OCCUPANTI E OKKUPANTI (sta)
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- Subject: OCCUPANTI E OKKUPANTI (sta)
- Date: Tue, 2 Dec 1997 09:49:56 +0100
dalla Stampa
OCCUPANTI E OKKUPANTI
CHIUNQUE abbia un minimo di dimestichezza con i movimenti studenteschi
che periodicamente agitano la scuola italiana sa che da sempre non c'è alcuna
differenza tra l'"occupazione" e l'"Okkupazione" di un istituto scolastico. Non è
vero che una scuola occupata è quella dove tutto si svolge sotto il segno del bon
ton politico, tra discorsi pacati, mentre la scuola "Okkupata" è ostaggio di
minoranze facinorose e dedite alla violenza sistematica.
Pierluigi Battista
Gli studenti "cattivi"
La sinistra scopre il pugno di ferro
I N una scuola "occupata" e in una "Okkupata" si svolgono in realtà gli stessi riti,
si saccheggia la stessa mitologia, si usano le stesse parole d'ordine, si odia la
stessa vituperatissima "privatizzazione". La polizia che invece sgombera uno dei
licei storici della borghesia romana come il Mamiani "Okkupato" trasmette l'idea
che esistano "occupazioni" buone e "Okkupazioni" cattive (e il sospetto che quelle
"buone" siano solo quelle benedette dalle forze politiche che fanno parte del
governo).
Naturalmente è molto probabile che nel Mamiani "Okkupato" si siano commesse
numerose illegalità, dall'interruzione delle lezioni all'uso non ortodosso dei supporti
didattici. Così come non è da escludere che la ragione che avrebbe reso
necessario l'intervento risolutivo della polizia, la circolazione di "droghe" all'interno
delle aule occupate, abbia assunto dimensioni preoccupanti e modalità
inammissibili in un edificio scolastico. Tuttavia suona come una nota stonata
l'incontro tra gli studenti "democratici antiOkkupazione" e il ministro della
Pubblica Istruzione, in cui i rappresentanti della sinistra "di governo" hanno
appassionatamente difeso le ragioni della cultura conculcata dalle prevaricazioni e
dai metodi violenti di chi anche quest'anno ha inscenato il logoro copione di una
delle tante, innumerevoli "Pantere" che allo scadere di ogni autunno simulano
l'esplosione del "movimento".
Anche negli anni scorsi, infatti, il Mamiani ha conosciuto l'"oltraggio" di analoghe
occupazioni e autogestioni, ma non risulta che nessuno abbia invocato l'intervento
della polizia. Né risulta, del resto, che quest'ultima abbia mai sentito l'impellente
bisogno di ripristinare la legalità offesa ingabbiando i tanti figli della nomenklatura
protagonisti delle "occupazioni". Si obietterà che è un bene che sia stata messa la
parola fine alle infinite omissioni che negli anni scorsi hanno tollerato
prevaricazioni e metodi violenti. Si rileverà che non c'è niente di cui impietosirsi
per quei cuccioli della borghesia che verranno rispediti nelle loro confortevoli
case, pronti per organizzare il prossimo corteo "contro la repressione". Tutto
vero. Ma non c'è qualcosa di stridente nell'immagine degli studenti di fede
"governativa", che invocano il pugno di ferro contro i loro coetanei colpevoli di
essersi macchiati più o meno delle stesse illegalità commesse negli anni in cui il
governo era di altro genere? Non c'è qualcosa su cui vale la pena di riflettere nel
fatto che il pugno di ferro contro gli studenti venga riesumato dopo anni e anni di
tacita tolleranza proprio quando la sinistra è entrata per la prima volta
direttamente nella stanza dei bottoni?
Certo, smentire il rassegnato automatismo che vede nell'annuale fiera delle
"occupazioni" uno degli ingredienti fondamentali del panorama
politico-antropologico dell'Italia post-sessantottesca può anche apparire come un
atto dovuto, sia pur tardivo. Purché non venga divulgata l'immaginetta edificante
di un "movimento" un tempo buono, pacifico e democratico che quest'anno ha
dovuto cedere a un "movimento" violento, prepotente e pure stordito di "droghe"
e che quindi solo ora sia necessario l'intervento di sgombero delle forze
dell'ordine. In questo caso non sarebbe un'auspicabile prima volta bensì
l'ennesima volta in cui si invoca un Grande Fratello con il compito di riscrivere la
storia a seconda della convenienza politica. Anche l'ipocrisia esige dei limiti.
Pierluigi Battista