L'esperimento di Rosenham
dalla relazione dell'autore
L'IMPOSTAZIONE DELL'ESPERIMENTO
Gli otto pseudopazienti costituivano un gruppo composito. Uno era uno
studente di
psicologia, già laureato, di circa venticinque anni. Gli altri sette
erano più vecchi
e "inseriti". Fra di loro c'erano tre psicologi, un pediatra, uno
psichiatra, un
pittore e una massaia. Di questi otto pseudopazienti tre erano donne e
cinque uomini. Tutti
quanti ricorsero a pseudonimi per paura che le diagnosi loro attribuite
avrebbero
potuto in seguito danneggiarli. Quelli di loro che esercitavano professioni
appartenenti al campo della salute mentale finsero di avere un'altra
occupazione per evitare le
speciali attenzioni che avrebbero potuto essere loro accordate dallo staff
per motivi
di rispetto o di prudenza, nei confronti di un collega malato*. Se si fa
l'eccezione
di me stesso (ero il primo pseudopaziente e la mia prima presenza era
conosciuta all'amministratore
dell'ospedale e al primario psicologo e per quanto ne sappia, soltanto a
loro), la
presenza degli pseudopazienti e la natura del programma di ricerca erano
sconosciuti allo staff dell'ospedale**.
Anche i contesti erano assai vari. Per poter generalizzare i risultati, si
cercò di
venire ammessi in ospedali di vario genere. I dodici ospedali del campione
si trovavano
in cinque diversi stati della costa atlantica e di quella pacifica. Alcuni
erano
vecchi e squallidi, altri erano nuovissimi. Alcuni avevano un orientamento
sperimentale,
altri no. Alcuni avevano uno staff sufficientemente numeroso, altri avevano
uno staff
decisamente scarso. Solo uno era un ospedale strettamente privato: tutti
gli altri
ricevevano sovvenzioni da fondi statali o federali o, in un caso,
universitari.
Dopo aver fatto una telefonata all'ospedale per prendere un appuntamento,
lo pseudopaziente
arrivava all'ufficio ammissioni lamentandosi di aver sentito delle voci.
Alla domanda
di cosa dicessero le voci, rispondeva che erano per lo più poco
chiare, ma per quel che poteva dire lui, gli dicevano "vuoto",
`'cavo" e "inconsistente". Le voci
non gli erano familiari ed erano dello stesso sesso dello pseudopaziente.
La scelta
di questi sintomi fu compiuta a causa della loro apparente somiglianza con
certi
sintomi di tipo esistenziale.
Si ritiene solitamente che tali sintomi abbiano origine da una dolorosa
ansietà nei
confronti di una presa di coscienza dell'assenza di significato attribuita
alla propria
vita. É come se la persona allucinata stesse dicendo: "La mia
vita è >
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