SENATO DELLA REPUBBLICA
XII LEGISLATURA N. 424
DISEGNO DI LEGGE
DINIZIATIVA DEI SENATORI
MANCONI, SALVATO, BRUTTI, SALVI, RONCHI, BETTONI, BRANDANI, SENESE, ROCCHI, TRIPODI, CARCARINO, MANZI, FAGNI, ALO, DIONISI, PIERONI, CARELLA, MANCUSO, FALQI e DE NOTARIS
Comunicato alla Presidenza il 17 giugno 1994
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Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo
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Onorevoli Senatori. - Questo disegno di legge muove dalla consapevolezza dell'estinzione, ormai da tempo avvenuta, del fenomeno del terrorismo come si è sviluppato negli anni '70 e nei primi anni '80; e come si è storicamente concluso. muove pertanto, dalla constatazione - condivisa da storici e magistrati, sociologi e criminologi, operatori delle carceri e funzionari delle forze dell'ordine - della fine della sua pericolosità (sabato 28 maggio 1994 il Ministro dell'Interno Roberto Maroni, ha dichiarato: "Non esiste più alcuna emergenza legata al terrorismo. Quella è una stagione chiusa"). In considerazione di ciò, questo disegno prospetta un riequilibrio delle pene comminate, proponendo un indulto da applicarsi - nel rispetto del dettato e dello spirito della norma costituzionale - alle condanne conseguite per reati definiti "di terrorismo" e giudicati con la cosiddetta "legislazione d'emergenza".
Questo provvedimento interviene - vedremo più avanti con quali effetti - su un soggetto residuale, estremamente circoscritto nelle dimensioni numeriche, ed affonda le sue radici in ragioni essenziali di giustizia e di umanità. Esso fu già presentato e discusso in Commissione nella scorsa legislatura (atto Senato n. 1058 della XI legislatura, presentato l'11 marzo 1993, primo firmatario il senatore Molinari). La Commissione convenne unanimemente sulla necessità di affrontare il problema e approvò in sede referente, nella seduta del 22 dicembre 1993, un testo che recepiva le linee di fondo di questa proposta. La fine della legislatura non ha consentito la discussione del provvedimento in aula.
Crediamo che il problema debba giungere a una positiva soluzione in questa legislatura. per rispetto nei confronti della nuova Assemblea - considerevolmente mutata nei suoi componenti rispetto alla precedente - riteniamo corretto, tuttavia, che la discussione riparta dal testo inizialmente proposto.
La prima elaborazione e la prima discussione risalgono alla X legislatura (atto Camera n. 4395, presentato il 6 dicembre 1989, prima firmataria l'on. Balbo Ceccarelli) ma oggi - dopo i cambiamenti storici e politici degli ultimi anni - quel testo risulta corroborato da dati e considerazioni nuovi, che lo collocano in uno scenario affatto diverso. Del resto, i provvedimenti legislativi che il Parlamento ha approvato in questi ultimi anni collocano organicamente questo progetto all'interno di una complessiva ridefinizione dell'ordinamento penale.
Prima di tutto, vorremmo sottolineare la dimensione quantitativa dei soggetti su cui il provvedimento è destinato ad agire:
Se consideriamo che alcune ricerche, fatte da istituti diversi, hanno calcolato intorno alle cinquemila le persone che - nell'arco di poco più di un decennio - hanno varcato i cancelli del carcere per fatti inerenti alla sovversione armata e al terrorismo degli anni '70, l'attuale numero di soggetti detenuti appare meramente residuale. E si tratta, del resto, di una residualità non soltanto quantitativa: basta riflettere sulla discontinuità storica che separa il presente - lo scenario attuale del nostro Paese - dai contesti sociali, politici e culturali entro cui le organizzazioni armate ebbero origine e si svilupparono.
La necessità di riequilibrare le pene, in presenza dei mutamenti avvenuti, è una delle ragioni fondamentali di questa proposta. Come è noto, negli anni '70, a fronte dell'attacco terroristico, sono state approvate varie leggi, complessivamente chiamate "d'emergenza". Così pure carattere "emergenziale" ha avuto l'andamento di molti processi. Alle une e agli altri sono conseguiti non indifferenti aggravi di pena: a parità di reato commesso, la sanzione è stata molto più severa di quella che sarebbe stata in una situazione ordinaria, per reati ordinari, commessi da imputati ordinari.
Per esemplificare il problema, richiamiamo l'attenzione sull'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15:
Altre leggi e altri orientamenti processuali hanno contribuito, altresì, a determinare - a parità di reato - un forte squilibrio tra i condannati per fatti comuni e quelli per fatti di terrorismo. Ricordiamo, ad esempio, la legge 18 aprile 1975, n. 110, sulle armi, che ha innalzato da cinque a dieci anni la pena per detenzione di arma da guerra; senza tale finalità, lo stesso reato è punito con una pena che va da uno a otto anni. Inoltre, gli imputati e i condannati per fatti di terrorismo sono stati esplicitamente esclusi dall'amnistia e dal condono previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, e dal decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981 n. 744, e, implicitamente, dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1986, n. 865, dal momento che sono stati esclusi reati, quale la banda armata, caratterizzanti il fenomeno terroristico.
Non solo. Con giurisprudenza pressoché costante, sono state adottate scelte di conduzione processuale che hanno determinato un considerevole inasprimento delle pene. Ad esempio, un terrorista arrestato con armi veniva giudicato, come dovuto, con rito direttissimo, mentre iniziava l'istruttoria per gli altri reati, I due procedimenti, quindi, seguivano svolgimenti diversi nel tempo, con pene autonome che speso si sono sommate aritmeticamente piuttosto che essere determinate in regime di continuazione, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale. Da qui la pressoché costante mancata applicazione della connessione soggettiva, specie per gli imputati in procedimenti iniziati da autorità giudiziarie territorialmente diverse. infine, anche i termini di custodia cautelare hanno avuto, per questi particolari imputati, una consistente dilatazione: per alcuni imputati - è bene ricordarlo - fino a 10 anni e 8 mesi.
Di fronte a questa disparità di trattamento - esauriti i motivi di allarme sociale che la determinarono - si impone il recupero di una misura di equilibrio.
Un punto
Un punto delicato è, indubbiamente, quello relativo ai circa ottanta condannati allergastolo, che rappresentano quasi la metà dellattuale totale dei detenuti per fatti di lotta armata. Come è noto, infatti, con il già ricordato decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, la sanzione dellergastolo, nel caso di gravi fatti di sangue per finalità di terrorismo, divenne - in concreto - una misura automatica, mentre, nel caso di reati comuni, essa è soltanto una tra le pene possibili: e la più rara.
Il problema del riequilibrio, in questi casi, si pone anche in considerazione del trattamento differenziato che, tra gli stessi condannati per fatti di terrorismo, ha determinato rilevanti sperequazioni; sperequazioni che, legittimate sul piano giurisprudenziale in virtù delle leggi "demergenza", oggi - con il venir meno di ogni pericolosità soggettiva e oggettiva - risultano meritevoli di una misura di bilanciamento e di equità.
Questa proposta si riferisce, infatti, a soggetti che, sebbene accusati dei reati più gravi, hanno dimostrato da molti anni, e in forme concrete, il loro avvenuto reinserimento.
Di ciò danno conferma sia i rappresentanti delle autorità carcerarie, che intrattengono con gli interessati i rapporti più costanti, sia coloro che li frequentano per lavoro, attività culturali o di volontariato (in virtù dellarticolo 17 della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sullordinamento penitenziario e sullesecuzione delle misure privative e limitative della libertà). Anche il Parlamento, nella passata legislatura, escludendo dalle misure anticriminalità - per la prima volta dopo oltre dodici anni - i detenuti per reati di terrorismo, ha indubbiamente riconosciuto il venir meno della pericolosità sociale dei soggetti in questione. Altre controprove emergono con evidenza dei fatti che qui si enumerano:
Al contempo, sempre sotto il profilo del venir meno della pericolosità sociale, occorre considerare le circa centotrenta persone attualmente latitanti - per lo più in Francia - per fatti di lotta armata; anche di essi è noto - sia alle autorità preposte alla repressione del fenomeno, sia allopinione pubblica - il dichiarato ed effettivo distacco da ogni attività eversiva.
Linsieme di questi elementi positivi prima ricordati sottolinea la necessità di un intervento legislativo generale, che eviti un uso distorto della discrezionalità nelladozione dei provvedimenti e, di fatto, una disparità nellaccesso agli istituti previsti. E ormai evidente che gli strumenti predisposti dal legislatore in questi anni, per favorire un graduale rientro da una situazione di eccezionalità, sono stati provvedimenti parziali o temporanei, che hanno potuto affrontare il problema in modo limitato e hanno prodotto, così, particolari tipizzazioni soggettive.
Vorremmo considerare, per sommi capi, quali effetti avrebbe lattuazione del presente disegno di legge sui circa duecentosessanta detenuti di cui si è detto, assumendo, come ineludibile, la necessità da parte delle istituzioni di garantirsi - e garantire - gradualità e sicurezza.
Dal punto di vista della gradualità, possiamo offrire il seguente esempio: un detenuto per fatti di lotta armata, arrestato nel 1982 alletà di ventotto anni e condannato allergastolo (è il caso più frequente), grazie a un indulto - che commutasse la sua pena perpetua in pena temporanea di ventuno anni - avrebbe il suo fine pena nel 2003, alletà di quarantanove anni.
La possibilità di anticipare ulteriormente quel fine pena è connessa alla concessione di benefici premiali che, come è noto, sono misure individuali, sottoposte al diretto controllo dellautorità giudiziaria, che dovrà - caso per caso - valutare la pericolosità sociale del soggetto.
A questo esempio - rappresentativo della maggioranza dei detenuti allergastolo per fatti di lotta armata - possiamo affiancare quelli estremi e opposti di:
Onorevoli Senatori, questo disegno di legge intende sottrarsi a tutte le polemiche e a tutte le formulazioni improprie, quali "perdono" e "colpo di spugna", "riconoscimento politico" e "riconciliazione"; e vuole riportare la discussione alla sua sostanza: ovvero alla necessità di risolvere, sulla base di criteri di giustizia e di umanità, una situazione oggettivamente residuale e numericamente esigua.
Non si tratta di prevedere, dunque, misure "speciali" per imputati "speciali"; non si tratta di favorire chi ha commesso reati "politici" rispetto a che ha commesso reati comuni; e, tanto meno, di privilegiare un gruppo di detenuti rispetto alluniverso dei reclusi. Si tratta, al contrario, di ripristinare uguaglianza di pene e di trattamento dove sono state introdotte difformità e sperequazioni; e di sottrarre alle sanzioni quellaggravio che le particolari condizioni storiche - oggi superate - avevano suggerito al legislatore.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1
(Indulto)
1. E concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dellordinamento costituzionale, anche se la tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:
Art. 2
(Esclusioni oggettive)
Art. 3
(Applicazione dellindulto)
Art. 4
(Applicazione dellindulto in caso di continuazione)
Art. 5
(Revoca dellindulto)
Art. 6
(Computo dei periodi di scarcerazione)
Art. 7
(Termine di efficacia)
Art. 8
(Termine di applicazione ed entrata in vigore)