La fine della protesta nei racconti dei ragazzi (cor)



Corsera

LA FINE DELLA PROTESTA NEI RACCONTI DEI 
RAGAZZI

«Gli spacciatori li avevamo già scacciati noi, prima che 
arrivassero gli agenti»

 Per i genitori  una «lettera» dagli agenti  «La invitiamo a 
controllare suo figlio»

 Paolo Brogi 

 ROMA - Il padre guarda perplesso il foglio che gli hanno 
appena consegnato nel commissariato Porta del Popolo, dove è 
stato chiamato con urgenza a recuperare il figlio Francesco, ex 
occupante del Mamiani. Sul foglio c'è scritto che il padre «viene 
invitato ad attuare un più efficace controllo sull'operato del 
minore ed esercitare sullo stesso una più incisiva azione 
educativa, dopodiché il
 giovane viene lasciato libero ed affidato alle cure del genitore». 

 Ore sette di ieri sera. Da un altro commissariato, quello di Prati, 
escono invece le studentesse. Ecco Maddalena, che racconta 
trafelata di essere stata strattonata e di essere caduta. Vicino ci 
sono altre ragazzine, di 15-16 anni, accompagnate dalle madri 
che leggono altrettanto perplesse la prosa austera della Questura 
di Roma. Intanto si forma un corteo degli ex occupanti. Invano 
le madri cercano di riacciuffare i loro figli. Cento, 
centocinquanta ragazzi si dirigono con molto rumore verso il 
Mamiani dove bloccano il traffico per una mezz'ora e poi si 
schierano di fronte al cancello della scuola difesa da un 
drappello di poliziotti. Mentre i ragazzi sognano di rioccupare la 
scuola, partono i racconti. 

 «Punto primo - esordisce una ragazza -. Sono intervenuti in 
cerca di droga. Ma per giorni nessuno si è preoccupato di questa 
benedetta banda dei Flaminio-mafia: sono parecchi, anche di 
colore, ma devono avere protezioni in alto loco. Parlo di una 
cinquantina di tipi che spadroneggiano quaggiù in Prati, 
imitando un po' le bande newyorchesi. Alcuni di loro 
frequentano una scuola internazionale, sono figli di diplomatici e 
godono di una strana impunità. Fra loro circola droga, però 
nessun poliziotto se ne è mai occupato. Guarda caso, la polizia 
interviene proprio il giorno successivo a quello in cui siamo 
riusciti ad allontanarli. Da due giorni, non li abbiamo più visti. 
Ma allora perché la polizia è venuta da noi?». 

 La domanda resta sospesa nell'aria. Poi ecco una quindicenne 
che prende coraggio e comincia a raccontare quello che è 
successo durante l'intervento della polizia. «Le ragazze sono 
state portate in un'aula, quella della seconda C, e le poliziotte 
hanno ordinato di togliersi le magliette. Le hanno perquisite così, 
con soltanto il reggiseno. Ma vi sembra bello? E poi ci hanno 
fatto correre, urlandoci
 dietro frasi come: "È meglio che tornate a fare la calza", "Siete 
delle zecche", "Fate schifo". La frase più gentile è stata: "Andate 
a giocare con le Barbie». 

 Per ironia della sorte, quando la Digos è entrata nel liceo, in aula 
magna si stava proiettando «Indagine su un cittadino al di sopra 
di ogni sospetto», il film di Elio Petri in cui il commissario 
Gianmaria Volonté uccide l'amante che lo sta tradendo con uno 
studente contestatore ma non si cura di nascondere le tracce del 
proprio delitto, per vedere fino a che punto il potere protegge i 
suoi rappresentanti. «La polizia ha fatto irruzione mentre 
Volonté subito dopo il delitto torna in commissariato e stappa 
una bottiglia di champagne», testimonia un'altra spettatrice. Una 
pausa e poi aggiunge: «Chissà come va a finire la pellicola? 
Peccato che non abbiamo potuto vedercela tutta». 
 Interviene un'altra ragazza: «Ci hanno strappato anche tutte le 
poesie che avevamo attaccato alle pareti dell'atrio e sulle scale. 
Ci sono saliti con le scarpe sopra, tutti contenti. Erano testi di 
Emily Dickinson, Charles Baudelaire, Vladimir Maiakovski... E 
anche di Paul Nizan». Si sa, un libro come Aden Arabia di Nizan 
non ha mai portato fortuna a nessuno. «Sì, però è bello leggere 
una frase come  quella che avvia il racconto: "Avevo vent'anni e non permetterò 
a nessuno di dire che è la più bella età della vita..."».