La formazione del governo dell'Ulivo ha fatto pensare a molti che fosse diventato possibile dare al nostro paese una diversa politica estera e della difesa, una politica di pace.
Questo atteggiamento è comprensibile. Il governo Prodi
si presentava come un governo nuovo di centro sinistra,
sensibile ai valori dell'associazionismo. Era giusto prenderlo
in parola e dargli modo di dimostrarsi tale, nei fatti.
Ma la politica estera e della difesa non è cambiata.
In politica estera il governo Prodi si è posto in totale continuità con i governi atlantici del passato, da Andreotti a Berlusconi. È stata confermata e anzi esaltata l'adesione alla NATO, alla sua riconversione in "artiglio dell'Europa contro il Sud del mondo" come ebbe a definirlo padre Balducci nel 1992 e al suo allargamento ad Est, sotto l'egemonia degli Stati Uniti. Si stanno potenziando le basi nucleari di Sigonella e Aviano. Unica preoccupazione è di accrescere il peso dell'Italia nell'alleanza. In armonia con questa collocazione internazionale il governo Prodi ha votato all'ONU, insieme agli Stati Uniti e agli altri paesi nucleari - come aveva già fatto il governo Berlusconi - contro la risoluzione dell'Aja che dichiara illegittime le armi nucleari.
Nel conflitto d'interessi fra i paesi capitalisti europei e gli Stati Uniti, il governo Prodi si è allineato alle scelte europee più strettamente dettate dagli interessi economici, come il commercio con l'Iran e la Libia, cercando di dispiacere contemporaneamente il meno possibile agli USA.
Nel caso dell'embargo all'Iraq, il governo non ha preso nessuna iniziativa visibile anche in materie di sua competenza (ad esempio lo sblocco dei beni iracheni), nonostante una mozione del senato avversa a questo genocidio, cui l'Italia continua a partecipare.
Nel caso Baraldini, Prodi è stato ancora più formale e remissivo dei suoi predecessori verso gli Stati Uniti e il loro comportamento insultante nei confronti del nostro paese.
Il governo dell'Ulivo ha poi continuato a sostenere e armare la Turchia contro i kurdi, ha rinsaldato i legami con il regime israeliano di Netanyau (senza avere nemmeno il coraggio di fare propria la sia pur lieve critica espressa recentemente dal Presidente Scalfaro), ha avallato per bocca di Dini e Fassino le elezioni truffa di Berisha nel 1996 e ha continuato a sostenerlo fino a quando gli USA stessi non hanno preso spudoratamente le distanze da lui.
Questo atteggiamento ha reso ancora più ambigua la "missione di pace" in Albania.
In compenso il suo significato di fondo è sempre stato chiaro: tutelare gli interessi degli imprenditori e del capitale italiano in quel paese. Dare inoltre un'immagine dell'Italia che le permetta di pesare di più nel quadro di altre missioni e ingerenze neocoloniali.
Coerentemente con con questa logica, la politica della difesa del governo Prodi è stata tutta incentrata sulla realizzazione del Nuovo Modello di Difesa, ossia sulla creazione di un esercito professionale, per disporre di uno strumento in grado di intervenire in varie parti del mondo a tutela degli interessi nazionali. In poco più di un anno di governo sono state realizzate alcune importanti leggi (come quella sul riordino dei vertici militari) ed è stata aumentata in manira consistente la quota di bilancio della difesa destinata agli investimenti per nuovi sistemi d'arma o per il loro rinnovo. Numerosi incentivi sono stati inoltre realizzati per favorire l'aumento dei volontari di ferma breve, figura essenziale del futuro esercito professionale.
Il governo Prodi ha infine varato un disegno di legge che fa del servizio civile un modo per reclutare manodopera sottocosto, mentre continua nella politica cossighiana del rinvio per quanto riguarda la legge sull'obiezione di coscienza.
Completa questo quadro l'allineamento alla politica europea delle frontiere chiuse, con un progetto di legge sull'immigrazione, ricalcato, per quanto riguarda i clandestini, sul famigerato decreto Dini. Lo si è visto con il blocco navale verso i profughi albanesi, che ha provocato la strage di Otranto. Lo si è visto con l'indecente decisione presa da Napolitano dopo le elezioni albanesi, di rimandare subito in patria (con 300.000 lire!) i profughi.
Nè si ha sentore che questo governo sappia assumersi le
proprie responsabilità per la strage del canale di Otranto,
mentre si sono assolte di fatto le responsabilità dei vertici
militari e della Folgore in merito alle torture in Somalia, limitandosi
alla condanna di rito delle "poche mele marcie",
crimini vergognosi su cui ben diverso sarebbe dovuto essere il
riconoscimento di responsabilità politica governativa!
Questa è stata finora, la politica del governo Prodi.
Di fronte a tutto ciò abbiamo dovuto registrare un ulteriore
riduzione della già debole capacità di mobilitazione
delle associazioni pacifiste - troppo spesso motivata con l'impossibilità
di scontrarsi con un Governo amico per non favorire la destra
- e dobbiamo segnalare con grande preoccupazione l'emergere di
inquietanti sintomi di confusione e ambiguità nell'agire
di molte realtà associative che portano all'intrecciarsi
di relazioni pericolose dai dubbi risultati (come ad esempio
i recenti incontri o corsi di formazione del volontariato, organizzati
da militanti e ONG per gestire insieme le missioni di pace).
Noi crediamo sia necessaria una ripresa di analisi e iniziativa, che contrasti fortemente queste politiche:
Non è possibile opporsi al Nuovo Modello di Difesa e
sostenere il governo che lo stà realizzando!
Per avviare questo dibattito vi proponiamo un primo incontro da tenersi sabato 6 settembre dalle ore 11.00 presso il Cipec a Milano in Via Festa del Perdono 1.
Se non vi fosse possibile essere presenti inviateci contributi
scritti, proposte, ecc..
Comitato Golfo
Lega Obiettori di Coscienza
per informazioni | Comitato Golfo
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