: l'abbattimento del governo di Unidad Popular di Allende da parte di Pinochet; quali furono le cause che determinarono la sua caduta, visto che attribuire tutto esclusivamente alla CIA non č una spiegazione?
L'esperimento della presidenza di Salvador Allende si inserisce nella corrente iniziata dal Frente Popular del 1938 col radicale Aguirre Cerda, molto tempo dopo proseguita dal democristiano Eduardo Frei e che risponde alla necessitá di mobilitare le risorse materiali ed umane della nazione per organizzare meglio la produzione ed avere un ruolo concorrenziale sui mercati internazionali, perseguendo una maggiore indipendenza in rapporto coi proprietari o finanzieri stranieri soprattutto statunitensi.La vecchia oligarchia cilena-latifondista e mineraria-non era piů in grado di affrontare i problemi della competitivitá moderna;non esisteva nemmeno una borghesia nazionale-nel senso di un capitalismo combattivo ed audace di tipo europeo, nordamericano o brasiliano-disposto a svolgere il suo ruolo "storico".
D'altra parte, come in altre regioni del Cono Sud, il proletariato, minoritario, non svolgeva alcuna offensiva conquistatrice.
Il vuoto parzialmente riempito con elementi della borghesia,che andranno a far parte di amministrazioni e servizi dello Stato.
La CORFO-Corporación de Fomento-, nata con Aguirre Cerda, assunse grande importanza con Frei e giunse a costituire il settore economico piů importante del paese sotto Allende, offre l'esempio migliore della trasformazione dello Stato, semplice strumento al servizio delle classi privilegiate, in una classe nuova, proprietaria ed imprenditrice.
Nonostante l'ideologia o la fraseologia molto differente, gli strati sociali che contribuiscono a creare -ed a sfruttare-la struttura politica, amministartiva e tecnica del governo di Unidad Popular, non appartenevano nč alla classe operaia nč a quella agricola, ma alle classi intermedie, senza fortuna, ma con "competenza".
Ciň che rovinó Allende fu, da un lato, l'incoerenza della coalizione politica che lo sosteneva-ad esempio, il Presidente non potč mai controllare il suo stesso partito, quello Socialista-come pure il rispetto di un gioco parlamemtare che non aderiva alla caratteristica delle trasformazioni sociali in corso e, dall'altro, gli errori di calcolo nelle previsioni dei tecnocrati piazzati nei posti chiave dell'economia e delle finanze,nazionalizzando o lasciando nazionalizzare le aziende statunitensi e sperando di conservare o ottenere crediti dalle tradizionali fonti nordamericane ed europee sopravvalutando la quantitá dell'eventuale aiuto dell'Unione Sovietica o del Comecon.
Il cocktail di formule rivoluzionarie, di elettoralismo e di egoismi di partito,tutto sotto la bandiera di Union Popular, non resistette alla prova dei fatti,cioč alla naturale classificazione di "quelli che stanno in basso",entusiasti per gli slogan socialisti, ma manipolati come oggetti, e quelli che giungevano al potere e speravano di continuare a sfruttare la spinta popolare per eliminare definitivamente i vecchi strati dirigenti.
La caduta fu dovuta anche, naturalmente, alla resistenza dei possidenti terrieri, dell'oligarchia finanziaria e del settore delle classi intermedie che componeva il vecchio sistema, al blocco commerciale organizzato da Washington.Senza contare il ruolo decisivo delle Forze Armate, cui si appoggió Allende, e che rappresentavano-illusione costante nelle sinistre-la "garanzia" di un gioco pulito.Un appoggio che in fin dei conti si trasformó in potenza liquidatrice.
Con rarissime eccezioni il proletariato non partecipó direttamente alla gestione, ma serví all'esaurimento, come folla per ovazioni e sfilate.I sindacati erano nella loro immensa maggioranza policizzati,cioč, erano strumenti e non centri di decisione.Tra i contadini la situazione era un po' diversa, grazie alla disatribuzione di terra cominciata sotto il regime di Frei e proseguita sotto la presidenza di Allende.Ma il Cile é un paese lungo 4000 km e le situazioni sono diverse tra, per esempio, la pianura centrale e il sud.
Negli ambienti "progressisti", Guevara e Castro sono esseri divini che vengono costantemente adorati.Il cantante catalano PI de la Serra, ad esempio, ha composto una filastrocca dedicata alla Cuba di Castro (nella canzone "Cuba 75": "el sol es el mateix,la vida es nova/hi ha un neu riu feliç, no pasa gana/ a Cuba ja no la para ni Deu",ecc.-"il sole č lo stesso, la vita č nuova/c'é un bimbo che ride felice,non esiste la fame/nemmeno Dio puň fermare Cuba" ecc.) Cosa pensi della Cuba castrista?
Che la Cuba castrista possa ancora suscitare un entusiasmo "socialista" in determinati settori č dovuto o alla necessitá fisica di entusiasmarsi,-cosí come esiste la necessitá di gridare o camminare a testa in giů quando ci si annoia-o ad una ignoranza totale di ció che č oggi il regime castrista.La lettura di 'Gramma', organno ufficiale del PC cubano, partito unico ed unico potere, sarebbe sufficiente per tornare alla realtá, una realtá che non provoca entusiasmo.
Oggi Cuba č una nazione la cui gioventů e la manodopera sono militarizzate, con una politica onnipresente attraverso i Comitati di Difesa della Rivoluzione, con un partito gerarchizzato-Fidel Castro che parla e Raul Castro che controlla la macchina-con un'informazione uniforme e una politica estera assoggettata-economicamente e militarmente alla strategia sovietica.Pensare , ad esempio, che l'intervento cubano in Angola sia stata un'iniziativa spontanea ed entusiasta del popolo non puó spiegarsi che nella cecitá totale di certi intellettuali che vedono nella sinistra il moderno modo per arrivare al potere, o nel loro fondamentale disprezzo per la veritá
Da una situazione caratterizzata dall'odio popolare e collettivo verso il regime di Batista, dallo sforzo di tutti per spazzare via quella dittatura in stato di decomposizione, nacque in breve un tipo di potere personale e mafioso, tipico delle Antille, che per sopravvivere e rafforzarsi si gettó in avventure economiche disastrose, creó un apparato politico-poliziesco e passó dall'assoggettamento all'egemonia nord-americana al servizio dei sovietici.Tutte le forme di democrazia, ogni opposizione, ogni metodo di autodeterminazione vennero eliminati.
I metodi dell'imperialismo nordamericano imbecille di Washington non devono servire da scusa per giustificare il carattere totalitario del regime castrista attuale, in cui la classe dirigente č composta da burocrati e da militari, da funzionari e da poliziotti, prodotti del classico sistema del partito unico, cioč dello Stato-classe, della tecnoburocrazia.
Il capitolo Che Guevara meriterebbe una discussione differente, ma nč il valore, nč la fine tragica dell'uomo giustificano i suoi errori economici tremendi, nč la fallacia delle sue teorie e delle sue tecniche di guerriglia.
Hai scritto un libro sul peronismo.Potresti parlarci brevemente del peronismo?Che cosa rappresentavano i sindacati peronisti?
Esisteva un movimento sindacale numeroso e coraggioso-con le sue tre correnti anarchica, socialista e sindacalista-ed una volontá operaia per trasformare la societá argentina fino al golpe militare di Uriburu, nel 1930.Da quell'anno il sistema di potere oscilla in permanenza tra un parlamentarismo ad imitazione dei modelli europei e l'intervento delle forze armate.
La guerra mondiale favorě le esportazioni, e limitó le importazioni, portando un certo sviluppo dell'industria per un mercato interno in espansione.Giunse l'ora di Peron:installň nelle forze armate un apparato di controllo interno-Grupo Obra de Unificacion- rafforzó la sua posizione attraverso la mobilitazione delle moltitudini delle zone rurali spinte verso i centri urbani:istituí le leggi sociali, costituí una CGT unica cui ogni salariato doveva aderire e fondó opere filantropiche-e propagandistiche-con fondi pubblici.Le organizzazioni operaie autentiche vennero eliminate con la corruzione o l'arresto dei militanti, le persecuzioni, la censura.
Il peronismo ebbe successo e la sua fama continuň nel periodo delle vacche grasse. Alla fine della guerra, la concorrenza commerciale internazionale si rifece sentire e le riserve di valuta accumulate svanirono.
Nel 1955, con le FF.AA scontente ed una situazione economica difficile, Peron sparě senza resistenze. Ma per quasi 20 anni il ricordo del peronismo,"dei bei tempi" verrŕ utilizzato da una serie di correnti - di destra e di "sinistra" - come fattore politico ed elettorale, come pretesto inoltre per una serie di negoziati. I governi che si susseguono, civili o militari, mantengono intatta la macchina sindacale della CGT, col suo apparato di funzionari, tecnici e gangsters: continua ad essere una macchina eccellente per inquadrare e disciplinare le masse operaie. Non esistono piů - salvo alcune organizzazioni di categoria che hanno mantenuto i loro metodi di indipendenza e di lotta sotto tutte le dittature - organizzazioni operaie autentiche, democraticamente autonome, ma "masse", cioé materia prima plasmata dalla propaganda e senza volontŕ propria. Di fatto, Peron era morto politicamente molto tempo prima della sua morte fisica, ma i suoi metodi, purtroppo, rimangono. Senza contare che, fondamentalmente, non si nota alcun cambiamento nella struttura sociale del paese, se non l'aumento quantitativo del settore terziario.
Quali cause provocano la nascita di gruppi di guerriglia nell'America Latina e che ruolo hanno nella societŕ?
Le guerriglie nell'America Latina sono, nella loro grande maggiornaza, ciň che ho chiamato una tecnica di contro - Stato. Cioč non sono scaturite direttamente da un movimento sociale senza possibilitŕ di esprimersi per mancanza di libertŕ, ma nascono da un calcolo politico e da una volontŕ di conquista del potere. Naturalmente, questa definizione esige correzioni secondo il luogo e l'epoca, ma vale per quasi tutte le esperienze, poco note e tuttavia esaltate... in Europa.
La loro composizione sociale č rivelatrice: non si tratta di operai o di contadini, ma essenzialmente di "intellettuali", universitari o studenti, che cercano - o meglio hanno cercato - di innestarsi su situazioni sociali potenzialmente rivoluzionarie.
Ma le esperienze del Che in Bolivia, ad esempio, o i tentativi del 1965 in Perů, dimostrano chiaramente che la creazione di 'focos' non suscitava alcuna risposta tra i contadini poveri.
La nostra critica non č di tipo pacifista. Riteniamo, ad esempio, che la resistenza, a volte in forme insurrezionali, dei contadini boliviani dell'Altipiano o delle vallate di Cochamamba, sono prodotti diretti della volontá degli interessati e meritano rispetto e appoggio. La stessa cosa vale per le lotte dure, continue, violente di tutte le comunitá indie delle vallate peruviane.Sappiamo per esperienza che la guerriglia puó nascere come espressione ed avanguardia di un popolo che non ha altra risorsa che la violenza, una popolazione che mantiene con tutti i mezzi gli elementi usciti dal suo seno per aprire la strada.Ma questa funzione naturale della guerriglia non ha niente a che vedere con le teorie e le esperienze di avventurieri-o letterati-politici alla ricerca di una scorciatoia per arrivare al potere.E' pericoloso per il movimento operaio stesso e per la causa rivoluzionaria chiudere gli occhi, per romanticismo, sulle realtá che certi nomi nascondono.Come, ad esempio, sulle origini, la mentalitá ed il comportamento dei Montoneros argentini, tra i quali si trovano i peggiori nazionalisti, antisemiti, cattolici integralisti e avanzi di mercenari peronisti, e tutti disprezzano fondamentalmente le "masse".
Come analizzi i regimi militari dell'America Latina definiti, alcuni di essi, di "sinistra", come quello di Juan Velasco Alvarado in Perů?
Ogni struttura politica dell'America Latina-costituzioni, partiti, parlamenti, presidenti-venne importata dall'Europa e dagli Stati Uniti.Non č adeguata alle strutture delle societá locali.Da ció vengono le crisi permanenti.A volte, durante i periodi di relativa prosperitá economica le istituzioni funzionano.Ma al primo segno di crisi ricompare il caudillo, civile o militare.Una versione piů moderna č stata il populismo, cioč una demagogia basata sulla mobilitazione del popolo e la sostituzione delle sue realtá con "rappresentanti" ufficiali.
Oggi le Forze Armate costituiscono una macchina di potere, la cui funzione č cambiata.Non č piú uno strumento dell'oligarchia, ma un decisivo settore dello stato, una parte essenziale delle nuove classi dirigenti.Un fenomeno che ha i suoi teorici, come il generale Golbery in Brasile ed i suoi centri di studio, come il Centro de Altos Estudios Militares (CAEM) in Perú.Fenomeno che ha pure i suoi lati tragicomici-piú tragici che comici-come in Paraguay, in cui i traffici di contrabbando sono controllati e organizzati dall'esercito stasso.
Per giungere a mobilitare ed entusiasmare la popolazione povera,la Giunta militare peruviana si č servita per un certo periodo del vocabolario socialista e di numerosi intellettuali di estrema sinistra, che dipingevano di rosso decreti che di fatto erano misure di organizzazione e pianificazione del,paese-materie prime e manodopera-di tipo tecnoburocratico.
Il fatto che i generali "di sinistra" vennero poi sostituiti da ufficiali "di destra", non cambia di molto la sostanza militare, sempre solidale nonostante le sue contraddizioni interne, puň seguire la traiettoria che va da un controllo stretto del settore industriale privato alla concessione di privilegi particolari a questo settore, a seconda delle esperienze, delle necessitá di crediti esteri, dei problemi di produzione o esportazione, ma continua ad essere determinante.La contrapposizione tra capitalisti di Sao Paulo e militari dirigisti, in Brasile, offre un altro esempio di collaborazione forzata e volubile tra avversari.
Che possibilitá esistono di vincere i regimi dittatoriali e superare l'attuale tragica situazione dell'America Latina?
E' difficile parlare di America Latina in generale.Le situazioni e le prospettive sono diffenti tra Messico e Argentina, Venezuele e Cile,ecc.Ad eccezione del Venezuela, la tendenza non va verso la democrazia.Anzi:tutto il Cono Sud si trova sotto regimi repressivi. Economicamente, o piů propriamente, dal punto di vista dello sviluppo industriale, Brasile, Messico e Venezuela progrediscono, il che non significa che le ricchezze che si accumulano siano fonte di benessere per gli operai o i contadini.E' la gente in basso che suda per fornire il plus-valore necessario alla ricchezza dei privilegiati e alla potenza dello Stato.Senza contare che i problemi delle nazioni industrializzate o post-industriali sono ormai evidenti.
Fondamentalmente tutte-proprio cosí:tutte-le tendenze politiche, comprese quelle di estrema sinistra,non hanno altro modello di societá che quello nordamericano-o sovietico-cioč un tipo di organizzazione sociale dominato dalla produttivitá, dallo sviluppo concorrenziale, dalla scala delle funzioni di ordine ed efficienza.Fino all'assurdo.Ciň di cui hanno bisogno i movimenti rivoluzionari o riformisti dell'America Latina, č l'immaginazione,cioč la ricerca di forme di organizzazione, di rapporti umani, adeguate agli esseri che vivono in queste terre, tenendo presente le condizioni climatiche, geografiche, ecc.
Se ogni antiimperialismo mobilitatore sfocia in una copia febbrile di Chicago o di Magnitogorsk, significa che le trasformazioni sono concepite esclusivamente per coloro che si considerano giá membri privilegiati della nuova člite.Con ideologie distinte e perfino contraddittorie,ma con le stesse funzioni di potere.
La lotta contro le dittature esige,č vero, un'attivitá di difesa, ma anche una concezione della societá che respinge ogni forma di coercizione.
E ora parliamo del movimento libertario.Che ne č stato delle organizzazioni sindacali e dei gruppi anarchici del Sudamerica?
Credo che stiamo terminando la traversata del deserto.Dalla fine del secolo scorso fino circa al 1930, le correnti libertarie rappresentarono in Argentina, in Cile, in Urugay, in Brasile, in Bolivia una forza di trasformazione di grande importanza; la Federacion Obrera Regional Argentina, coi suoi due quotidiani, la sua rete di sindacati, gruppi,case editrici,ecc....svolgeva un ruolo di primo piano in tutte le lotte sociali.La stessa situazione si presentava in Uruguay con la FORU o in Cile con la CGT.Ma la spinta proveniva, sulla costa atlantica, dai lavotratori immigrati, con la loro capacitá professionale ed i loro metodi di lotta diretta, il loro ideale di societá egualitaria e fraterna.
Allo scoppio della grande crisi mondiale, il movimento migratorio s'interruppe, le sconfitte operaie in Europa soffocarono l'entusiasmo e le illusioni sul carattere socialista dell'esperienza permisero ai partiti comunisti di deviare le lotte operaie a favore della politica estera dell'Unione Sovietica.D'altra parte, il carattere fondamentalmente agricolo della maggioranza dei paesi esigeva la creazione di un movimento autoctono e non basato su immigrati.
A tutti questi fattori possiamo aggiungere la ferocia delle repressioni, come in Patagonia, negli erbai di La Forestal, nella Pampa secca, nei quartieri operai delle grandi cittá, per parlare solo dell'Argentina.
I rari movimenti si tipo social-democratico, come il batelismo in Uruguay o l'aprismo in Perů, attirarono un gran numero di militanti libertari nelle loro fila, dove dimostrarono spesso le loro capacitá organizzative...
Oggi si osserva un risveglio, non ancora di movimenti anarchici come fattori decisivi nelle lotte sociali, bensí della critica e delle idee anarchiche, reazione naturale di fronte alle esperienze e agli insuccessi delle scuole politiche di tipo parlamentare o autoritario.
Tu hai partecipato alla rivoluzione libertaria spagnola ed hai combattuto sul fronte aragonese.Quali sono i tuoi ricordi di quei fatti?
Come centinaia di militanti anarchici di ogni nazionalitá che accorsero nel luglio e nell'agosto del '36 per partecipare non alla difesa della Repubblica spagnola, ma piuttosto alla lotta rivoluzionaria per una societá libertaria, fui sul fronte di Aragona, dove nell'agosto creammo e rafforzammo attraverso alcune battaglie-Sietamo, Farlete, Perdiguera-il gruppo internazionale della colonna Durruti.
Per molti rivoluzionari la guerra civile era, in fondo, l'occasione per combattere frontalmente, con le armi, un nemico tipico:militari, preti, padroni, mercenari di ogni tipo.Le perdite furono enormi tra i nostri.
Giungevano, nella loro magioranza, non per vincere, ma per morire secondo la loro legge, dopo tante persecuzioni e sconfitte.
Pochissimi accettarono la militarizzazione.Conoscevamo per esperienza che le argomentazioni a proposito della disciplina e dell'efficienza erano la copertura della controrivoluzione, la trappola dei borghesi e dei loro alleati stalinisti.
Naturalmente furono contrari alla partecipazione al governo, tragico errore.La loro luciditá-cosí bene espressa da Camillo Berneri o da Andrč Prudhommeaux-trovó conferma nei fatti del maggio del '37, ultima occasione di vincere la controrivoluzione nelle stesse fila "repubblicane"
A che cosa č dovuta l'improvvisa scomparsa del movimento operaio organizzato di ispirazione libertaria a partire dalla prima guerra mondiale?
In contrapposizione con la leggenda tramandata dai partiti socialista e comunista, per evitare l'analisi seria, i movimenti anarchici furono essenzialmente operai.La tendenza dello sviluppo industriale portň ad una divisione del lavoro sempre piú accentuata, alla creazione di una gerarchia di categorie nella produzione e nella loro organizzazione, fino a giungere ad una base di lavoratori manuali che stanno alla macchina, ma che non hanno alcuna possibilitá di comprendere l'interezza del ciclo produttivo, cosí come un'infinitá di salariati con funzioni di trasmissioni di ordini, di controllo e di verifica, di trasporto e manutenzione, con tecnici ed organizzatori, negli uffici direttivi.Ossia, il capitale personale di ogni operaio scompare e con esso la concezione di una societá di produttori responsabili.Le dimensioni stesse delle aziende o dei complessi industriali moderni soffocano qualsiasi tipo di controllo o di gestione operaia.Ma oggi provocano-ed č una tendenza che si sviluppa rapidamente-la critica, il rifiuto, totale della forma di produzione gigantesca, risultato di un'economia di guerra-economica o militare-che sfugge all'uomo e fa di lui unicamente un conduttore della macchina e non il suo utilizzatore.
Quindi la decadenza del movimento operaio libertario si spiega con la stessa evoluzione del tipo di produzione industriale.Quando i "marxisti"ci criticano e ci definiscono residui del passato, pensando che essi sono spinti avanti dalla storia, si sbagliano due volte.La prima perchč gli anarchici non hanno mai detto di ritenere che gli operai avevano una missione "storica", ma che per la loro condizione di produttori sfruttatti potevano portare avanti il progetto di una societá di produttori liberi, creando il movimento anarco-sindacalista.La seconda perchč il tipo di societá industriale con uno sviluppo cieco č proprio di una classe dirigente nuova, il cui potere e i cui privilegi si basano sulla funzione e non piů sul capitale privato, ma che non ha niente di socialista, se le parole hanno ancora un senso.Il compito degli anarchici continua ad essere il medesimo, ma a partire da un tipo di societá nuova.E' una sfida che non ci trova disarmati.
Quando sei diventato anarchico?
A 16 anni, incontrando al tempo delle grandi sconfitte del movimento europeo-Germania, Bulgaria, Italia, Spagna-militanti libertari che continuavano la lotta in condizioni misere, spesso tragiche e con uno spirito internazionalista eccezionale.Donne e uomini come Giovanna Berneri, Pio Turroni, Mario Mantovani, Nicolas Lazarevitch, Ida Mett, Ernestan Jean de Boë, Francisco Ascaso, Buenaventura Durruti, ma anche coloro che costituirono e costituiscono il tessuto solido dell'anarchismo militante:operai italiani dell'edilizia, contadini della Languedoc, minatori della conca di Liegi, esuli da tutti i paesi, perseguitati, instancabili, affamati, audaci, a volte soli, ma sempre in piedi.
Quali sono, secondo te, i fondamenti essenziali dell'anarchismo?
L'anarchismo nasce dalla volontá dell'uomo di conoscersi e di conoscere la societá in cui vive, per riuscire ad essere padrone del proprio destino insieme agli altri uomini,affinchč la societá sia una comunitá libera e fraterna di liberi associati.
Perchč l'anarchismo pone tanto in rilievo la lotta antistatale?
Lo stato č il simbolo e la rappresentazione quasi perfetta di tutti i sistemi di oppressione, sfruttamento e condizionamento dell'uomo, fino a ridurlo a un semplice pezzo della grande macchina centrale.Logicamente, sono i beneficiari o i candidati ai benefici del potere di Stato quelli che inventano le ideologie che giustificano tale sistema.Non potremmo lottare contro le ingiustizie per la libertá e la responsabilitá degli individui senza combattere la realtá e la concezione dello Stato, ratifica dei privilegi e classe dei privilegiati.
Ma l'anarchismo non č, come dicono i suoi detrattori, una fantasticheria da illusi?
L'anarchismo non č un sogno futurista.E' una realtá presente ed un quotidiano sforzo per trovare e creare, all'interno stesso della societá che ci condiziona, gli elementi di una societá nuova.Uno sforzo lungo, difficile, molteplice, a volte ridotto quasi a nulla dalle contingenze, a volte favorito dalle circostanze."Dentro la storia, ma contro la storia".
Come vedi oggi il "dibattito" Marx-Bakunin?
Lo vedo come un dibattito che ha il suo condizionamento storico.Ció che mi dispiace č che i militanti che si definiscono marxisti, non offrono nulla come analisi e interpretazione della societá di oggi e si sforzano di spiegare le strutture ed i meccanismi citando testi del secolo scorso.Quanto a Bakunin,ritengo che innanzitutto fu un personaggio straordinario, con molte e normali contraddizioni nelle sue successive interpretazioni dei fenomeni sociali e folgoranti previsioni quanto alle possibilitá di poteri non capitalisti.Un uomo fuori dal comune, ma:"Nč dio nč padrone", piů che un idolo, un compagno.
Attribuisci agli anarchici il ruolo messianico e carismatico che il marxismo attribuisce alla classe operaia?
Per fortuna gli anarchici non hanno mai fatto del proletariato il Messia, concezione molto intellettualistica.I lavoratori anarchici conoscevano fin troppo bene la realtá operaia per parlare di essa in termini storico-religiosi.Ma, e credo che avessero ragione a quel tempo, concepivano una possibile societá di produttori a partire dalle officine, dalle fabbriche e dei campi, per cui lottarono.
Oggi nel mondo dei salariati esistono differenze di classe. Anche un presidente direttore č un salariato.Ma č un privilegiato e non possiamo contare su di lui per cambiare l'attuale societá di privilegi.
I lavoratori dei campi e delle fabbriche continuano ad essere il motore attuale della forma di lotta di classe che ci interessa.Non come motore per l'elevazione di una nuova classe di dirigenti, ma come elemento responsabile di una ricostruzione sociale.Nel settore terziario, nella moltitudine dei "colletti bianchi", nell'infinitá di salariati che lavorarano nei servizi pubblici ma che non producono, si avrá sperimentalmente la parte che vuol godere di uno status particolare privilegiato e che per propria decisione pensa ed agisce a favore di una societá ugualitaria, non condizionata dalla divisione gerarchizzata del lavoro.
Trasformatosi oggi il marxismo nell'ideologia delle burocrazie totalitarie e poliziesche che sfruttano e opprimono il proletariato e al popolazione in Russia, Cina e satelliti e nell'ideologia dei differenti partiti burocratici ("comunisti" o "socialisti") che lottano per imporre il burocratismo di stato, quali ritieni che siano oggi il ruolo e le prospettive del movimento anarchico e come valuti i movimenti libertari moderni:la rivoluzione ungherese del 1956 , le giornate del maggio-giugno '68 in Francia?
A fianco degli eredi e dei continuatori delle organizzazioni o delle tradizioni anarchiche, che dimostrano valori di perseveranza indiscutibili e che trovano insperate rinascite, possiamo notare in varie parti del mondo una reinvenzione del pensiero anarchico.Non solo abbiamo conosciuto l'apporto dei "situazionisti", intellettuali radicali che dimostrano una luciditá eccezionale tradotta in un linguaggio nuovo, ma vediamo nascere tra le nuove generazioni, a volte come il risultato di lunghe evoluzioni a partire dalla loro formazione marxista, nuclei, quasi delle scuole, di studiosi che a proposito dei grandi temi-che gli anarchici posero al centro dei problemi sociali:Stato, federalismo, capacitá della base, autoorganizzazione, ecc...-traggono conclusioni in termini libertari.Saggisti come Castoriadis, Claude Lefort, Pierre Clastres, ecc, in Francia.Nella Spagna stessa il pensiero libertario nasce non solo dalla corrente storica, ma anche dalla scoperta dell'attuale societá e dei suoi problemi fondamentali, dei problemi di sempre, da parte di elementi di varie estrazioni.
In Italia nuovi gruppi stavolta frutto del movimento "ufficiale", apportano analisi profonde sul funzionamento della societá attuale, con le ereditá del corporativismo fascista, con un settore statale enorme, con le relative clientele.
Comunque il problema basilare del movimento anarchico presente si enuclea cosí:come agire, come intervenire, come organizzarsi perchč svolga un ruolo ed abbia un peso nel cammino delle societá?Come trasformare la luciditá in metodo, in modo da far presa sulle trasformazioni?Su quali terreni e su che tipo di fenomeni devono prendere posizione i gruppi, sempre piů numerosi, francesi ed italiani, ad esempio?
Certo, abbiamo la gradita sorpresa di vedersi produrre in tempo di crisi manifestazioni spontanee di spirito ed iniziative libertarie come l'insurrezione ungherese nel 1956, o il maggio '68 in Francia.Ma se il terreno č seminato, rimane la necessitá di una "politica" anarchica.
Com'č nata "Interrogations"?
"Interrogations" č una rivista molto modesta, che risponde ad una grande ambizione: studiare ed analizzare i problemi della societá di oggi secondo criteri libertari; andare oltre, perchč siamo oltre, la riedizione dei classici.Avere e trasmettere un'informazione diretta, al di fuori delle agenzie di propaganda o di conformismo.Abbandonare il facile terreno delle certezze e seminare l'inquietudine, poichč riteniamo i militanti adulti e rispettiamo i nostri lettori.
Nonostante la sua povertá francescana, la rivista vive ed i suoi testi sono tradotti e spesso stampati come opuscoli; cosí vengono discussi.
Venne creata da un gruppo internazionale, con redazione a Parigi, per due anni. Adesso viene editata in Italia per altri due anni.Poi la redazione e l'amministrazione passeranno ad un altro paese.Forse, spero, in Spagna.
A che stai lavorando? Prepari qualche lavoro?
Non so se avrň sufficiente tenacia da scrivere un libro sull'emergere delle nuove classi dirigenti in America Latina.In ogni modo, il tema č maturo ed altri , sicuramente piů capaci, lo porteranno a termine.