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Rete Nazionale Sprigionare

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CAMERA DEI DEPUTATI N. 1769

XIII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE

D’INIZIATIVA DEL DEPUTATO CENTO

Presentata il 3 luglio 1996

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Concessione di indulto e modifica dei termini di prescrizione per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge prevede un indulto da applicare alle condanne conseguite per reati definiti di "terrorismo", commessi e giudicati con la legislazione d’emergenza.

Non si intende entrare nel merito della diatriba "perdono" o meno. E’, il perdono, una categoria che, in questa sede, ci è estranea e che comunque attiene alla soggettività di ciascuno, non alla collettività.

Intendiamo invece, preso atto dell’estinguersi del fenomeno terrorismo, nel rispetto del dettato e dello spirito della norma costituzionale, prospettare un riequilibrio delle pene subite da questo tipo di condannati.

Come è noto, infatti, in quegli anni sono state approvate varie leggi definite di "emergenza"; e di emergenza sono stati anche alcuni comportamenti processuali. Alle une e agli altri sono conseguiti non indifferenti aggravi di pena; nel senso che a parità di reato commesso la sanzione è stata molto più severa di quella che sarebbe stata per un reato comune.

Richiamiamo all’attenzione dei colleghi le norme ed i comportamenti cui facciamo riferimento:

a) decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15:

"Art. 1 - Per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico punibili con pena diversa dall’ergastolo, la pena è sempre aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato.

Quando concorrono altre circostanze aggravanti, si applica per primo l’aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui al comma precedente.

Le circostanze attenuanti concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa ed alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato".;

b) legge 18 aprile 1975, n. 110:

"Art. 21 - (Distruzione o sottrazione di armi) - Chiunque distrae dalla prevista destinazione, sottrae o comunque detiene armi di cui agli articoli 1 e 2 al fine di sovvertire l’ordinamento dello Stato ovvero di mettere in pericolo la vita delle persone o la sicurezza della collettività mediante la commissione di attentati o comunque di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286 e 306 dello stesso codice, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni".

Senza dette finalità, ad esempio, la detenzione di un’arma da guerra è punibile con una pena che va da uno a otto anni.

Gli imputati e i condannati per fatti di terrorismo sono stati inoltre esclusi in modo specifico dall’amnistia e dall’indulto previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744, e dagli analoghi provvedimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, e dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1986, n. 865, per esclusione oggettiva dei reati caratterizzanti il "terrorismo" (esempio: banda armata).

Come si è accennato, e come è noto, sono state inoltre applicate, pressoché unanimemente, regole di condotta processuale che hanno considerevolmente inasprito le pene. Facciamo un esempio. Il "terrorista" arrestato con armi veniva giudicato, come dovuto, con rito direttissimo, mentre iniziava l’istruttoria per gli altri reati. I due procedimenti avevano, quindi, svolgimenti nel tempo diversi, con pene autonome che spesso si sono sommate aritmeticamente e non sono state unite dal vincolo della continuazione di cui all’articolo 81 del codice penale.

Un meccanismo simile si è verificato per la costante, o quasi, mancata applicazione della connessione soggettiva, specie per coloro che erano imputati davanti ad autorità giudiziarie territorialmente diverse.

Anche i termini di custodia cautelare hanno subìto, per questi particolare imputati, una consistente dilatazione.

L’insieme di queste circostanze, sui è conseguita una disparità di trattamento, e il venir meno della "pericolosità sociale", ci ha indotto alla presentazione di questa proposta di legge, la cui discussione è stata peraltro avviata già nella X legislatura (atto Camera n. 4395, presentato dall’onorevole Balbo il 6 dicembre 1989).

Ci preme ricordare che i detenuti, per le medesime ragioni di cui ci occupiamo, hanno da tempo dimostrato, nella stragrande maggioranza dei casi, il loro reinserimento o la loro volontà di raggiungerlo. Su questo aspetto sono concordi sia i rappresentanti delle autorità carcerarie, che hanno più costanti e vicini rapporti con loro, sia le autorità esterne agli istituti penitenziari, sia coloro che per lavoro, istruzione, solidarietà, amicizia o comunque in applicazione dell’articolo 17 della legge 26 luglio 1975, n. 354, li frequentano. Molti di loro che lavorano all’esterno degli istituti penitenziari sono occupati in attività con finalità sociali. Un panorama di comportamento, dunque, sufficientemente tranquillizzante. Se poi, per qualcuno degli interessati, esso sia strumentale ad ottenere la libertà o se risponda a sincere convinzioni, non crediamo di dover indagare, dando rilievo ai fatti quali, allo stato, si presentano.

Proponiamo un indulto pensando così d’interpretare meglio la volontà popolare, pronta, per ragioni umane e di pacificazione sociale, non certo a dimenticare, ma ad accettare un provvedimento che ponga fine, per lo meno su di un piano processuale, ai cosiddetti "anni di piombo".

Proponiamo un indulto, perché, in stato di libertà, chi vorrà potrà fattivamente dimostrare alla collettività la sua volontà di reinserimento e (perché no?) di pacificazione. In caso diverso, come è noto, l’indulto può essere revocato (articolo 6 della presente proposta di legge).

Proponiamo, infine, un indulto pensando che i congiunti delle vittime, e comunque le parti lese, possano meglio accettare una soluzione che, per quanto possibile, favorisca la possibilità di una riparazione sociale. Mentre auspichiamo che al più presto il Parlamento prenda in esame i provvedimenti di ristoro materiale che a loro favore sono stati sollecitati da alcune proposte di legge.

La misura dell’indulto si articola nella conversione dell’ergastolo in anni 21 di reclusione e nel dimezzamento delle sanzioni più gravi; mentre le sanzione meno gravi (non superiori ad anni 10 di reclusione) sono ridotte di anni 5. Appare infatti opportuna scelta di politica criminale agevolare il reinserimento nel contesto sociale di persone condannate per reati meno gravi, ovvero impedire che il reinserimento già attuato nei confronti di molti soggetti possa essere vanificato da un rientro in carcere, anche per un periodo non eccessivamente lungo; non vi è dubbio che ciò contribuirebbe a un’interruzione di rapporti familiari e sociali, oltre che di lavoro, faticosamente avviati.

Di particolare rilievo, infine, riteniamo sia un indulto che si estenda alle pene accessorie. Tale tipo di sanzioni, infatti, pur quando la pena di privazione di libertà è stata completamente espiata, presentano spesso grave impedimento al reinserimento sociale, che è la finalità che si vuole raggiungere.

Ancora, per non limitarci alla mera riproposizione del testo ormai "storico" ma arricchirlo anche con altre soluzioni che tengano conto degli anni che sono ulteriormente trascorsi da quando il primo progetto è stato delineato e scritto, intendiamo aggiornare la proposta di legge con altri due benefici:

  1. la previsione di un indulto totale per i reati associativi, cioè per l’organizzazione e partecipazione a bande armate ormai da tempo inesistenti e per i connessi reati relativi alle armi: si tratta di reati fortemente contestualizzati che pure - stante la normativa sulle armi che prevede il rito direttissimo e forti pene - hanno molto contribuito alla determinazione della sanzione complessiva;
  2. la previsione di una più rapida prescrizione delle pene (non dei reati): attualmente la pena è prescritta trascorso un periodo pari al suo doppio; la nostra previsione la porterebbe ad un periodo pari ad una volta e mezzo la pena risultante dall’applicazione dell’indulto.

Questi due meccanismi consentirebbero di risolvere nel breve-medio periodo un consistente numero di casi anche di coloro che sono attualmente all’estero. Infatti, ad esempio, una pena di venti anni verrebbe, per effetto dell’indulto, riportata a dieci anni e sarebbero prescritta dopo quindici anni dalla sentenza definitiva; considerato che per molti sono ormai trascorsi circa dieci e più anni dall’espatrio è evidente che tra qualche anno sarebbe così offerta un’ipotesi di ritorno. Ovviamente si risolvono così i casi lievi o medi, non certo quelli gravi, per i quali non si vede come si possa arrivare a soluzione.

La coerenza delle motivazioni che muovono questa proposta di legge deve essere percepita nella prospettiva della abolizione generale dell’ergastolo, che contrasta con le finalità di risocializzazione della pena. La stessa coerenza richiede un intervento abrogativo delle norme speciali della legislazione d’emergenza. Anche questa abrogazione è assunta in alcune proposte di legge già presentate, ma tuttavia non potrebbe risolvere i casi già coperti da giudicato.


PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

(Indulto)

  1. E’ concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:
  1. la pena dell’ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;
  2. le pene detentive temporanee derivanti da uno o più reati previsti dagli articoli 270, 270-bis, 284, 304, 305, 306 e 307 del codice penale nonché, in connessione con essi, dai reati concernenti armi, munizioni ed esplosivi, di cui agli articoli 1,2,4 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, come sostituiti dalla legge 14 ottobre 1974, n. 497, sono interamente condonate;
  3. le pene detentive temporanee derivanti da reati diversi da quelli previsti alla lettera b) sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci, della metà negli altri casi;
  4. le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, sono interamente condonate;
  5. le pene accessorie, quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l’indulto, sono interamente condonate.

Art. 2

(Esclusioni oggettive)

  1. L’indulto previsto nell’articolo 1 non si applica ai reati di cui agli articoli 422 e 285 del codice penale, se dalla commissione dei reati stessi è derivata la morte.

Art. 3

(Applicazione dell’indulto)

  1. L’indulto si applica sul cumulo delle pene anche se stabilito in applicazione della legge 18 febbraio 1987, n. 34.

Art. 4

(Modifica dei termini di prescrizione delle pene)

  1. Per i soggetti di cui all’articolo 1, la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari alla durata della pena inflitta, così come ridotta per effetto dello stesso articolo 1, aumentata della metà e, in ogni caso, non superiore a ventuno anni.
  2. Per i soggetti di cui all’articolo 1, la pena dell’ergastolo, così come commutata dallo stesso articolo 1, si estingue con il decorso di venticinque anni.

Art. 5

(Applicazione dell’indulto in caso di continuazione)

  1. Quando vi è stata condanna ai sensi dell’articolo 81, secondo comma, del codice penale, ove necessario, il giudice, con l’osservanza delle norme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l’indulto determinando la quantità di pena condonata per i singoli reati.

Art. 6

(Revoca dell’indulto)

  1. L’indulto è revocato di diritto qualora che ne abbia usufruito commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto della stessa indole per il quale riporti condanna a pena detentiva superiore a due anni.

Art. 7

(Computo dei periodi di scarcerazione)

  1. Coloro che, imputati per reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, siano stati nel corso del procedimento a loro carico comunque scarcerati, qualora non si sottraggano alla cattura dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e qualora non abbiano commesso durante il periodo di scarcerazione alcun reato, possono computare, ai fini delle disposizioni di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, il periodo intercorso tra la scarcerazione e l’esecuzione della sentenza.
  2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell’ipotesi di emissione di provvedimento restrittivo della libertà personale emesso a seguito di condanna nel primo e nel secondo grado di giudizio, per i periodi di scarcerazione intercorsi durante il procedimento.

Art. 8

(Termini di efficacia)

  1. L’indulto ha efficacia per i reati commessi sino al 31 dicembre 1988.

Art. 9

(Termine di applicazione ed entrata in vigore)

  1. L’indulto si applica entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

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