Avvocato e difensore dei diritti civili negli Stati Uniti, legale di Mumia Abu Jamal, Leonard Weinglass ha l'aspetto di un uomo molto cauto e pacato, una tranquillità esteriore che non riflette la sua passione per la giustizia e la verità. In Italia invitato da Rifondazione comunista per partecipare alla festa di Liberazione a Roma, lo abbiamo incontrato per parlare di Mumia, della Baraldini e della situazione delle carceri statunitensi.
Innanzitutto quali sono le ultime notizie su Mumia Abu Jamal?
E' un uomo molto forte e coraggioso per sopportare le condizioni in cui vive. A tutti i colloqui Mumia si presenta incatenato mani e piedi, la stanza dove viene portato è poco più piccola di una cabina telefonica, e per parlare devi praticamente urlare: uno spesso vetro divide la stanza, non ci sono microfoni ma solo una piccola fessura sotto la lastra. E' vietato qualsiasi contatto fisico. Quando vado a trovarlo ci salutiamo posando le nostre mani sul vetro. Non è permessa alcuna eccezione, lo stesso avviene nelle visite coi suoi figli e nipoti. Se un giornalista chiede di visitarlo, può farlo, ma non può portarsi dietro nulla, niente penne, taccuini, registratori, le autorità non vogliono che le sue parole siano citate. E' costretto a vivere così da quindici anni, ma il suo spirito è sempre alto. Per sopravvivere in quelle condizioni devi essere molto forte, essere una persona eccezionale. Le ultime due esecuzioni nello stato della Pennsylvania (stesso carcere dove è detenuto Mumia) sono avvenute su richiesta dei detenuti, perché non potevano più resistere alle condizioni di detenzione a cui erano sottoposti. Questa è la dura realtà per i 212 detenuti nel braccio della morte di quello stato. Non tutti gli stati sono così crudeli, ad esempio il regime è molto meno rigido per i 475 carcerati in attesa di esecuzione in California. Non ci sono ragioni logiche per tenere Mumia in quelle condizioni, tranne quella di volerlo punire in modo estremo, un metodo che pervade il sistema di giustizia in Pennsylvania.
La situazione negli Stati Uniti non sembra migliorare, anzi...La società americana sembra incapace di reagire. Cosa sta accadendo?
Qualche segnale di risveglio della coscienza civile c'è. Ma è difficile per chi è fuori comprendere l'enormità della situazione, di quanto sta accadendo negli Stati Uniti oggi. Prima di venire in Italia, ho passato in rassegna alcuni dati statistici. In Italia finiscono in prigione 80 persone ogni 100 mila, negli Usa il numero è sette volte superiore: 555 ogni 100 mila abitanti, un numero più alto di quello registrato in Sud Africa durante l'apartheid. Prendiamo in considerazione uno dei 50 stati americani, la California che è il più popolato: nelle prigioni californiane ci sono più detenuti che in Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Svezia e Finlandia messe insieme. E questo in un solo stato!. Il processo di incarcerazione negli Stati Uniti ha portato la popolazione dei detenuti a dei livelli incredibili. Non c'è nessuna nazione in tutta la storia mondiale, secondo quanto ha dichiarato anche Mario Cuomo (l'ex governatore dello stato di New York) che abbia messo in prigione un così alto numero di propri cittadini come gli Stati Uniti. Chiaramente ci sono stati gli arresti di massa durante il periodo nazista, ma nessuno in un sistema legale democratico ha fatto quello che stanno facendo negli Usa oggi.
Ma come reagisce la società?
Qualche segnale incomincia ad esserci. Soprattutto la gente incomincia a dare segni di insofferenza davanti al fatto che ogni anno 30 miliardi di dollari sono spesi per mantenere il sistema carcerario. Una cifra che appare a molti inaccettabile. Ed è questa una delle molte ragioni che hanno messo in moto gli sforzi perché siano riviste le politiche di incarcerazione. Questo anche per quanto riguarda la pena di morte. Attualmente ci sono più di tremila persone che aspettano di essere giustiziate. Tra chi si sta muovendo c'è l'American Bar Association, l'associazione degli avvocati americani, che ha chiesto una moratoria sulla pena di morte. Tutti i principali movimenti religiosi, cattolici, ebrei e protestanti, hanno chiesto la sospensione della pena capitale.
Mancano i politici...
I politici sono quasi sempre gli ultimi a recepire il messaggio sociale. Quello che sta succedendo parte dal basso. Tutto quello che i politici vedono dal 1968, l'anno dell'elezione di Richard Nixon, il problema della criminalità è stato trasformato in uno strumento politico. Nixon è stato il primo presidente a basare tutta una campagna elettorale sulla necessità d'imporre la legge e l'ordine. Da allora, da più di trent'anni, i politici hanno cavalcato il problema in modo opportunistico. Ed è stato provato, purtroppo, più di una volta, che questo è uno dei modi per vincere. E' innegabile che negli Usa la gente ha paura e i politici non si fanno sfuggire l'occasione e sfruttano questa paura.
Ma chi è responsabile di queste paure? La criminalità è in aumento?
Tutti i dati statistici comprovano che il livello di criminalità negli Usa è rimasto invariato dal 1935, un dato per molti più che positivo. Tra i principali responsabili, nell'alimentare questa atmosfera di paura, ci sono sicuramente i media. Tutte le sere i notiziari televisivi aprono con notizie di omicidi, violenze, stupri. I grandi network competono tra di loro per conquistare l'attenzione dei telespettatori e un modo per farlo è sensazionalizzando le notizie. L'effetto sulla gente in comune è che la criminalità è in aumento. Nessuno dice che le prigioni sono piene e che questo non è servito a nulla per combattere la criminalità.
Le prigioni sono affollate, scoppiano, però non conta. Per inciso gli Usa continuano a dire no al trasferimento di Silvia Baraldini in Italia, perché?
Dicono no perché il governo americano utilizza, per ragioni politiche tutte sue, lo spettro del terrorismo, e lo usa contro Silvia, marchiandola come terrorista. In questo modo trasformano il caso di Silvia in un fatto politico e possono sostenere che il rifiuto è giustificato perché serve a combattere il terrorismo. E' tutto falso, una baggianata e loro lo sanno. Sanno che Silvia non è mai stata coinvolta in atti di violenza, sanno che Silvia difende delle idee politiche, esattamente come me, ma io sono stato più fortunato, sono libero. Ha sostenuto le stesse cause che io ho sostenuto: l'indipendenza per Portorico, l'uguaglianza e la giustizia per gli Afroamericani, la fine dell'isteria antiimmigrazione. Ho sostenuto tutte queste cause come ha fatto Silvia. Ci sono è vero persone che in quei movimenti hanno dato vita a gruppi di combattimento e che hanno agito in modo violento, ma questo non significa che io sia responsabile di quegli atti, come non lo è Silvia. Ma loro li usano contro di lei. E' un processo illegale, come lo sono le ragioni per cui continuano a tenerla in carcere. Come avvocato ed essere umano lo ritengo un fatto totalmente inaccettabile. Loro sanno la verità, ma scelgono di sfruttarla a loro vantaggio. Ho avuto occasione di conoscere il suo caso, e tenere una persona in carcere per quindici anni in base a quelle accuse è un atto criminale.
Che incidenza ha il fattore razziale?
La divisione razziale è un elemento importante nel processo
politico americano. Se un bianco decide di allinearsi ad un movimento
di neri, sa che corre un grosso rischio. Se un nero si allinea
con dei bianchi, per lui equivale ad una condanna a morte. Questo
è un dato di fatto molto evidente, basta guardare ai leaders
che sono emersi nelle comunità afro-americane. Se sostengono
la separazione delle razze il sistema li lascia in pace. Vedi
Louis Farrakhan. Se decidesse di sposare una politica di unione
con altri movimenti bianchi, sicuramente anche lui finirebbe in
prigione. Evasione, frode, sicuramente troverebbero qualcosa che
porterebbe al suo arresto. Ma fino a quando continuerà
a sostenere la separazione fra bianchi e neri, non rappresenta
un pericolo e lo lasceranno fare.