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AMAZZONIA BRASILIANA
SENTENZA DEL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI
PARIGI 12-16 ottobre 1990

I -INTRODUZIONE

Obbiettivi e competenza del Tribunale

Nel corso della storia dell'umanità si incontrano numerosi esempi di situazioni in cui lo Stato e il diritto sono posti al servizio di interessi settoriali, sino a trasformarsi in strumenti di oppressione.

In tali circostanze, soltanto la lotta permette agli individui e ai popoli di recuperare la tutela dei propri diritti fondamentali, sia individuali sia collettivi, compreso il diritto più elementare di tutti, il diritto di vivere con almeno un minimo di dignità materiale e spirituale.

Con una visione premonitrice, Lelio Basso ha saputo percepire tutte le implicazioni di tale situazione nel mondo contemporaneo e, consacrandosi al diritto e alla giustizia, prese l'iniziativa di intraprendere molteplici azioni a favore dei popoli oppressi.

Nulla di più significativo a questo riguardo dell'istituzione del Tribunale Permanente dei Popoli. Questo collegio giudicante fu costituito precisamente perchè il diritto e la giustizia non potevano, in molte circostanze, essere affidati allo Stato e ai suoi organi, mentre le stesse istituzioni internazionali, compresa l'Organizzazione delle Nazioni Unite, non erano in grado di assolvere alla loro missione.

Di qui la necessità di un tribunale indipendente, in grado di dare una risposta alle sofferenze subite dai popoli a causa della loro oppressione da parte dello Stato, del governo a tutti i livelli dell'organizzazione sociale, oltrechè delle imprese, banche e istituzioni finanziarie, operanti all'interno degli Stati e attraverso le frontiere.

Il Tribunale Permanente dei Popoli ha assolto a questa missione sin dalla sua fondazione, accogliendo le richieste provenienti da popoli, gruppi, enti che fossero in grado di attestare in maniera sufficientemente convincente che vi era una ragione di credere che ci si trovava in presenza di una violazione di diritti fondamentali, quali sono formulati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli.

Tutte queste richieste sono sottoposte ad un esame teso a verificare se le denunce e le lagnanze sono fondate su un principio di prove prima che sia convocata una sessione del Tribunale.

Il finanziamento di ogni sessione è assicurato da fondi la cui origine garantisce l'indipendenza del Tribunale il quale non è legato a nessun partito, nè governo, nè ad alcuna istituzione internazionale.

Le decisioni sono prese da giudici che non ricevono alcuna retribuzione professionale e sono scelti in funzione del loro valore scientifico nelle diverse aree delle loro rispettive competenze e soprattutto per la qualità loro riconosciuta pubblicamente di essere attivamente impegnati nella difesa dei diritti fondamentali di tutti i popoli della terra.

La difesa ha contestato che il Tribunale possa esercitare la sua competenza nella presente causa, che abbia cioè la competenza legale per giudicare. La difesa ha sottolineato che il Brasile non ha riconosciuto la competenza del Tribunale e che gli Stati sovrani non sono tenuti a rispondere dei loro atti davanti a tribunali che hanno sede fuori del loro territorio, a meno che vi abbiano dato preventivamente il loro consenso.

La difesa ha inoltre affermato che le leggi e le disposizioni costituzionali brasiliane valgono a salvaguardare i diritti degli indios e la tutela dell'ambiente.

Il Tribunale ha considerato attentamente questi argomenti senza peraltro convincersi della loro fondatezza. La stessa esistenza del Tribunale esprime rigetto di tali argomenti in quanto essa è fondata sul godimento da parte dei popoli della terra e degli organi della società civile della sovranità popolare, sola fonte dell'autorità dello stesso Stato.

Il Tribunale Permanente dei Popoli è una espressione giuridica del sacro diritto della sovranità popolare che rivendica il potere di esaminare le denuncie relative ai casi in cui lo Stato non ha saputo o voluto applicare e far rispettare le regole di diritto contenute nella Dichiarazione Universale dei Diritti dei popoli.

L'argomento sostenuto dalla difesa a nome dello Stato brasiliano, secondo il quale sono state promulgate leggi che garantiscono la protezione dei diritti dei popoli non è conclusivo.

La questione di competenza va decisa alla luce della prassi dello Stato brasiliano, dei suoi organi e dei suoi diversi enti amministrativi e governativi.

Nel caso presente il Tribunale si è pronunciato sulle accuse dei popoli indios che vivono in Brasile e di organizzazioni popolari brasiliane. La sua competenza si fonda su una serie di disposizioni della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli e specificamente sugli articoli da I a IV,VIII, X, da XVI a XVIII.


CONTINUITÀ E SPECIFICITÀ DELLA PRESENTE SESSIONE RISPETTO AL TRIBUNALE SUL DEBITO ESTERO

(Berlino, 1988)

A due anni dalla sessione di Berlino del Tribunale Permanente dei Popoli consacrata alla politica del FMI e della Banca Mondiale, la situazione dei paesi indebitati del Terzo Mondo è chiaramente peggiorata. Nel suo "Rapporto sull'ambiente mondiale" nel 1990, la Banca Mondiale ha calcolato che in Africa, in Asia e nell'America Latina vivono più di un miliardo di poveri, uomini e donne, il cui reddito annuo è inferiore a 378 dollari. Il Brasile non sfugge a tale preoccupante fenomeno. Negli ultimi anni si è assistito a un degrado quasi continuo della sua situazione ecologica, economica e sociale.

Ancorchè in termini di capitale il debito, secondo le stime, si sia ridotto a 123 miliardi di dollari nel 1987 a 109 nel 1990, gli interessi sul debito ammontano tuttora a 12 miliardi di dollari annui. Il trasferimento netto di risorse è ancora più drammatico. Durante il decennio '80, esso ha raggiunto circa 80 miliardi di dollari. Il 4,6% del prodotto interno lordo è stato trasferito all'estero a banche o ad istituzioni ufficiali creditrici. L'incidenza di tale trasferimento sui consumi delle famiglie e sugli investimenti, sullo sviluppo del settore pubblico e sul sistema della sicurezza sociale si è rivelata disastrosa.

Sebbene la Banca Mondiale abbia configurato uno scenario ottimista per il Brasile negli anni '90, l'avvenire si annuncia probabilmente assai più oscuro: una crescita rapida della popolazione (179 milioni di abitanti nel 2000) e un incremento molto lento del reddito per abitante.

E, dato che la distribuzione dei redditi ha poche probabilità di essere modificata, anche il numero dei poveri registrerà un incremento.

Per raggiungere il volume degli investimenti degli inizi degli anni '80, il saggio reale dell'incremento degli investimenti in Brasile dovrebbe mentenersi sul 7% annuo durante il decennio '90. Un saggio di incremento siffatto è assai improbabile, tenuto conto delle minacce di inflazione che costringono i governi a diverse misure di austerità. Il deficit non potrà essere colmato dagli investimenti esteri dato che, indipendentemente dalle riserve che suscitano gli investimenti esteri in un paese di recente industrializzazione, ciò presuppone una regolamentazione del debito estero.

L'attivo della bilancia commerciale - le esportazioni sono aumentate tra il 1980 e il 1987 a un saggio del 3,2% annuo mentre le importazioni diminuivano nello stesso periodo del 4,4 annuo - ha un effetto negativo sullo sviluppo economico. Alcune industrie si sono certo diversificate e modernizzate. Nella misura però in cui, l'attivo della bilancia commerciale è stato per la maggior parte destinato al pagamento degli interessi del debito estero, esso non è stato una fonte di nuovi diritti, di posti di lavoro e di crescita economica.

È pertanto da temere che il "decennio perduto" dagli anni '80 si perpetui negli anni '90, a meno che le autorità del Brasile e quelle della Comunità internazionale non modifichino radicalmente la maniera di integrare Paesi come il Brasile nell'ordine economico internazionale e nel sistema monetario e commerciale che prevalgono nel mondo. La sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli ha proposto a questo riguardo varie misure concrete per migliorare una situazione intollerabile. Tuttavia sono intervenuti pochi cambiamenti. L'onere del debito continua a superare le risorse economiche e finanziarie dei Paesi fortemente indebitati e le conseguenze degli interessi dovuti per il debito non hanno cessato di aggravarsi: aumento dell'inflazione e adozione di rigorose misure di austerità, pauperizzazione di un gran numero di persone nelle aree urbane e in quelle rurali, supersfruttamento delle terre, saccheggio di aree precedentemente preservate, con un conseguente disastro ecologico che minaccia le condizioni di vita non solo nelle regioni direttamente interessate, ma anche dell'intero pianeta.

EFFETTI ECOLOGICI GLOBALI SULLA DISTRUZIONE DELLE FORESTE TROPICALI

L'Amazzonia , principalmente, si dimostra d'importanza cruciale per le condizioni atmosferiche e per la stabilità del clima mondiale. In secondo luogo, l'equilibrio ecologico delle foreste tropicali in generale - e dell'Amazzonia in particolare - è molto fragile, per cui i colpi ridotti e apparentemente senza importanza possono avere nel lungo termine delle conseguenze pesanti. È solo da poco tempo che si sa che il "robust green hell" dell'Amazzonia riposa su un ecosistema estremamente fragile. In terzo luogo, le strategie d'occupazione e di sviluppo dell'Amazzonia sono relativamente nefaste nella misura in cui non ci si preoccupa con regolarità della fragilità ecologica. In quarto luogo, non si prende in considerazione il fatto che l'Amazzonia non è, secondo il termine usato dal Presidente Medici (1970), "una terra senza alcun essere umano per degli esseri umani senza terra", e così il modello di sviluppo dell'Amazzonia minaccia il diritto alla vita delle popolazioni indigene di questa regione.


II - I FATTI

Le popolazioni dell'Amazzonia si vedono assoggettate alle conseguenze di una politica economica di ispirazione geopolitica, basata su una concezione elaborata durante la dittatura militare: secondo questa politica, la regione amazzonica non è altro che una riserva di risorse naturali, trasformata in un luogo di sfruttamento, vera colonia interna posta a base dei meccanismi di dipendenza economica ai quali è sottomesso il Paese.

Da ciò risulta che le risorse naturali dell'Amazzonia sono state sottoposte al drenaggio sistematico, ad un ritmo e con una intensità da saccheggio. A questo si deve aggiungere che le popolazioni amazzoniche non beneficiano che di una proporzione infinitesimale - come, d'altra parte, la popolazione brasiliana nel suo insieme - del progetto economico al quale queste sono state sottomesse. Gli stessi effetti sono stati inflitti all'ambiente sfruttato senza tener conto della sua conservazione e del suo rinnovamento.

a) Le popolazioni indigene.

Di una popolazione stimata in 6 - 7 milioni di abitanti all'epoca in cui arrivarono gli europei, intorno alla metà del secolo XVI, non rimangono oggi in Brasile che 234.781 indiani (CEDI, 1990).

Essi sono suddivisi in 180 gruppi etnici abitanti in aree ecologiche diverse e parlanti oltre 170 lingue e dialetti. Questi gruppi indigeni risiedono sull'intero territorio brasiliano, ma il 60% è concentrato nell'Amazzonia, regione rifugio, in cui la penetrazione dei fronti di espansione è più recente.

Le società in Brasile sono estremamente diversificate: esse vivono dei processi storici distinti e sono portatrici di tradizioni culturali specifiche. Fra i fattori di diversificazione di queste società deve essere sottolineata l'esistenza di importanti differenze per quanto concerne le interrelazioni con la società brasiliana. In effetti vi sono gruppi che non hanno alcun contatto (si tratta di circa 80 gruppi isolati) e gruppi che da secoli vivono in stretto contatto.

Sebbene alcuni gruppi abbiano popolazioni relativamente numerose, come i TICUNA dell'Alto Solimóes, i TUKANO dell'Alto Rio Negro e qualche altro, è importante sottolineare che le società indigene in Brasile sono piccole. La loro riproduzione culturale non dipende dal volume della popolazione, bensì, data l'importanza rivestita dalla caccia, dalla pesca, dalla raccolta di frutti selvatici e persino dall'agricoltura itinerante, essa esige grandi estensioni di territorio; e questi territori, va detto incidentalmente, gli indiani hanno saputo preservarli quando non siano stati sottoposti alle pressioni irrimediabili dei fronti di penetrazione.


LA QUESTIONE DELLE TERRE INDIGENE

In base allo Statuto dell'Indio, la demarcazione delle terre indigene avrebbe dovuto essere completata nel 1978. Così non è stato. E questo perchè, all'epoca, il governo militare intendeva condurre ad ogni costo una politica di emancipazione e di assimilazione forzata delle comunità indigene. La Fondazione Nazionale dell'Indio (FUNAI) corrotta dai poteri locali e coinvolta nella ideologia di sviluppo nazionale del governo, distribuisce senza difficoltà degli attestati negativi (documento che riconosce ufficialmente l'assenza di indigeni in una data regione) a delle imprese rurali che in tal modo hanno potuto appropriarsi di grandi superfici di territorio indigeno in tutto il Paese (Porantim, aprile 1989). Altro atteggiamento della FUNAI è stato quello di chiudere gli occhi di fronte alle invasioni delle terre indigene da parte dei fronti di penetrazione dalle origini più diverse, ma generalmente costituiti da popolazioni espulse da altre regioni del Paese.

Per riassumere la situazione giuridica delle terre indigene, il quadro è il seguente: riguardo a 564 terre indigene esistenti (di cui 394 in Amazzonia) nulla è stato fatto; di esse 133, soltanto l'8,60% del totale delle terre indigene, sono state regolarizzate (CEDI,1990).

Le terre dei Krikati e dei Guajá del Maranháo (questi ultimi ancora praticamente isolati) così come quelle dei Prakaná del Xingu, contattati nel 1983 11984, ancora non sono state demarcate pur essendo state incluse nell'accordo firmato nel 1982 tra la Compagnia Vale do Rio Doce e la Funai, secondo le raccomandazioni contenute in una clausola contrattuale in vigore tra la Banca Mondiale e il Governo Brasiliano per il funzionamento del progetto Ferro-Carajás.

In numerosi casi la demarcazione è erronea ed è stata fatta senza l'accompagnamento degli indiani e senza consultazione degli antropologi; il risultato è stato una grande riduzione di questi territori. I casi sono innumerevoli; citiamo come esempi le terre dei Kayapó-Xikrin del fiume Bacajá (Pa), degli Urueuwauwau di Rondónia, degli Arara e degli Aikewar (Pa), degli Apinajé (To), tra molti altri.


IL CASO YANOMAMI

Nel 1985 il territorio tradizionale degli Yanomami è stato riconosciuto dal Governo federale con un regolamento amministrativo della FUNAI n°1817, che stabiliva una superficie di 9,4 mil.di ettari. Nel febbraio 1989 e già in vigenza della nuova Costituzione la quale riconosce agli indiani diritti originari sulle loro terre tradizionali, furono promulgati dei decreti relativi alla demarcazione amministrativa di 19 "isolotti" (territori discontinui), in palese violazione del testo costituzionale. Nel marzo dello stesso anno furono create le "foreste nazionali" concepite come delle regioni di sfruttamento economico, il che permetteva di fatto la penetrazione di una popolazione non indiana nel territorio Yanomami. A quell'epoca le terre Yanomami erano già state invase da enormi contingenti formati essenzialmente da cercatori d'oro (Garimpeiros). Si potevano anche individuare, in gran numero, piste aree clandestine.

La riduzione del territorio Yanomami ha compromesso in modo irrimediabile la sua sopravvivenza e la sua riproduzione culturale. I conflitti si sono aggravati nella regione e si calcola che 1500 Yanomami sono morti tra il 1987 e il 1990 /cf.CCPJ 1990).


L'OMISSIONE RELATIVA ALL'ASSISTENZA E ALLA SANITÀ

La carenza totale di assistenza adeguata agli indigeni ha elevato gli indici di malnutrizione e di mortalità. Gli Yanomami hanno subito una forte caduta demografica che mette in pericolo la vita di vari villaggi. I casi di malaria sono aumentati sensibilmente così come quelli di altre malattie (tubercolosi, malattia di Chagas, Leishmaniosi, lebbra e malattie veneree) e questo fra i Kayapó (Pa), i Kaxarari (AM) i Guajajara (MA) e altri ancora, in conseguenza delle numerose invasioni delle società minerarie, dei "coglitori di legname" e dei "garimpeiros" nelle terre indigene.

L'utilizzazione senza alcun criterio del mercurio per la produzione dell'oro ha inquinato i fiumi e minaccia la fauna e la flora acquatiche e quindi anche l'organismo umano. Casi gravi di contaminazione sono stati accertati fra gli Yanomami, i Kayapó e i Mundurucu, cosi' come presso le popolazioni che vivono lungo i fiumi Madeira e Tapajós nello stato di Pará.


GLI OMICIDI

Tra il 1976 e il 1988 numerosi indigeni sono stati assassinati, come i capi Angelo Kretá nello stato di Paraná e Marçal de Souza Guarani nel Mato Grosso del Sud. Nel marzo 1988 si è verificato il massacro di 14 indigeni Tiuna dell'Alto Solimóes e persino dopo la promulgazione della Costituzione più di 20 indigeni sono stati uccisi in Amazzonia. Il "Gruppo di lavoro per la Difesa delle Popolazioni indigene" creato il 19 luglio 1990 (decreto n° 99.405) dal Presidente della Repubblica non prevede la partecipazione di indigeni o di loro organizzazioni, nè di un Pubblico Ministero. Le indagini del Gruppo di lavoro di cui sopra non sono ancora terminate. Eppure il tempo stringe per gli indigeni. Nonostante le conquiste dei movimenti indigenisti e dell'azione delle organizzazioni di sostegno così come della Costituzione del 1988, i settori anti-indigeni si mostrano sempre più violenti. Una campagna di diffamazione ha accusato nel corso di tutto il 1987, i difensori dei diritti indigeni di "cospirare contro la sovranità brasiliana". Nell'aprile 1990 la scuola superiore di Guerra ha ammesso nel documento "Strutture del potere nazionale per l'anno 2001" il ricorso a "mezzi estremi" contro coloro che "rendono diffilcile e impediscono la conquista degli obiettivi nazionali permanenti in Amazzonia"; e coloro che sono colpiti da questa misura sono le organizzazioni indigeniste e di protezione dell'indio.

b) Violazione dei diritti dei lavoratori

I fatti sottoposti al Tribunale confermano le denunce di violazione dei diritti dei lavoratori, in particolare, le violazioni del diritto alla vita, alla libertà, al patrimonio e al lavoro; tali fatti sono stati documentati dalle prove esaminate dal Tribunale che hanno bene caratterizzato le circostanze nelle quali essi si sono verificati e soprattutto le persone che sono state vittime di queste violazioni. Le condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni dell'Amazzonia peggiorano sempre di più, come provano le seguenti situazioni illustrate durante questa sessione del Tribunale:

1) persistenza del lavoro in condizioni di schiavitù, dovute principalmente all'esistenza di intermediari della manodopera e all'assenza di continuità delle indagini condotte dalle autorità amministrative e giudiziarie;

2) aumento del numero dei lavoratori fuori del mercato legale, che vivono con un salario inferiore al minimo garantito in condizioni di insalubrità e di pericolo estremo. Inoltre i lavoratori sono vittime:

- dell'indebitamento anteriore al rapporto di lavoro;

- del commercio di persone;

- degli obblighi di lavoro imposti fuori delle norme in vigore;

- della mancata remunerazione del lavoro effettuato;

- del confinamento forzato imposto con la violenza da milizie private;

- dell'incarcerazione arbitraria da parte di privati;

- di torture, sevizie e massacri;

- della manipolazione dei prezzi dei mezzi di sussistenza che è causa dell'indebitamento forzato.

3) Degrado dei principali indicatori sociali quali la salute (casi estremamente numerosi di malaria), l'istruzione , le condizioni igieniche, l'assistenza medica.

4) L'impossibilità di accedere alla proprietà della terra e ai mezzi di produzione (crediti e assistenza tecnica), ai fini di rendere impraticabile qualsiasi modello di sviluppo che non sia quello della grande proprietà fondiaria, con la conseguente espulsione di posseiros o persino di piccoli proprietari dalle zone di colonizzazione.

5) Aggravamento della violenza poliziesca contro i lavoratori nelle periferie urbane così come nelle campagne.

6) Violazione dei diritti di cittadinanza della popolazione povera soprattutto nelle piccole città dell'interno, compreso il diritto di andare e venire. Questo abuso porta alla distruzione dei villaggi, al loro spostamento a seguito delle frequenti azioni di requisizioni effettuate, talora senza ordinanza dell'autorità giudiziaria, e delle espulsioni dalle zone destinate a opere pubbliche o private, come nel caso delle aree interessate da dighe idroelettriche.

7) Trattamento discriminatorio delle autorità pubbliche nei riguardi dei lavoratori, che si manifesta, ad esempio, nelle requisizioni senza mandato del giudice, nella distruzione dei beni dei lavoratori (incendio di abitazioni e di campi), nella sottovalutazione dei loro beni, nell'utilizzazione delle forze dell'ordine come di una milizia privata per intimidirli.

8) Assassinii sistematici di posseiros, eliminazione dei loro capi, senza che il Governo intervenga per reprimere o impedire queste azioni. Questo è stato il caso dei tre membri della famiglia Canuto di Rio Maira, e degli otto posseiros della regione di Castanhal Ubá nel Marabá, localitá dello stato del Pará.

9) Clima di violenza e di impunità che ha provocato la morte di più di 900 posseiros, contadini e indigeni nonchè di numerosi religiosi e avvocati che difendevano i loro diritti.

10) Inesistenza di piene garanzie giuridiche e di protezione legale per i diritti legittimi dei posseiros e degli occupanti effettivi delle terre.

11) I seringueiros dello stato dell'Acre temono a giusto titolo di perdere le foreste che rappresentano il loro unico mezzo di sussistenza e di mantenimento di domicilio, minacce che si concretizzano rapidamente senza alcuna prospettiva di invertire la tendenza. I tentativi di preservare i seringueiros e i "castanhais" sono stati repressi con assassinii e minacce ai principali capi di questi tentativi, come nel caso di Chico Mendes. Queste violenze sono aggravate dal fatto che questi omicidi sono stati programmati e annunciati, persino sui giornali, come è avvenuto al Rio Branco e parecchie altre regioni.

c) Danni ecologici e modello di sviluppo economico (il problema del debito pubblico)

Secondo le numerose deposizioni dei relatori e dei testimoni è possibile compilare una lista, anzi una tipologia delle aggressioni ecologiche con effetti sui più diversi settori della foresta originaria amazzonica.

- Tutte le rivendicazioni presentate dai rappresentanti degli indigeni fanno riferimento ad aggressioni ecologiche: fiumi avvelenati, moria di pesci, pregiudizio alla caccia (rumori, bombe, caccia indiscriminata con armi da fuoco), trasmissione di malattie. Per parte loro, essi affermano di non catturare che il minimo necessario alla loro sopravvivenza e se qualcuno di loro distrugge degli alberi per vendere il legname, lo fa sotto l'influenza di speculatori stranieri che alimentano il processo capitalista di sfruttamento delle risorse naturali.

- Totale permissività di fronte alla contaminazione delle acque degli "igarapés" (ruscelli) e dei piccoli fiumi che ricevono i residui di mercurio e le acque di scolo che infliggono un duplice pregiudizio alle popolazioni indiane e rivierasche: avvelenamento delle acque e al tempo stesso dei pesci che costituiscono l'alimento di base delle popolazioni preistoriche e tradizionali dell'Amazzonia.

- Ampio disboscamento di settori nevralgici dell'ecosistema della foresta amazzonica: nel sud dello stato di Pará, in contropendenza della Serra de Coroados Rondónia, nel nord del Mato Grosso, sull'altopiano di Maranháo.

- Devastazione indiscriminata delle terreferme (colline, "tabuleiras" e bassi fondi) a partire dal limitare della foresta (nel sud dell'Amazzonia), a partire dai margini delle strade aperte nel cuore della foresta: Transamazzónica, Porto Velho-Santarém, Cuiabá, Boa Vista, tronchi già costruiti del "Perimetral Norte". Devastazione altresì a partire dai bordi dei fiumi grandi e piccoli prossimi alle strade e alle radure naturali. E inoltre, comparsa di radure in relazione alla costruzione di impianti di micro-onde e creazione di radure artificiali lineari per la installazione di linee di trasmissione elettriche. Tutte le forme diverse di aggressione ecologica e di creazione di caos nell'organizzazione di spazi appena produttivi.

- Pressione dei proprietari assenteisti per disboscare il 50% delle terre della foresta nei tempi più brevi (Acre, Sud del Pará, altopiano del corridoio Carajás - Sáo Luis).

- Casi di esaurimento di sorgenti degli "igarapés" a seguito della costruzione di strade interfluviali e/o disboscamenti molto rilevanti e incontrollati (strade da Xapuri a Basiléia), settore chiamato "trecho séco" nella regione di Piquia, Assailandia e la zona che si estende da Marabá fino al distretto industriale e alla regione di Corianópolis.

- Debbio fatto senza discernimento da parte delle imprese nazionali e internazionali con la conseguente liberazione di gas carbonico nell'atmosfera. Queste operazioni si sono per lo più tradotte in grandi insuccessi in termini economici (casi della Volksvagen, Yari, settori di Yari, Ferruzzi, Pirelli, Sao-Missu, Bordon, tra gli altri).

- Aggressioni multiple alle rive dei fiumi e degli "igarapés". In numerosi settori dell'Amazzonia (Roraima, Tapajós, Madeira, Amapá), i "garimpeiros" scavano dei fori ("caves") per il trattamento rudimentale dell'oro e della cassiterite. Per lo sfruttamento del ferro e della bauxite i "garimpeiros" realizzano grandi scavi e gettano i rifiuti nei ruscelli e nei laghi degli sbarramenti fluviali (Trombetas, Carajás, Paragominas). Alcuni corsi d'acqua si ingorgano e l'acqua stagnante favorisce lo sviluppo delle zanzare, vettori di malattie dette "tropicali", che colpiscono gli indigeni rivieraschi e i "garimpeiros" stessi.

- I differenti aspetti della crisi ecologica ora descritti sono legati intimamente alle strategie di crescita economica adottate in questi ultimi decenni dal Brasile. Queste strategie hanno come unico imperativo l'accumulazione che esclude, che marginalizza e che opprime una grande parte della popolazione brasiliana.

Per questa strategia l'ambiente non è che un fattore di produzione. In nome della crescita economica che non ha nulla a che vedere con lo sviluppo partecipativo, democratico, autogestito, conviviale, i diversi agenti egemonici utilizzano la regione dell'Amazzonia come uno spazio aperto alle forme di sfruttamento di rapina del suolo e del sottosuolo brasiliano.

Per la realizzazione di questi progetti e di altri ancora gli operatori hanno accumulato un enorme debito che ora, a causa della dipendenza finanziaria dalle banche e dalle istituzioni monetarie internezionali, rappresenta un ostacolo sempre più grande per la continuità stessa del processo di crescita del Brasile.

Per risolvere il problema del debito si dice talvolta che il Brasile deve esportare di più, facendo appello soprattutto alle risorse naturali e umane dell'Amazzonia. Il circolo vizioso si instaura rapidamente: per realzzare i mega progetti dell'Amazzonia il Paese si indebita e per pagare il debito occorre intensificare il processo di rapina dell' Amazzonia.

Si pretende in tal modo di giustificare un processo che non è un processo di sviluppo ma di distruzione.

È quindi possibile constatare la relazione intima esistente in Amazzonia tra il modello di crescita, il debito e la crisi ecologica intesa in senso ampio.

Per molto tempo, all'insegna della omogeneizzazione del processo di accumulazione, varie forme di lavoro e di relazioni umane sono state eliminate in Amazzonia.

Quando parliamo della crisi ecologica in Amazzonia, occorre sottolineare che al di là della trasformazione delle relazioni tra l'uomo e l'ambiente vi è una distruzione di diverse forme di relazioni sociali preesistenti. Ciò è dovuto al modello di crescita economica di esclusione.

Quando si parla di sviluppo economico dell'Amazzonia le domande essenziali che devono essere poste sono: sviluppo di cosa; sviluppo di chi; sviluppo per cosa; sviluppo con chi.

La risposta a queste domande indica gli attuali abitanti dell'Amazzonia quali agenti principali di trasformazione degli ecosistemi dove essi vivono.

Le strategie di crescita economica nell'Amazzonia, appoggiate e sviluppate dallo Stato brasiliano in alleanza con le differenti forme del capitale nazionale e straniero costituiscono la causa strutturale fondamentale della distruzione dell'uomo e dell'ambiente nell'Amazzonia. Nella misura in cui questo modello persiste e si rinforza, si ha il diritto di dubitare dell'efficacia delle norme costituzionali, dei decreti legge, delle varie riforme ecologiche.

Transizione dai fatti al diritto

Uditi i relatori e i testimoni e presa visione della documentazione sottoposta al Tribunale, tre serie di questioni di diritto devono essere giudicate preliminarmente all'esame delle responsabilità.

1) - Una prima categoria di capi d'accusa ha per oggetto le politiche, le pratiche e il comportamento del Governo federale del Brasile, spesso con la complicità dei Governi, degli Stati e delle autorità locali congiuntamente a una molteplicità di interessi economici settoriali, all'interno e fuori del Brasile, comprendendo imprese nazionali e transnazionali e le istituzioni finanziarie internazionali. Gli enti pubblici e privati sopracitati sono accusati di avere trasgredito sistematicamente e ripetutamente i diritti fondamentali delle varie popolazioni indigene dell'Amazzonia brasiliana. Le accuse comprendono il trasferimento forzato di popolazioni indigene, espulse dai loro territori tradizionali e strappate brutalmente dal loro modo di vita abituale al solo scopo di facilitare l'estrazione mineraria, lo sfruttamento forestale, l'installazione di centrali idroelettriche, un allevamento intensivo, la creazione di imprese e di industrie agricole (agrobusiness);il tutto in violazione della legislazione brasiliana, della garanzia costituzionale dei diritti degli indigeni e del diritto internazionale e della Dichiarazione di Algeri.

2) - Altre accuse imputano al Governo brasiliano, con la complicità dei diversi protagonisti prima citati (v.punto 1) la perpetrazione diretta o indiretta di violazioni gravi e ripetute dei diritti fondamentali dei vari abitanti dell'Amazzonia brasiliana, e specialmente dei contadini poveri e senza terra e dei lavoratori agricoli, contavvenendo alla protezione internazionale dei diritti dell'uomo e ai diritti dei popoli enumerati nella Dichiarazione di Algeri.

3) - La terza categoria di accuse chiama il Governo brasiliano insieme agli enti pubblici e privati già citati (v.punto 1) responsabili di violazioni multiple dei diritti e doveri legati alla salvaguardia dell'ambiente e al mantenimento dell'equilibrio ecologico dell'Amazzonia, con conseguenti sofferenze e privazioni immediate per il popolo brasiliano e gravi danni alle generazioni future, ma anche con la lesione di interessi regionali più estesi e di quelli della comunità mondiale in violazione del diritto internazionale e della Dichiarazione di Algeri.


III - IL DIRITTO APPLICABILE

1) - Il diritto brasiliano

a) - I principi generali del diritto internazionale, in particolare quelli che garantiscono i diritti fondamentali, sono stati incorporati nel sistema giuridico brasiliano, in primoluogo nel diritto costituzionale. Tra i diritti che l'art.231 della Costituzione brasiliana riconosce agli indigeni è da rilevare il diritto di vivere secondo i loro costumi, le loro credenze e tradizioni. Una garanzia essenziale per la realizzazione di questo diritto è scritta nella Costituzione brasiliana, cioè il riconoscimento solenne dei diritti originali delle popolazioni indigene sulle terre che occupano per tradizione, intese come quelle che esse abitano, dove vivono e la cui fruizione è indispensabile alla loro sopravvivenza fisica e alla continuità della loro cultura.

La Costituzione in questo particolare ambito è di immediata applicazione (self-executing), senza che alcuna legge la debba completare e ha incorporato la legislazione precedente, specialmente lo Statuto dell'Indio (Estatuto do Indio).

b) - Quanto ai diritti dei lavoratori rurali e dei seringueiros, essi sono coperti dalle convenzioni internazionali del lavoro dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, in particolare dalla Convenzione n.95 già ratificata dal Brasile il 15 giugno 1965 /Decreto di promulgazione n.58.822 del 14 luglio 1966), e della Convenzione n.95 già ratificata dal Brasile il 25 aprile 1957 (Decreto di promulgazione n.47.721 del 25 luglio 1957). Queste due convenzioni aboliscono ogni forma di lavoro forzato, di condanna alla schiavitù per debiti e di servaggio. Inoltre, benchè l'art.17 della Covenzione n.95 sopracitato autorizzi gli Stati firmatari a fare uso di una facoltà di riserva per certe regioni, il Brasile non ha mai esercitato questo diritto.

Il diritto del lavoro in vigore in Brasile proibisce inoltre ogni forma di servaggio, secondo il combinato disposto degli artt.457 e seguenti delle leggi del lavoro (consolidacáo das leis do trabalho) artt.90 e seguenti del decreto n.73.625/74 e art.149 del codice penale.

c) - È chiaro che la maggior parte delle pratiche che danneggiano l'ambiente sono state attuate in flagrante violazione della legislazione brasiliana relativa all'ambiente e alle risorse naturali in vigore da tempo nel Paese: Código Florestal 1965, Código de Pesca del 1967, Código de Aguas 1989, Lei da política nacional de Meio Ambiente 1981, Código penal 1939.

Queste violazioni hanno potuto e possono verificarsi a causa della deliberata passività degli organi pubblici responsabili dell'applicazione delle leggi; esse sono il risultato di una errata scala di priorità politiche e finanziarie statali. A parte questa fragilità istituzionale, occorre ricordare che da tempo in Brasile esiste una vera e propria impunità per la violazione delle leggi, a causa della carenza degli organi pubblici responsabili della attuazione delle politiche considerate prioritarie per lo sviluppo nazionale. È ciò che, nel caso dell'Amazzonia, viene espresso con il concetto "integrare per lasciar cadere".

Inoltre l'adozione della Costituzione del 1988 ha creato una nuova situazione giuridica in Brasile : essa non ha soltanto dichiarato il diritto di tutti ad un ambiente ecologicamente equilibrato, ma vi ha incluso una preoccupazione per le generazioni future. Sono previste specificamente funzioni istituzionali relative alla difesa degli interessi comuni a tutti e dei diritti particolari delle popolazioni indigene. La foresta amazzonica è dichiarata patrimonio nazionale e il suo sfruttamento non è permesso se non garantisce la conservazione dell'ambiente, incluse le sue risorse naturali.

A tutt'oggi la nuova Costituzione non ha ancora potuto produrre tutti i suoi effetti, in particolare perchè il dispositivo che trasforma la foresta amazzonica in patrimonio dipende da una legge di attuazione che non è stata ancora promulgata.

2) - Diritto internazionale

Dai vari elementi forniti al Tribunale (testimonianze, deposizioni di esperti, documenti...) appare chiaramente che le politiche seguite dalle autorità brasiliane violano in vario modo le norme del diritto internazionale regolarmente applicabili nella fattispecie. Due addebiti vanno mossi in particolare sotto questo aspetto: essi concernono rispettivamente la sorte riservata alle popolazioni locali, in primo luogo quelle indigene e il rispetto all'ambiente.

a) - i diritti dell'uomo

Quali che siano stati gli obiettivi perseguiti dalle autorità brasiliane, si deve constatare che le politiche che le stesse hanno messo in opera in Amazzonia si sono accompagnate a palesi violazioni dei diritti fondamentali della persona umana, che sono stati enunciati tra l'altro nella Dichiarazione Universale del 10 dicembre 1948, nei Patti delle N.U. del 16 dicembre 1966 e nella Convenzione americana del 22 novembre 1969, oltre che in altre Convenzioni internazionali tra cui sono da menzionare in particolare le Convenzioni dell'O.I.L. che garantiscono la dignità dei lavoratori e il rispetto delle libertà sindacali.

In proposito sono in particolare da sottolineare le violazioni:

- dell'interdizione della schiavitù e del servaggio;

- dell'interdizione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti;

- del diritto a condizioni di lavoro giuste e onorevoli;

- del diritto alla libertà e alla sicurezza;

- del diritto effettivo al ricorso giurisdizionale;

- dell'interdizione di qualsiasi discriminazione.

Senza dubbio le violazioni di questi diritti non furono sempre opera delle autorità pubbliche; assai sovente infatti dei privati, e principalmente le imprese straniere che utilizzavano la popolazione locale, si sono resi colpevoli della violazione di diritti fondamentali. Anche in questi casi tuttavia bisogna condannare le autorità brasiliane per aver consentito che si commettessero sul loro territorio delle infrazioni così gravi senza prendere le misure effettivamente necessarie per prevenirle o reprimerle .

Superfluo sottolineare a questo proposito che nè qualsiasi disordine ambientale , nè ogni altra considerazione concernente difficoltà economiche e sociali possono giustificare una così barbara violazione dei diritti più elementari della persona .

b) - diritti delle popolazioni indigene

Dietro queste ripetute violazioni dei diritti individuali traspare un misconoscimento più sistematico dei diritti delle popolazioni indigene e in primo luogo di quelle la cui stessa sopravvivenza è messa in pericolo dalle politiche di distruzione del loro ambiente naturale perseguite in Amazzonia .

Questi diritti delle popolazioni dette indigene sono oggi chiaramente affermati in diversi strumenti internazionali adottati in particolare nell'ambito dell'O.I.L. e dell'UNESCO. Essi del resto non sembrano essere sostanzialmente contestati dal Brasile. Nella Dichiarazione sull'Amazzonia adottata il 6 maggio 1989 dagli Stati firmatari del Trattato in Brasilia del 3 luglio 1978 sulla cooperazione in Amazzonia, le autorità sono concordi, per esempio, nel "reiterare il nostro pieno rispetto per il diritto della popolazione indigena della regione amazzonica a che siano adottate tutte le misure volte al mantenimento e alla preservazione dell'integrità di questi gruppi umani, della loro cultura e del loro habitat ecologico"; parimenti, il Brasile sostiene nel quadro delle Nazioni Unite gli sforzi compiuti dalla Sottocommissione sulla Prevenzione delle Discriminazioni e sulla Protezione delle Minoranze per precisare questi diritti delle popolazioni indigene che esprimono il diritto fondamentale di ogni popolo, qualunque esso sia, a disporre di sè.

Ciò che questo diritto implica concretamente rimane senza dubbio relativamente incerto e richiede comunque di essere valutato alla luce di tutte le circostanze pertinenti. Detto ciò il Tribunale sottolinea che esso implica almeno il diritto di ogni popolazione di conservare la propria identità culturale, il che richiede non soltanto che i suoi membri possano praticare liberamente la propria lingua, religione, credenze... ma anche che sia ragionevolmente protetto il loro ambiente naturale, specialmente quando questo costituisce, come è nella fattispecie, il supporto essenziale della loro cultura.

Il Tribunale constata a questo riguardo che diverse leggi sono state formalmente adottate in Brasile per proteggere le popolazioni indigene. Ma si deve pure constatare, come risulta ampiamente dai lavori della presente sessione, che per quanto lodevoli abbiano potuto essere le intenzioni del legislatore, i diritti elementari delle popolazioni amazzoniche sono stati di fatto apertamente misconosciuti. Così come non hanno rispettato le persone, le autorità brasiliane non hanno permesso alle popolazioni di cui queste persone erano membri, di vivere e di svilupparsi liberamente secondo il loro indiscutibile diritto.

Queste violazioni - evidenti - del diritto di un popolo, costituiscono un genocidio ai sensi della Convenzione del 9 dicembre 1948. L'accusa, particolarmente grave, è stata chiaramente formulata davanti al Tribunale. Affinché essa possa essere accolta, tre condizioni devono essere verificate:

- occorre in effetti che si sia in presenza di un "gruppo nazionale, etico, razziale o religioso";

- uno o l'altro degli atti di distruzione considerati nell'art. 2 della Convenzione;

- l'intenzione di distruggere il gruppo "in quanto tale".

Le due prime condizioni sono nella fattispecie certamente soddisfatte. Nessuno può negare in effetti che le popolazioni indigene costituiscono dei gruppi etnici o razziali. Anche se la Convenzione non reprime il genocidio cosiddetto culturale - che oggi si cerca di incriminare specificatamente sotto il nome di "etnocidio" - è però certo che l'esame della situazione effettuato dal Tribunale rivela delle "uccisioni" o altri "attentati gravi all'integrità fisica o mentale dei membri del gruppo", se non all'assoggettamento "a condizioni di vita che necessariamente comportano la sua distruzione fisica e totale o parziale".

La prova della terza condizione è, per sua natura, particolarmente delicata. Non è mai semplice infatti stabilire l'esistenza di un elemento intenzionale, dato che la prova nel caso specifico è tanto più ardua in quanto l'intenzione stessa di distruggere un gruppo non ha alcuna probabilità, quale che sia la follia dei tiranni, di essere mai apertamente confessata. Ciò detto, il Tribunale deve constatare che una prova sufficientemente convincente circa l'intenzione di distruggere le popolazioni indigene in quanto tali non gli è stata sottoposta.

Soltanto il gran numero delle vittime potrebbe far ritenere che sussiste tale intenzione. L'indizio non sembra tuttavia affatto decisivo, tenuto conto sopratutto delle numerose leggi a tutela degli indigeni di cui i testimoni e gli esperti hanno a più riprese denunciato la disapplicazione, ma di cui nessuno ha fondamentalmente messo in dubbio il principio, tenuto conto della pretesa mostruosa doppiezza di cui esse sarebbero l'espressione.

Che non ci sia genocidio non significa ovviamente che i comportamenti siano conformi al diritto. Al contrario il Tribunale intende sottolineare con forza che essi devono suscitare la più severa condanna ad essere debitamente repressi, anche se i presupposti del genocidio, "crimine contro l'umanità", non siano presenti allo stato dei fatti comunicati al Tribunale.

c) - Diritto dell'ambiente

Le politiche perseguite dalle autorità brasiliane in Amazzonia non violano soltanto i diritti individuali o collettivi delle popolazioni insediate in queste regioni, saccheggiate distrutte da coloro che ne depredano impunemente le ricchezze; esse mettono anche a repentaglio il diritto di tutti i membri della comunità internazionale ad un ambiente sano, del cui precario equilibrio ognuno è responsabile.

I pericoli che le politiche perseguite in Amazzonia dalle autorità brasiliane fanno correre all'ambiente del pianeta sono stati a più riprese messi in luce davanti al Tribunale, che si tratti ad esempio delle conseguenze drammatiche dell'aumento dell'effetto serra o delle modificazioni climatologiche legate alla scomparsa della foresta amazzonica.

Il Tribunale constata che allo stato attuale non è possibile esprimersi con rigorosa certezza su questo punto, così come non esistono regole di diritto internazionale che impongano nella fattispecie delle norme molto specifiche, al di là delle varie Convenzioni che sono state recentemente concluse in materia di ambiente, di cui nessuna, peraltro, concerne direttamente i rischi inerenti alla distruzione delle foreste dell'Amazzonia.

Ciò posto, contrasta comunque con il diritto internazionale il fatto che le autorità brasiliane abbiano deciso da sole e unilateralmente di procedere a dei lavori o ad altre iniziative che rischiano di recare un pregiudizio irreparabile all'umanità nel suo insieme, e ciò malgrado le numerose risoluzioni o altri avvertimenti che gli sono stati rivolti. A uno Stato non è infatti mai consentito, se non dopo essersi debitamente informato delle prevedibili conseguenze della sua politica e aver misurato gli effetti pregiudizievoli che possono risultare, in stretta collaborazione con gli altri Stati interessati, di impegnarsi, nel momento in cui le più gravi minacce incombono sul pianeta, in azioni che non potrebbe presumere di padroneggiare da solo. Poiché l'ambiente è fondamentalmente cosa di tutti e oggi è divenuto particolarmente critico, si deve condannare lo Stato che intenda perseguire da solo per finalità, proprie - per quanto legittime di per sè - politiche che rischiano di rivelarsi disastrose per l'umanità.

Nè la sovranità, nè il controllo esclusivo di uno Stato sulle sue risorse naturali, nè le esigenze del suo sviluppo, possono su questo fornire una qualsiasi giustificazione a delle pratiche condannabili. Per quanto imperiose siano le esigenze dello sviluppo e per quanto ben fondata sia la sovranità, ciò non può in alcun caso autorizzare uno Stato a disporre da solo e unilateralmente del patrimonio comune a tutta l'umanità, specie nel momento in cui la sua stessa salvaguardia è messa direttamente in causa.


IV. RESPONSABILITÀ

Tutte le violazioni definite or ora sono imputabili a delle persone fisiche determinate, operanti a differenti livelli, in gruppi più o meno importanti (organizzatori, mandanti, esecutori) e spesso nel quadro di una società commerciale o di una persona giuridica.

La definizione delle responsabilità penali, civili, amministrative di questi soggetti è (o dovrebbe essere) compito dello Stato brasiliano e dei suoi organi, ai quali incombe in primo luogo, sul piano del diritto costituzionale interno e del diritto internazionale, il dovere di impedire tali comportamenti e di assicurare la protezione delle persone e dei beni che ne sono colpiti.

Orbene, gli elementi portati all'attenzione del Tribunale dimostrano che i successivi governi brasiliani, specialmente a seguito della decisione di aprire delle nuove frontiere economiche - simbolizzata dalla costruzione di Brasilia - hanno messo in opera un progetto di occupazione dell'Amazzonia con il fine pretestuoso di provvedere alla difesa del territorio e di sfruttamento economico. I mezzi con cui questo progetto è stato portato avanti e di cui si è data notizia più sopra, si fondano tutti sul postulato secondo cui l'Amazzonia era uno spazio vuoto e suscettibile di trasformazioni radicali, ignorando i suoi equilibri millenari e la funzione che esso aveva nell'ecosistema della regione e della terra. Ciò inevitabilmente comporta che, via via che si scoprivano i popoli che abitavano tale spazio, li si considerava come una moltiplicazione incresciosa e addirittura come un ostacolo al progetto piuttosto che come degli interlocutori e dei soggetti attivi.

Lo stesso è avvenuto, in gradi diversi, per gli altri gruppi umani che la penetrazione in Amazzonia portava a installarsi nella regione. Questa politica provocava ineluttabilmente una serie di aggiustamenti in violazione della legislazione che, anche all'epoca, proteggeva in una certa misura gli uomini e la natura. L'avvento della dittatura militare non ha fatto che accelerare e accentuare questo processo: da un lato l'illegalità è diventata la regola essendo la Costituzione e le leggi completamente subordinate agli obiettivi della sicurezza nazionale; dall'altro lato lo sviluppo concepito secondo un modello di industrializzazione esasperato è diventato uno degli obiettivi della stessa sicurezza nazionale. Il binomio sicurezza - sviluppo è diventato la vera costituzione del Paese. La formula "integrar para nao entegrar" (integrare per non abbandonare) è diventato il motto del nuovo Stato.

Il ritorno alla democrazia si è accompagnato a una forte domanda di regole democratiche e di garanzie per i diritti fondamentali e si è espresso nei dibattiti del paese all'epoca dell'assemblea costituente, poi nell'adozione di una Costituzione molto avanzata. Questa infatti traduce in proposizioni normative molto precise una presa di coscienza collettiva del primato della dignità di ogni persona e di ogni gruppo umano, dei diritti inalienabili degli indigeni, della tutela dell'ambiente e dei doveri dello Stato a questo riguardo.

Ciò nonostante la situazione di illegalità non è cessata. I nuovi principi, sebbene di applicazione immediata secondo l'art. 5 par. 1 della Costituzione, hanno reso ancor più evidente il carattere strutturale di tale illegalità. Infatti il progetto di occupazione dell'Amazzonia non è stato abbandonato; al contrario è proseguito e ha persino avuto un nuovo impulso che, insieme con il progresso della tecnologia, ha spinto in questa corsa masse sempre più numerose di uomini che hanno moltiplicato le aggressioni agli esseri umani e alla natura.

Il livello accresciuto di coscienza all'interno e all'esterno del Brasile ha suscitato una resistenza a queste aggressioni e moltiplicato i conflitti che, a loro volta, hanno generato atti di repressione. Al tempo stesso queste violenze sono state oggetto di denunce.

Così, il Governo brasiliano ha dovuto prendere coscienza sempre più della devastazione umana ed ecologica e dei suoi doveri che i nuovi principi costituzionali rendevano tanto più impellenti. Nonostante ciò, la risposta è stata l'occupazione dell'Amazzonia, l'inerzia degli organi di giustizia e di polizia di fronte agli atti di violenza e a volte persino la complicità che si è tradotta nel rifiuto dei mezzi per l'esecuzione delle decisioni del giudice allorché gli organi giudiziari, rompendo con una tradizione di indulgenza verso gli interessi dominanti, hanno assicurato la loro funzione di tutela dei diritti.

Questo atteggiamento del Governo, d'altronde, spiega il ruolo negativo svolto dagli enti governativi che - come la FUNAI - avrebbero il dovere giuridico di assicurare il rispetto degli indigeni e che diventano in realtà corresponsabili della loro distruzione.

Tenuto conto delle considerazioni precedenti, il Tribunale afferma che il Governo brasiliano è responsabile delle gravi e reiterate violazioni dei diritti fondamentali di cui si è detto sopra, ivi compreso il diritto all'ambiente. Dette violazioni si presentano come conseguenze necessarie della politica perseguita nei riguardi dell'Amazzonia dai governi brasiliani che si sono succeduti a partire dagli anni '60.

La difesa ha giustificato la condotta del Governo brasiliano sostenendo che quest'ultimo sarebbe stato costretto - al fine di esercitare il suo diritto sull'ambiente, di rendere la sua economia in grado di competere sul mercato internazionale, di far fronte al suo debito estero - a proseguire nel processo di sfruttamento dell'Amazzonia e da mantenere un elevato saggio di crescita economica.

I dati e gli indici economici forniti al Tribunale hanno messo in luce che quest'argomentazione è infondata, giacché la situazione economica del Brasile continua a peggiorare.

Ma al di là di questa obiezione, il Tribunale deve affermare che lo sviluppo economico non può realizzarsi se non rispettando i diritti dell'uomo e dei popoli, e le norme costituzionali che sono espressione della volontà popolare. La legittimità dei governi e della loro condotta non possono fondarsi, oggi, che sulla sovranità popolare, quale si esprime in una costituzione liberamente scelta da tutto il popolo.

Lo Stato di diritto determinato dalla Costituzione brasiliana non può essere concepito come un assoluto, ma piuttosto come uno strumento al servizio del popolo per la protezione e il rispetto dei diritti fondamentali. La violazione di questi diritti da parte dello Stato non è espressione della sua sovranità ma, al contrario, una negazione di quest'ultima.

L'autorità dello Stato non può essere invocata per spogliare un popolo della sua sovranità: è il popolo il solo legittimato a determinare non soltanto le mete da raggiungere, ma anche i mezzi per farlo.

La tesi della difesa, lungi dal giustificare la condanna del Governo brasiliano, ne rivela la dipendenza da un modello di sviluppo definito dallo straniero e ciò in contraddizione con il principio invocato della sovranità nazionale. Questo argomento evidenzia al tempo stesso le responsabilità dirette e indirette di Stati stranieri e di istituzioni internazionali.

È infatti il mercato internazionale, dominato dai paesi ricchi, e la loro economia altamente industrializzata, che determinano gli obblighi a cui il Governo brasiliano non sa sottrarsi.Sono questi paesi, in particolare i sette paesi più ricchi del mondo, che stabiliscono i termini di uno scambio disuguale a beneficio dei loro prodotti, e indicano come unica possibilità di sviluppo economico un modello di industrializzazione forzata, divoratore di energia, che suscita dei bisogni di consumo sempre maggiori, e che si fonda su una produzione quantitativamente illimitata.

Questo modello fondato sull'aggressione della natura e sul saccheggio delle sue risorse, trascina nella stessa direzione i paesi in via di sviluppo. Le scelte economiche di questi paesi sono in tal modo determinate dalle economie del Nord che trovano uno sbocco per i beni strumentali da essi prodotti, la loro tecnologia, le loro risorse finanziarie.

In tal modo lo sfruttamento dell'Amazzonia si effettua sopratutto a vantaggio dei paesi del Nord. Basterà ricordare qui il progetto Gran Carajas le cui conseguenze nefaste sono state lungamente illustrate al Tribunale e che è stato in gran parte finanziato dalla CEE malgrado le riserve del Commissario dell'epoca Edgard Pisani.

Parimenti, i finanziamenti di numerosi progetti con conseguenze ecologiche negative sono stati effettuati dalla Banca Mondiale, la cui funzione dovrebbe essere piuttosto di proteggere i paesi in via di sviluppo.Il debito estero che strangola il Brasile è stato in gran parte accumulato a vantaggio delle stesse economie che oggi ne reclamano gli interessi.I programmi di aggiustamento che il FMI impone quasi ogni anno per assicurare il pagamento di tali interessi sono a loro volta gravidi di conseguenze negative per la vita della maggior parte della popolazione amazzonica.

Le istituzioni finanziarie internazionali insieme ai sette paesi più ricchi e alla CEE appaiono dunque responsabili almeno allo stesso titolo dello Stato brasiliano, poiché impongono modelli economici di cui i vari governi del Paese sono stati sino ad oggi uno strumento.


V. DISPOSITIVO

Per questi motivi, in esito ai quesiti che gli sono stati sottoposti, il Tribunale decide quanto segue:

1. La sovranità che la Repubblica Federale del Brasile esercita sul territorio dell'Amazzonia, parte integrante del territorio nazionale, non conferisce soltanto delle prerogative garantite dal diritto internazionale ma comporta anche dei doveri. In primo luogo, il dovere di promuovere il benessere e l'avanzamento di tutti i brasiliani e il rispetto dell'ambiente naturale dell'Amazzonia nell'interesse dell'intera popolazione del Paese, evitando di mettere a repentaglio i diritti particolari dei popoli dell'Amazzonia.Adottando una nuova Costituzione, aderendo a numerosi trattati internazionali sulla tutela dei diritti fondamentali e sul rispetto dell'ambiente naturale, il Brasile ha con ciò stesso riconosciuto dei limiti, entro cui deve essere esercitata la sovranità.

Agli obblighi generali dello Stato appartiene il dovere di dare attuazione alle proprie leggi, di prevenire e reprimere le infrazioni alla propria legislazione. La Costituzione brasiliana e il diritto internazionale impongono anche obblighi particolari nei riguardi delle comunità indigene, occupanti originarie del territorio nazionale e portatrici di propri valori culturali.

Gli elementi di prova acquisiti dal Tribunale evidenziano gravi violazioni dei diritti fondamentali, che scaturiscono sia da azioni arbitrarie compiute dagli organi dell'Autorità, sia dalla insufficiente tutela della vita e dell'integrità fisica di tutti i cittadini.

2. Gli attentati alla vita e all'integrità delle comunità indigene sono state invocate davanti al Tribunale al fine di sostenere l'accusa di genocidio. I due primi elementi di tale crimine contro l'umanità sono stati provati a sufficienza. Quanto all'elemento intenzionale, esso potrebbe risultare dalla reiterazione di tali fatti. Sebbene il Tribunale non abbia ritenuto che tale elemento sia provato al di là di ogni dubbio, deve constatare che se non venissero adottate senza indugio misure adeguate per la protezione delle comunità indigene, l'intenzione di distruggere questi gruppi "in quanto tali" risulterebbe dimostrata.

3. Gli argomenti talora addotti che si rifanno alle necessità dello sviluppo, economico del paese non possono giustificare le violazioni constatate. Il Tribunale rileva tuttavia che un modello di sviluppo di rapina, è stato almeno in parte imposto ai governi brasiliani, particolarmente a causa dell'onere considerevole del debito estero e dell'integrazione del Brasile a un modello di sviluppo ispirato e dominato dai paesi più industrializzati.

I governi che si sono succeduti in Brasile, in particolare il Governo attuale, non sono i soli responsabili del crescente degrado delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione. Le responsabilità esterne sono già state messe in evidenza nella sentenza di Berlino (1988): esse coinvolgono le istituzioni finanziarie internazionali, la CEE e i paesi le cui imprese hanno contribuito alla distruzione di parti notevoli del territorio dell'Amazzonia.

4. Il valore inestimabile dell'Amazzonia per l'equilibrio ecologico del pianeta non può avere il solo effetto di limitare, secondo le norme del diritto internazionale e del diritto dei popoli applicabili a tutti gli Stati, l'esercizio da parte del Brasile delle sue competenze territoriali. L'aggressione di cui le popolazioni dell'Amazzonia sono state le vittime nel corso dell'ultimo decennio, è stata in gran parte una aggressione esterna.

Soltanto un'azione congiunta delle forze politiche ed economiche della comunità universale, la volontà di instaurare un nuovo ordine economico mondiale, possono soddisfare in maniera efficace i bisogni di sviluppo del Brasile, senza attentare ai diritti fondamentali dei popoli dell'Amazzonia e alla salvaguardia del suo ambiente naturale.


VI. PROPOSTA

Vista la necessità di dare rilievo pratico ai suoi lavori e di rimediare alle cause che impediscono il pieno rispetto dei diritti fondamentali delle popolazioni amazzoniche e la utilizzazione adeguata delle risorse naturali della regione, il Tribunale ha ritenuto suo dovere di formulare alcune proposte ispirate ai suggerimenti avanzati dagli esperti.

Alle autorità brasiliane

1) - Tutte le autorità brasiliane hanno il dovere di garantire agli indigeni il godimento immediato e integrale, come specificamente previsto nella Costituzione, di tutti i diritti fondamentali che ai sensi degli artt. 5 e 1, sono immediatamente esigibili.

2) - Il Governo federale deve immediatamente mettere in opera quanto disposto dallo Statuto dell'Indio (legge 6001 del 1973) che prevede la creazione di un Consiglio di Politica Indigenista, la cui composizione dovrà includere dei rappresentanti della società civile e sopratutto degli indigeni. Il Governo federale brasiliano deve mettere in atto ciò che la Costituzione gli impone, vale a dire la demarcazione delle terre indigene con la collaborazione delle comunità interessate. La mancata soddisfazione di questo obbligo non è giustificata dalla carenza di mezzi finanziari, pretesto già invocato al momento dell'occupazione delle terre indigene.

3) - Occorre garantire a tutti i gruppi indigeni l'uso esclusivo delle terre che sono state tradizionalmente da loro occupate e non solo di "isole" staccate dal tutto, tenendo conto della natura propria del diritto di occupazione previsto dall'art. 231 della Costituzione brasiliana.

4) - Le autorità federali e statali brasiliane devono mettere a disposizione dei giudici e dei Tribunali i mezzi necessari perché possano essere effettivamente applicati i diritti degli indigeni in funzione di una loro concreta protezione, perchè sia garantito il rispetto dell'indipendenza e del prestigio del potere giudiziario, indispensabili alla soluzione pacifica dei conflitti.

5) - Il Governo federale brasiliano deve immediatamente revocare i decreti e le altre misure amministrative che pretendono di ridurre il territorio Yanomami a 19 "isolotti" completamente isolati. Questa misura incostituzionale sottrae agli Yanomami una gran parte delle terre che essi hanno tradizionalmente occupato. Inoltre, ciò è stato una delle cause principali dell'introduzione di malattie, dell'avvelenamento dei fiumi e della perdita delle riserve alimentari che hanno provocato una degradazione fisica e culturale degli Yanomami e fatto aumentare il loro tasso di mortalità.

6) - Le autorità federali brasiliane devono garantire effettivamente a tutti i lavoratori della foresta delle condizioni minime di lavoro, in conformità con i principi che tutelano la dignità dell'uomo e con quanto prevedono la legislazione interna e le norme delle Convenzioni internazionali che sono state incorporate nel diritto positivo brasiliano.

7) - Il Ministero pubblico federale brasiliano dovrà attivarsi affinché vengano chiamati in causa tutti coloro che, in modo diretto o indiretto, per mezzo di interventi armati e altre azioni od omissioni, in particolare con l'uccisione di dirigenti sindacali, siano responsabili di delitti contro la libera organizzazione del lavoro garantita dalla Costituzione brasiliana e dagli accordi internazionali ai quali il Brasile ha aderito.

8) - Il potere esecutivo federale brasiliano deve procurare dei mezzi efficaci e sufficienti affinché il ministero pubblico federale possa promuovere, con rapidità e impiegando mezzi adeguati, il controllo delle violazioni dei diritti di tutti, dei diritti specifici degli indigeni e del diritto alla libera organizzazione del lavoro, chiamando in causa la responsabilità civile, amministrativa e penale di coloro che hanno commesso quegli abusi.

9) - Il potere esecutivo e il Ministero pubblico della Federazione e degli Stati brasiliani devono provvedere alla punizione effettiva e rapida dei responsabili diretti o indiretti di azioni che possono configurare il reato di genocidio, come quelle che hanno provocato la morte in breve di un gran numero di Yanomami e di membri di altri gruppi indigeni.

10) - Il potere esecutivo federale brasiliano deve senza indugio sottoporre al Congresso Nazionale, dopo aver consultato le comunità interessate, tutte le autorizzazioni già concesse per la ricerca e lo sfruttamento nei territori indigeni e ciò in conformità all'espresso dettato della Costituzione brasiliana tenuto presente che le norme costituzionali devono essere applicate immediatamente e che i diritti già acquisiti non possono prevalere sulle norme stabilite nella nuova Costituzione con le quali risultino in conflitto.

11) - I poteri legislativo ed esecutivo della Repubblica Federale del Brasile devono stabilire delle norme e sviluppare azioni tese a proibire i processi e le tecniche di sfruttamento del suolo e del sottosuolo che costituiscano una grave aggressione dell'ambiente e del patrimonio genetico dell'umanità, come nei casi dell'avvelenamento delle acque con il mercurio, della distruzione delle foreste e dello sterminio di specie animali e vegetali.

12) - Tutti gli organi governativi brasiliani devono dare il loro sostegno tecnico affinché si proceda urgentemente ad una valutazione preventiva dei progetti suscettibili di attentare ai diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dalle norme internazionali incorporate nel diritto positivo brasiliano, così come dei progetti suscettibili di avere effetti dannosi sull'ambiente. A tale valutazione dovrà essere data ampia pubblicità.

13) - L'azione permanente delle organizzazioni rappresentative della società civile e dei membri del Congresso nazionale brasiliano deve essere stimolata e incoraggiata da tutti al fine di impedire che gli enti finanziari internazionali procurino dei mezzi per la realizzazione dei progetti senza valutazione preventiva. Deve essere assicurata un'ampia pubblicità circa gli effetti conseguenti la realizzazione di tali progetti sulla società e sull'ambiente.

14) - Il potere esecutivo federale brasiliano e le imprese che esercitano la loro autorità in Brasile devono orientare lo sfruttamento economico delle ricchezze dell'Amazzonia a favore del consolidamento di popolazioni permanenti, in condizioni degne di insediamento e di lavoro, garantendo il rispetto effettivo di tutti i diritti fondamentali e della salvaguardia delle particolarità culturali di ciascun gruppo, così come l'equa partecipazione ai risultati economici e ai benefici sociali che risultano dal lavoro.

15) - Lo sfruttamento economico delle ricchezze dell'Amazzonia dovrà sempre tener conto della rinnovabilità o della sostituibilità delle ricchezze naturali e si dovrà dare la preferenza alle forme di sfruttamento che non trascurino le caratteristiche della regione e delle sue popolazioni e che assicurino un lavoro permanente al maggior numero possibile di persone.

16) - Nessuno Stato potrà partecipare alla distruzione del patrimonio ecologico e culturale dell'Amazzonia finanziando delle attività nocive, concorrendovi, o autorizzando l'importazione di sostanze che possono causare un grave pregiudizio alla salute degli abitanti o al patrimonio ecologico amazzonico.

17) - Le università, gli istituti di ricerca e gli enti che finanziano la ricerca scientifica in Brasile dovranno dare tutto il loro appoggio alle iniziative aventi come obiettivo la conoscenza e la diffusione delle culture indigene, sopratutto per ciò che concerne i rapporti degli indigeni con la natura.

b) Proposte rivolte alla comunità internazionale.

L'Amazzonia appartiene al Brasile. Tuttavia l'umanità intera beneficia del suo ruolo di equilibratore ecologico. Perciò i paesi più ricchi, la cui responsabilità nella distruzione di questo patrimonio è stata dimostrata, dovrebbero partecipare ai costi della sua conservazione, indennizzando il Brasile del mancato lucro conseguente alla rinuncia all'attuale metodo di sfruttamento. È bene indirizzare delle proposte specifiche ai diversi organi e operatori, gli uni della comunità internazionale propriamente detta, gli altri appartenenti alla società civile internazionale.

1) Le istituzioni finanziarie internazionali e, in particolare, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno sostenuto e finanziato dei progetti considerevoli senza prestare sufficiente attenzione alle loro nefaste conseguenze per le popolazioni e per l'ambiente dell'Amazzonia. Questi organismi dovrebbero misurare tali conseguenze prima di dare il loro sostegno finanziario.

2) La Comunità Economica Europea ha concesso dei prestiti (in particolare per l'installazione dell'impianto di Carajas) al solo fine di procurare delle fonti di approvvigionamento per l'industria europea, senza tenere conto degli avvertimenti che le erano stati rivolti, come è stato testimoniato in particolare dal Prof. Ruellan. La CEE deve in futuro essere più attenta agli effetti nefasti di tali progetti per i paesi extra-comunitari.

3) Le regole di condotta applicabili alle imprese transnazionali, in particolare quelle elaborate dall'O.I.L e dall'O.C.S.E., impongono a queste imprese di esercitare la loro attività nell'interesse delle popolazioni e del benessere dei paesi in via di sviluppo. Per quanto insufficienti allo stato attuale, queste regole dovrebbero in futuro essere rispettate. La Commissione delle N.U. sulle imprese transnazionali, i cui lavori sono in corso, dovrebbe elaborare delle regole più precise sulla tutela della popolazione e dell'ambiente dei paesi dove tali imprese esercitano la loro attività.

4) Risultando insopportabile il mantenimento del debito al suo attuale livello, dovrebbero escogitarsi rimedi adeguati. Si propone l'adozione di misure urgenti per ridurre, e ove possibile estinguere, il debito del Brasile nel quadro di un programma più ampio di alleggerimento del debito stesso a vantaggio del Terzo Mondo in generale. Per quanto augurabile per dei paesi fortemente indebitati, un tale alleggerimento non è tuttavia sufficiente. È solo il primo passo sulla via di una ristrutturazione profonda dell'economia mondiale che consenta in particolar modo di assicurare un'inversione dei flussi di capitali, accompagnata da nuovi flussi verso i paesi in via di sviluppo.

5) Per garantire questo processo è indispensabile che il FMI modifichi radicalmente la sua politica in materia di condizionabilità: esso deve in particolare rinunciare a imporre una disciplina fiscale ai paesi del Terzo Mondo e insistere invece sulla necessità di utilizzare i nuovi capitali in funzione del benessere di ogni paese vegliando che le autorità pubbliche, le imprese e le banche rispettino i diritti dell'uomo e si conformino alle esigenze interne e internazionali della salvaguardia dell'ambiente.

6) Si deve contribuire all'eliminazione degli ostacoli al commercio internazionale di cui soffrono il Brasile e gli altri paesi del Terzo Mondo, in modo che essi possano accedere ai mercati dell'Europa e dell'America del Nord a condizioni favorevoli per lo sviluppo delle loro economie. Il prezzo dei prodotti di base deve essere stabilizzato nel quadro del nuovo ordine economico internazionale.

7) Si fa appello alle organizzazioni non governative e ai movimenti associativi affinché sorveglino il progresso del Brasile, tutelando gli interessi delle diverse popolazioni indigene, nel rispetto dei diritti dell'uomo enunciati nei principali strumenti di diritto internazionale, garantendo l'osservanza delle regole del diritto internazionale sulla difesa dell'ambiente e pubblicando periodicamente dei rapporti a tale riguardo.


Questo documento è tratto dal libro TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI Le sentenze: 1979 - 1991
E' possibile richiederlo direttamente alla NCE o all' ASICUBA