
- E' uscito un tuo libro di poesie, Versi Cancellati. Parlaci di che cosa significa per te la poesia, come mai hai scelto questa forma, tra le tante dell'arte.Passione sdrammatizzante in un certo senso, perchè è ironia, come può constatare chileggerà questo libretto che il GRA ha autoprodotto e passione politica, con un intentodiciamo artistico. La stessa cosa penso dell'arte, ossia che dovrebbe essere una forma diespressione sublimata di contenuti anche forti, che devono rimanere nel campo dell'arte,poichè il legame è fra contenuti e forma, dove la forma deve comunque esprimere quellaleggerezza che le è propria, altrimenti diventa un'altra cosa. Spesso infatti, ora come neglianni passati, ci sono ancora delle resistenze a riconoscere la forza dirompente dell'arte perquello che è, riconoscerle la proprietà di una sua sfera legittima, autonoma e dirompente diper se. Chi pensa che l'arte è solamente svago e divertimento, produrrà quello, chi ha dellecose da dire, dei contenuti da esprimere e vuole fare arte, se è veramente arte, traduce laforza, la dirompenza di certi contenuti anche in quel campo.
Nell'arte è tutto molto soggettivo. Ma ci sono comunque dei criteri in cui il senso estetico è più immediatamente comprensibile. Un quadro che rappresenta un gatto, per essere artistico,deve avere un di pi¨ che è un di pi¨ di fruizione, che non sempre si riesce a spiegare, ma cheperò c'è e ti trasmette delle sensazioni. In un certo senso l'arte contiene degli elementi di espressione universali. L'arte mette in moto dei processi istintuali. Guardare quadri di artisti dei secoli passati, anche se io non sono un'esperta conoscitrice, mi trasmette un carico dicose che anche se non so periodizzarle, mi passano al cervello, mi rimangono impresse...ecco questo vale per l'arte in genere e ancor di pi¨ per la poesia. Io non credo di aver fatto chissà quale opera d'arte, comunque se tu vuoi far poesia, devi esprimere con delleimmagini non la realtà per quello che è, ma una realtà trasfigurata che dice delle cose, nonla semplice parola che si fa capire per convenzione. In poesia questi codici sonoabbandonati per lasciare spazio alle allegorie, alle metafore, al simbolismo, implicano quindiun di pi¨ di ragionamento che va al di là della parola data, dell'espressione della logicacorrente. Cosý come c'è differenza tra la poesia ironica e la freddura da settimana enigmistica. Paul Valery diceva: " bisognerebbe essere leggeri come un uccello, che ha comunque una sua consistenza e non come una piuma che viene trascinata via dal vento".Ecco questa è la differenza tra la leggerezza vuota, che in politica è iniziata con l'Occhettismo e non solo, che fa il verso alla leggiadria borghese priva di sostanza, e la leggerezza con una pesantezza di contenuti che non si esprime come un bulldozer o un carro armato, alla real socialista maniera per intenderci.-Simbolismo e leggerezza sono i requisiti dell'arte e della poesia, questa tua ricerca quando è nata, è stata in qualche modo legata alla tua esperienza carceraria o c'era da sempre in te?
Potremmo dire pesantezza del vivere e leggerezza dell'essere, nel senso di non prendersi troppo sul serio nelle cose, per lottare con una certa dissacrazione delle forme, di essere sempre in gioco. La poesia e la letteratura le ho sempre avute come passione, fin da quando ero bambina, sai con i diari... poi nella vita di prima in cui non c'era spazio per queste cose, le scrivevo e buttavo, perchè comunque è una cosa che mi ha sempre appartenuto. Spesso si ha un'idea di chi ha fatto scelte come le mie, molto metallica, di gente che ha dovuto spogliarsi, nel senso brutto della parola, di tutto per mettere l'uniforme da super combattente, ma non è stato così per nessuno. Siamo tutte donne e uomini figli del '68 e del '77, cioè di una cultura metropolitana che voleva portare a nuovi linguaggi, a nuove forme di espressione. A un certo punto però si è pensato che con la tecnologia in mano ai borghesi, con il potere in mano ai borghesi, noi potessimo solo arrivare fino a un certo punto e tutto ci ricadeva addosso, se non gli prendevamo il potere. Questo è stato ed è un grandissimo dibattito tra i compagni e le compagne e questo ci ha portati ad accantonare le tante forme diespressione che ognuno di noi aveva. Come il CHE si portava a spasso i suoi diari per la selva e scriveva cose, avveniva lo stesso anche per i rivoluzionari italiani, che per una forma di pudore non facevano del romanticismo intorno a delle forme di lotta che erano tutt'altro che romantiche. La rivoluzione ha delle forme romantiche quando è di massa, come ad esempio i rivoluzionari della comune che sparavano agli orologi, pero c'è anche una fortissima componente di brutalità che è insita nella lotta, perchè se devi togliere il potere alla borghesia lo devi fare con le armi, perchè altrimenti non lo mollerebbero da soli. Quindi c'è una componente di violenza che non è assolutamente estetizzante, anzi è l'aspetto terribile della lotta e da parte nostra sarebbe stato assurdo mostrare questa visione più "creativa", anche perchè poi in occidente non ci sono stati mai precedenti di questo genere. Proprio per l'alto livello di complessificazione che è presente in occidente, non si lotta per il pane, noi abbiamo messo la sbarra molto in alto, non c'era il fascismo da combattere come durante la resistenza e non a caso poi i più sconfitti, cioè noi, abbiamo fatto la parte dei cattivissimi, ridotti a quintessenza di tutti i mali.
L'estrema semplificazione che a un certo punto è stata quasi inevitabile, attuata dalla psicologia di alcuni compagni come elemento di difesa, ha portato all'errore di ridurre il nemico a segno, a doverlo disumanizzare, non certo perchè non sapessimo che citrovavamo di fronte una persona, ma perchè quella persona parlava un linguaggio oggettivante al quale noi ci opponevamo con delle forme altrettanto oggettivanti. Su questoc'è un grande dibattito, ma io mi chiedo come si poteva fare altrimenti. Ovviamente si deve riflettere su forme diverse che andranno rielaborate rispetto a quelle del passato, o reinventate come in parte avviene oggi, ma la durezza del conflitto rimane. Se devi affrontare lo scontro, poco ha a che fare con la poesia, malgrado ci fosse anche una poesia della rivoluzione.-E' la molteplicità dei linguaggi che costruiscono quindi la forza e la durevolezza dei movimenti ?
A un certo punto si arriva però a una semplificazione perchè lo scontro parla il linguaggio della politica e delle armi. Uno degli errori, dai quali bisognerebbe imparare, è quello di non credere che il linguaggio della politica e quindi quello della guerra, possa durare per troppo tempo, perchè altrimenti si sclerotizza , ma soprattutto che possa prescindere all'inizio da una grande ricchezza e multiformità dei linguaggi. Negli anni '70 questo c'era, abbiamo pensato che rimanesse, mentre noi eravamo impegnati a "velocificare" il processo di lotta, attraverso i segni della politica e della guerra con le armi, invece così non è stato. I movimenti non durano in eterno, sono ciclici e tu devi creare una relazione costante. Poi anche i tempi sono stati anomali: la resistenza armata per esempio è durata due anni, le Brigate Rosse quasi 15 anni, in un paese a democrazia occidentale in cui non c'era nemmeno il fascismo. E' una cosa enorme sul piano storico e in questo tempo, figuriamoci quante fasi sono trascorse, probabilmente non comprese fino in fondo. C'era una complessità di linguaggi che non poteva essere tradotta solo in quel segno che usavamo noi. La questione del potere resta, perchè dopo un po' ti avviti. Lo vediamo anche nelle espressioni massime di rottura, durano un po' e poi rifluiscono. Non a caso adesso c'è un dibattito nei Centri Sociali per cui questo sbocco, qualcuno lo vuole trovare riprendendosi il linguaggio della mediazione politica. Non ci sono scappatoie, altrimenti il potere decide per te. E' una riflessione che va fatta. Io dico che gli elementi della memoria vanno ripresi e vanno reinventati e questo in un certo senso vale anche per la poesia, perchè ci sono stati nel corso dei secoli poeti di ogni tipo e in ognuno di questi si è trasposto il segno dei tempi, così come sono mutate le forme di espressione che oggi sono sempre di più in rapporto con un linguaggio che va sempre più verso la reinvenzione a volte anche criptica. Bisogna stare nel proprio tempo, starci non per adagiarcisi e la poesia dovrebbe essere il segno del tempo che vuol trascendere il segno medesimo, perchè noi vorremmo costruire una società altra,nel ricreare un immaginario, nel riprospettare un sogno la poesia ha una grandissima parte che è anche di semplicità. Ecco questo è un altro elemento della cultura underground, c'è molta semplicità che è un altro elemento che insieme alla leggerezza fa l'arte. Elementi semplici che rimandano alle questioni essenziali che sono alla base della concretezza della vita, in un certo senso la pesantezza di questo modo di produzione.
Se non ci fosse stata questa ripresa di confronto, che è politica e culturale, a vasto raggio,quindi una riconversione politica del proprio percorso, probabilmente non so se avrei mai trovato la spinta necessaria per pubblicare queste poesie con il GRA, per consegnare a mio modo, un frammento di memoria, anche così, non solo con il linguaggio della politica.-Quindi hai lottato e hai sconfitto il pudore di cui parlavi?
Be no anzi, ho dei moti di raccapriccio all'idea dei tanti difetti che si vedranno. Questa cosa del pudore è un sentimento anche politico, perchè io credo che vada mantenuta come elemento positivo una certa riservatezza dei rivoluzionari. Oggi da parte della borghesia radical, c'è in atto una grande banalizzazione dell'io. Un conto è partire da se, ma partire da se come essere sociale, un individualità che si mette in relazione, in comunicazione che fa parte di un contesto di una storia. E' il rapporto tra biografia e storia. La mia storia è questa. Molto spesso si fa molta più fatica a parlare, piuttosto che a stare zitti. La prima reazione di fronte alla difficoltà di farsi capire, è proprio un'introflessione autistica e il carcere la produce. Anche io che sembro molto espansiva lo vivo molto profondamente, questo senso di autismo del periodo. Ci sono dei momenti belli in cui sembra che ci sia tutto, però c'è in fondo un senso enorme di solitudine, una ridda enorme di linguaggi che diventano piccoli boomerang disperati che ti ritornano indietro e ti risuonano dentro come i suoni dei gong da tutto il mondo, quindi anche le tue parole a volte sembrano talmente inutili che preferiresti star zitta. Ecco perchè anche ironizzare su ciò che ha dei grossi elementi di drammaticità,non solo per se stessi, ma per chiunque vive in carcere, è un modo per comunicare all'esterno una dirompenza dissacratoria, ma anche dei dati, degli elementi di riflessione.
- Che vuol dire per te fare dei progetti per il futuro? e quali sono?
Pensare alla vecchiaia... La condizione concreta per i senza diritto come noi è complicata, vuol dire per esempio non avere diritto alla pensione e via dicendo, anche se la mia reticenza comunque mi porta a considerare il fatto che io con questa fottutissima legge Gozzini sono a metà carcere, ma ce ne sono ancora tanti dentro e la repressione nel mondo è fortissima. Per cui parlare di quanto sia alto il pedaggio psicologico pagato ad aeternum, ha bisogno di essere relativizzato. Comunque, oltre ad avere una vita completamente sotto tutela, che mi impedisce di spostarmi, se non per lavoro, non poter passare a casa durante il giorno a causa dell'art. 21... ecco perchè vado in giro con questo enorme zaino che ti fa venire la gobba. Faccio una vita che non ti dà la possibilità di coltivare affetti ed amicizie, perchè devi rientrare ogni sera in carcere, non hai diritti. Non hai diritto all'assistenza mutualistica fuori, devi usufruire delle attrezzature in carcere, a pagamento, con tutto quello che significa, non puoi avere un lavoro fisso e quindi non hai contributi, anche se questa ormai è la condizione di tutti. Per noi che non esistiamo, che non siamo considerati come soggetti concreti, ma solo come qualcosa da continuare ad addomesticare, è ancora più pesante. Quando esci e sei vecchia non hai più neppure le forze per costruire qualcosa. Chi non ha famiglia deve solo sperare di non ammalarsi. Questo per quanto riguarda l'aspetto concreto, poi c'è la voglia di dare dei segnali soprattutto a me stessa, di segno diverso e allora penso in fondo al lato comico che c'è in questo tipo di situazione. Quindi girare sempre coi pacchi, incontrarsi con il proprio compagno alla "Ridolini", 10 minuti senza riuscire a finire una battuta o una chiacchiera. Spero di riuscire a sghignazzare anche in vecchiaia, con la dentiera magari, quando uscirò, cioè non prima di 15 anni se non ci sarà nessuna novità.
-E' cambiata la tua percezione del tempo?
Per me alcuni concetti e categorie sono cambiate già tanto tempo fa, perchè quando fai delle scelte in un ottica rivoluzionaria fai i conti con tutto. Quando dicevamo futuro allora, pensavi a un ottica collettiva e dell'individuale ci importava poco. Quando abbiamo cominciato a vedere che il progetto collettivo non stava funzionando, o veniva fortemente ridimensionato anche nelle sue aspirazioni, l'idea di futuro per qualcuno è ridiventata individuale, quasi disperante, per quelli che si sono dissociati o che comunque non si interessano più alla politica. Per gli altri è rimasta con un senso di precarietà, viva precarietà, il cogli l'attimo di quarantenni. E' un po' come rimanere fra coloro che sono sospesi. Il carcere te la cambia molto la percezione del tempo. Ci sono periodi in cui il tempo si mette a correre a dismisura, nonostante tu sei sempre ferma e dei momenti in cui sembra che non passi mai.