L'origine dei manicomi
Michel
Foucault nelle appendici alla Storia della follia nell'età
classica ci lascia una accurata documentazione di questo fenomeno in
Francia.
Nel Seicento il potere politico provvede a organizzare lo stato secondo
le nuove esigenze.
Lo spostamento di masse umane in quantità che non ha precedenti
determina una serie di problemi di convivenza e di contraddizioni sociali
sulla base oggettiva dello squilibrio tra numero di persone che arrivano
e possibilità di utilizzarle sul mercato del lavoro.
Poi ci sono gli invalidi, conseguenza del modo in cui la manodopera viene
utilizzata e alloggiata.
Si racconta in un opuscolo anonimo del 1676:
"Ma in quel tempo alcune persone di alta virtù furono toccate
dal deplorevole stato in cui si trovavano le anime di quei poveri infelici
cristiani".
"I primi tentativi e i successi iniziali (gli ospizi di carità
fondati nel 1651) fecero credere che non era impossibile trovare i fondi
necessari per rinchiudere e contenere nel dovere un popolo libertino e
fannullone che non aveva mai ricevuto delle regole".
"Si comunicò ufficialmente in tutte le parrocchie di Parigi
che l'Hopital Général sarebbe stato aperto il 7 maggio 1657
per tutti i poveri che avessero voluto entrare spontaneamente, e i magistrati
proibirono con grida ai mendicanti di chiedere l'elemosina in Parigi; mai
ordine fu così bene eseguito" "Il 13 una messa solenne
dello Spirito Santo fu cantata nella chiesa della Pìtié e
il giorno 14 la reclusione dei poveri fu condotta a termine senza alcun
turbamento".
L'editto reale per la fondazione dell'Hopital Général
dichiarava:
"... di modo ché il libertinaggio dei mendicanti è
giunto all'eccesso a causa di uno sciagurato abbandono a tutti quei tipi
di crimini che attirano la maledizione di Dio sugli stati quando restano
impuniti. Infatti l'esperienza ha fatto conoscere alle persone le quali
si sono occupate di questa attività caritatevole che molti di costoro
dell'uno e dell'altro sesso, e molti dei loro fanciulli, sono senza battesimo
e vivono quasi tutti nell'ignoranza della religione, nel disprezzo dei
sacramenti e nell'abitudine continua a ogni sorta di vizio. Ed è
per questo, siccome noi siamo debitori alla misericordia divina di tante
grazie, e di una visibile protezione che essa fece apparire sulla nostra
attività della nostra ascesa e nel felice corso del nostro regno
per il successo delle nostre armi e la fortuna delle nostre vittorie, noi
crediamo di essere ancor più obbligati a testimoniare la nostra
riconoscenza mediante una regale e cristiana applicazione alle cose che
riguardano il suo onore e il suo servizio; consideriamo questi poveri mendicanti
come membri viventi di Gesù Cristo e non già come membri
inutili dello stato, agendo nel compimento di così grande opera
non per motivo di polizia, ma per sola ispirazione di carità"
(Poi gli psichiatri diranno: noi li rinchiudiamo e manipoliamo non
per repressione, ma per terapia).
Per quel che riguarda gli ospizi inglesi c'è, tra le altre, una
testimonianza singolare, unica nel suo valore, bella come una poesia e
precisa come un documento, con molti significati importanti per il problema
di cui ci stiamo occupando, che io riporto volentieri, utilizzando un testimone
d'eccezione.
Ho sentito proclamare il mio bando: e chiuso nella provvidenziale cavità
di un albero, sono sfuggito alla canizza. Non un porto sicuro, non un sito
dove non sia una guardia a posto fisso o qualche pattuglia volante per
catturarmi. Ma io, finché posso restar fugastro, voglio fare ogni
sforzo per uscirne fuori, deliberato di prendere l'aspetto più squallido
e volgare che mai la povertà abbia assunto a dileggio di un uomo
per degradarlo fino alla bestia. Voglio impiastricciarmi la faccia di pattume;
avvolgermi i lombi di stracci; scaruffarmi i capelli e inglopparmeli; e
con questa pelle scoperta sfidare i venti e l'infuriare del cielo.
Il paese me ne offre buoni modelli e precedenti insigni negli accattoni
di Bedlam, i quali si ficcano ruggendo nelle misere carni delle bracce
stecchite e intirizzite spilli, schegge di legno, chiodi, stecchi di rosmarino;
e in tale orrendo arnese vagano per fattorie disperse e terre magre, per
ovili e mulini, e strappano, ora implorando ora imprecando, quel poco d'elemosina.
In questo modo William Shakespeare racconta dell'asilo londinese
di Santa Maria di Bedlam e della condizione umana dei suoi ospiti.
Shakespeare, come Dostoevskij, è tra quegli scrittori i cui personaggi
sono come si diceva a tutto tondo, senza la distinzione artificiale tra
saggezza e follia.