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BANCHE

L'interesse sul proiettile

Nel 1996 l'export di armi italiane è cresciuto del 46,5% sul 1995. Alle aziende pubbliche il record delle vendite. E le banche finanziano

R.T. - ROMA

A RMI E BANCHE: un binomio imprescindibile. Senza l'intermediazione e il credito delle banche, vendere (legalmente e, a volte, illegalmente) armi all'estero sarebbe praticamente impossibile. Nel 1996 la banca italiana con maggiore vocazione al finanziamento dell'export di armamenti si è confermata la Banca commerciale italiana che con 794,5 miliardi ha finanziato quasi il 50 per cento dell'export legale di armi dell'Italia che per il 60% finisce per armare i paesi in via di sviluppo. A fare la parte del leone nell'export di armi sono aziende pubbliche.

I dati, curati dal ministero del tesoro che autorizza i finanziamenti e l'export, sono contenuti nella relazione annuale della presidenza del consiglio al parlamento per il controllo delle esportazioni e delle importazioni di armi e sono stati pubblicati dalla rivista Altra finanza.

Al secondo posto della classifica si piazza l'Istituto San Paolo di Torino con 440 miliardi, in aumento rispetto al 1995. Medaglia di bronzo per il Credito italiano con circa 100 miliardi, poco più della Banca nazionale del lavoro (93 miliardi). Tra le piccole banche si segnala il Credito emiliano con un impegno consistente di 19 miliardi.

Per la prima volta assumono una certa importanza i finanziamenti della Banca di Roma (74 miliardi), ai quali però vano aggiunti i 20,5 miliardi della controllata Banca nazionale dell'agricoltura. In crescita anche il Monte dei Paschi di Siena che negli anni precedenti era impegnato con importi modesti, mentre nel 1996 ha ricevuto autorizzazioni per 34,5 miliardi. Dai dati della relazione della presidenza del consiglio emerge che nel 1996 il valore delle operazioni bancarie relative all'export di armi è stato di 1.639 miliardi. A questi bisogna aggiungere 101 miliardi di importi accessori, ovvero mediazioni, mazzette legali, che sono spesso il vero motore delle esportazioni. Complessivamente tuttavia l'importo delle esportazioni autorizzate è stato di 2.165 miliardi, il 46,5% in più del '95, anche se le consegne effettive sono diminuite del 2,6% scendendo a 1.196 miliardi (le industrie italiane hanno ancora un buon portafoglio ordini da evadere). Il peso delle esportazioni italiane sul totale del commercio mondiale di armi (31,8 miliardi di dollari) appare decrescente (e sul totale delle esportazioni italiane gli armamenti nel '96 hanno rappresentato lo 0,3%).

Il paese che nel '96 ha più "beneficiato" di armi italiane è stata la Malaysia con un totale di 364,5 miliardi. Al paese asiatico sono finite due delle corvette costruite per l'Irak (e mai consegnate) ed è stato autorizzato il finanziamento per missili Otomat e Aspide della Oto Melara (nel frattempo finita sotto inchiesta per presunti traffici illeciti). Al secondo posto, e primo tra i paesi industrializzati, gli Stati uniti con 293 miliardi. In crescita, al terzo posto, la Thailandia con 191,5 miliardi (e il paese sta oggi pagando con la svalutazione del bath la scellerata politica militarista del governo). In classifica anche l'Eritrea alla quale sono finiti sei aerei della Aermacchi. In totale sono 59 i paesi verso i quali l'Italia ha esportato armi. Verso il Sud del mondo l'Italia ha esportato il 59,9% del totale, in crescita dal 56,9% del '95. I maggiori esportatori nazionali sono le officine Galileo (440,2 miliardi), l'Alenia Elsag sistemi navali (300,9), l'Intermarine (194,9) e la Oto Melara (189,2). Il fatturato delle aziende pubbliche supera i 1.100 miliardi.


Articolo tratto da il manifesto del 21 Agosto 1997