INGIUSTIZIA USA
Silvia Baraldini, da Washington
arriva un no definitivo
Per la quinta volta il "Parole Board" statunitense ha
negato la libertà condizionata. Per ottenere
il ritorno di Silvia in Italia i difensori pensano
ora di ricorrere al Consiglio d'Europa
- R. Es.
G
LI STATI UNITI non demordono: "Silvia Baraldini è una
pericolosa sovversiva e si è macchiata di gravi reati che
impongono una grave sentenza come quella decisa dalle corti Usa",
43 anni di carcere di cui 15 già scontati. E sono anche convinti
che se venisse concesso alla detenuta - (va ricordato che anche i
tribunali Usa hanno riconosciuto che Silvia Baraldini non ha
ucciso e non ha mai sparato) - il trasferimento in un carcere
italiano, sarebbe inevitabile che poi le venisse concessa la
libertà condizionata. Una volta rilasciata, temono gli americani,
"continuerebbe a commettere reati a danno degli States". E' con
questa assurda e paranoica motivazione che mercoledì sera, per la
quinta volta, il Parole Board statunitense, la
commissione per la revisione delle pene, ha rigettato la
richiesta della libertà condizionata per Baraldini. Ora, molto
probabilmente, spetterà al consiglio d'Europa decidere sul
destino di Silvia. La via del ricorso all'organismo comunitario
sembra essere l'unica rimasta ancora valida. Ne è convinto il
legale della detenuta, l'avvocato Guido Calvi, che ieri ha
annunciato le prossime mosse della difesa. Contemporamenamente,
anche il ministro della giustizia Giovanni Maria Flick, che
mercoledì notte ha incontrato il presidente del consiglio Prodi
proprio per discutere del caso Baraldini, ha dichiarato che il
nostro governo tornerà a far pressione sulle autorità americane
perché acconsentano quantomeno a trasferire la detenuta,
gravemente malata di cancro alle ovaie e già sottoposta a due
inteerventi chirurgici, in un carcere del nostro paese.
La decisione di respingere l'istanza di libertà è stata presa il
18 agosto dal Parole Board, ma è stata resa nota solo
mercoledì. Adesso la difesa ha 30 giorni di tempo per presentare
ricorso e molto probabilmente, ha dichiarato l'avvocato difensore
Guido Calvi, l'appello sarà accompagnato da una memoria redatta
dal ministro della giustizia Flick. Ma è chiaro che dopo
l'ennesimo rifiuto le possibilità di un successo sono alquanto
scarse. Per questo l'avvocato Calvi si è detto convinto che
l'unica via rimasta percorribile sia appellarsi al Consiglio
d'Europa. In questo caso, la vicenda giudiziaria della Baraldini
si trasfrormerebbe in una controversia di paesi terzi in un
contesto internazionale, e verrebbe chiesta l'estradizione della
Baraldini in Italia in base all'articolo 23 della Convenzione di
Strasburgo, firmata dagli Usa e dall'Italia.
Articolo tratto da il manifesto del 29 Agosto 1997