Il Corriere della Sera - 16.03.98

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Moro: cinque misteri, il caso resta aperto

Dal covo di via Gradoli alle carte segrete dell'ostaggio. I buchi neri dell'inchiesta

Il magistrato che indaga sulla strage: «I brigatisti continuano a proteggere qualcuno»

Giuliano Gallo, Paolo Menghini

ROMA - Cinque processi, una commissione parlamentare d'inchiesta, un'indagine ancora aperta. Ma a quel «puzzle» insanguinato mancano ancora tante, troppe tessere. Loro, gli uomini delle Brigate rosse, vanno di continuo in televisione a spiegare che è tutto chiaro, che non ci sono più buchi neri da illuminare. Ma la giustizia non è dello stesso avviso: «i brigatisti proteggono ancora qualcuno», insiste Antonio Marini, il sostituto procuratore che assieme a Franco Ionta continua a indagare su quella strage che è ormai nei libri di storia.

QUANTI ERANO IN VIA FANI? - Valerio Morucci - il «postino» delle Br, ma anche uno degli assassini degli uomini della scorta di Moro - ha raccontato in tre tempi la dinamica esatta della strage. Facendo prima i nomi di sette uomini: Mario Moretti, Raffaele Fiore, Bruno Seghetti, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari, Barbara Balzerani e lui stesso. Decidendosi poi, ma solo molti anni dopo, a indicarne altri due: Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri. Il primo arrestato e processato in Svizzera dove si era rifugiato, il secondo mai catturato. È stato visto, intervistato e fotografato in Nicaragua, dove aveva aperto un ristorante. Ma non ha mai scontato un solo giorno di galera. Alla fine Morucci ha tirato fuori anche il nome di Rita Algranati, che a bordo di un motorino doveva segnalare al commando l'arrivo delle auto di Moro e della scorta. Anche lei è stata segnalata in Nicaragua. Morucci adesso giura di aver davvero detto tutto, ma ci sono tre testimoni che parlano di una moto Honda presente sul luogo della strage, con due uomini a bordo. Uno di loro, l'ingegner Alessandro Marini, si era visto addirittura sparare una raffica di mitra contro il motorino dall'uomo seduto sul sellino posteriore. I brigatisti però negano, tutti: non avevamo nessuna moto, in via Fani.

LE MINACCE A MORO - Altro mistero mai chiarito, le minacce che Moro aveva ricevuto prima del sequestro, e i segnali che le br stavano preparando un «attentato contro un esponente democristiano». Una segnalazione che la polizia non aveva preso in considerazione. Una situazione che aveva comunque indotto Moro a pretendere una scorta per i figli, a mettere vetri blindati alle finestre del suo studio in via Savoia e il suo caposcorta Oreste Leonardi a chiedere inutilmente un'auto blindata per il suo protetto. Minacciosi avvertimenti di «altissimo livello» che il presidente dc aveva ricevuto in America, durante un viaggio ufficiale, dopo la decisione di «aprire» ai comunisti. Moro ne aveva parlato - rompendo una ferrea tradizione di riserbo - con sua moglie Eleonora.

VIA GRADOLI - La scoperta della base br di via Gradoli è un altro buco nero. Il rifugio di Mario Moretti e Barbara Balzerani infatti era «saltato» grazie a una fuga d'acqua che secondo i vigili del fuoco sembrava provocata apposta: uno scopettone era stato appoggiato sulla vasca, e sopra lo scopettone qualcuno aveva posato il telefono della doccia (aperta) in modo che l'acqua si dirigesse verso una fessura nel muro. Moretti e la Balzerani hanno sempre negato con decisione di essere stati loro a mettere insieme quel curioso marchingegno. Ma allora chi lo aveva fatto? E perché?

IL LAGO DELLA DUCHESSA - Il corpo di Aldo Moro giace sul fondo del lago della Duchessa, diceva il comunicato numero sette delle Br, fatto recapitare il 18 aprile. Ma era un falso. E l'autore era Toni Chicchiarelli, falsario, spacciatore, malavitoso di rango della celebre banda della Magliana. Chi gli aveva ordinato di preparare quel comunicato? Perché quel depistaggio? Non lo sapremo probabilmente mai: Chicchiarelli verrà ucciso qualche anno dopo, sotto casa.

LE CARTE DI MORO - Per tutti i 55 giorni della sua prigionia, Aldo Moro aveva scritto: lettere, appunti, ma anche una sorta di riassunto dell'interrogatorio al quale lo stava sottoponendo Mario Moretti. Quelle carte verranno ritrovate in due tempi, nella base br di via Montenevoso, a Milano: un primo ritrovamento nel '78, a opera dei carabinieri del generale Dalla Chiesa. Un secondo dodici anni più tardi. Quarantatré pagine la prima volta, 421 la seconda, più una serie di lettere inedite. Ma c'era davvero tutto? E se mancava qualcosa, di cosa si trattava? Moro aveva parlato a Moretti di alcune pagine nere della vita politica di quegli anni. Rivelazioni potenzialmente devastanti, che però le Brigate rosse non erano riuscite a capire.

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