Iniziativa nazionale in difesa della telematica amatoriale
19 febbraio 95
Convegno organizzato da Strano Network al
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato
Intervento di:
ALCEI e' un tentativo.
Perche' parlo di "tentativo"? Perche' stiamo parlando di una
struttura che esiste da pochi mesi, e che ha ancora uno sviluppo
abbastanza limitato. Qualche volta ho l'impressione che qualcuno
pensi che esista una potente macchina organizzativa chiamata ALCEI.
No: e' una piccola cosa.
Siamo un'associazione volontaria assolutamente indipendente
e privata, che vive dei contributi dei suoi associati (quindi
molto povera); che non ha ne' padri, ne' padroni, ne' padrini.
Questa e' la sua forza, perche' e' libera; questa e' la sua
debolezza, perche' non avendo qualcuno che la manovri, non
ha neppure qualcuno che la sovvenzioni; non avendo un partito
che la governi, non ha neanche risorse o protezioni politiche.
Mi auguro che questo esperimento riesca, perche' qualcosa,
secondo me, ci deve essere: questo e' il motivo per cui ci
siamo inventati una cosa chiamata ALCEI. Che cosa sara'
esattamente, dipende dai suoi associati: perche' a differenza
della EFF (con la quale ha una parentela, ma in reciproca
autonomia) e' un'associazione e non una fondazione. Percio'
dipendera' dall'attivismo dei suoi associati la sua capacita'
di agire; e dipendera' dalla loro volonta' la direzione
in cui dovra' muoversi.
Non tutti gli iscritti pensano nello stesso modo, ma credo
che ci sia consenso su molte cose. Ci sono tre grandi
problemi.
Partiamo da un fatto: la situazione sta cambiando in modo
radicale. Non possiamo parlare della "comunicazione
elettronica interattiva" cosi' com'era qualche anno fa,
o anche due o tre mesi fa. Oggi dobbiamo renderci conto
che stiamo andando verso un fenomeno di massa. Oggi
stiamo andando verso una situazione che non c'era.
Non ancora in tutta Italia, ma in un numero crescente
di citta' italiane e' diventato possibile per qualsiasi
cittadino collegarsi direttamente all'internet; e il
costo dei collegamenti (come quello dei computer e dei
modem) continua a diminuire. Questo e' un fatto
completamente nuovo; e quindi e' difficile capire quale
sara' la realta' con cui ci andremo a confrontare fra
un anno o due. Non parlo, naturalmente, della realta'
tecnica, ma della realta' umana. Cio' che conta non
sono le macchine o le tecnologie, ma le persone.
Non e' passato molto tempo da quando mi sono buttato non
solo a usare un modem, ma anche a occuparmi, dal punto di
vista collettivo e culturale, di quello che considero senza
alcuna remora il piu' grande fenomeno di comunicazione in atto
nel mondo. E' appena cominciato, ma e' una vera rivoluzione:
non tecnologica ma umana, civile, sociale. Nel bene o nel
male (secondo me fara' piu' bene che danno).
E' un fenomeno ancora poco capito e poco conosciuto. E'
impressionante constatare quanta gente non sappia che cosa sia.
Cito spesso, in questi giorni, un esempio recente. Ero a Venezia
davanti a un'aula di persone, tutte laureate, che stavano finendo
un corso di "master" in comunicazione. Nella stanza accanto,
Ca' Foscari ha computer e sistemi collegati. Alla domanda:
"Quanti di voi hanno mai usato un modem?", le mani alzate furono
meno del cinque per cento.
* * * * *
Dicevo all'inizio: ci sono tre problemi.
* * * * *
Primo problema: la comunicazione interna. E' facile dire
"internet", come leggiamo sui giornali. Ma in pratica non c'e'
alcun internet, non c'e' una "rete" che abbia esperienze e
culture condivise. Non solo ci sono tecnologie diverse e diverse
strutture di rete, ma ci sono diverse comunita' umane: tribu',
gruppi, culture non comunicanti fra loro, ognuna delle quali dice
"io sono la rete".
C'e', per esempio, l'Universita'. Proprietaria storica dell'internet,
e' convinta che la comunicazione elettronica sia solo roba sua.
Un professore di scienza dell'informazione, quando gli ho detto
che esistono duemila BBS in Italia, era sbalordito: non sapeva
di che cosa stessi parlando. Il GARR, che di fatto non e' piu'
l'unico proprietario dell'internet, si sta ancora chiedendo "mah,
forse un giorno o l'altro dovremmo metterlo a disposizione del
pubblico". Non capiscono che e' gia' successo.
C'e' il mondo tradizionale della telematica "amatoriale". E' buffo
parlare di "tradizionale" per un mondo che ha circa dieci anni, ma
in questo territorio dieci anni sono un'enormita' di tempo. Questo
mondo e' convinto di "essere" la telematica; ma non e' vero. E' un
fatto estremamente importante, che continuera' a esistere anche
nella nuova situazione che sta nascendo; che va difeso a tutti
i costi e che a tutti i costi dovra' continuare a crescere. Ma
questo mondo *non* e' la telematica, che e' un fenomeno piu' ampio
e complesso.
C'e' il mondo nascente delle reti civiche, su cui ci sarebbe
molto da dire, ma oggi qui non ce n'e' il tempo.
C'e' chi usa la rete, o comincia a usarla, per lavoro, e crede
che sia tutto li'.
O chi pensa che sia solo un gioco.
Eccetera...
Allora, la prima cosa che dobbiamo capire, secondo me, e' che
non e' vero che ci sono interessi cosi' contrastanti come a
qualcuno possono sembrare; e non e' sui contrasti e sulle
differenze che dobbiamo concentrare l'attenzione.
Tutti questi mondi diversi qualche volta si guardano in cagnesco,
o piu' spesso si ignorano a vicenda. Non comunicano, non si parlano.
Invece devono dialogare fra loro, capire che esistono interessi
in comune.
Pochi giorni fa, ho assistito a un convegno molto diverso da questo,
indetto e dominato da grandi gruppi commerciali e produttori di
software e hardware. Si parlava seriamente della liberta' individuale
di comunicazione e della necessita' di difenderla. Potra' sembrarvi
strano, ma lo consideravano davvero come un *loro* problema.
Insomma: occorrono spazi aperti di scambio e di comunicazione.
ALCEI ha fatto un piccolo passo, con una cosa chiamata *Forum*.
Per la prima volta, che io sappia, si apre uno spazio collegato
sia in tecnologia internet, sia in tecnologia fido. Uno spazio
di scambio, dedicato ai temi della liberta' nelle reti, in cui
possono parlare tutti. Vediamo che si stanno incontrando li'
per la prima volta (e infatti fanno qualche fatica a capirsi)
voci diverse, persone che prima non avevano mai comunicato fra
loro, perche' ognuno se ne stava chiuso. Non solo fido con fido
e internet con internet, ma anche all'interno di ciascuna tecnologia
ognuno in un suo gruppo ristretto.
Questo e' un passo concreto, e anche una prima proposta di
soluzione. Come funzionera', dipendera' da chi ci scrive...
* * * * *
Secondo problema: l'informazione diffusa. Bisogna far capire
a un pubblico esteso di che cosa si tratta. Esiste una
grandissima mancanza di conoscenza e un notevole livello
di disinformazione. Con questo non voglio "criminalizzare"
tutti i giornalisti che si attaccano all'episodio "pittoresco",
perche' e' umano e normale che questo succeda. Ma ce' una dose
notevole di paura, di tecnofobia, "oddio il Grande Fratello".
Insomma c'e' un problema che qualcuno chiama "alfabetizzazione"
e dovremmo occuparcene seriamente. Non lasciare che rimanga
nelle mani di "intellettuali" che non capiscono la telematica
e spesso la temono, di interessi commerciali che tirano l'acqua
al loro mulino, o (peggio ancora) di interessi politici che
schizofrenicamente vogliono reprimerla e al tempo stesso
impadronirsene.
Anche questo e' un "grosso" argomento che meriterebbe molto piu'
tempo di quanto ne ho, qui, oggi.
* * * * *
Terzo problema, e non meno importante: la difesa. La nostra
liberta' e' minacciata? Probabilmente si.
Personalmente non credo che ci sia un disegno organizzato da
parte di un generico "qualcuno" che voglia impadronirsi della
telematica o la voglia distruggere; non credo che ci sia un
"grande vecchio" da qualche parte che ci vuol male.
Il pericolo c'e', ma non e' uno: sono tanti.
E' vero che dobbiamo guardarci dai tentativi di dominio
commerciale, ma mi sembra un errore pensare che il rischio sia
solo quello. Intanto in Italia di monopoli nocivi ce n'e' uno,
e si chiama Telecom. Il fatto che sia un "servizio pubblico"
certamente non mi commuove, ne' mi tranquillizza: perche' e'
un "servizio pubblico" che agisce spietatamente contro gli
interessi del pubblico, che e' ancora peggio di un monopolista
privato, che ci sta facendo pagare prezzi grotteschi, che sta
usando i nostri soldi per crearsi ulteriori privilegi monopolistici.
Io credo che questa etichetta di "monopolio pubblico" sia una
foglia di fico che mal nasconde una struttura violentemente
speculativa, violentemente egoista e violentemente rapace.
Da combattere. Non dico combattere per distruggere, ma per
migliorare.
Certo ci vorra' sorveglianza anche sul resto; per evitare che
qualsiasi operatore (oltre al monopolista che oggi ci opprime)
possa ottenere posizioni di privilegio. In realta' mi sembra che
in questo momento sia un rischio relativamente basso, perche'
gli operatori si stanno moltiplicando. Sei mesi fa c'era un solo
"provider" di base per l'internet, ora sono cinque, quanti saranno
a fine anno?
Ma ci sono altri rischi, e sono gravi. I rischi di repressione
poliziesca e legislativa sono immediati, e possono essere feroci.
Spero che ALCEI prenda presto una posizione forte sul tema dei
sequestri; e che, in generale, non si "abbassi la guardia".
Il problema e' tutt'altro che superato. L'episodio piu' recente
che conosco ci e' stato segnalato in questi giorni. Gli interessati
(per motivi, purtroppo, comprensibili) non ci permettono di rivelare
il loro nome, ma il fatto e' che la settimana scorsa, in un piccolo
centro, la polizia e' entrata in un negozio e non solo ha sequestrato
le macchine del proprietario ma anche alcuni computer che erano li'
in riparazione. Sono poi andati a casa di parecchie persone, fra
cui un ragazzo di sedici anni di cui hanno terrorizzato la famiglia.
La cosa piu' buffa e' che oltre a sequestrare dischetti e cd-rom
(soprattutto giochi) gli hanno imposto di formattare l'hard disk
del suo computer (cosi' cancellando le prove della presenza di
ipotetico software non registrato).
L'episodio in se' finira' in una bolla di sapone, toglieranno i
sequestri e (si spera) restituiranno i dischetti. Non crollera'
l'Italia per questo piccolo caso.
Ma attenzione. Con quale diritto si sequestrano i computer?
Ricordiamo quello che e' successo l'anno scorso.
Per la verita' ci sono casi in cui la polizia, se ha qualche
sospetto, fa una copia dell'hard disk. Finalmente qualcuno ci
e' arrivato... basta fare una copia. Ma molti altri continuano
a sequestrare macchine.
Qui non sono in gioco solo i diritti di un SysOp o di un altro
operatore di sistema. Ci vanno di mezzo anche tutti i suoi utenti.
Con quale diritto qualcuno puo' andare a cancellare la mia posta
personale, o privarmi di uno strumento di studio, ricerca o lavoro,
solo perche' sono collegato a un nodo che qualcuno pensa forse
potrebbe aver sopra qualche software presunto illegale?
Per fare un esempio estremo... se bloccassero il computer di un
medico con tutti i dati dei suoi pazienti, che cosa potrebbe
succedere? Ci potrebbe "scappare il morto"?
Non solo ci sono i sacrosanti diritti degli operatori, che spesso
sono innocenti e comunque hanno il diritto di essere trattati come
tali fino a quando ci sara' una condanna; ma ci sono anche i diritti
di "terzi" che si servono di un servizio.
Insomma c'e' il rischio di repressione poliziesca, anzi e' gia'
in atto. Che si tratti di persecuzioni organizzate o di semplici
errori, il risultato non cambia: il sequestro deve essere totalmente
eliminato perche' e' un abuso ed e' inutile.
A questo proposito, nelle logiche di ALCEI anche una condanna
"definitiva" non e' una cosa che possa essere accettata passivamente.
L'associazione ha stabilito che se un suo associato fosse condannato
per motivi che l'assemblea di ALCEI considera ingiusti, non solo
non sarebbe escluso dall'associazione ma ne avrebbe il sostegno e
l'appoggio.
Sul tema della proprieta' del software e dei suoi limiti si potrebbe
discutere, ma e' un argomento piuttosto complesso e non ho certo
il tempo di approfondirlo qui oggi. Mi limitero' a dire che
nessuna ipotetica (o reale) violazione di legge puo' essere un
pretesto per la repressione, perche' riuscire a vincere su questo
fronte sarebbe gia' molto.
C'e anche un pesante rischio "normativo". L'elenco sarebbe molto
lungo e non ve lo faccio qui oggi, ma ci sono molte leggi esistenti
che sono sbagliate, o vengono interpretate in modo sbagliato; e se
ne stanno preparando di nuove.
Non sono tranquillo, per esempio, a proposito della legge sulla
"privacy". Il concetto fondamentale del disegno di legge e' giusto,
ma e' un rischio reale che con quel pretesto si vadano a creare
apparati burocratici grotteschi. Il cosiddetto "ufficio del garante"
non funzionera' mai; ma potrebbe produrre una massa di pastoie tali
da rendere molto difficile la vita dei piccoli BBS, improvvisamente
obbligati a depositare complicate documentazioni in carta da bollo
da qualche parte, dove non ci sara' nessuno in grado di riceverle...
quanti potrebbero spaventarsi e chiudere?
Di "garanti" che non garantiscono un tubo in Italia ne abbiamo visti
fin troppi. Passatemi la battuta, ma per vent'anni il "garante"
della sanita' e' stato Duilio Poggiolini.
Il rischio non e' solo in quella proposta di legge. E' in tutte
quelle che verranno. L'Italia e' piena di leggi che con l'apparente
intenzione di fare qualcosa di utile producono solo inefficienze
burocratiche, repressione e corruzione.
La nostra convinzione e' che piu' che fare o proporre leggi si debba
evitare che se ne facciano, e che vengano usate male quelle che gia'
si cono.
La nostra proposta strategica e' che si arrivi il piu' presto
possibile a quelli che abbiamo chiamato (un po' scherzosamente,
piu' che pomposamente) "gli Stati Generali della telematica".
Un incontro, pubblico e aperto, dove si mettano intorno a un
tavolo diversi settori di interesse: l'universita', gli operatori,
gli utenti, i centri di cultura; i piccoli SysOp "amatoriali" e
i grandi sistemi.
Che da questo lavoro esca quella che ci piace chiamare
"la carta dei diritti e dei doveri".
Cioe' crediamo che prima che qualcuno si metta a fare
leggi e norme sia bene stabilire un quadro di riferimento.
Qui vorrei affrontare un punto controverso. La nostra proposta
e' che si pensi seriamente a qualche forma di "autoregolamentazione".
Non perche' ci piacciono le "regole", ma per il motivo opposto:
se non siamo noi a definire regole ragionevoli, lo fara' qualcun
altro, e lo fara' male.
Prendiamo un aspetto particolarmente difficile, specialmente per
i piccoli BBS: l'identificazione dell'utente nell'ipotesi di un
comportamento illegale, o pericoloso, o scorretto.
La nostra convinzione e' che si debba soprattutto evitare il concetto
di "responsabilita' oggettiva". Tradotto in lingua normale, significa
che qualsiasi bischerata faccia un singolo utente e' responsabilita'
del SysOp. Questa e' una minaccia reale; e non e' realistico pensare
che la si possa evitare se non arrivando in qualche modo a identificare
l'autore di un singolo testo, che magari sta usando un alias.
So che il problema e' molto spinoso, perche' e' assai difficile per
un piccolo BBS con 500 utenti controllare chi sono. E perche',
soprattutto in alcune situazioni in internet, non occorre una
straordinaria maestria tecnica per usare firme del tutto immaginarie.
Ma in qualche modo bisognera' tentare di risolverlo, per evitare
che la responsabilita' ricada sui SysOp o comunque sui gestori
dei sistemi.
Questo e' forse il piu' complicato, ma certamente e' solo uno dei
molti aspetti del tema fondamentale: la difesa della liberta'.
Che puo' portarci a pensare anche a qualche ragionevole criterio
di comportamento, condiviso e regolato da noi, prima che qualcun
altro tenti di imporci qualcosa di molto peggiore.