Compagne e Compagni mentre ci avviciniamo alla soglia del terzo millennio, il capitale sogna di scrivere la parola fine sulla storia della lotta di classe, di cancellare l’idea stessa di trasformazione sociale, di liberazione umana dalle catene dello sfruttamento, di rivoluzione sociale.
I padroni e della terre pretendono di assoggettare miliardi di donne e uomini alle logiche del mercato, ed in nome della mondializzazione dell’economia, delle compatibilità del profitto, della cultura dell’azienda, ci presentano il capitalismo come il migliore dei mondi possibili. “L’Uruguay round” del GATT nel ’93 sosteneva che “la libertà dei mercati e del commercio, inevitabilmente avrebbe prodotto un miglioramento universale dei livelli di vita e società più giuste”. Il miracolo atteso negli anni successivi ha prodotto effetti ben diversi.
La globalizzazione , lungi dal ridurre le diseguaglianze, ha accresciuto i divari tra le nazioni al loro interno. In una recente pubblicazione del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo ( PNUS) si sostiene che nella globalizzazione dei mercati i paesi più poveri impoveriscono ancor più in fretta. In Africa gli investimenti sono caduti del 27% in un solo anno ( 94-95 )e rappresentavano solo il 3% del totale mondiale. Tutte le statistiche indicano che dall’inizio degli anni ’90 la percentuale di indigenti è aumentata in Africa e in Centro-Latinoamerica. Nei cosiddetti paesi industrializzati ( G7-OCSE ) il divario tra i redditi e l’aspirazione alla ricchezza non è più motivo di contestazione da parte dei partiti di centro-sinistra; anzi , taluni giungono a teorizzare la diseguaglianza come fattore di crescita.Le classi dominanti tentano di illudere il proletariato che con la liberalizzazione generalizzata, ne guadagnano occupazione e salari. Una direttiva del FMI dell’inizio degli anni ’90 sosteneva che “tutti gli stati devono astenersi da attività regolatrici dell’economia”. Una eccezione i dragoni asiatici, che non hanno applicato i principi dell’economia libera di mercato competitiva, privatizzata e deregolata, ma una forte dose di intervento statale e protezionismo mixata con una politica di espansione del mercato domestico ed una strategia di conquista di nicchie d’esportazione, utilizzando il fatto che negli ultimi 40 anni erano stati i siti favoriti per gli investimenti delle imprese multinazionali, in particolare U.S.A. In questo contesto agli stati nazionali spetta il compito di garantire la riduzione di salario sociale e del costo del lavoro all’interno dei propri confini istituzionali. Sapete come sta andando a finire ?!
L’entrata in scena della preminente forza della manifattura cinese ( a cui gli U.S.A. continuano a garantire la clausola di nazione più favorita), il rientro di Hong Kong e l’inalterata capacità di quel mercato finanziario, sta facendo scricchiolare gli altri contendenti. Le prime avvisaglie si sono viste con il lungo braccio di ferro tra i mandarini di Seul e i sindacati coreani, costretti alla guerriglia di fronte al taglio dei salari, del Welfare, dei diritti. Stesse vicissitudini stanno accadendo in Indonesia, a Singapore, Bangkok, Taiwan. In Italia, nella quale esiste un movimento antagonista diffuso, il patronato - incoraggiato dall’amico governo di centro-sinistra appoggiato dai “comunisti” - vuole avere la pretesa di licenziare e di liquidare il welfare, ma di garantirsi allo stesso tempo il supporto ed i finanziamenti statali! La questione ambientale, di cui spesso si dibatte senza mai raggiungere risultati apprezzabili come sarà valutata nello scenario Neoliberista ?.....Potrà mai essere “verde” il mercato globale ? Il neoliberismo non ha a cuore la sicurezza e la salute dei suoi moderni schiavi ( aumento costante del 10% degli infortuni e morti sul lavoro), figuriamoci quale interesse può avere per la salvaguardia dell’ambiente?!
La tutela ambientale e la sicurezza dei lavoratori sono costi che incidono sulla competitività delle merci prodotte. E’ evidente che non bastano le buone intenzioni e le campagne informative ( sul buco dell’ozono, sull’inquinamento magnetico, sulla nocività dei telefonini portatili, e computers ), se non si pongono divieti, barriere e condanna a chi inquina, devasta, invalida uccide. In definitiva è la stessa forma di convivenza ( democrazia ! ) che ci siamo conquistati ad essere minacciata quale vittima sacrificale del liberismo e della globalizzazione. La crescente separazione fisica tra i centri decisionali e le persone, tra chi suscita e crea la domanda ( sempre più attraverso simulazioni e virtualità ) e chi è costretto a consumare quantità di merci non sempre necessarie, realizza una società gerarchica e autoritaria in cui si riproducono sudditi alienati.Il pensiero unico, questo lurido intreccio di liberismo selvaggio e autoritarismo atatuale e sovranazionale, rappresenta il collante politico, l’ideologia materiale su cui si regge il nuovo dis/ordine mondiale, e che unisce reazionari e riformisti pentiti; nei loro calcoli , alle immense moltitudini proletarie delle metropoli e delle periferie dell’impero non resterebbe che essere ridotte a ingranaggio dell’economia mondo, a merce/lavoro che contribuisce alla valorizzazione del capitale, a esercito salariale di riserva per abbassare il costo del lavoro, utili a combattere le loro sporche guerre imperialiste. Ma la storia non è finita, nonostante quel che sostiene qualche pseudo/intellettuale lacchè dell’imperialismo e della qualità totale. Mai come in questa epoca i bisogni e gli interessi sociali proletari restano insoddisfatti e si divaricano da quelli del capitale. Mai come in questa epoca il proletariato è così numeroso e le sue fila si sono arricchite di nuovi soggetti e nuove figure sociali nate dai processi di ristrutturazione .
Dall’altra parte cambiano di forma, ma permangono, le contraddizioni intercapitaliste, che gli stessi padroni tentano di scaricare sui proletari costruendo delle gabbie politico.-economiche-militari per far fronte alle nuove contraddizioni generate dal processo di globalizzazione del capitale.Da qui l’importanza di organismi ed accordi sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, il W.T.O., la C.E.E., la N.A.T.O., il N.A.F.T.A. ecc. La NATO in particolare - oltre a mantenere il ruolo di salvaguardia militare degli interessi economici dell’imperialismo - proclama con l’inserimento degli ex-nemici dell’Est il suo dominio vittorioso dall’Atlantico agli Urali. Nei documenti ufficiali si legge che la minaccia alla fortezza capitalista può giungere da due emergenze : le grandi migrazioni ed il fondamentalismo islamico. Per questo la necessità di rafforzare il cosiddetto “fronte sud”, da una parte qualificando la “piattaforma ITALIA” come base per attacchi avanzati ed in profondità attraverso la : · riorganizzazione del comando delle forze aeronavali a Napoli · Il raddoppio delle basi strategiche di Sigonella in Sicilia, Brindisi in Puglia, Teulada in Sardegna · l’integrazione multiforze nella “Forza di Intervento Rapido (F.I.R.)” · il ruolo di gendarme nei Balcani Dall’altra, consolidando l’alleato Turco per garantire la tranquillità dell’area meridionale insieme con Israele. Sono questi i pilastri su cui si regge il capitalismo ultraliberista, sono questi i principali nemici del movimento rivoluzionario, antagonista, della liberazione sociale dell’autorganizzazione.
Perciò è necessario che tutti e tutte noi recuperiamo la dimensione concreta di una battaglia internazionalista che pur partendo dalla propria situazione specifica di lotta, riesca a costruire una dimensione e una prospettiva strategica comune valida per gli Indio della selva Lacandona, come per gli operai della FIAT, per i Sem Tierra brasiliani come per gli insegnanti parigini, per gli immigrati turchi in Germania come per i disoccupati napoletani e il precariato sociale del “modello postfordista.RIBELLARSI E’ GIUSTO Siamo consapevoli dell’enorme difficoltà di attuazione di questo progetto antagonista, come siamo sicuri che la solidarietà internazionalista con qualsiasi lotta proletaria e popolare per essere minimamente efficace debba avere, come basilare retroterra, la pratica del conflitto nella propria situazione sociale e politica, contro il comune nemico di classe. Ma sappiamo anche che, in questa fase storica, il problema del confronto e del coordinamento internazionale delle lotte anticapitaliste va posto con forza, pena l’isolamento progressivo e la sconfitta anche delle realtà di classe più forti. Per questo crediamo sia indispensabile discutere ed approfondire la conoscenza degli obiettivi e delle forme di lotta, pur nella diversità esistente tra le varie realtà del Nord e del Sud del mondo. E’ inoltre urgente iniziare il discorso su cosa significhi oggi la nuova dimensione dell’organizzazione rivoluzionaria dopo il fallimento delle società a “Socialismo reale”, anche per fare un bilancio del patrimonio di esperienze che ci viene consegnato dalla storia passata del movimento operaio, comunista e rivoluzionario. I COBAS, la rete di base dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato che si sono autorganizzati : AL DI FUORI dei sindacati tradizionali ( CGIL-CISL-UIL), mediatori per lo più di interessi padronali e governativi: CONTRO il capitalismo nelle sue varie forme e modelli selettivi, consumisti, autoritari che riproduce OLTRE per l’avvento della società di “liberi ed uguali” fondata sulla partecipazione diretta dei cittadini nella scelta del paese sono l’espressione più avanzata del movimento dei lavoratori, totalmente indipendente dai governi che si alternano al potere, solidali e cooperanti con tutte le forme e le lotte del proletariato antagonista in tutto il mondo.
Riteniamo questa esperienza dei cobas e dell’autorganizzazione un contributo originale ed importante per il superamento della fittizia divisione fra lotta politica, sindacale, culturale alimentata dalla borghesia e che ha segnato e depresso il movimento operaio, anche nelle sue componenti più radicali e rivoluzionarie. Su questo, come sul rifiuto della delega, sulla democrazia diretta, sull’azione diretta, sulla ricerca di obiettivi unificanti fra le varie componenti proletarie, ci piacerebbe si sviluppasse il confronto a livello internazionale e si gettassero le basi di una nuova cooperazione rivoluzionaria. Lavorare con gli stessi intenti sotto le più diverse latitudini per l’unità e la vittoria degli sfruttati contro il capitalismo è compito arduo; ma pensiamo che, anche in situazioni geograficamente, culturalmente e politicamente diverse, stanno emergendo metodi di approccio rivoluzionario alla realtà che presentano molte interessanti affinità. Non ci può essere né consenso né fiducia nel “dio mercato” se questo - ad un enorme e pianificato sfruttamento mondiale delle risorse umane e ambientali - corrisponde nel Sud del mondo alla morte per fame, malattie, miseria, guerre e nel Nord “sviluppato” all’ istaurarsi di una tragica gara di sopraffazione e selezione a fronte della disoccupazione di massa ( 25 milioni nella CEE - il 12,5% in Italia di cui il 57 % tra i giovani del SUD ) che dispone la condanna per tutta la vita a “vivere per lavorare”. Il trattato di Maastricht e del NAFTA sono due facce di una stessa medaglia, rappresentano la sostanza del Capitalismo globale, nella fase del dominio del “pensiero unico” liberista. Il governo Prodi in Italia , frutto dell’alleanza elettorale tra poteri forti ( Confindustria - Sistema bancario-finanziario - Burocrazia ) ed i residui dell’ EX-P.C.I., RAPPRESENTA IL “Partito di Maastricht”, quello delle privatizzazioni, dei sacrifici, dei tagli finali alla spesa sociale ( la “sinistra al potere” tenta di fare quello che non è stato permesso alla destra ). Rompere la gabbia di Maastricht e del NAFTA è possibile, il “ribellarsi è giusto” è il nostro comune obiettivo. Alcuni segnali confortanti sono in atto : Le lotte europee dei lavoratori ALCATE e RENAULT, le marce per il lavoro, l’incontro internazionale degli autorganizzati a Francoforte ( marzo ’97 ), il convegno europeo sui trasporti a Firenze ( giugno ’97 ), la nascita in Italia del COMITATO CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI, la preparazione per gennaio ’98 di un convegno a Torino sulla “Crisi del comparto automobilistico”. Sono però ancora battaglie di resistenza.
Non si è ancora in grado - per il ruolo subordinato al capitalismo che svolgono sindacati e partiti di 2sinistra” - di misurarsi con il neo-liberismo. La sfida della riduzione della giornata lavorativa ( da 8 a 4/6 ore), del reddito vitale, della sicurezza sul lavoro e del risanamento dell’ambiente, della dismissione e riconversione degli apparati bellici, per la strategia della cooperazione internazionale, è la risposta vitale perché i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, gli immigrati tornino protagonisti del destino dell’umanità e non succubi riproduttori del profitto. IN QUESTO CONTENTO LA BATTAGLIA PER L’OCCUPAZIONE ASSUME ICONNOTATI DI UNO SCONTRO DIRETTO con le politiche neoliberiste. Non è uno scherzo. Non si può far finta di farla con gli slogan, le bandiere, le adunate simboliche. Sono simulazioni che non reggono, non scalfiscono minimamente un patronato che ha dalla sua governi, partiti, sindacati ed anche una massa di disoccupati ricattabili, disposti ad accettare lavoro nero e no profit per campare. Attenzione, dunque, perché o si mette in campo una battaglia di movimento, di masse che si scontrano con il blocco dominante ( alleandosi con i “lavoratori garantiti” oppure dentro la disoccupazione strutturale il capitalismo gioca la carta della fine di tutte le garanzie sostenendo demagogicamente il riequilibro dei diritti per chi non ce l’ha a scapito di chi ce l’aveva !!
In Italia, in questa opera di riscrittura del contratto sociale e della costituzione, sono alleati centrosinoistra e centrodestra. L’unica opposizione è rappresentata dalle strutture di base dei lavoratori ( i COBAS), dei disoccupati, degli immigrati, CHE L’11 DI OTTOBRE HANNO CHIAMATO AD UNA GRANDE MANIFETSAZIONE DI PROTESTA NAZIONALE all’insegna dei diritti e dell’occupazione, del Welfare e contro le privatizzazioni e la militarizzazione. Gli scioperi, le proteste, gli scontri di milioni di lavoratori, giovani, pensionati che si sono succedute in Italia, Francia, Belgio, Germania, SPAGNA, TESTIMONIANO CHE LE POPOLAZIONI NON CONDIVIDONO LE ODIOSE MISURE Dell’Europa dei padroni : quando capiranno la necessità di agire tutti insieme sarà la fine dell’Europa di Maastricht.
La battaglia contro l’Europa di Maastricht rappresenta in questa fase l’altra faccia della medaglia della battaglia politico-militare dell’EZLN e di tutte le altre forze rivoluzionarie in CHIAPAS e MESSICO Partecipando attivamente ai lavori di questo secondo incontro, auspichiamo di cogliere i risultati di una sviluppata cooperazione in tutti i settori che ci porti a muovere i primi passi in comune “per l’umanità e contro il neoliberismo” Roma LUGLIO ‘97