COMUNICAZIONE E PERCORSI DI LOTTA:

19 ANNI DI RADIO ONDA ROSSA

Asterix
Gli strumenti della comunicazione istituzionale ed istituzionalizzata sono elementi fondamentali per il mantenimento di un regime che li usa per l'imposizione coatta della cultura dominante e come supporto al sistema di profitto fondato su un modello consumistico che esige l'accettazione passiva e massiva del messaggio pubblicitario-politico-culturale. Il monopolio radiotelevisivo della RAI il suo utilizzo discriminatorio e la sua lottizzazione partitica sono da sempre stati funzionali al sistema della corruzione e della "libera associazione a delinquere legalizzata" che e` stata combattuta nelle piazze, nei quartieri, nei posti di lavoro da parte di quei movimenti antagonisti che si sono espressi nel corso degli anni 60-70. La gestione del potere da parte della "banda armata" chiamatasi prima democrazia cristiana e successivamente (anche) partito socialista non ha potuto fare a meno di tale richiamato uso dei mezzi di informazione. Con la "liberalizzazione" delle frequenze nel 1975 il movimento antagonista penso` bene di dotarsi di strumenti tecnico-politici che riversassero nell' etere dei messaggi di controtendenza. Beninteso non si volle contrapporre un "network" alternativo a quello del sistema, ritenendo tutto cio` utopistico soprattutto per la disparita` finanziaria, bensi` si e` operato affinche` delle piccole emittenti radiofoniche mettessero in comunicazione tra loro le istanze di movimento attraverso l'informazione riguardante quello che avveniva nel paese, in ogni singolo posto di lavoro, in ogni singolo quartiere, ecc. "L'esplosione" delle radio di movimento e` stata quindi la conseguenza, prevedibile ma non prevista, dell'impatto delle generali istanze che nel 1977 si sono espresse contro lo stato. Il bisogno di comunicare di piu` e meglio e la necessita` di incrinare e spezzare il circuito del controllo sempre piu` opprimente hanno provocato la nascita spontanea e capillare di molte emittenti con il fine preminente di fare contro-informazione, come si diceva allora. Ed e` cosi`, con l'auspicio di realizzare l' idea-forza: "per chi crede che la liberta` di stampa e di informazione non e` la liberta` dei padroni di insultare i proletari che lottano per la loro liberazione, e` doveroso fare ogni sforzo affinche` i proletari abbiano le loro fonti di informazione e di lotta. Radio Onda Rossa e` una di queste fonti", che nasce nel maggio 1977 Radio Onda Rossa. Ma ROR, fin dall' inizio, non si e` caratterizzata solo per aver saputo dare la parola a chi non l'ha mai avuta e/o per aver amplificato i contenuti dell'allora movimento del '77, essa e` stata anche uno strumento di stimolo e provocazione continua attraverso l' impegno quotidiano di controinformare e decodificare il messaggio borghese. Numerose sono state le volte in cui questo "parlare altro" ha convinto il potere della necessita` di tappare la bocca a ROR. 1977-78 Chiusure preventive, seppure temporanee dei microfoni della radio in occasione di manifestazioni di piazza; comunicazioni giudiziarie emesse dalla magistratura nei confronti dell' allora direttore responsabile e del "proprietario" della radio, sollecitate insistentemente (ed ottenute) dall'opera repressiva dell'allora PCI, hanno caratterizzato questo periodo nel quale ROR e` stata ascoltata e registrata 24 ore su 24 da una sorta di commissione permanente di ascolto poliziesco. Tale incessante opera di "tampinamento via etere" ha portato, nel quadro del gia` avviato (7 aprile 1979) "teorema Calogero" -secondo il quale l'Autonomia era la testa pensante delle Brigate Rosse- alla chiusura della radio. Il 22/1/80 svariati arresti di compagni, ritenuti redattori e non di ROR, avvengono alle prime luci dell'alba nelle abitazioni di questi ultimi o sul posto di lavoro ad inizio turno o, ancora, all'ingresso dell'aula del tribunale abruzzese presso cui si sta svolgendo il processo all'atto di internazionalismo proletario a favore dei combattenti palestinesi compiuto dai compagni del collettivo policlinico, gia` arrestati nel novembre 1979. La traduzione dei giudici romani del "teorema Calogero", che imperversava in quel di Padova (e non solo), si sostanziava con il titolo a caratteri cubitali e con le foto dei compagni arrestati usciti nella prima pagina del quotidiano l'Unita`: "CHIUSA L'ULTIMA VOCE DELL'AUTONOMIA". Non pareva vero ai piccisti -cosi` li chiamava il movimento all' epoca quello che stava accadendo. Con la loro singolare ipocrisia che non hanno perso nemmeno oggi che si sono nascosti fra le radici della quercia, commentavano che era tutto merito della magistratura se finalmente i "sovversivi" venivano rinchiusi nelle patrie galere, dimenticandosi del fatto che proprio loro avevano caparbiamente dato il viatico alla stagione piu` complessiva delle repressioni e delle segregazioni relative. Ma si sbagliavano circa il fatto che i redattori arrestati fossero quattro sconsiderati senza alcun rapporto politico-sociale-umano con gli ascoltatori di ROR. Furono proprio questo intimo rapporto ed il lavoro di sostegno dei compagni fuori dal carcere che seppero coltivare le condizioni necessarie e sufficienti perche` ROR riaprisse al piu` presto ed i compagni "dentro" uscissero per continuare la lotta. L'apice di questa battaglia di liberta`, non solo per se stessi, ma per mantenere fede al fatto che ROR apparteneva a "tutti", fu suggellato dall'assemblea pubblica tenuta il 25/5/80 al teatro centrale di Roma. Era questo -tra l' altro- il periodo in cui ben altro personaggio stava al "gabbio" per aver divulgato alcuni documenti che dovevano -secondo il potere- rimanevano segreti: si trattava del giornalista del "Messaggero" Fabio Isman, reo di aver rivelato che il figlio dell'allora Ministro Donat Cattin era un "terrorista". La radio venne riaperta a "furor di popolo", continuando ad essere attentamente ascoltata dalla solita "commissione all' uopo prevista" preoccupata dell'informazione che (anche) ROR produceva allo scopo di far scattare nell'ascoltatore meccanismi di autoidentificazione che si sarebbero dovuti tradurre in comportamenti, in organizzazione antagonista allo stato presente di cose. D' altra parte, questo eterno dilemma tra essere semplice organo di informazione o strumento di piu` ampio respiro sia informativo che organizzativo ha resistito, pur con le necessarie approssimazioni, negli anni seguenti. Nel marasma generale dei rampanti anni '80, questo compito andava sicuramente ridefinito non senza contraddizioni interne/esterne. Di fronte alla dura realta` della quasi totale inesistenza dei movimenti, comunque, per tutto questo periodo, ROR si e` sforzata, spesso riuscendovi, di conoscere e far conoscere situazioni nelle quali (come sempre) i soggetti direttamente interessati esprimevano la resistenza e l'antagonismo alla protervia del potere. Ne fa` fede il ruolo svolto dai compagni della radio in due degli avvenimenti piu` tristi e significativi di quel periodo: AUTUNNO/INVERNO '80 ROR offre i microfoni e il sostegno alla lotta dei lavoratori FIAT di Torino attaccati frontalmente dalla prima imponente ristrutturazione tecnologica capitalistica in Italia. ROR collega e testimonia insieme gli interventi "sul campo" delle centinaia di compagni/e accorsi nel tragico dopo terremoto dell'Irpinia. L'impulso profuso in questa seconda particolare situazione convince, anche stavolta, il potere che occorre allontanare dal posto e fisicamente (leggi: fogli di via obbligatoria) chi con la sua natura intimamente corruttrice insidia la coscienza sociale delle popolazioni meridionali sfruttate due volte. Successivamente, il contributo dato dalla radio alla lotta degli sfruttati del mondo, come nel caso dei fratelli palestinesi, provoca la reazione criminale del: 13.12.82 con la bomba sionista posta da "mani ignote" davanti alla sua sede. L'intenzione e` chiara, chiudere la bocca alla radio che sta contribuendo alla conoscenza delle sofferenze di un popolo indifeso che viene sterminato ogni giorno e in particolar modo come avvenne in quel periodo (settembre '82) con gli eccidi di Sabra e Chatila, in Libano. L'attacco armato alla radio, rivendicato dalla sedicente LED (lega di difesa ebraica) e gradito platealmente dai fascisti nostrani non riesce nell'intento di intimorire i compagni che riescono, nonostante tutto, a trovare un piu` saldo rapporto con il quartiere di S.Lorenzo, attaccato fra l'altro dalla speculazione edilizia. La radio non cessa di trasmettere, anzi, scende in strada con i propri mezzi tecnici e fattivamente, dalla via, prosegue la sua opera di in/formazione. Ma il prossimo attacco alla radio, ne prevedibile ne previsto, viene subdolamente sferrato dai "palazzi del potere", al di qua e aldila` del Tevere. 1.7.87 dalle ore 0.00 la minuscola frequenza/potenza di ROR viene sovrastate dalle decine di kilowatt di radio vaticana che occupa la frequenza dei 93.300 Mhz regalatagli dallo stato italiano in base ad un truffaldino "piano delle frequenze di Ginevra" del 1984. Anche in questo frangente, la radio non rimane sola, non foss' altro che la "radio di dio" (Sic!) occupa anche le frequenze di Radio Radicale e Radio Roma scatenando le ire laide di Pannella. Ma ben presto queste due emittenti abbandonano il campo perche` i loro potenti mezzi economico-politici permettono loro di posizionarsi su altri livelli di potenza.

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MASS-MEDIA E POTERE


Legge e regolamentazione delle frequenze radiotelevisive

L'incontrastato monopolio della RAI viene meno al momento in cui un personaggio, Silvio Berlusconi, imprenditore, iscritto alla P2 con tessera n.1816 e in strettissimi rapporti con Licio Gelli, nel '79 inizia la sua scalata televisiva. Grazie ai suoi rapporti politico-economici riesce a piazzarsi in ottima concorrenza con la RAI acquistando, tra l'altro, numerose testate giornalistiche e controllando, tramite la "Pubblitalia", gran parte della pubblicita` radiotelevisiva. Nell' '81, la Corte Costituzionale stabilisce che soltanto la RAI-TV ha il diritto di trasmettere su tutto il territorio nazionale ed invita il Parlamento ad una regolamentazione generale delle frequenze televisive nonche` di quelle radio. In conseguenza di cio`, la RAI denuncia "Canale 5" nell'82 per "...la contemporaneita` delle trasmissioni non via etere, ma a mezzo di videocassette su varie emittenti, intaccando cosi` il privilegio monopolistico". Dopo varie controversie legali, il caso esplode due anni dopo quando i Pretori di Torino, Roma e Pescara chiudono le frequenze berlusconiane. in base all'art. 215 del Codice Postale che limita all'ambito locale le trasmissioni delle TV private. Dopo 4 giorni i provvedimenti dei Pretori vengono annullati dall'allora Presidente del Consiglio "Benito" Craxi e malgrado il Parlamento avesse deciso in sede plenaria l'incostituzionalita` del decreto craxiano. In mancanza (non a caso) di regolamentazione, Berlusconi continua a trasmettere fino al '90, anno in cui viene varata la legge Mammi` rendendo legale, senza vincoli e limiti, l' impero di Berlusconi grazie al continuo ed imperituro appoggio del C.A.F. (Craxi-Andreotti-Forlani).

Tutte queste vicende si sono ripercosse anche sulle emissioni via radio nella banda in modulazione di frequenza, di cui ripercorriamo sinteticamente la cronistoria:

La Commissione Internazionale vara cosi`` il primo "piano di Ginevra" che fornisce indicazioni ai paesi aderenti sulle modalita` delle frequenze radio-tv dei paesi confinanti, all' interno di ciascun paese , persegue lo scopo di tagliare in modo drastico il numero di emittenti (da 7000 a circa 300 in Italia) garantendo, nel contempo, nuovi spazi a corpi civili e militari, agli Stati Uniti d'America, all' oligopolio pubblico e privato. Il piano di Ginevra non ha alcuna validita` di legge in quanto a sottoscriverlo e` un organo tecnico del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. Per quanto attiene all'interscambio di frequenze fra stati confinanti, queste devono essere oggetto di un apposito trattato internazionale da sottoporre al vaglio dei Parlamentari.

Lo stesso Ministero delle P.T. sa bene che il piano non ha alcun valore di trattato tant'e` che dall'85 giace in Parlamento un disegno di legge sulla "regolamentazione delle frequenze in F.M." di sua ispirazione, insieme con gli altri disegni di legge presentati da 8 diversi gruppi parlamentari e dalle Associazioni per la tutela delle radio private. Ove mai dovesse passare in Parlamento una legge che recepisse il "Piano di Ginevra" cosi` com'e`,sarebbe la fine dell'esperienza della piccola emittenza privata e delle radio libere.

Anche per le frequenze video, dopo la liberalizzazione, "urge" una regolamentazione. In questo caso, com'e` naturale, gli interessi in gioco si amplificano soprattutto a causa della spropositata crescita berlusconiana, cosicche` a gennaio 1985 viene emanata dal governo Craxi, con la forma del D.L., la norma che tutela in particolare i network televisivi privati(c.d.legge Berlusconi). Con questa legge viene sancito, come gia` ricordato la leggittimita` a trasmettere su tutto il territorio, legittimita` contestata invano alla "ammiraglia" di Berlusconi, Canale 5, da alcuni pretori. A questo punto di massima confusione legislativa interviene la c.d. legge Mammi` (1990) dal nome del suo estensore, tal Oscar Mammi`, repubblicano, ministro del C.A.F., che sanziona cosi` giuridicamente il vergognoso duopolio Fininvest-sistema dei partiti, veri proprietari del servizio radiotelevisivo. Su questa legge occorre soffermarci piu` dettagliatamente.

LA LEGGE MAMMI': Partorita in pieno regime consociativo la legge Mammi`, varata il 6 agosto 1990, sancisce la spartizione dell'etere fra il servizio pubblico, occupato e lottizzato dai partiti (opposizione compresa) e la Fininvest, creando nel settore un duopolio in grado di garantire le diverse lobby di potere politico ed economico. Accanto all'istituzione del garante per l'editoria in funzione di supervisore delle regole imposte, la legge impone una serie di misure economiche, tecniche ed amministrative tali da provocare la chiusura di tante piccole emittenti, per lo piu` locali, sia radiofoniche che televisive impossibilitate, per loro particolare struttura, ad ottemperare a queste rigide regole. I parametri per ottenere le concessioni quantificano la presenza sul mercato, il numero dei dipendenti, il livello tecnologico; la Mammi` e`, quindi una legge che regolarizza lo strapotere economico e politico di alcuni soggetti e non puo` garantire alcuna democraticita` ed alcun pluralismo nell'ambito dell'informazione. E' vero altresi`, che l'ascesa alla carica di capo del governo di Berlusconi crea una situazione anomala, e lo pone in una posizione di forza straordinaria. Berlusconi accorpa la proprieta` delle maggiori reti televisive private al controllo sulle reti pubbliche; inoltre con l'accentramento delle risorse pubblicitarie di Pubblitalia controlla indirettamente quasi tutti gli organi d'informazione. La proposta di referendum abrogativo della Mammi` si incentra su questi ultimi aspetti (limitazioni nel possesso delle reti TV da tre ad una, limitazioni della quota di risorse pubblicitarie in possesso di un unico soggetto, limitazioni delle interruzioni pubblicitarie nei films) ed e` naturalmente condivisibile. Ma la battaglia contro la Mammi` deve essere una battaglia principalmente contro la mercificazione dell'informazione; e su questo ampiamente ci soffermeremo nelle pagine seguenti. Prima di scendere nello specifico dei problemi posti a Radio Onda Rossa dalla Mammi`, vogliamo spendere due parole sul servizio pubblico: da anni la RAI piu` che un servizio pubblico ha reso un servizio ad uso e consumo del sistema dei partiti. In questo senso un servizio pubblico vero e proprio deve essere ancora creato. Radio Onda Rossa rientra nella categoria delle radio "comunitarie" ovvero quelle emittenti non aventi scopo di lucro e che per questo non debbono ottemperare all'obbligo di cauzione previsto per le altre tipologie di radio. Comunque, anche in questa fattispecie, si e` sottoposti ed obbligati ad avere: un palinsesto fisso delle trasmissioni che deve prevedere almeno due ore quotidiane di programmi in voce autoprodotti; la registrazione completa delle trasmissioni emesse nella fascia oraria che va dalle 7.00 alle 21.00, la conservazione per 90 giorni delle stesse trasmissioni che devono essere messe a disposizione di tecnici del Ministero P.T. o Autorita` competenti(..?)che per motivi di controllo ne facessero richiesta; la trascrizione dettagliata negli orari e del genere delle trasmissioni su di un libro vidimato. Inoltre, in qualsiasi momento, si Puo` essere soggetti ad accertamenti fiscali da parte della guardia di finanza o tecnici ministeriali(..?); ultimo ma non ultimo, bisogna essere in regola con la prevista legislazione antimafia, producendo in ogni momento la relativa "certificazione antimafia" (sic!). Queste alcune delle regole imposte dalla legge Mammi`, regole sicuramente ottemperabili e gestibili dalle grandi emittenti commerciali ed invece "difficili" da seguire per decine e decine di piccole radio che vivono di piccola pubblicita` o che non ne effettuano alcuna. Un discorso particolare vale per ROR, che da sempre e per scelta politica "campa" sul finanziamento dei/delle compagni/e, sulle autoproduzioni musicali e sulle iniziative politico-culturali autogestite dalle varie istanze di movimento. La scelta politica dell'autofinanziamento e del rifiuto della pubblicita` viene tuttora ritenuta l'unica garanzia di reale indipendenza da ogni tipo di ricatto speculativo-commerciale-culturale. Inoltre, la scelta di non retribuire alcun redattore, a differenza di altre radio anch'esse "comunitarie", caratterizza ROR quale elemento cardine di una maturita` politica sia da parte di chi vi opera costantemente all'interno sia da parte dei/delle compagni/e che di volta in volta vi collaborano.

Ma torniamo alla legge Mammi`. Vi e` stato recentemente l'ennesimo "passo avanti" (in effetti si tratta di una vera e propria regressione) della "famigerata": dopo il censimento del '90 di tutte la radio esistenti sul territorio nazionale e dopo l'obbligo di presentazione della documentazione necessaria ai fini delle concessioni provvisorie a trasmettere (in attesa, non si sa quando, di quelle definitive) il Ministero P.T. ha emesso circa 500 revoche di concessione sulla base di inottemperanze presunte quali: insufficiente documentazione prodotta, presentazione della stessa oltre i limiti di tempo previsti, etc.

ROR ha ottenuto la concessione provvisoria: e` un fatto importante ma non rassicurante, dal momento che gli organi tecnici del Ministero delle P.T. (Circostel) stanno continuando sulla strada degli oscuramenti coatti" sulla base di controlli effettuati ed effettuabili a sorpresa ed "incrociati" mediante l'utilizzo della polizia tributaria in sopralluoghi presso le emittenti, finalizzati alla verifica delle documentazioni fiscali e simili. In una prospettiva molto vicina nel tempo, si intravedono modifiche governative e/o parlamentari alla legge Mammi` tese anche, vista l'attuale composizione della maggioranza di governo, a contrastare l'iniziativa referendaria. Anche per questo crediamo ci si debba far carico di un'azione ancor piu` incisiva e concreta che, partendo da confronti sempre piu` necessari fra le varie istanze di movimento, sappia analizzare e proporre percorsi di lotta credibili, praticabili, fruibili dalla variegata realta` antagonista.

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FINANZIAMENTI PUBBLICITA' E LIMITAZIONE ALLA LIBERTA' D' INFORMAZIONE


Qualsiasi progetto di comunicazione che voglia caratterizzarsi come antagonista allo stato di cose presenti, deve sottrarsi a ogni forma di finanziamento pubblicitario. E` l`autofinanziamento l`asse portante della realizzazione di una effettiva liberta` e indipendenza. A dispetto dello strapotere delle regole del libero mercato, non si tratta di prospettive utopistiche, ma di un fatto. Sia pure con difficolta`, esso costituisce la pratica fatta propria da alcuni, fra cui Radio Onda Rossa: numerose, piccole sottoscrizioni occasionali di soggetti singoli o collettivi; sottoscrizioni piu` consistenti, su base annuale, da parte di una cerchia di "sostenitori" il piu` possibile allargata; iniziative di spettacolo organizzate con regolarita` e diffusione di materiale autoprodotto e non (dischi, libri, magliette, ecc.), che rifiutino in ogni caso la mercificazione della cultura.

Nel caso in cui, invece, si scelga di affidarsi al finanziamento pubblicitario - sia pur "selezionato" - si sviluppa una spirale perversa: anche nel migliore dei casi, chi gestisce le risorse pubblicitarie tende a influenzare direttamente e indirettamente il sistema informativo. Direttamente, privilegiando alcuni organi a danno di altri, basandosi su criteri di natura economica o politica, ovvero di massimizzazione dell`impatto sull`opinione pubblica; cio` e` ancora piu` evidente se si guarda all`attuale situazione italiana di duopolio nella gestione delle risorse pubblicitarie (60% Publitalia, 30% Sipra: altro che "libero mercato"!). Indirettamete, imponendo criteri come il numero di copie vendite, dimensioni dell`audience ecc., che nulla hanno a che vedere con la qualita` di quanto viene prodotto. Possiamo dire che il messaggio pubblicitario sottende un modello sociale e un sistema di relazioni basato totalmente sul consumo crescente di merci, messaggio dotato quindi di un valore simbolico forte, al di la` del prodotto che commercializza. Questo e` piu` visibile nel caso della televisione, dove il centro del "discorso" e` il messaggio pubblicitario e tutto il resto - notiziario o programma che sia - rappresenta il contorno. C`e` poi chi ("Manifesto", "Avvenimenti") cerca di supplire agli insufficienti introiti pubblicitari scelgliendo la strada del cosiddetto "azionariato popolare". Una opzione che lascia aperto l`interrogativo se possa chiamarsi "diversa" una scelta che fa comunque propria una forma pienamente capitalista, regolata da leggi dello Stato. Porre d`altra parte una limitazione al possesso di azioni (tipo: fino al 49% della proprieta`), per mettersi al riparo da una presa di possesso da parte di soggetti economicamente forti e diversamente orientati politicamente, costituisce comunque una contraddizione rispetto al proposito di allargare la partecipazione al progetto editoriale a livello di massa. Possiamo sbagliare, ma e` un percorso che non ci convince. Un`altra forma di finanziamento, sperimentata ad esempio da alcune radio ("Citta` Aperta", "Radio Radicale"e altre), e` quella di farsi pagare dalle istituzioni il "servizio" di trasmettere in diretta le sedute del consiglio comunale, del parlamento, ecc. Ma anche questa scelta presenta limiti gravi: oltre allo spazio tolto alla libera programmazione del proprio palinsesto di trasmissioni, si tratta di una condizione oggettivamente debole per l`organo d`informazione, in quanto sottoposto al rischio che l`istituzione decida una riduzione dei fondi o magari di non rinnovare il contratto.

In conclusione, vogliamo accennare a un altro aspetto del problema, potenzialmente terreno di una lotta rivendicativa unificante: quello della riduzione delle spese di gestione connesse al funzionamento dell'organo di informazione e comunicazione (costo della carta, circuito di distribuzione, tariffe elettriche e telefoniche, affitto e acquisto di impianti e attrezzature, ecc.). Sarebbe opportuno che i "piccoli" unissero gli sforzi per ottenere miglioramenti legislativi, costi e tariffe ridotte all`origine e non piu` subordinati ai tempi lunghi e discrezionali dei rimborsi, ecc. Una vertenza nazionale di questo tipo sarebbe, tra l`altro, un passaggio verso condizioni di maggiore liberta` e pluralismo in questo paese.

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MERCE INFORMAZIONE:

METODOLOGIE DI PRODUZIONE E DI MANIPOLAZIONE


La produzione di materiale informativo non e` soltanto culturalmente determinata, ma anche strutturalmente determinata. In primo luogo va osservato che l` introduzione delle moderne tecnologie risponde alle esigenze delle aziende del settore: riduzione dei costi, miglioramenti qualitativi del prodotto, conquista di posizioni di dominio sul mercato. Un organo di informazione deve essere infatti ben equipaggiato per combattere la guerra degli indici di ascolto (radio e tv) e delle copie vendute (giornali), per assicurasi il bottino di cospicui e fondamentali introiti pubblicitari. Il tutto determina il confezionamento della merce-notizia nella maniera piu` gradita -ovvero che si ritiene essere tale- alla massa del pubblico-consumatore. Ma e` l` intero ciclo produttivo ad essere strettamente condizionato dall` assillo della concorrenza, dall` esigenza di diffondere la notizia quasi in tempo reale (radio e televisioni) o di corredarla tempestivamente con un commento (giornali), dalla tendenza a comprimere i tempi di lavorazione giornalistica a vantaggio di una copertura totale degli argomenti. Una seconda considerazione va fatta a proposito dell` utilizzazione massiccia delle agenzie stampa. Anche in questo settore il panorama mondiale e` dominato da un ristrettissimo oligopolio occidentale, che controlla una immensa rete mondiale costituita da sedi e corrispondenti sparsi nei cinque continenti ovvero nei paesi dove accadono i fatti "importanti". Un discorso simile si puo` fare anche per quelle televisioni che, per la loro capacita` di catapultare in poche ore i propri corrispondenti in qualsiasi parte del globo dove sta accadendo qualcosa di eclatante (che "deve" comunque essere presentato come tale), sono diventate anch` esse fonti primarie per tutti gli organi d` informazione (si veda ad esempio il ruolo svolto dalla CNN durante la guerra del golfo). Una tale situazione, ben lontana dal modello di "libera competizione fra molteplici aziende", oltre a sancire l` insostituibilita` delle sudette fonti, si riflette nella sostanzaile omogeneita` ideologca e operativa e la riproduce incessantemente; in altre parole condiziona e predetermina sia la selezione delle notizie che il "taglio" delle stesse da conformare agli standards richiesti dal mercato; o meglio richiesti da quella vasta categoria di intermediari rappresentata dai giornalisti degli organi di informazione di tutto il mondo. Cio` significa, tra l` altro, che tutti i fatti non catturati dalle maglie di questa rete planetaria -a maggior ragione di quelli individuati ma scartati- semplicemente "non esistono". E non potrebbe essere altrimenti poiche` la rete e` strutturata secondo criteri di valore (produttivita`, vendibilita` ecc.) che limitano le sue poenzialita` ricettive agli eventi che abbiano le "giuste" caratteristiche per diventare merce concorrenziale. Il tasso di spettacolarita` ad esempio, deve essere sempre elevato al fine di catturare l` attenzione o invogliare all` aquisto; se il fatto in se` non ne possedesse la quantita` auspicabile, si provvede ad accrescerlo artificialmente, privilegiando un` ottica particolare, tralasciando alcuni aspetti, decontestualizzando, se e` il caso costruendo, veri e propri falsi scoop. Come sappiamo i fatti cruenti e sopratutto le guerre costituiscono la materia ideale per spettacolarizare l` informazione. La cosidetta obiettivita` giornalistica si rivela dunque un mito continuamente evocato ma senza fondamento nella realta` quotidiana. Il flusso massiccio e continuo di notizie non permette al giornalista -ammesso che voglia farlo- di saper collocare gli eventi nel loro contesto, di risalire alla catena di accadimenti e cause che li hanno preceduti e provocati. La sua interpretazione -quando c`e`- sara` quasi sempre superficiale e basata su luoghi comuni, dato che una analisi e una pur piccola ricerca di dati ulteriori richiederebbero tempo e risulterebbero in definitiva dannose, in quanto ostacolerebbero la normale attivita` produttiva di merci-notizie destinate a un rapido consumo e a non lasciar traccia di se`. Se questo e` il quadro di riferimento, bisogna pero` riconoscere che l' industria della notizia dimostra a volte una buona flessibilita` operativa, grazie a cui riesce a catturare e "digerire" anche eventi che si collocano al di fuori degli schemi consueti e si impongono all' attenzione dei media pur non essendo stati previsti ; persino quelli potenzialmente pericolosi per gli assetti politici ed economici dominanti, come movimenti contestativi e antiistituzionali, realta` scomode e refrattarie all' omologazione, ecc. In questi casi, dato che l'evento non puo` essere ignorato, scattano potenti meccanismi di stravolgimento dei fatti, di interpretazioni costruite a tavolino, di banalizzazione delle tematiche e delle rivendicazioni, di manipolazioni di ogni genere. Sarebbe errato, infine, dimenticare che l' apparato dell' informazione e` in grado anche di soddisfare la domanda di fette di mercato minoritario ma non trascurabile, formate dai consumatori piu` esigenti: a essi sono destinati gli approfondimenti, i dossier, i dibattiti, le inchieste, insomma prodotti culturalmente piu` qualificati e sofisticati. Non puo` essre quindi la richiesta di piu` cultura e professionalita` a mettere in discussione la filosofia della produzione. Neppure esperienze giornalistiche radicalmente innovative, capaci di sconvolgere la consolidata organizzazione del lavoro, costituiscono un pericolo: in assenza di una consapevolezza critica dei meccanismi del mercato e delle regole della mercificazione, di un rifiuto radicale di essi, l` innovazione rappresenta di fatto un ulteriore accrescimento della funzionalita` e della capacita` di rinnovamento e auto-riforma del sistema nel suo insieme. Possiamo qui fare l` esempio di quella televisione di New York assurta a grande notorieta` e al successo commerciale per avere da un lato eliminato quasi totalmento cio` che pareva irrinunciabile (attrezzature sofisticate, grandi studi, redazioni numerose e specializzate) e tagliando enormente i costi; sguinzagliando per la citta` un gruppo di attivissimi giovani video-operatori costantemente a caccia dei fatti la` dove avvengono, pronti a fare un servizio in diretta pochi secondi dopo aver avvertito il regista in studio. L`antagonismo al sistema, evidentemente nasce su altri presupposti.

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PER UN PROGETTO DI COMUNIC-AZIONE ANTAGONISTA:

LA PROPOSTA DI RADIO ONDA ROSSA.


Una riflessione della redazione su se` stessa e sulla radio Riprendendo il filo del discorso accennato nell`introduzione, vogliamo qui ripercorrere brevemente e criticamente la storia della radio. Rifluita l`alta marea del movimento del `77, colpito pesantemente dalla repressione governativa e statale, i compagni di Onda Rossa - colpita a sua volta da un ordine di chiusura poliziesco e dall`arresto dei suoi redattori hanno crercato di funzionare come collettivo politico-redazionale, piu` o meno omogeneo, riuscendo solo parzialmente nell`intento. Di fatto, comunque, l`area politico-organizzativa da cui provenivano la maggior parte dei compagni della redazione erano i Comitati Autonomi Operai e, come conseguente sviluppo di questi, il Coordinamento Antinucleare Antimperialista. Era quindi naturale la collocazione della radio in quest`area. Con il maturarsi di queste esperienze e l'entrata in scena di nuovi movimenti di massa (studenti medi nell` '85, universitari della Pantera nel '90, comitati di base dei lavoratori, occupanti di case e centri sociali) si realizzava un ricambio che si puo` definire generazionale nella composizione della redazione. Si imponeva sempre piu` il bisogno di una riflessione che analizzasse la nuova situazione, tenendo conto in particolare della diffusione delle nuove esperienze di lotta e delle loro diverse caratteristiche rispetto a passate forme di autorganizzazione sociale. In questo sforzo, un importante momento di dibattito, due-tre anni fa, e` stato un ciclo di "fili diretti" con gli ascoltatori, organizzato dalla redazione e da alcuni compagni dei centri sociali e di altre strutture per discutere pubblicamente, in onda, del ruolo, del presente e del futuro della radio. La partecipazione fu alta, pero` dobbiamo ammettere che non siamo stati in grado di valorizzare adeguatamente le utili indicazioni e le critiche ricevute: cio` per vari motivi, non ultimo le differenti valutazioni all'interno della redazione sulle modificazioni del quadro politico e dell'area di riferimento. Questa occasione perduta pesa ancora di piu`, retrospettivamente, poiche` si somma alla lunga catena di tentativi di riorganizzazione interna (del lavoro redazionale, delle trasmissioni, della copertura dei turni, ecc.) sostanzialmente tutti falliti, se misurati col metro di una maggiore efficienza, puntualita`, ascoltabilita`, utilita` e ricchezza della produzione radiofonica. Nei casi piu` fortunati, lo sforzo collettivo produceva risultati per alcuni mesi, esaurendosi poi per stanchezza e incapacita` a sostenere crescenti e diversificati impegni. Molte volte in questi anni - e soprattutto adesso - ci siamo resi conto fino in fondo della nostra inadeguatezza rispetto al compito di valorizzare le grandi potenzialita` di Onda Rossa. Ne` ci consolava la constatazione che la situazione di "schiacciamento" tremendo causato da Radio Vaticana fosse - ed e` - la peggiore vissuta in Italia da una emittente radiofonica. In qualche modo, grazie anche al costante aiuto di tantissimi compagni, Onda Rossa ha resistito e continua a trasmettere, svolgendo spesso ancora una funzione importante. Forse, l'unico vero merito che noi della radio possiamo rivendicare e` quello di aver garantito la sopravvivenza di Onda Rossa, facendola funzionare (quasi) tutti i giorni per tanti anni, superando ostacoli tecnici, economici, legislativi e di altro tipo; e di averlo fatto salvaguardando quelle caratteristiche peculiari che costituiscono l'identita` di questa radio e la fanno diversa dalle altre. Ma questo ovviamente non e` sufficiente, e comunque non ci basta piu` e non ci consente di uscire da una situazione ormai asfittica. Ora questa redazione dichiara esaurita la propria esperienza e si presenta come dimissionaria al dibattito a cui chiama il movimento tutto. Chiariamo subito che dell'importanza e dell'utilita` di una radio per l'opposizione sociale e politica in questo paese siamo tutti fermamente convinti, e oggi piu` di ieri. Radio Onda Rossa deve continuare a vivere e diventare piu` forte e piu` utile. Un ciclo si e` esaurito, ma se ne deve aprire un'altro, nel quale possano liberarsi nuove energie e potenzialita`, capaci di affrontare e vincere le sfide imposte dalla nuova fase politica.

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