Signore e signori,
Attraverso questo mezzo vi faccio constatare che nella data in cui si compie un anno dal tradimento del governo di Ernesto Zedillo Ponce de Leon contro l' EZLN e contro la volonta' di pace del popolo messicano e dell'opinione pubblica mondiale, si sono presentati nella Selva Lacandona (si dice territorio ribelle controil mal governo) 2 persone 2 di nome Francisco Mata ed Eniac Martinez, maschi da vari indizi, che dicono di essere messicani e con l'aggravante di essere fotografi (si dice ladroni cinici) e minacciarono il rispettabile con le loro armi (si dice macchine fotografiche), cosa per cui furono detenuti e posti a disposizione delle autorita' competenti.
Non rimasero a disposizione che della loro coscienza (qualcosa di malconcio a quanto si vede) e dichiararono: che vengono con l' intenzione di fare foto alla vita zapatista per presentarle in un evento mondiale di Internet e che non hanno altro obiettivo che il teleobiettivo, che per queste necessita' si incaricano i fotografi, che la loro intenzione e' di testimonianza e di carattere artistico, che non hanno ricevuto alcuna paga dagli zapatisti (come se avessimo di che pagarli!) e che non hanno dato nessu n compenso agli zapatisti (cosa che significa che oltre che fotografi sono avari!), che terminato il lavoro su questo degno suolo si lanceranno rapidi e veloci ai lororispettivi computer per deliziare (cosi' credono) i loro clienti di Internet con i loro portenti (gia!).
Accettata la dichiarazione precedente, il Sup ( che sorprendentemente ha assunto il ruolo di Ministero Privato Locale) li dichiaro' colpevoli del delitto di furto di immagini, con l' aggravante di cinismo. Il Sup sostiene che il fotografo e' un ladro che sceglie cio' che ruba,(cosa, che di questi tempi di crisi e' un lusso) e non "democratizza" l' immagine, cioe' il fotografo seleziona le foto, privilegio ce dovrebbe essere concesso al soggetto fotografato. Detto questo, il Sup li condanno' a cio' che vie ne spiegato di seguito, pero' prima il Sup vuole parlare delle immagini (si dice fotografie) che sono venuti a fare questi fotografi (si dice colpevoli) e allora....
Ora attraverso queste fotografie andiamo un poco indietro e riusciamo a spiare nel futuro. Attraverso di esse andiamo alla vecchia Guadalupe Tepeyac e ritorniamo alla nuova Guadalupe Tepeyac e nell' una e nell' altra vediamo le immagini di una dinita' ribelle, quella degli indigeni del Sudest messicano. Dietro al passamontagna, il Sup prende la macchina fotografica e si prende una rivincita. Durante questi due anni e' stato dall' altro lato della lente, e' stato oggetto ed oggettivo, mezzo e messaggio. Pero' oggi il Sup ha deciso di vendicarsi e ha preso la lente dall' altra parte, la parte della storia che riprendono i fotografi della stampa e, attraverso di loro, il mondo che guarda le loro foto.
Ora il Sup invita a seguire le sue foto, che si guardida questo lato del passamontagna cio' che le foto tacciono, il viaggio che evitano, la distanza che segnano. Le foto del Sup tentano di essere un ponte. che non vada dal "lettore" delle foto o dal fotografo al luogo dove gli zapatisti vivono, a volte muoiono e sempre lottano. Il Sup vi propone un altro ponte, un altro viaggio, un'altra lettura delle immagini.
Per questo il Sup ha preso ora la macchina fotografica dal lato che gli era vietato, dal lato del fotografo, dal lato dello spettatore.
Il Sup fa una foo al fotografo, mentre sta fotografando. Il fotografo si scopre mentre fotografa e si indovina scomodo. Inutilmente cerca di ricomporre la sua postura e di apparire come un fotografo che sta fotografando. Ma non riesce, continua ad essere spettatore. Il momentaneo fatto di essere fotografato lo porta ad essere attore. E, come sempre gli attori devono assumere un ruolo, che e' un modo gentile di dire che devono prendere posizione, seguire una fazione, scegliere un'opzione. Nelle montagne d el Sudest messicano on ce ne sono molte, e se diradiamo la valanga di dichiarazioni fantastiche di funzionari di diversa indole, vedremo che ci sono solo due opzioni: guerra o pace. In entrambe le fazioni ci sono gia' attori: dalla parte della guerra ci sono il governo e il suo esercito, che con carri armati e cannoni occupa la vecchia Guadalupe Tepeyac e "protegge" questo ospedale, dove non ci sono altro che prostitute che "servono" la guarnigione e soldati che si fan! no curare le malattie veneree che dal lato della pace ci sono gli indigeni ed una societa' civile nazionale ed internazionale, a cui i grandi "intellettuali" e politici negano esistenza ed efficacia.
Gli indigeni messicani si sono alzati in armi per una pace nuova, giusta e degna, hanno dichiarato guerra all' oblio e al sistema che ha nella dimenticanza il suo principale capitale.
Una pace nuova si affaccia dalle canne dei fucili degli zapatisti, dagli occhi dei bambini, della donne, degli anziani che hanno costruito una nuova Guadalupe Tepeyac nella montagna.
Quesi uomini e donne sorridono, portano il dolore e la pena che il governo gli ha imposto come compenso di aver osato ribellarsi, per il loro anacronistico impegno a essere degni. Nonostante ridono. Perche'? Cos'e' che fa si'
che questi occhi, che ora sfidano la complicata equazione di apertura, illuminazione, velocita', sensibilita' e opportunita', sfidano anche l'oblio che la storia gli promette come unico futuro possibile? Perche' questi indigeni affrontano la macchina fotografica con la stessa allegria con cuiaffrontano la vita che desiderano e la morte che gli offrono? Provate a domandarvelo. Studiate le immagini. Non lasciatevi vincere dal dolce allontanamento che vi offrono; rifiutate la comodita' della distanza o la soa
ve indifferenza nel concentrarsi sulla qualita'
dell' inquadratura!, sui giochi del chiaroscuro, sul Due fazioni, da un lato l' oblio, la guerra, la morte; dall' altro la memoria, la pace, la vita. Le immagini delle due Guadalupe Tepeyac, quella occupata dalle forze governative e quella che, in silio, pianta la sua bandiera con dignita' la sua bandiera nella montagne del Sudest messicano, lottano, combattono per uno spazio, domandano posto nelle macchine di questi fotografi, cercano un luogo negli occhi che, di fronte allo schermo dei computers, presenz
iano a questo evento, ed esigono un posto nella memoria mondiale di un secolo che ha fatto il possibile per disprezzare la loro storia e che paga, di giorno in giorno, il prezzo di non avere memoria.
Gli indigeni del Sudest messicano, tzotziles, tzeltles, choles,