Fottiti Topolino!!!

La Walt Disney Corporation e' una delle multi piu' potenti di questo pianeta che ha costruito il suo impero sui fumetti di Paperino e Topolino, ma che oggi da bravi Paperon de Paperoni i manager di Disney hanno le mani su molti dei settori strategici dell'economia ha partire naturalmente dal settore dei media e della comunicazione per estendersi un po'ovunque dall'industria tessile a quella edilizia etc.

Purtroppo, ma c'era da pensare il contrario?, in tutti questi settori dove domina Walt Disey Corporation opera le scelte piu' retrive ed antipopolari. Cosi' ad esempio nel campo della comunicazione e della rete internet Disney sostiene l'utilizzo di questo media non come attualmente gestito, ma mutuandolo dal modello televisivo dove emettitore del messaggio (la classe dominante dei ricchi) e ricettore (ossia il branco confuso che deve essere indottrinato dalla propaganda) siano ben distinti. Non per niente e' allealta con Microsoft e per un certo periodo di tempo si poteva accedere al suo sito solo con il penoso Microsoft Internet Explorer.

Sempre riguardo alla rete Disney naturalmente dalla sua posizione di dominio del mercato dei prodotti per la famiglia sostiene chi vorrebbe regolamentare i contenuti della rete a misura di famigliola e di bambini. Questo a quasi tutta la comunita' degli utenti e delle utenti della rete, non va giu'... gia' abbiamo una televisione per lobotomizzati non ci potete imporre ovunque il vostro PRODUCI CONSUMA CREPA e soprattutto non farti mai domande e se hai qualche pensiero strano del tipo che pensi non sia giustissimo che un lavoratore haitiano di Disney debba lavorare 100 anni 10 ore al giorno per arrivare a guadagnare quanto guadagna in un'ora l'amministratore delegato di questa corporation... beh l'importante e che tu pensi anche di essere il solo a pensarla cosi' non devi entrare in comunicazione con gli altri... cambia canale, mangia il tuo hamburger e ama la polizia.

A proposito di hamburger, tutti i film di Disney per la famiglia sono accoppiati da una joint venture con la McDonald's per la produzione di gadgets. Cosi' le famiglie che dai loro piccoli sono state appena trascinate dentro i cinema o al negozio di videocassette per vedere i prodotti di Disney verranno poi trascinati dentro i "ristoranti" McDonald's dove con l' "Happy Meal" si ottiene in omaggio il pupazzetto di Toy Story o dei 101 o altro. Non staremo qui ad annoiarvi sul fatto che questo utilizzo cosi' brutale dei bambini da parte di queste multi per trascinare i loro genitori a spendere e' stato piu' volte stigmatizzato, non solo da noi, ma anche da sentenze dei tribunali di paesi non certo rivoluzionari come l'Inghilterra. Non vi annoieremo neanche troppo standovi a dire... ormai lo sappiamo quasi tutti/e, che quei graziosi oggettini di plastica vengono prodotti da donne in semischiavitu' in Vietnam, Birmania ed Indonesia.

Anche nell'edilizia Disney e' in prima fila nella costruzione di cittadelle fortificate per colletti bianchi, per ricchi e per turisti che possono spendere, anche la Disney come molte altre multi ha abbandonato Hollywood alla sua terzomondializzazione per costruire metafore di citta' sterili e fortificate del resto "a Los Angeles dietro ogni angolo c'e' gente con cartelli con su scritto LAVORO IN CAMBIO DI CIBO... e non e' piu' cosi' divertente".


Walt Disney presents

HAITI: GLI SPORCHI AFFARI DI PAPERON DE' PAPERONI

E brava Walt Disney! Topolino difensore della giustizia e dellalegalità, Pippo e Paperino protettori degli spiriti liberi,Qui Quo Qua, in compagnia del Re Leone, attenti alle tematicheambientali, Pocahontas, la Bestia e il gobbo di Notre Dame a sottolinearela nuova attenzione per i popoli diversi e i diversi in genere...Brava Disney, entrata nel mirino dei "benpensanti" quandoha deciso di pagare gli assegni famigliari a tutti i dipendentiche vivono in coppia, compresi i conviventi e gli omoses-suali.Tutto all'insegna della non discriminazione. Peccato che a 5.500chilometri di distanza dai suoi begli uffici californiani, migliaiadi giovani lavoratrici, poco più che quindicenni, lavorinoalla confezione di abbigliamento a marchio Walt Disney per unostipendio di circa 27 centesimi (430 lire) l'ora.

Haiti. Lo scenario degli impianti, vere e proprie baracche, duesoli bagni per qualche centinaia di operaie, offre un contrastostridente con il candore delle felpe di Pocahontas. Il lavorova avanti nel rumore più assordante, 8-10 ore al giorno.Si lavora in piedi. Se proprio lo vogliono, le operaie possonoportarsi un cuscino da casa. E' proibito parlare così comeandare in bagno più di due volte al giorno. D'altrondeil ritmo produttivo è così incalzante da lasciarepoco più di 10 minuti per la pausa pranzo. Tra le filadelle operaie, i guardiani, con continui urli, percosse e molestie,fanno la loro parte perché la produzione vada avanti. "Citrattano come animali!" E' questa la protesta delle lavoratrici.Chiunque provi ad organizzare qualsiasi forma di protesta, vieneimmediatamente licenziata. Non c'è tutela sanitaria e seun'operaia si ammala, non ha diritto a nessuna retribuzione. Dipiù. Ad Haiti non è legale licenziare le donne incinte,ma i padroni hanno trovato comunque un sistema per evitare ilcosto della maternità: trasferiscono le donne incinte alavori ancora più pesanti e malsani finché, pocotempo dopo, è l'operaia stessa a decidere di abbandonareil lavoro. Maltrattamenti, percosse e violenze in cambio di 3.440lire al giorno. Si calcola che per guadagnare la cifra che l'amministratoredelegato della Disney guadagna in un ora, un'operaia haitianadovrebbe lavorare 101 anni, per 10 ore tutti i giorni!

Agli stabilimenti di Haiti, una tuta di Pocahontas arriva in 11pezzi. In 13 fasi - cucire i polsini, le etichette, gli orli,ecc... - si arriva al prodotto finito. In 8 ore un'operaia confeziona50 felpe. Una produzione per un valore pari a 584 dollari (circa940.000 lire), pagata 2 dollari e 22 centesimi (circa 3.500 lire).Come dire che ad un'operaia occorre 1 settimana e ½ di lavoroper potersi comperare la stessa maglia che produce in meno di10 minuti.

Il divario fra valore prodotto e salari percepiti avrebbe contornimeno scandalosi se le operaie guadagnassero almeno quanto bastaper una vita dignitosa. Il guaio ad Haiti è che i salarisono da Terzo Mondo mentre il costo della vita è da Primo.Lo stipendio di una giornata basta a malapena per consentire alleoperaie di mantenersi in vita e di prendere l'autobus per recarsial lavoro. La conclusione è che per far fronte alle spesedel resto della famiglia, esse si indebitano, ma così facendosi impoveriscono sempre di più, perché le condizionidegli usurai sono pesantissime. E' così da sempre. QuandoAristide, eletto dalla popolazione haitiana dopo anni di dittatura,alzò il salario minimo legale, cercando comunque un compromessocon quanti ritenevano che un salario troppo alto avrebbe scoraggiatogli investimenti esteri, per tutta risposta le ditte che gestisconoin subappalto la produzione W.Disney alzarono la quota produzionegiornaliera delle loro operaie.

Non è solo per l'economicità del lavoro che molteditte statunitensi hanno trasferito alcune fasi produttive inpaesi stranieri come Haiti. Parte del merito va alla politicaneoliberista del governo Reagan. Da parte loro, i governi deipaesi dell'America Centrale per attirare gli investimenti esterihanno creato delle Zone Economiche Speciali, che garantisconoesenzioni doganali, libertà di esportare i profitti senzaessere tassati e, naturalmente, leggi antisindacali. In conclusione,si calcola che di tutto l'abbigliamento prodotto negli Stati Uniti,più della metà è prodotta in condizioni analoghea quelle haitiane.

Intanto, negli USA è iniziata una campagna nei confrontidella Disney. Ad organizzarla è la National Labor Committee(NLC), che si occupa di tutela dei diritti delle popolazioni delSud del mondo. E' stato Charles Kernaghan, direttore dell'organizzazione,durante un viaggio ad Haiti a rilevare le condizioni delle lavoratricie a sollevare il caso denunciando pubblicamente il comportamentoirresponsabile della Disney. La campagna mira a far accettareispezioni negli stabilimenti dove si produce per la Disney condotteda organismi indipendenti, che possano parlare liberamente conle lavoratrici per verificare le condizioni reali in cui lavorano,senza che queste debbano temere ritorsioni. Charles Kernaghanprecisa di non volere assolutamente il ritiro della Disney daHaiti perché qui c'è bisogno di lavoro, ma chiedeche la retribuzione venga portata a 920 lire l'ora (anzichéle 485 attuali). Per le lavoratrici resterebbe un salario basso,ma consentirebbe almeno di far fronte ai bisogni di base.

Per ora la Disney nega ogni addebito, sbandierando il "codicedi condotta" che la società si è data e chele impedisce di utilizzare lavoro minorile o sottopagato. Le cosesono complicate ulteriormente dal fatto che non è direttamentela Disney a gestire gli stabilimenti haitiani. La produzione tessileè subappaltata a due società statunitensi, la H.H.Cutlere la M.V.Myles, che a loro volta si appoggiano a 4 ditte che lavoranoin Haiti. Un sistema di scatole cinesi che facilita il gioco dirimpallo delle responsabilità. Se la Disney afferma dinon aver riscontrato irregolarità durante le ispezioni,le società che gestiscono l'appalto si trincerano dietrole regole del mercato: Haiti può offrire solo manodoperaa basso costo; alzare gli stipendi significa perdere competitivitàe conseguentemente lavoro. In realtà, se anche la Disneye le ditte subappaltatrici non intendessero rinunciare a nessunpunto percentuale dei loro profitti e spostassero tutto il pesodegli aumenti salariali sulle spalle dei consumatori, questi sitroverebbero a dover pagare un prezzo più alto di appena1.000 lire. Una cifra così bassa da non minacciare il volumedi vendite.

In questa ennesima battaglia tra diritti dei lavoratori e leggidel mercato, la parola passa direttamente ai consumatori. La forzadella Disney, così come di molte altre multinazionali,sta nella propria immagine. La sua debolezza nella consapevolezzadi non poter difendere in nessun modo davanti ai suoi clientisalari così da fame e condizioni di lavoro cosìinique. Per questo, nel tentativo di parare il colpo, e pur dinon cedere di fronte alla richiesta di ispezione nei suoi stabilimenti,la Disney si è impegnata a far aumentare la paga dellelavoratrici fino a 550 lire l'ora. Tocca ai consumatori giudicarese il comportamento della Disney è congruo con la sua immaginedi portatrice di valori familiari, e quindi agire di conseguenza.

FONTE: I CARE - MARZO 1997



___________ANCHE IN BIRMANIA!!!

Intanto, la Walt Disney resta nell'occhio del ciclone anche perun'altra triste vicenda: la confezione delle felpe di Topolinoin Birmania. Qui le condizioni dei lavoratori sono ancora peggioriche in Haiti. Sei centesimi di paga oraria per un monte ore settimanalesuperiore alle sessanta. Meno di 300.000 lire all'anno in un Paesedove la dittatura militare impone i lavori forzati, reprime brutalmentequalsiasi rivendicazione sindacale, dove non si contano i casidi sparizioni e massacri. Quella stessa dittatura militare che,oltre ad imporre una tassa del 5% su ogni esportazione, èdiretta proprietaria del 45% degli stabilimenti Yangon nei qualivengono prodotte le felpe. Nonostante l'amministrazione Clintonabbia condannato la dittatura e posto la Birmania nella listadei Paesi fuorilegge (peraltro è da qui che arriva la metàdell'eroina consumata negli U.S.A.), nel '95 l'industri tessilestatunitense ha importato prodotti "Made in Myanmar"per un totale di 65 milioni di dollari.

______HAITI: 150 LICENZIATI DALLA DISNEY

Un recente rapporto della "Disney/Haiti Justice Campaign" ha rivelato che più di 150 lavoratori tessili ad Haiti erano stati licenziati dalla ditta L.V.Myles, che produce per conto della Disney, allo scopo di reprimere la protesta dei lavoratori. Numerosi attivisti avevano scritto alla L.V.Myles a New York o alla Disney in California per denunciare questa ingiustizia.

Chuck Champlin, Direttore delle Comunicazioni per i prodotti Disney, ha parlato recentemente con attivisti dei diritti sindacali affermando di avere avuto un colloquio con Yannick Ettienne di "Batay Ouvriye", la quale "non aveva accennato a questi lavoratori licenziati".

Ettienne comunque disse a "Campaign for Labor Rights" che non aveva fatto cenno ai 150 lavoratori perché il signor Champlin non glielo aveva chiesto. Ettienne ha confermato che più di 150 lavoratori sono stati licenziati prima che una squadra di monitoraggio interno della Disney visitasse lo stabilimento della L.V.Myles. Ettienne ha affermato di aver informato il signor Champlin che "Batay Ouvriye" avrebbe cercato di ottenere i nomi dei lavoratori licenziati ma che sarebbe stato più facile farlo tramite la Disney. Nei contatti con i lavoratori, "Batay Ouvriye" non chiede ai lavoratori il cognome e i lavoratori si conoscono l'uno con l'altro solo per nome. Essi scoprono quando uno dei loro compagni è stato licenziato solo quando qualcun altro prende il suo posto. Il processo di licenziamento è molto veloce: i lavoratori non ritornano in fabbrica a dire ai compagni che sono stati licenziati. La maggior parte delle volte essi ritornano direttamente in campagna. Improvvisamente i lavoratori conosciuti da "Batay Ouvriye" non si trovano più in fabbrica e non si possono rintracciare facilmente.

La Disney potrebbe facilmente scoprire quali lavoratori sono stati licenziati e perché semplicemente chiedendolo alla L.V.Myles. Il Codice di Condotta della Disney, che secondo Champlin è ora disponibile in francese, stabilisce che la Disney avrà accesso a "libri e registrazioni relative a questioni dei lavoratori" di tutte le ditte che lavorano per lei. il Codice di Condotta richiede anche che "le manifatture rispetteranno il diritto dei lavoratori ad associarsi, organizzarsi e negoziare collettivamente". Esso non menziona il salario minimo ma afferma che la Disney si aspetta che le fabbriche "riconoscano che i salari sono essenziali per soddisfare i bisogni di base dei lavoratori".

 

FONTE: CAMPAIGN FOR LABOR RIGHTS - GENNAIO 1998

I 3 precedenti articoli sono tratti da Boycott


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