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NUOVE SITUAZIONI - CONTRO VECCHIE IDEOLOGIE

Introduzione


Niente paura, quello che avete in mano non è il solito dossier pieno di pagine che spiega i concetti su cui si basa un c.s. nè semplicemente un resoconto delle iniziative svolte fino ad oggi. Non volevamo fare il "pippone" sui vecchi discorsi teorici abituali che sicuramente sono giusti e validi (che fanno parte della cultura di ogni spazio occupato) ma che secondo noi oggi rimangono improduttivi senza stimolare piu' un dibattito. Quello che noi vogliamo e' molto di piu'... Vorremmo suscitare una continua ricerca di migliori strumenti e mezzi che possano rendere piu' attivo un centro sociale nel quartiere e non solo; connetterlo, quindi avere un continuo scambio con le altre forme di opposizione, mantenendo sempre una propria autonomia. Sentiamo il bisogno di oltrepassare i confini che ci lasciano isolati. Siamo cresciuti e quindi percepiamo l'esigenza di staccarci dai vecchi modi e modelli della politica per spaziare nella comunic-azione. Se il nostro obiettivo è combattere il potere e le sue miserie dovremmo noi per primi proporre nuove ed alternative idee, che non hanno nulla a che fare con i bisogni materiali e di profitto e di potere delle istituzioni (che continuano a proteggere i loro interessi con sporche manovre politiche mascherate da falsi intenti democratici. Per fare cio' (proporre nuove idee) c'è bisogno di rimettere in discussione le nostre scelte politiche e i nostri metodi di lotta sopratutto dove non si sono raggiunti risultati positivi. Questo ci servirà ad individuare gli errori e a sfruttare la nostra esperienza all'interno di un c.s.o.a., non ripetere sempre gli stessi errori ma sperimentare nuove forme di antagonismo sociale. Abbiamo lavorato insieme, creando uno scambio di contenuti costante, momenti di crescita molto significativi che hanno permesso di arricchirci. Ora questa ricchezza che abbiamo acquisita e che continua a crescere man mano che si va avanti, ha bisogno di espandersi all'esterno, di coinvolgere altre soggettività, individuali e collettive; vogliamo puntare a costruire una serie di rapporti (anche informali) con il territorio, senza privare nessuno della propria identità ed autonomia. Ci rendiamo conto che gli sforsi fatti fino ad ora hanno conseguito delle conquiste a volte limitate dagli errori e dalle difficoltà incontrate. Da qui parte un'analisi molto vasta sulle trasformazioni sociali che consegue una presa di coscienza dei nostri bisogni reali. Non abbiamo piu' bisogno di una linea politica prestabilita, che limita certamente l'esplorazione di nuove forme di lotta e di comunicazione, ma di idee, progetti, messi in connessione. E' proprio di questo che oggi si sente una forte esigenza: quella di liberarsi dai vecchi schemi che continuano in molti casi a rendere isolati gli spazi occupati antagonisti a questo miserabile sistema. Quello che ci interessa è allargarci al di la' delle 4 mura, per creare ambiti diversi all'interno del nostro territorio, con le nostre potenzialità, con la nostra rabbia contro lo schifo che ci circonda e quindi proporre un'alternativa a questo stato di cose, che non fa altro che reprimere i nostri Bi-sogni, la nostra fantasia, la nostra voglia illimitata di cambiare e migliorare. BE A MUTANT TO SURVIVE... Cambia X sopravvivere, riprendi stretto contatto con il reale, trova una identità... CAMBIA, cresci, non vuol dire semplicemente adattatarsi, che da un senso sopratutto passivo alla questione, ma agire su se stessi rispetto al mondo che ci circonda, e questa è un'azione prettamente attiva, dinamica, coì come sopravvivere sta a significare quasi lottare, intraprendere la battaglia in base ai propri bi-sogni, alle proprie necessità. Viviamo in un mondo che cambia in continuazione, la velocità degli eventi ci supera e ci bombarda, stravolgimenti politici, mode, fatti, guerre, stragi, si susseguono sui nostri schermi senza che noi ce ne rendiamo conto. Mutare X continuare a dare battaglia, sopratutto X ricercare in continuazione le giuste forme X darsi da fare, ritrovare insomma le nostre reali necessità nei nostri gesti quotidiani. Ma mutare significa nel nostro caso sopratutto 2 cose: 1)mettersi in discussione, avere il coraggio di abbandonarli tutti gli schemi vecchi delle forme della politica, e sperimentare sempre, laddove la ricerca è l'unica possibilità X non rimanere ancora una volta fuori dal conflitto, è lo scontro aperto con il territorio, o meglio con tutte le sue infinite contraddizioni, in particolare con quella rabbia e quel disagio che ci portiamo appresso, quella forte rabbia X lo schifo che circonda e quell'immenso disagio di una generazione veramente sfortunata, cresciuta nel momento piu' sbagliato X sperare di cambiare il mondo. 2)trovare un'identità. Cercare di dare vita ad altre cellule, altre situazioni, altri progetti del tutto slegati ed autonomi rispetto alla loro cellula madre, idee che seguano instintivamente il bisogno all'interno di un'informale quotidianità dove circolino efficentemente tutte le informazioni, dove funzioni la comunicazione insomma senza il bisogno di dotarci di INUTILI e PALLOSE sovrastrutture, ridare senso alla quotidianità e minimalità del conflitto, ritrovarlo in noi stessi prima di tutto, come soggettività individuale ma sopratutto collettiva. E' quasi una prima "liberazione" da quelle forme che, se è pur vero che hanno preservato il movimento dalla repressione, lo hanno anche gettato in un isolamento molto duro, sorte patita da quasi tutti i centri sociali; questo non vuol dire che improvvisamente smetteremo di fare volantini, manifesti, iniziative, dibattiti, nè che ci daremo ai fuochi d'artificio X fare la rivoluzione ma semplicemente che lo faremo in modo differente, seguendo una strategia tutta da sperimentare: la possiamo anche chiamare AUTONOMIA IN RETE ma è "robba nostra" e lo faremo con il massimo dell'impegno. Non ci scordiamo che questa tele-società in cui viviamo chiudera' sempre piu' i nostri spazi, e' quindi la comunicazione il terreno su cui giocare le nostre partite, essere vincenti in qualita' della comunicazione significa riuscire ad infliggere duri colpi ad un sistema che su questo punto basa il suo complesso sistema di sfruttamento, X essere "competitivi" abbiamo bisogno di ritrovare perduti istinti ribelli e sopratutto la capacità di produrre senso, comportamenti, tendenze, antagonismo sociale, cooperazione, una rete di interventi, connessi che passino dalla strada ad un centro sociale che fa della cooperazione, che lotta X la qualità della vita. Nella totale autonomia dei soggetti individuali e collettivi, nella totale autogestione dei propri percorsi, nella convinzione che in una rete l'unica cosa a risultare e' il nostro contributo, e la comunicazione tra le diverse autonomie. Arriva il momento di riparlare di rete, come modo di rapportarsi. Molto bisogna chiarire di questo concetto spesso sottovalutato, non capito o non voluto capire. Bisogna innanzitutto specificare che questa è solo la nostra parziale idea di rete, così come la stiamo vivendo/sperimentando, senza nessuna pretesa, anzi con la coscienza che la mutazione che sta subendo il Csoa attraversa strade ancora sconosciute dove tutto è possibile... Si tratta sicuramente di un'idea tutta da costruire, questo lo abbiamo detto + volte, ma dalle immense possibilità. Bisogna parlare poi di Autonomia dei comportamenti, e di Differenza. Questi sono i concetti da sempre ci stanno a cuore e che cercheremo di spiegare, ricordando che è ora di mutare X sopravvivere... APPENDICE... MA GUARDA CHE CASINO CHE E' SUCCESSO... In soli 10 anni tantissimi sono stati gli stravolgimenti che ha subito la nostra societa'; se prima esisteva un luogo della produzione centrale, ovvero la fabbrica, oggi questa centralitè e' svanita, frammentando chi e' sfruttato in mille rivoli del tessuto sociale, è cambiato quindi tutto il sistema della produzione che ha cominciato a capire che il controllo si esercita anche e sopratutto, attraverso una produzione fatta, non piu' di merci, ma di senso, comportamenti, informazione, insomma il vastissimo territorio della comunicazione. Il capitale, cioe' quella struttura politica, economica e sociale che ci governa, ha sentito il bisogno di mutare X poter continuare ad avere il controllo della situazione ed ha deciso di evitare che chi fosse sfruttato si ritrovasse in un unico luogo: la fabbrica, decidendo di dare vita ad una produzione immateriale, fatta cioe' di informazione, dati, e sopratuitto capacita' di gestione, di decisionalita'. Ha deciso che X continuare ad esistere necessitava di una classe differenziata e sopratutto capace di prendere decisioni, non piu' il martello che batte sul ferro X costruire la macchina ma il pulsante che deve essere premuto da persone competenti, capaci di gestire e (auto)governare. Questa trasformazione ha dato vita ad una serie innumerevole di cambiamenti che tutto sommato rappresentanio una serie di vantaggi a fini rivoluzionari, ovvero soggettività sfruttate e sottomesse si ma con una capacita estrema di AUTOGOVERNARSI, un' arma a doppio taglio quindi X il sistema che dovra fare i conti con una serie di nuovi soggetti capaci in potenza di vincere questa battaglia X la libertà. Insomma nostra intenzione e' di far capire che i bisogni materiali oggi sono importanti tanto quanto i bisogni immateriali, cioe' che tanto e' inkazzato l'operaio che muore di fame, tanto e' inkazzato lo studente che vive una qualita' della vita sottozero, o meglio che allo stesso modo sono funzionali alla vita del capitalismo. Diventa un bisogno essenziale riacquistare le possibilita' di essere protagonisti, di poter incidere nella realta' che ci circonda, X dimostrare che, tutto sommato, nonostante viviamo tempi duri X chi ha voglia di cambiare, la rivoluzione non e' poi nulla di tanto astratto, alla luce del fatto che non e' poi tanto difficile guardarsi intorno e vedere una societa' fatta di ingiustizie, soprusi, sfruttamento, controllo ecc...

FARE POLITICA... AAAAARGH

Inoltre ci preme riuscire a smitizzare la politica, parola questa spesso odiata, travisata, che mette paura; fare politica significa occuparsi direttamente di cio' che ci circonda, muoversi, attivarsi, intervenire, comunicare, fare iniziative, documenti come questo, volantini, ma non solo, spesso fare politica coincide con i nostri comportamenti quotidiani, con il nostro essere antagonisti al sistema in tutto cio' che facciamo, con le nostre contraddizioni, errori, provocazioni, niente altro di sporco o da temere. Fare politica, è produrre e diffondere materiali, smitizziamo X un attimo l'impegno politico, facciamolo cadere dal suo altare di trascendenza, cerchiamo di capire che la rivoluzione non è un momento separato della vita di un compagno, la rivoluzione e' ogni giorno, e' il modo con cui reagiamo alla noia e allo sfruttamento di questa societa' miserabile. Vogliamo allargare infinitamente la politica fino ai nostri comportamenti che apparentemente non hanno nulla di politico. Non c'e' chi lotta e chi gioca, chi fa le cose serie e chi no, esistono modi differenti di lottare e non necessariamente presuppongono austerita'. Insomma si puo' essere compagni responsabili e anche felici di lottare, la serieta' lasciamola ai giudici, ai professori, ai papi e ai re, facciamo saltare quei ruoli che dicono che chi ha il viso sempre imbronciato e' un compagno e chi usa l'autoironia come categoria di comportamento invece no! State tranquilli che noi non ci siamo mai sognati di fare i "buoni" o i democratici d'occasione; siamo contro questo stato di cose, con molta rabbia, "anger is a gift", quantomeno in proporzione alla violenza del potere. Fare politica e' comportarsi da antagonisti ma in base alla reale realta' dei nostri bisogni non in base a come ci hanno detto che si e' veramente rivoluzionari.
In sostanza null' altro al di fuori della comunicazione: comunicare X rendere visibili le contraddizioni, rendere visibili noi stessi, provocare, scendere in piazza, fare seminari, dibattiti, nelle scuole nei centri sociali nei terreni di scontro da noi privilegiati, essere visibili, trasformare la realta', ricercare la qualita' della vita, sensibilizzare, agire, attaccare, lottare, crescere, occupare spazi, protestare, dialogare con chi abbiamo intorno, CON OGNI MEZZO NECESSARIO, fino ad alzare il livello, rendere lo scontro sempre piu' vicino, piu' immaginabile, e poi nel reale, nella piazza, nel sociale, nel territorio, nei comportamenti, nella quotidianita'....

UNA PROPOSTA PRATICA X IL CENTRO SOCIALE

Alla luce di tutte queste trasformazioni, interne ed esterne, ci si chiede quale potrebbe essere un'idea X un "centro sociale ottimale". Non vogliamo certo fare un manuale del c.s. modello, anche perchè l'attività di uno spazio si modella sui bisogni di chi lo frequenta e sul territorio in cui si trova, ma fornire un esempio di progetto sopratutto rispetto al metodo. Ostia, lo abbiamo detto spesso, si presta ad un ruolo di osservatorio privilegiato, è quasi un laboratorio dove si riflettono (a volte anche in anticipo) le dinamiche di una realtà metropolitana. Bisogna però dire che la composizione dei soggetti "antagonisti" è abbastanza anomala, quasi esclusivamente giovani delle scuole superiori e a volte anche giovanissimi; tutti manifestano la loro forte necessità di uno spazio e il loro disagio sociale in un territorio che offre il nulla, il deserto, dove le uniche luci accese sono quelle dei negozi, bar, stabilimenti, dominio della casta intoccabile dei commercianti, dove si può pagare e comprare delle squallide forme di socializzazione, o PASSIVI strumenti di comunicazioni: i pub e le discoteche, senza uno spazio dove poter realmente socializzare, esprimersi, liberamente, nessun luogo dove poter far suonare un gruppo locale, e bere una birra ad un prezzo accettabile, nessun servizio, nessuna biblioteca, e tutto questo aggiunto alle carenze dell'amministrazione (invece di migliorare i trasporti si preferisce aumentare la tariffa del biglietto), alla fatiscenza della sanità, al carovita. Questi elementi insieme fanno si che la complessiva qualità della vita raggiunga un livello quasi insopportabile. Da qui il passaggio X rendere evidente che l'unica soluzione è impegnarsi direttamente X costruire una alternativa al mutismo e alla rassegnazione, qualcosa che si opponga a questa società odiosa.

I livelli su cui affrontare un progetto sono essenzialmente 2: Uno di tipo "cooperazionale", cercando di costruire nel centro sociale una serie di "non servizi", una birreria, una biblioteca, una sala prove (nel nostro caso) dove la qualità sia "competitiva", autogestita e alternativa rispetto a ciò che troviamo nella nostra telesocietà.

-LA BIRRERIA di un centro sociale è uno spazio autogestito nello spazio autogestito, ed è importante prima di tutto in quanto luogo della socialità, dello scambio di informazioni, della comunic-azione, è uno spazio che deve vincere in qualità della vita, dell' "atmosfera", dove la ricchezza si esprime in base al bisogno di comunicare tra soggetti diversi. Insomma un momento dove tra una chiaccherata, una birretta ed un cilotto, esprime un bisogno e si autogestisce uno spazio. Mettendo le basi X una forma futura + globale di "gestione sociale" da parte di giovani autogestiti e ribelli di uno spazio okkupato e delle sue attività come luogo del "non lavoro".

-Un altro discorso va fatto rispetto alla BIBLIOTECA autogestita e il centro di documentazione, che necessitano sempre un maggiore arricchimento delle espressioni e produzioni che non trovano sbocco nei circuiti commerciali. C'è bisogno uno sforzo collettivo di ricerca, X recuperare la memoria, sempre + risucchiata dalla cultura dominante. A fianco al discorso della biblioteca, che di X se è in grado di risolvere un bisogno forte del territorio, aggiungiamo quello dell' autoproduzione; l'importanza di produrre materiale con costanza, sulle iniziative, sulle discussioni, tramite tutte le forme di espressione artistica, diventa essenziale alla luce del fatto che la comunicazione è un terreno di scontro privilegiato.

-SALA PROVE/di REGISTRAZIONE "SOCIALE"

In un territorio come Ostia ed il suo entroterra, dove oggettivamente non ci sono spazi per l'espressione, la necessità di un luogo d'incontro (anche tra culture diverse) dove poter suonare, sviluppare capacità… comunicative, e magari scoprire personalità dalla spiccata sensibilità artistiche, è un dato evidente. Nel nostro quartiere sono numerose le bands giovanili che sono costrette a cercare di risolvere il loro bisogno di esprimersi tra costosi garage in affitto o costose e non sempre ben attrezzate sale prova a pagamento. C'è quasi un movimento sotterraneo che si difende come può di fronte all’apparato brucia capitali del mercato musicale, schiavo ormai delle sue finalità commerciali. Il susseguirsi di mode e movimenti giovanili legati alla musica, in realtà non ha nessun contatto con la realt… giovanile concreta, ma è solo una creazione commerciale che soffoca l'estro e la creativit… di chi, magari pur avendo talento, trova solo porte chiuse quando si rivolge ai media (tv, radio, giornali) o alle case discografiche, fabbriche di musica "Usa e getta". Il progetto quindi non si limita a creare una sala prove a prezzi economici ma ambisce a creare un vero e proprio circuito sociale delle realt… musicali del territorio della "west coast Romana". Questo portr… avvenire grazie alla costruzione, insieme alla sala prove, di una sala di registrazione che promuova anche la circolazione dei prodotti, iniziative musicali, che sia in definitiva un punto di riferimento costante per i giovani musicisti (ma non solo) del nostro quartiere. Affiancando alla sala prove anche un luogo d'incontro significherebbe creare la possibilit… di uno scambio di esperienze, anche interculturali; qui, tramite il coinvolgimento diretto dei giovani musicisti, confronto e scambio sono i concetti portanti per uno stimolo all' eguaglianza ed alla conoscenza quindi accettazione della diversit… come valore inestimabile. Una ulteriore caratteristica di questo progetto sta nella sua capacit… non solo di far agire esperienze musicali gi… in attivit… ma anche di farne nascere di nuove, e aprire per tutte orizzonti pi— ampi. Organizzare concerti, produrre e diffondere cultura, ritrovarsi in uno spazio le cui potenzialit… sono date dalla somma dei valori di tutte le esperienze legate all' espressione sonora. La musica quindi come veicolo di idee, momento essenziale per l'organizzazione del bisogno di comunicare, di sperimentazione artistica e crescita umana. L'autoproduzione musicale puo' essere uno spunto per iniziare a pensare una etichetta antagonista, l'obiettivo cioe' diventa quello di dotarci di mezzi nostri e riappropriarci della musica. Per non lasciarla morire, uccisa dai nomi famosi e dai concerti a 50mila lire che fanno i giovani spettatori passivi piuttosto che protagonisti della loro voglia di espressione. - Autoproduzione per noi significa produrre materiale autoprodotto al di fuori dei circuiti commerciali, significa che noi pensiamo che la musica e la cultura in generale debba stare fuori ogni discorso di profitto; vogliamo che ognuno si possa esprimere e comunicare liberamente. Vogliamo puntare alla qualit… delle autoproduzioni per gestire qualcosa di veramente nostro (la musica). I guadagni servono per finanziare ulteriori produzioni e aiutare (anche economicamente) quei gruppi che sono disposti a portare avanti un discorso simile al nostro.

-Viene poi il punto delle mille idee diverse che si possono fare in un C.S.; iniziative, concerti, cineforum, concerti a tema, di autofinanziamento, corsi dibattiti, tutto in base ai bisogni del territorio, che poi sono i nostri bisogni. Sotto questo aspetto non possiamo che affidarci alla capacità creativa di trovare idee giuste al momento giusto, puntando sempre a crescere in qualità dell' azione e della comunic-azione.

Il secondo livello che costituisce questo ormai accettato dualismo del C.S. è quello dell'intervento nelle lotte sociali, nella proposizione di battaglie nel territorio. Riverseremo all'esterno la nostra identità; difficilmente andremo a fare volantinaggi davanti alle fabbriche (anche perchè ad Ostia non ce ne sono) ma sarò inevitabile trovare con chi ci è piu' vicino un obiettivo comune. Gli studenti e la strada (intesa come luogo di soggettività ben precise), senza ovviamente chiuderci a priori. C'è un input per noi vitale che ci preme di comunicare con la nostra pratica: potremmo parlare di ribellismo, ma non è tutto, si tratta piutosto di far crescere una potenzialità enorme, per rendere la devianza non assorbibile ma funzionale all'atto contro la società, fomentare il rifiuto, sopratutto attraverso la quotidianeità, riappropriarci insomma di una identità che va riportata al suo giusto significato: costruire sulle miserie di questa società. In sostanza c'è prima di tutto un problema di comunicazione. E' inutile negare chi siamo! dobbiamo urlarlo sempre, con ogni mezzo necessario. Non siamo dei teppisti senza coscienza, però questa società cosi' com'è non ci piace affatto. Cerchiamo allora di cancellare queste mascherine riformiste da bravo ragazzo e scendiamo in campo con i nostri vestiti: capacità di autogestirci, di autogovernarci, di COSTRUIRE una alternativa nel nostro territorio, e una dose enorme di RABBIA, un dono prezioso... Cercheremo quindi di intraprendere battaglie in base ai nostri bisogni piu' vicini, il costo dei trasporti, spazi per i giovani, contro l'emarginazione, tutto il vasto mondo della scuola, battaglie sui servizi, iniziative di controinformazione, agendo nel territorio come un nodo di una rete sociale nella quale ci siamo trovati, puntando all'orizzontalità dei rapporti e alla loro qualità.

ALCUNI CENNI SULLE FORME ORGANIZZATIVE
LA RETE COME FORMA ORGANIZZATIVA

Se si vuole ipotizzare e realizzare un intervento sul mondo giovanile (e non solo), si dovrà a nostro avviso cercare e sperimentare una forma organizzativa adeguata al suo ruolo. Abbiamo pensato la figura di una rete orrizzontale fatta di nodi (i soggetti così come i C.S....) che pensano e vivono autonomamente ma che si arricchiscono nel rapporto continuo e nella comunicazione fra di loro. Tenendo conto che questa forma è valida sia verso l'interno che verso l'esterno, ovvero si propone una rete di soggetti cosi' come una rete integrata di strutture nel territorio. A nostro avviso si tratta di un metodo da conquistare per distruggere e superare qualsiasi forma di autorappresentazione e di cristallizzazione organizzativa. Una continua messa in gioco di tutte le esperienze, un metodo nuovo di strutturare l'intervento sul territorio, perchè "la rivoluzione sociale... non può prendere la sua poesia dal passato ma soltanto dal futuro" (Marx, 18 brumaio), "distruggere il vecchio per costruire il nuovo" (Mao Ze Dong). La rete non è esclusivamente un discorso sul metodo, essa è anche sostanza del progetto, l'unica forma in cui è possibile oggi costruire un rapporto di comunicazione e connessione tra soggetti e realtà differenti, per lo sviluppo di esperienze autonome e la conquista di obiettivi e prospettive comuni. Una dialettica interna reale, che verifica costantemente i punti di vista, i progetti, le ipotesi, le proposte, una "piazza", reale e virtuale, dove la soggettività antagonista può misurarsi, ridefinire continuamente la propria proggettualità, trovare momenti centrali di forza e di iniziativa con solide basi nella libera associazione e nella partecipazione diretta e collettiva alla gestione del C.S. e del territorio. E' forse una prima "rivoluzione" concettuale, l'autonomia in rete, considerando l'autonomia e l'indipendenza dei nodi come arma scarica se non connessa con le altre, perdente perchè priva di tutto il suo reale significato, di tutta la sua potenzialità. Solo un rapporto paritetico tra le strutture, i Centri sociali, i soggetti che operano sul territorio, può trovare il giusto canale per intervenire sui BI/SOGNI, senza calare azioni dall'alto secondo le logiche stantie ed improduttive della nostra amministrazione. Essere in rete significa portare avanti un modello di dialettica delle differenze, fino ad approcciare la definizione di uno spazio realmente autogestito, poichè, in rete con realtà diverse, affonda le radici nei mille rivoli del tessuto sociale.

Organizzare quindi come una rete un intervento concreto nel territorio significa tenere conto dei principi propulsori della rete stessa: IL MOTO, IL TRANSITO, LA MUTAZIONE. Ciò non significa sposare la cultura "debole" del frammento, della mancanza di una reale identità, poichè nella rete la circolazione di informazioni produce comunque momenti di sintesi; solo che essi funzionano da snodi dinamici per l'INTERSEZIONE dei flussi comunicativi, MAI ULTIMATIVI. Non solo strumento perciò, ma neppure contenitore asettico di un pulviscolo insondabile del mondo dell'antagonismo e della cooperazione sociale. Ogni nodo della rete è una macchina comunicativa (nel senso più ampio possibile di comunicazione) che si AUTODEFINISCE in base alla progettualit… della rete, e che realizza sintesi soggettive per contaminazioni successive, che pone il problema del progetto e dell'organizzazione come sviluppo naturale di un gioco identitario che ha come orizzonte un intervento radicale e concreto nell'"universo" Ostia. Questo può avvenire solo grazie ad un rapporto POLICENTRICO e non privo di un centro. Vogliamo che si crei un incrocio, una intersezione, un'interfaccia, una porzione di spazio pubblico dove possano confluire i soggetti, i materiali, e delle progettualità secondo lo schema dell'input-output. Nessuno così rappresenterà il punto di vista della rete ma il progetto di essa stessa, non una rappresentazione di chi gestisce la rete ma una possibilità aperta a 360ø, secondo il principio sinaptico dell'autonomia in rete.

Questa procedura disarticolerà, di fatto, la forma burocratica delle strutture istituzionali, viste come "unico luogo della decisione", e coinvolgerà chi vuole intervenire sui bisogni e sui disagi dei giovani, (ma non solo) in una dimensione processuale di dibattito e di intervento. Qui ogni proposta genererà dei contesti che rimessi in rete potranno sollecitare nuove discussioni e nuovi interventi. Nessun baricentro permanente ma una dialettica continua delle differenze che speriamo possa profilare una identità complessa della "soggettività antagonista, fornendo ipotesi, strumenti organizzativi, progetti.

L'ASSEMBLEA DI GESTIONE

L'assemblea di gestione è un nodo della rete, si discuteranno le questioni tecniche, ma sopratutto si confronteranno i progetti. Non è un collettivo politico, dobbiamo superare questa vecchia concezione secondo la quale il Centro sociale non ha valore se nell'Assemblea di Gestione non si discute specificatamente una linea politica da seguire. L'Ass.d.Gest. è l'assemblea aperta di tutti i soggetti che contribuiscono o vogliono contribuire alle attività del C.S., se c'è un bisogno di cercare una linea questo lo si può risolvere in un'altra sede, con i soggetti interessati, seguendo altre dinamiche e percorsi che possono POI essere riproposti alla globalità del C.S.

Il centro sociale è così un grosso contenitore di idee e di soggetti diversi con la capacità di valorizzare queste ricchezze rendendole connesse, autonome, visibili all'esterno e sopratutto propositive di lotte e del loro sviluppo.

CONCLUSIONI:

Nessuna conclusione per adesso, solo il bisogno forte di continuare a costruire il nostro spazio ed il nostro tempo nell'autogestione...

"LE RICCHEZZE SONO 2, LA PRIMA (PRODOTTA DALL'ECONOMIA DEL LAVORO SALARIATO), E' ASTRATTA E QUANTITATIVA, LA SECONDA (PRODOTTA DALL'ECONOMIA DEL NON LAVORO) E' QUANTITATIVAMENTE INESPRIMIBILE. LA SUA DIFFUSIONE COINCIDE INTERAMENTE CON LO SVILUPPO CONOSCITIVO, ARTISTICO E SENSUALE DEGLI INDIVIDUI. ALL'ECONOMIA DEL NON LAVORO ANCORA ADOLESCENTE DOBBIAMO PERMETTERE DI DIVENIRE ADULTA COSTRUENDO LE SUE CITTA' ED I SUOI OROLOGI."


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