Logo Banca dati della Memoria CONCLUSIONI E PROPOSTE

CAPITOLO XII

CONCLUSIONI E PROPOSTE

1. Nell'accingersi a trarre finali conclusioni dalla lunga analisi effettuata, la Commissione ha coscienza dei limiti e della natura del lavoro sin qui svolto. La gran parte degli elementi di fatto fin qui vagliati erano noti da tempo, e cioè già acquisiti ad una conoscenza collettiva. Si trattava però di tasselli sparsi spesso oggetto di analisi separata e in sede giudiziaria e in sede saggistica e storiografica. Alla Commissione è apparso opportuno metterli insieme, arricchendoli di nuove e più recenti acquisizioni per saggiare l'attitudine delle tessere sparse a comporre un mosaico che desse un senso ad una difficle stagione. In tale direzione il quadro complessivo, che pur presenta ancora notevoli vuoti, è stato parzialmente completato con tasselli che in se stessi non possono dirsi dotati di certezza, ma che si collegano alle tessere che hanno tale carattere in un rapporto idoneo ad attribuire loro un grado di elevata probabilità. In tale direzione ricostruttiva la Commissione, rifiutando l'azzardo di mere ipotesi, si è avvalsa del normale meccanismo presuntivo, utilizzandolo con un rigore appena minore di quello dovuto in sede giudiziaria; in ciò ritenendosi legittimata dalla più volte ricordata diversità dei compiti che caratterizzano l'inchiesta parlamentare rispetto all'indagine giudiziaria. Il quadro che ne è risultato, pur ancora incompleto, appare già sufficientemente leggibile e quindi idoneo a dar conto, pur nel permanere di zone ambigue e di dubbio, della storia effettiva di un periodo. Si è in presenza quindi di una verità non ancora completa, ma il cui riconoscimento in sede parlamentare non smebra lecito rinviare più a lungo. E' in fondo quanto, in una occasione pubblica, alla Commissione è stato esplicitamente richiesto da un familiare di una delle vittime della strage bresciana (233), citando le parole di Tiresia, nell' "Antigone delle città": "Se mai un giorno, un solo brandello di queste piccole verità venisse detto da voci consacrate, nelle piazze, nelle assemblee di governo, allora quella voce diventerà rombo, si moltiplicherà, inarrestabile sempre più in alto fino a nomi impronunziabili... così i vostri morti avranno sepoltura e la terra fresca della verità coprirà finalmente i loro corpi. Poi si leverà il vento e il contagio della menzogna sparirà". Sembra, quindi, alla Commissione doveroso - sia rilevato senza enfasi - che parole atte a descrivere tali "schegge di verità" siano pronunciate in sede parlametare e cioè nel luogo centrale di una democrazia.

2. Il quadro di insieme che emerge dall'analisi è quello di un Paese che ha per oltre un quarantennio vissuto una difficile situazione di frontiera. Ovviamente le tensioni che caratterizzarono il quindicennio oggetto di specifica analisi ebbero anche cause di natura sociale e quindi interna. Tuttavia tali tensioni non sarebbero durate così a lungo, non avrebbero avuto gli esiti tragici che assai spesso hanno avuto, ed il cammino verso la verità non sarebbe stato così irto di ostacoli, se la situazione politica interna non fosse stata condizionata e sovrastata dal quadro internazionale in cui l'Italia era inserita. E' una valutazione che nelle pagine che precedono è stata spesso esplicitata e puntualizzata con riferimento a specifici episodi; e spesso fondata anche su evidenze documentali. E' apparso opportuno richiamarla nell'introdurre il tema relativo alle responsabilità politiche, per chiarire come quest'ultimo si stemperi nella prospettiva di un giudizio che ormai ha un prevalente carattere storico e in cui viene ad attenuarsi - anche se non ad annullarsi - l'aspetti sanzionatorio che normalmente consegue ad ogni giudizio di responsabilità. Non è un caso infatti che quando il quadro internazionale è profondamente cambiato, con la caduta del sistema orientale e dei muri, anche il quadro politico interno del nostro Paese ha subito una profondissima mutazione; quest'ultima è stata ben più intensa di quelle conosciute da altri Paesi del blocco occidentale, a riprova della maggior intensità del condizionamento. Tutte le forze politiche presenti in Parlamento, nel periodo storico considerato, hanno subito radicali mutazioni, non solo di struttuta ma anche di obiettivi. E' venuta quindi a determinarsi una situazione nuova che rende più agevole il compito di misurarsi in sede parlamentare con un passato pur recente e pur difficile, essendo oggi venute meno, nella nuova fase che la Repubblica vive, le ragioni politiche che resero impronunciabili le parole atte a descrivere una verità già in parte conosciuta e che oggi nella nuova situazione diviene più facile comprendere e disvelare.

3.0. Ribadito quindi che il giudizio sulle responsabilità politiche si stempera nella maggiore serenità propria di un giudizio storico, sembra opportuno, scendendone all'analisi, affrontare il problema con la periodizzazione dovuta in ogni giudizio storico che voglia dirsi corretto.

3.1. In tale prospettiva appare indiscutibile che gli elementi che all'analisi della Commissione sono apparsi più incisivamente descrittivi del quadro storico politico dell'immediato dopoguerra, furono il frutto di scelte politiche precise; derivarono cioè da una consapevole volontà di ostacolare l'espansionismo comunista anche con mezzi impropri rispetto alle regole che una democrazia nascente si era appena date. Per tali motivi la realtà che l'analisi operata ha descritto nell'immediato dopoguerra può solo in parte dirsi occulta, risultando la stessa da una pluralità di fonti documentali di indiscutibile chiarezza.

3.2. Il quadro descritto, per il profilo che concerne le responsabilità politiche, muta però a far data dalla metà degli anni '50 e cioè dal momento in cui diviene chiaramente percepibile un "ritrarsi" dei vertici politici dall'assunzione di specifiche responsabilità e il correlativo innescarsi di una delega sempre più ampia da parte del vertice politico in favore di apparati amministrativi e burocratici. E' questo un profilo che la Commissione ha già affrontato misurandosi con la specificità del caso Gladio; quest'ultimo peraltro rientra nell'ambito più generale di un comportamento sostanzialmente abdicativo dell'autorità di governo verso l'intero sistema dei servizi di sicurezza, le cui decisioni sono state mantenute in una zona d'ombra, prive di regole certe e sottratte alla conoscenza del Parlamento. Trattasi dello specifico aspetto interno di un fenomeno più ampio. Dopo la guerra, infatti, i servizi segreti dei principali Paesi industrializzati invece di rientrare nell'alveo di una "corretta" attività di spionaggio e controspionaggio militare si trasformarono in costose agenzie informative, con bilanci di centinaia, talo migliaia di miliardi. La divisione del mondo in due sfere di influenza contrapposte fece sì che ai servizi segreti di molti Paesi venissero affidati - o che dagli stessi venissero in via di fatto assunti - compiti che non competevano loro, a difesa con ogni mezzo dello status quo internazionale. E' nota quindi questa generale utilizzazione dei servizi segreti in chiave marcatamente politica, in un periodo storico nel quale la situazione internazionale autorizzava la massima spregiudicatezza. E' peraltro indubbio che il fenomeno di un'accentuata autonomia politica dei servizi abbia assunto in Italia intensità maggiore ed abbia riguardato anche altri apparati istituzionali. E' probabilmente questo l'ambito in cui più chiaramente si è manifestato - e per un lungo periodo - il limite sostanziale di sovranità, che derivava dalla situazione internazionale. Il comportamento apparentemente abdicativo del potere politico può quindi in tale chiave essere letto anche come determinato dalla necessità, per i reggitori del "regno", di convivere con inputs in qualche modo provenienti dal "centro dell'impero": una situazione certamente non coerente con le regole di una effettiva democrazia e tuttavia coerente con il carattere incompiuto che la nostra democrazia ha conosciuto in conseguenza diretta della sovrastante situazione internazionale, in un contesto reso particolarmente nevralgico da ragioni geografiche e politiche, queste ultime connesse da un lato alla presenza vaticana, dall'altro dal rapporto saldo che almeno sino alla metà degli anni '70 legava il maggiore partito di opposizione presente in parlamento allo "impero nemico". Alla specificità di tale situazione si lega anche un ulteriore dato innegabile nel primo quarantennio della storia repubblicana: e cioè la costante presenza di una destra radicale in forme assai più intense di quelle conosciute dalle altre democrazie occidentali; ed insieme la continuità dei suoi legami con apparati istituzionali sia pure con caratteri di progressivo allentamento.

3.3. Non sussistono, allo stato attuale delle acquisizioni, elementi che consentano di affermare che esponenti politici dell'area di governo siano rimasti coinvolti nelle varie trame eversive che caratterizzarono il periodo oggetto di analisi. Tuttavia le stesse ebbero spesso tratti di tale evidenza da escludere che possano ritenersi essere state non conosciute e non percepite dal vertice politico. Doveroso peraltro è riconoscere che le forze politiche di governo, in ragione di una sempre crescente interiorizzazione dei valori democratici, abbiano agito in modo tale da frenare, neutralizzare e infine sconfiggere le spinte verso una involuzione autoritaria dell'ordinamento repubblicano. Le ragioni della tenuta delle istituzioni democratiche, pur sottoposte a così difficili prove, risiedono anche in questo. Tuttavia non è negabile da un lato che in alcuni caso l'esistenza delle trame e delle tensioni sociali siano state utilizzate anche da esponenti politici democratici in funzione moderata, dall'altro che i vertici politici abbiano contribuito ad impedire che tali trame venissero sino in fondo disvelate e che si pervenisse ad una tempestiva punizione dei responsabili. Probabilmente si ritenne che una piena conoscenza dei pericoli che la democrazia correva avrebbe potuto avere un impatto destabilizzante e risultare alla fine controproducente. Ancora una volta si tratta di vicende non riconducibili ad un corretto dispiegarsi della dialettica democratica e che per altra via confermano il carattere incompiuto della democrazia che il paese ha conosciuto; sul punto peraltro non possono essere negate responsabilità politiche ed esse si ricollegano anche al dato della sostanziale impunità di cui hanno goduto gli uomini degli apparati protagonisti dei vari episodi di "copertura", almeno sino a quando - e nei limti in cui - gli episodi medesimi non sono stati sanzionati dal giudice penale.

3.4. Più arduo è poi esprimere un giudizio in ordine alla "zona grigia" che, soprattutto in ambito romano, ha segnato la vita del paese nella seconda metà degli anni '70. Trattasi di un intreccio non ancora pienamente disvelato tra mondo politico, mondo degli affari, massoneria deviata, apparati istituzionali, criminalità organizzata. In ordine a tali vicende ipotesi clamorose di responsabilità sono state avanzate recentemente in sede giudiziaria e riguardano, come è noto, uomini politici di vertice. Opportuna appare alla Commissione, anche nella logica di una corretta dialettica istituzionale, attendere che le indagini giudiziarie abbiano il loro corso; e ciò nella coscienza avvertita che in esito alle stesse, ed anche indipendentemente dall'accertamento di fatti penalmente perseguibili, il quadro delle responsabilit politiche diverrà più chiaro e più leggibile diverrà la storia del paese.

4.1. Da tutto quanto precede chiaramente emerge che le vicende oggetto di analisi da parte della Commissione si determinarono in un contesto caratterizzato da cause interne e internazionali che può affermarsi ormai definitivamente superato. Tuttavia non può escludersi che in futuro possa determinarsi un contesto diverso che attivi patologie simili, se non corrispondenti, a quella che le istituzioni hanno sofferto nel periodo considerato. Da ciò l'impegno conclusivo della Commissione a suggerire misure atte ad evitare che i fenomeni patologici possano rinnovarsi. In proposito e in una prospettiva di insieme può rilevarsi che se quei fenomeni si collegarono ad un carattere incompiuto della nostra democrazia, un pieno dispiegarsi di questa costituisce indubbiamente l'obiettivo cui tendere. A tanto peraltro non può ritenersi sufficiente una situazione politica che renda concretamente possibile una reale alternanza delle forze al Governo. Il problema è infatti più complesso ed è innescato dalla constatazione che in tutte le forme di ordinamenti democratici storicamente conosciuti è avvertibile la permanenza di un'area di invisibilità, di opacità o almeno di non piena trasparenza. E' in ordine a tale dato che si articola infatti la complessa problematica del segreto di Stato, che attiene alla coincidenza con l'area di opacità di un ambito temporale di indicibilità, e cioè di impossibile disvelamento del segreto. E' questo un limite che tutte le democrazie conoscono, per come si sono storicamente realizzate. Vero è peraltro che ad una analisi teorica il termine "democrazia compiuta" svela il suo carattere intimamente contraddittorio, rivelandosi quasi un ossimoro, se è vero che la democrazia non può mai compiersi, costituendo, più che una meta, un cammino che va costantemente percorso, un valore che non può mai ritenersi definitivamente acquisito. E' in tale direzione che la Commissione ritiene di evidenziare come la fenomenologia del "doppio Stato" (sostanzialmente patologica rispetto all'ideale democratico di visibilità e trasparenza) può essere se non eliminata, almeno limitata nei suoi effetti distorsivi, mediante un complesso di misure atte a limitare l'ampiezza da un lato dell'area di invisibilità, dall'altro dell'ambito temporale di indicibilità. In questa direzione la Commissione, già nella relazione del 23 febbraio 1994, ritenne di suggerire l'adozione di misure atte a garantire una maggiore trasparenza dell'attività degli organi dello Stato, in particolare mediante una:
a) riforma del segreto di Stato;
b) riforma dei criteri di formazione e conservazione della documentazione amministrativa degli apparati di sicurezza dello Stato;
c) abbreviazione dei tempi di secretazione ordinaria e militare. Sono indicazioni di cui l'ampia analisi effettuata consente di confermare la validità.

4.2. Analoga conferma meritano le ulteriori proposte afferenti a profili più strettamente processuali e relative a:
a) misure idonee a supportare il coordinamento delle inchieste di questo tipo;
b) misure per la protezione dei testimoni e degli indagati;
c) provvedimenti penali specifici contro i depistaggi. Per un'analisi delle stesse può essere sufficiente un rinvio alla parte conclusiva della relazione già citata, aggiungendo ai provvedimenti suggeriti, da un lato, l'emanazione di specifiche norme atte ad agevolare l'accertamento della verità nei processi per strage, nella direzione indicata da recenti iniziative parlamentari che la Commissione ritiene condivisibili; dall'altro una riforma dei Servizi di informazione, che valga a ricondurli sotto un più stretto controllo dell'autorità di Governo e renda più efficaci, sia pure con i limiti dovuti dalla innegabile delicatezza del settore, i controlli parlamentari.

4.3. Un'ultima misura può riguardare per la Commissione gli esiti della propria vicenda istitutiva e operativa che potrebbero consistere nella istituzione, mediante legge costituzionale, di un Comitato bicamerale permanente dotato del potere di inchiesta, caratterizzato da agilità strutturale e destinato ad operare come osservatorio permanente sul mantenimento dell'ordine democratico. PELLEGRINO, presidente


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