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L'INTERVISTA A J.G. BALLARD
(Sintesi)

   

di Gomma e Matthew Fuller
tratto da
Decoder #11

   
    Incontriamo J.G. Ballard nella sua casa di Shepperton. Per noi Ballard è una specie di punto di riferimento letterario e teorico, siamo cresciuti sui suoi libri e conoscerlo personalmente è stato molto appagante. La sua casa è molto semplice, una villetta a schiera con stanze non molto grandi (tipo post-working class) un giardino incolto sul retro. Vive solo e l'arredamento è semplice. Sui muri bianchi del suo piccolo studio solo tre fotografie: i suoi figli, l'attuale fidanzata e una foto di lui e William Burroughs. Ci accoglie con simpatia e ci mette in mano un bel bicchierone di whisky. Dopo venti minuti siamo tutti abbastanza carburati...

Qual è il tuo rapporto col il cinema?

Data la situazione dell'industria cinematografica in Inghilterra, che ormai è morta... se fossi del tempo di Graham Greene, che aveva lavorato con Buñuel, probabilmente avrei fatto più film, ma direi che sono stato fortunato perché ho lavorato con due grandi registi come Cronenberg e Spielberg, che tra l'altro hanno fatto adattamenti abbastanza fedeli... per esempio in L'impero del sole Spielberg ha svolto un lavoro di traduzione della pagina scritta veramente minuzioso, facendo emergere lo spirito e l'atmosfera originale. Naturalmente molto materiale doveva essere tagliato, ma da parte mia lo guardavo filmare e prendere in esame parti del libro che io stesso avrei tralasciato. Molti giornalisti mi hanno dimostrato la loro ostilità contro Spielberg; uno dei reporter del "New York times" mi ha detto: "Perché hai permesso a quello di filmare il libro?"... neanche l'avessi dato a un registucolo. In realtà ha fatto un lavoro coscienzioso interpretandolo perfettamente dal punto di vista psicologico. E' un film artistico ma con un'epica hollywoodiana, uno strano paradosso...

Sono abbastanza esigente sui film di fantascienza, per esempio non mi è piaciuto 2001 quando è uscito. Dottor Stranamore era bellissimo, film spiritoso, troppo intelligente, troppo ricco, troppo tutto, surrealista a un livello e realista dall'altro. Mi è sembrato che Kubrik tornasse alla fantascienza vecchia maniera, a delle vecchie cose, non era riuscito a creare per il programma spaziale quello che era riuscito a fare sull'olocausto nucleare. Tra l'altro è stato presentato nel 1969, lo stesso anno dell'allunaggio. Mi diede l'idea di un filmato pubblicitario della PanAm. La scena di apertura degli ominidi non mi è sembrata convincente... penso che i suoi film seguenti abbaiano sofferto dei suoi problemi personali, tipo che non voleva più uscire di casa, oppure per Full Metal Jacket di averlo filmato all'Island of Dog... non era convincente, si è comprato tutte quelle palme che sono morte alla prima gelata. Il colore del cielo era completamente differente da quello che la gente si ricordava dai telegiornali dell'epoca, quei blu, quei verdi dei tropici...

Spielberg invece è come me, ha cominciato con la fantascienza, un certo tipo di fantascienza. Duel è stato scritto da un grande della fantascienza Richard Matheson; la maggior parte dei suoi racconti brevi erano ambientati al tempo presente, cosa che non è facile, e che gli creò problemi. Spielberg ha continuato, dopo Duel ha fatto un altro grande film come Lo squalo e poi Incontri ravvicinati, poi è inciampato con E.T., che comunque era un film mirato a un pubblico infantile, ma il suo miglior film è, secondo voi...? (risa da parte nostra). A proposito, tra i migliori inglesi nel settore del cinema mi tolgo tanto di cappello davanti a Jeremy Thomas, che ha prodotto tutta una serie di film difficili, come Il pasto nudo, sempre di Cronenberg, Il tè nel deserto e L'ultimo imperatore di Bertolucci. Sta combattendo perché in Inghilterra Crash il film esca non tagliato, perché crede che sia un capolavoro.

Non ti pare che tutta la voglia di censura, che abbiamo sperimentato anche in Italia, sul film Crash derivi da una grande paura della "modernità"?

E' la paura del cambiamento, del futuro, ma io ho sempre scritto sul "cambiamento", questo a partire dagli anni Cinquanta, quando vennero introdotti tutti questi elementi della modernizzazione: la televisione, i media di massa, i supermercati. Quando poi hanno aperto la M1 (la prima tangenziale intorno a Londra) la gente partiva da posti lontani per guidarci sopra; mi sembra che uscisse addirittura una rivista che parlava di quell'esperienza. Fu l'inizio dell'americanizzazione dell'Inghilterra, un periodo meravigliosamente esaltante: la tangenziale come formula operativa per certo stile di vita. Sentivo un irresistibile bisogno di scriverci sopra. "Cambiamento": ecco la cosa che fonda la fantascienza, ma in quel tempo, quarant'anni fa, era impossibile farsi pubblicare.

Ho perseverato per dieci anni. Poi, naturalmente, è successo l'inevitabile... quello che ieri sembrava buttare giù il tempio è stato accettato.. come quello che sta succedendo adesso con il film, che è censurato, ma in fin dei conti è roba popolare...

Così, a un certo punto, negli anni Settanta i critici cominciarono a dire che il mio lavoro era un remake di roba degli anni Venti, che non era niente di nuovo, così ho mollato con la fantascienza vera e propria e ho fatto Crash, Condominium e Isola di cemento.

Quando l'ho scritto Crash di certo non lo pensavo nei termini di una novella morale, esploravo alcune tendenze, vicine al confine con la psicopatia, che parevano iscriversi nel mondo che osservavo. Senz'altro la situazione post assassinio dei Kennedy, la sensazionalizzazione della violenza stava diventando un elemento dell'immaginario popolare. Vedevi quelle immagini durante le sfilate di moda mandate sui televisori, c'erano film come quelli di Giacometti, Mondo cane, sembrava di vivere in un mondo ri-valutato invece che in un mondo senza valori. E da quel feeling ho tirato fuori Crash.