RISPOSTA ALLA LETTERA DEL 28/04/1998 INVIATA AL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA" DAL PRESIDE PAOLO GIOVANNINI

Un mese di occupazioni che hanno coinvolto tre facoltà (Ex- Magistero, Lettere e Filosofia, Scienze politiche) e numerose iniziative, tra cui l'occupazione del rettorato e della mensa universitaria, si sono rese necessarie affinché il nostro preside ritenesse opportuno esprimersi sulla proposta di riforma dell'Università, anche se ci saremmo aspettati una più chiara valutazione di merito. L'opinione del nostro preside è ben lontana dal riconoscimento del preside di Architettura Gurrieri dell'impegno "solitario" degli studenti. La denuncia di Gurrieri dell' "acquiescenza colpevole dei docenti" e dell'intero mondo accademico su un progetto di riforma, a detta dello stesso Giovannini presenta non pochi motivi "di timori condivisibili", esprime se non riconoscenza almeno rispetto per la nostra protesta e i risultati da questa raggiunti. Sui motivi di questo silenzio molto ci sarebbe da interrogarsi, certo è che siamo riusciti in spazi e momenti dell'occupazione a romperlo con risultati superiori alle nostre stesse aspettative, sintomi questi di un'insoddisfazione spesso forte verso un progetto di riforma che procede nel suo cammino in un presunto consenso generale in realtà inesistente. L'analisi sociologica della protesta che il preside Giovannini (sociologo !) ha proposto ci lascia dubbi e solleva diverse questioni. La deformazione professionale del nostro preside conferma le critiche che sono state rivolte alla sociologia funzionalista, dominante in questa facoltà, di estrarre temi dal loro contesto reale politico- culturale- economico per ricondurne l'analisi esclusivamente a fenomeni e comportamenti sociali, quali " l'antagonismo generazionale". Individuare i motivi della protesta in una reazione contro i valori di padri politicamente impegnati (riferimenti per altro più che personali !) è un tentativo, di vecchia tradizione, di ridurre una mobilitazione politica, da otto anni assente, al supposto vezzo rivoluzionario di pochi studenti privilegiati e con molto tempo libero. Noi non siamo una " minoranza innovativa" (???) che si dibatte tra "l'opposizione alle innovazioni ipotizzate dalla bozza in nome della solidarietà sociale" e la paura di perdere " ciò che di positivo e di comodo questo modello di Università ha saputo dare". Siamo gli studenti: quegli studenti che, autonomamente, si sono presi la briga di analizzare criticamente una riforma che sta loro per piovere sulla testa. Ci interroghiamo sulla condizione vantaggiosa e soprattutto di comodo dello studente universitario e invitiamo il preside a discuterne con gli studenti lavoratori o fuori sede. Le innovazioni ipotizzate stabiliranno criteri di selezione basati essenzialmente sul censo, quali i master a pagamento che nella generale svalutazione della laurea risulteranno indispensabili per l'ingresso nel "nucleo forte" del mondo del lavoro, ossia quello dei lavoratori stabili e garantiti. La discriminazione per censo è una realtà grave del nostro sistema: le condizioni delle strutture ( mense, case dello studente, biblioteche, sale computer), il continuo aumento delle tasse, il prezzo dei testi rendono difficile, se non impossibile, l'accesso alla formazione per larghe fasce della popolazione. Riconoscere il problema strutturale ma decidere di lasciare al libero gioco degli interessi il compito di formalizzarlo e farne il principio base dell'Università del futuro conduce alla negazione delle conquiste dell'Università di massa, pur nei suoi limiti e contraddizioni. La contraddizione che Giovannini individua nella nostra proposta (opposizione alle innovazioni/paura di perdere comodità e "privilegi") è superficiale e fuorviante. Una contraddizione esiste ma si verifica a un livello diverso: il cambiamento in atto nell'Università viene gestito e diretto in modo verticale ( Conferenza permanente dei rettori e Ministro) in nome di un modello europeo, ancora da identificare, senza cercare un dibattito con tutti i soggetti interessati e con la precisa volontà di non coinvolgere l'opinione pubblica, in un evidente contrasto con i "valori storici" della sinistra. Se il preside cercasse di risolvere questo tipo di contraddizioni che gravano pesantemente anche sul concetto stesso di autonomia e sulla sua eventuale applicazione, dimostrerebbe di voler sviluppare un dibattito costruttivo e non polemico.

Collettivo politico di Scienze politiche