Senza Censura: work in progress


UNA LETTERA DA TRANI

Alcune compagne e alcuni compagni del Collettivo "Wotta Sitta"



1. Giusto un anno fa i militanti del MRTA portavano il loro attacco alla ambasciata giapponese di Lima con la cattura di una gran parte di quel la élite politico-finanziaria internazionale e nazionale che opprime e sfrutta bestialmente i proletari ed il popolo peruviano.

L'obiettivo di questo attacco era subito dichiarato:

- Rompere il silenzio sulle atrocità perpetrate dallo stato peruviano contro i prigionieri di guerra con torture, isolamento totale e piani di sterminio, violenza e stupri sui prigionieri e prigioniere segregati nelle sue carceri

- Liberazione dei prigionieri di guerra del MRTA.

Fin dall'inizio, questa battaglia ha focalizzato l'attenzione e la partecipazione di ogni proletario, di ogni rivoluzionario in ogni parte del mondo, per la sensazione sempre più consapevole che questo scontro riguardava in maniera diretta tutti gli oppressi della terra.

Perché quello che lì era in gioco era la resistenza proletaria e popolare all'imposizione e mantenimento delle brutali politiche di sfruttamento e oppressione del moderno imperialismo Neoliberista - attuale forma di esistenza del capitalismo - che ogni proletario sente sulla propria pelle in qualsiasi parte del globo vivi e lotti.

La battaglia dell'ambasciata, pur con il suo esito drammatico, offre a tutti i proletari e a tutti i rivoluzionari elementi di riflessione e insegnamenti importanti rispetto al livello di scontro raggiunto tra rivoluzione e imperialismo a livello internazionale e in ogni situazione di lotta.

Balza immediatamente agli occhi come contro i compagni, in questa battaglia, si sia scatenata la reazione dell'imperialismo unitariamente coordinata e sviluppata attraverso il supporto tecnico - logistico dei satelliti USA e delle truppe speciali inglesi e yankee SAS e Delta Force, il coordinamento della decisione politica presa ai massimi livelli al Vertice G7+1 di Toronto di stroncare ad ogni costo e con ogni mezzo tutti i tentativi di resistenza e lotta al Neoliberismo (secondo gli accordi stabiliti al G7 di Lione un anno prima in materia di 'antiterrorismo'), le felicitazioni pronte ed incondizionate alla strage da parte di tutto l'establishment imperialista e delle sue filiazioni locali.

Pur nella feroce concorrenza tra poli e stati della Triade imperialista (USA-UE-Giappone), nell'inestricabile intreccio delle sue contraddizioni, l'imperialismo in questa fase si presenta quindi unitario di fronte a quello che è il suo mortale e irriducibile nemico: il proletariato internazionale.

A parte l'immediato ribrezzo che suscita il ghigno del Chino mentre calpesta i corpi dei compagni trucidati nell'ambasciata, la questione non sta nella particolare ferocia ed efferatezza di questo o quel boia di turno, ma nella qualità stessa delle politiche Neoliberiste e nei mezzi necessari a cui l'imperialismo è disposto a ricorrere per imporle.

Le politiche Neoliberiste dell'imperialismo attraversano ogni area del globo e riproducono trasversalmente il rapporto di capitale e la contraddizione di classe.

La determinazione dell'imperialismo e la sua unità nella guerra mortale al proletariato internazionale è un dato di fatto ed una lezione importante che non può essere dimenticata dai rivoluzionari... dalla guerra di annientamento in Iraq agli interventi in Somalia, ex- Jugoslavia, Albania.

Del resto Fujimori è 'l'enfant prodige' del FMI: nient'altro che la maschera peruviana di Clinton!

E non hanno forse lo stesso segno lo sterminio all'ambasciata e quel milione di bambini che muoiono per fame e malattie in sudamerica, o quell'altro milione di morti in Iraq dal '90 in poi a causa dell'embargo USA - alleato, continuità della prima guerra imperialista dopo la dissoluzione del "blocco dell'EST", oppure i 40 milioni di morti per denutrizione e fame all'anno nel mondo?!

Ed infine gli occhi di un albanese o di un somalo farebbero una qualche fatica a distinguere Prodi da Fujimori ed il colore delle divise italiane da quelle peruviane.

Da ciò, quello che se ne trae incontrovertibilmente è che all'unità dell'imperialismo deve opporsi l'unita delle forze proletarie e rivoluzionarie a livello internazionale.

Detto in maniera ancora più chiara. Occorre andare oltre la semplice solidarietà.

Occorre costruire un'unità su di un unico fronte di lotta: la guerra di classe tra proletariato internazionale e borghesia imperialista sviluppando - nella lotta - tutti i passaggi e le forme necessarie alla sua attuazione.

Perché se "non è possibile costruire un mondo nuovo con la sola volontà di una comunità, di una nazione e di un popolo. La lotta contro il Neo liberismo è internazionale", non bisogna mai dimenticare che "il capitalismo è una sanguisuga con due ventose: una succhia il proletariato metropolitano e l'altra il proletariato delle colonie. Se volete uccidere questo mostro dovete troncare entrambe le ventose. Se ne tagliate una sola, l'altra continuerà a succhiare il sangue del proletariato, l'animale continuerà a vivere".

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2. La costruzione di questa unità è una possibilità e nello stesso tempo una necessità che ha una forte e solida base materiale nel processo di ridefinizione del rapporto sociale capitalistico oggi.

La natura delle unanimi forme di sfruttamento/oppressione/schiavitù salariale e di emarginazione/esclusione che l'imperialismo impone in tutto il mondo risiede tutta nell'esigenza che il capitalismo ha di sopravvivere alla sua crisi irreversibile, riproducendo ed allargando le sue contraddizioni a livello globale.

Crisi e Neoliberismo sono indissolubilmente legati e penetrano in ogni parte del globo e in ogni relazione umana.

Producono un livello di centralizzazione/concentrazione/'globalizzazione' capitalistica mai raggiunto prima.

E portano al limite di rottura tutte le contraddizioni insite nel modo di produzione capitalistico con l'aumento dello sfruttamento, dell'oppressione e dell'emarginazione, la penetrazione sempre più invasiva delle multinazionali del 'centro' nella 'periferia' con il suo corollario di distruzione di economie di sussistenza, di affamamento e barbarie ovunque riescono ad imporre la 'razionalità del plusvalore'.

E' connessa a questo la necessità improrogabile per la borghesia di una nuova centralizzazione-gerarchizzazione dell'ordine imperialista a livello mondiale.

La generalizzazione del rapporto sociale di capitale è immediatamente riproduzione e generalizzazione del suo antagonista storico - il proletariato - e della guerra di classe che inevitabilmente li lega e li oppone.

Tutto questo ha determinato - ad un livello mai raggiunto prima - una acutizzazione e una diffusione delle contraddizioni che il modo di produzione capitalistico ripropone globalmente e, contemporaneamente, pone in connessioni materiali e sociali sempre più strette i proletari, le loro lotte, la loro vita e quindi la loro necessità inalienabile di liberazione in ogni angolo del mondo.

Questa unità materiale e questa connessione che si rafforzano e si consolidano sempre più nel procedere dello scontro e nel precipitare delle contraddizioni, sono il codice genetico (e contemporaneamente la base materiale) del processo di ricomposizione del soggetto della lotta di classe nella nostra epoca: il proletariato internazionale.

Nel vasto arco di contraddizioni che attraversano e caratterizzano il capitalismo Neoliberista, la contraddizione di classe tra la borghesia imperialista e il proletariato internazionale è quella principale che si fa dominante segnando direttamente ogni terreno di scontro.

L'immenso livello di proletarizzazione raggiunto, l'espansione della classe operaia in ogni area del globo all'interno di un unico ciclo della produzione capitalistica, all'interno delle stesse leggi di sfruttamento e oppressione del Neoliberismo, alla mercé spesso degli stessi padroni monopolistici transnazionali (in Italia come in Perù, come in Polonia ed in Corea del Sud) sono le basi che rendono possibile e necessario unificare le varie realtà e fasi di lotta in un unico fronte che rompa l'isolamento e moltiplichi la forza proletaria dandole prospettiva strategica.

Questo passaggio è vitale poiché le lotte proletarie si trovano di fronte al potere politico-militare di un imperialismo UNITO e DETERMINATO a combatterle senza alcuna possibilità di mediazione.

La generalizzata natura di classe che oppone a livello globale proletariato e borghesia, la natura di classe della contraddizione e la profondità della crisi capitalistica eliminano ogni margine di mediazione all'irriducibile antagonismo di classe ed esclude ogni prevedibile possibilità di una stabilizzazione e di un quasivoglia 'new- deal' tra le classi.

E' per questo che l'esito della battaglia all'ambasciata non poteva sfociare in nessun accordo nazionale per una "soluzione globale della violenza politica per la via del dialogo e di un accordo di pace permanente".

E' sempre per questo che allora, diventa vitale per tutti i proletari e i rivoluzionari costruire la propria forza e la propria prospettiva sul piano della guerra di classe e non su quello delle illusioni.

Perché quello che stiamo vivendo è un piano di scontro che si generalizza e si approfondisce in continuazione. E' una dimensione di guerra di classe che viviamo sulla nostra pelle ogni giorno e che si impone a tutti.

Perché, oggi più che mai, esiste per l'intera umanità un'unica alternativa possibile: o comunismo o barbarie!

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3. La liberazione dei prigionieri politici non a caso è stata al centro della battaglia nell'ambasciata in Perù perché anche la prigionia politica dei rivoluzionari condensa in sé stessa il rapporto di potere tra imperialismo e rivoluzione.

Come si è detto al 2° Convegno Intercontinentale per l'Umanità e contro il Neoliberismo:

"Noi ci troviamo con decine di migliaia di prigioniere/i politiche/i. Senza dimenticare tutte le vittime della repressione, i morti, i desaparecidos, gli esiliati.

Questi prigioniere/i sono parte integrante ed emblematica delle diverse lotte.

La questione dei prigionieri di guerra peruviani (che da molto tempo ha prodotto un livello di scontro altissimo: chi può dimenticare il massacro dei 300 prigionieri di guerra del Partito Comunista Peruviano nelle carceri di El Fronton, El Callao e Lurigancho il I9 giugno del I986?!) così come quella dei prigionieri baschi e spagnoli, le lotte e gli scioperi della fame delle compagne e dei compagni prigionieri curdi e turchi, quella dei prigionieri di guerra palestinesi, irlandesi, portoricani... la presenza stabile di prigionieri comunisti rivoluzionari nelle carceri degli stati imperialisti del 'centro'... esprimono con chiarezza la qualità e la radicalità dello scontro di questi anni, che si riflette sul terreno della prigionia politica.

Ed è solo e sempre in questo quadro di scontro che acquista significato politico e strategico la parola d'ordine della liberazione dei prigionieri rivoluzionari.

Legare questo obiettivo sempre valido e centrale alla 'Chiusura di un ciclo' significa parlare con le parole dei porci.

Perché non c'è nessuna fase che si chiude, c'è solo lo scontro tra le classi che si rinnova continuamente.

Una nuova prospettiva si può sviluppare solo in continuità e avanzamento rispetto al ciclo di lotta dell'autonomia proletaria e dello scontro di potere fin qui combattuto.

La liberazione dei prigionieri non è merce di scambio e nemmeno si riduce a questa o quella campagna limitata nel tempo, ma inizia concretamente nella costruzione dell'integrità dei prigionieri alla dialettica dello scontro di classe.

Nella consapevolezza che l'avanzamento della lotta di classe tra proletariato e borghesia può vivere oggi solo in una dimensione strategicamente unitaria a livello internazionale, la mobilitazione e la lotta a fianco dei prigionieri deve essere concepita e sviluppata - costruendo unità e connessione - a livello internazionale.

Così come è avvenuto mondialmente nel corso della campagna internazionale contro l'esecuzione di Mumia Abu Jamal che vive da anni nel braccio della morte degli USA, nelle iniziative di solidarietà internazionali nel corso della battaglia dell'ambasciata a Lima e che sta avvenendo - oggi - nella mobilitazione internazionale a sostegno delle lotte dei prigionieri curdi e turchi, a sostegno dei prigionieri palestinesi...

E facendo dell'unità internazionale delle lotte che sostengono i prigionieri un elemento di stimolo e di ricchezza per la costruzione dell'unità internazionale del proletariato.

Ed è in questa prospettiva che la difesa dell'identità, la lotta e la liberazione dei prigionieri rivoluzionari si legano concretamente - e in maniera viva - all'identità di classe, alla lotte e alla liberazione dell'intero proletariato, solo così acquistando prospettiva, forza e potenzialità rivoluzionaria.

PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNITEVI!

carcere di Trani, dicembre I997

Alcune compagne e alcuni compagni del Collettivo "Wotta Sitta"

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