II.LE RIVENDICAZIONI DEL POPOLO FILIPPINO
2. La situazione del popolo Filippino non è unica. È la situazione della maggior parte dei popoli del Terzo Mondo, dominati da un'economia capitalistica in espansione che nella fase presente di concentrazione e di internazionalizzazione tende ad aumentare e ad accelerare. Il risultato è che paesi come le Filippine sono costretti ad una dipendenza crescente nei confronti delle potenti istituzioni economiche che possono così imporre una determinata politica nel settore degli investimenti, dei salari, dell'esportazione dei capitali, delle rimesse dei profitti, ecc. Tale politica promuove nello stesso tempo la crescita economica complessiva e l'impoverimento della maggior parte della popolazione. Secondo questo modello contraddittorio il prodotto nazionale lordo è aumentato da 77.958 milioni di pesos nel 1977 a 82.477 nel 1978, mentre il reddito reale dei coltivatori di riso, per esempio, è diminuito del 53,4% tra il 1976 e il 1979 e il reddito reale dei lavoratori dei centri urbani è diminuito del 39% dal 1972 al 1978. Mentre nel 1952 la media dei lavoratori acquisiva lo 0,36 del valore di ogni peso che produceva, nel 1971 ne acquisiva lo 0,24 e solo lo 0,09 nel 1975. È chiaro che quando il profitto e il potere economico diventano criterio assoluto della produzione, lo "sviluppo" si svolge nella totale negligenza dei bisogni dell'uomo e dell'ambiente naturale. L'internazionalizzazione dell'economia di mercato priva così il popolo del diritto di decidere da sè del proprio destino economico e culturale.
3. È anche vero che, nonostante i problemi in comune con gli altri paesi del Terzo Mondo, le Filippine sono in qualche modo un caso unico. Questo paese è un'antica colonia degli USA che continua a vivere un processo incompiuto di decolonizzazione. È un paese legato con innumerevoli trattati e accordi politici ed economici agli Stati Uniti d'America. Nel 1946 fu concesso il trattamento nazionale sia ai cittadini che alle società americane.
Nel 1951 l'Accordo Quirino-Foster sulla cooperazione tecnica ed economica varava il principio di una stretta supervisione americana sulle decisioni economiche del paese. L'accordo Laurel-Langley del 1954 legava il sistema monetario filippino al dollaro, il cui valore in pesos non poteva essere cambiato senza l'autorizzazione degli Stati Uniti d'America. Questo sistema di trattati ineguali permetteva agli USA il controllo virtuale sul governo delle Filippine e rendeva possibile la stipulazione di trattati simili con altri paesi, specialmente il Giappone. Occorre anche sottolineare come gli investimenti USA sono l'80% di tutti gli investimenti esteri nelle Filippine e il 60% degli investimenti complessivi degli USA nel sud-est asiatico.
4. Lo sfruttamento economico delle risorse locali, comprese le risorse naturali e la manodopera locale agricola e industriale, è andato crescendo negli ultimi anni. Ciò è la conseguenza del ruolo che hanno le potenze economiche esterne, in particolare le società transnazionali e le banche estere. Nel 1978, fra le prime mille società operanti nelle Filippine, vi erano 324 multinazionali, con il 52,6% delle vendite globali e il 66,7% del reddito complessivo. Tra le società multinazionali, quelle che operano nel settore dell'agrindustria sono le più importanti. Quattro società sono proprietarie di 27.000 ettari di piantagioni di banane. Una di queste, la Del Monte, è proprietaria anche di 9.000 ettari di piantagioni di ananas; un'altra è la Dole. Fra le miniere che sono di proprietà di non filippini, la Benguet ha un ruolo molto importante. Nel settore industriale la Mitsui ha importanti investimenti e nel settore delle banche deve essere ricordata la Chase Manhattan Bank.
5. Con provvedimenti di carattere chiaramente politico e, in particolare con l'imposizione e l'istituzionalizzazione della legge marziale, che è divenuta strumento permanente e indispensabile del potere, il governo di Marcos fa da intermediario in questo processo di sfruttamento economico internazionale e da strumento dell'oppressione locale. Durante i due anni che precedettero la legge marziale, gli investimenti esteri ammontavano a 16,3 milioni di dollari e nei due anni successivi (1972-1973) questi salirono a 362,1 milioni. L'aumento dei capitali delle società straniere presenti nelle Filippine al momento della dichiarazione della legge marziale fu del 1.100%, passando da 83,7 milioni a più di un miliardo di pesos. Questi aumenti del profitto derivavano dal controllo repressivo della manodopera e delle istituzioni democratiche. L'Ordinanza Generale N° 5 proibisce il diritto di sciopero. Il Decreto N° 21 dà diritto alle imprese di licenziare senza preavviso ogni lavoratore che si opponga al sistema di produzione. Con il Decreto N° 143 la domenica non è più festa obbligatoria per i lavoratori. Il Decreto N° 148 restringe i privilegi delle donne gravide. Il Decreto N° 823 è venuto a rafforzare l'Ordinanza Generale N° 5, vietando a qualsiasi organizzazione estera di appoggiare direttamente o indirettamente le organizzazioni dei lavoratori, eccetto che attraverso i sindacati ufficiali riconosciuti dal Ministero del Lavoro. Ci sono stati arresti arbitrari di centinaia di persone, compresi tre senatori e diversi sacerdoti. Molte delle persone arrestate sono ancora in prigione. Con un'ordinanza del Governo è stata proibita ogni forma di protesta pubblica, sospeso il diritto dell'Habeas corpus, giornali, reti televisive e radio sono stati chiusi e dipendenti governativi licenziati arbitrariamente.
6. Una parte delle classi dominanti delle Filippine si è associata a questo processo di sfruttamento costruendo la propria ricchezza e la propria influenza grazie alla collaborazione con il potere politico ed esercitando funzioni subalterne nelle operazioni locali delle società multinazionali. Esse hanno anche accumulato ingenti fortune mediante pratiche disoneste. Può essere ricordato, ad esempio, che il Ministro della Difesa, Juan Ponce Enrile, è riuscito a ottenere il controllo su tutta l'industria della noce di cocco, attraverso la sua influenza nel governo. Allo stesso tempo i lavoratori di questo settore (che ammontano a 15 milioni con le loro famiglie) sono divenuti la categoria più colpita dalla diminuzione del salario reale. Mentre Enrile ha potuto accumulare ingenti proprietà immobiliari.
7. Nel mettere in esecuzione la propria politica il governo di Marcos ha particolarmente violato i diritti delle minoranze etniche, come per esempio i Kalinga e i Bontoc, che sono stati privati della loro terra, senza adeguata indennità o risistemazione e devono assistere alla distruzione della loro cultura. Diversi leaders delle minoranze sono stati assassinati e torturati.
8. Il governo di Marcos conduce anche una guerra su larga scala contro il popolo Bangsa-Moro, facendo uso dell'esercito filippino, dell'aviazione e della marina per il bombardamento dei villaggi. Questo intervento violento ha provocato eccidi di massa e l'espulsione di migliaia di persone dalla loro terra, con il risultato che 250.000 abitanti sono ora profughi nel vicino stato di Sabah, in Malesia.
9. La politica economica del governo filippino è sempre più pilotata e persino elaborata da istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca per lo Sviluppo dell'Asia. Le principali caratteristiche di tale politica a partire in particolare dal 1972 (legge marziale) sono le seguenti: il flusso illimitato di investimenti e di profitti esteri; lo smantellamento della struttura finanziaria di protezione; l'industrializzazione del settore dell'esportazione mediante la centralizzazione del mercato di numerosi prodotti destinati all'esportazione; l'assicurazione di una manodopera a buon mercato e non organizzata. Così, per esempio, l'allargamento delle piantagioni dello zucchero e della noce di cocco (che è stato di 663.000 ettari tra il 1972 e il 1976) ha avuto come conseguenza una diminuzione della produzione di riso (3,1 milioni di tonnellate nel 1970 contro 3,2 milioni nel 1960), nonostante l'aumento della popolazione e con un deficit complessivo di 400.000 tonnellate. Il consumo medio pro-capite è di kg. 76 all'anno contro i 104 kg. degli altri paesi dell'ASEAN, mentre il minimo indispensabile è calcolato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità a 114 kg. I programmi di aiuto dei paesi esteri rafforzano in pratica questa politica economica. Il Centre for International Policy di Washington, D.C. calcolava che, tra il 1976 e il 1978, solo il 22% degli aiuti americani rientravano nei programmi di cui beneficiavano direttamente i poveri. Il resto andava distribuito nelle seguenti voci: prestiti per la produzione del tabacco; assicurazione di un ramo della Bank of America; aiuti militari; elettrificazione rurale, il cui prezzo era comunque decisamente al di sopra delle possibilità degli strati poveri della popolazione; i prestiti per la bilancia dei pagamenti, la cui conseguenza era l'adozione di una politica governativa tendente a ridurre il salario reale dei settori poveri della popolazione. Nello stesso periodo gli aiuti militari aumentavano del 138%.
10. L'appoggio fornito dagli USA ha chiari scopi di sicurezza interna, come i contributi economici per il potenziamento dell'esercito, l'addestramento di unità antiguerriglia, l'autorizzazione all'esercito USA di effettuare operazioni di sicurezza interna fuori delle basi militari e quindi in territorio filippino. Quando il bilancio militare delle Filippine passò da 584 milioni di pesos nel 1972 a 2.449 milioni nel 1978 (nello stesso periodo il bilancio per l'educazione era passato da 1.360 a 1.499 milioni di pesos), l'assistenza militare degli USA, pari a 60,2 milioni di dollari tra il 1970 e il 1972, quasi raddoppiò, raggiungendo 118,8 milioni di dollari tra il 1973 e il 1975. Ma questa presenza militare degli USA ha anche finalità internazionali, dal momento che le basi americane servono per controllare l'Oceano Pacifico e l'Oceano Indiano ed eventualmente intervenire nel Medio Oriente. Questo stretto rapporto tra il regime di Marcos e il governo USA smentisce la pretesa del governo di far passare il proprio paese per uno stato non allineato.
11. Di fronte ad una simile oppressione il popolo Filippino, che non può utilizzare la maggior parte degli strumenti democratici di difesa e di espressione, si è organizzato con movimenti di resistenza clandestina e anche con la lotta armata, la cui legittimità discende dall'oppressione stessa.
1. Per secoli le isole del sud sono vissute come sultanati separati. Anche durante la colonizzazione americana nelle Filippine, malgrado una formale integrazione, la condizione di separazione dei Moros fu riconosciuta da accordi ed attraverso una politica particolare. Tale riconoscimento si perde solo con il trattato di indipendenza dagli Stati Uniti nel 1946, il quale, nonostante le proteste dei Moros, fondeva in un'unica entità le isole del sud con le Filippine del nord.
2. Le isole del sud hanno una cultura distinta. Con l'avvio della dominazione coloniale americana ai primi del secolo, la popolazione di Mindanao e di Sulu era per il 98% di religione musulmana. Nel 1912, con l'appoggio del governo, iniziò un programma di colonizzazione da parte dei Filippini cristiani del nord. Questo programma ricevette una forte accelerazione dalla Legge sulle terre pubbliche del 1919, che dichiarava pubblici i terreni ancestrali dei Moros e di altre popolazioni indigene, i cui nuovi certificati di proprietà vennero da quel momento rilasciati dal governo di Manila. Il ritmo di infiltrazione dei pionieri del nord nelle aree dei Moros è aumentato notevolmente dal 1946, particolarmente sotto il regime di Marcos, cosicché adesso i musulmani sono solo il 60% della popolazione, i cristiani Filippini il 25% e al rimanente 15% appartengono altri gruppi etnici e religiosi.
3. Le isole del sud sono prevalentemente agricole con poche e piccole città. Lo sviluppo industriale su larga scala è ancora ai suoi inizi e controllato da imprese estere. Le isole del nord sono più avanzate in questo senso. Per questo i Moros si sentono minacciati dalle imprese filippine e dallo sfruttamento che ne deriva quasi quanto dalle potenze neocoloniali. Come ha detto un rappresentante del Fronte Nazionale di Liberazione Moro: "Abbiamo l'impressione che i filippini siano a mezza strada tra gli americani e noi". E` evidente che i Moros stanno lottando per riconquistare le terre perdute, per mantenere la loro tradizione legata al "barrio" (villaggio) e per decidere e realizzare uno sviluppo tecnologico che sia a loro congeniale.
4. I Moros sono l'oggetto di un programma preciso di allontanamento forzato dalle loro terre di origine e di sterminio fisico. Dei cinque milioni e mezzo di Moros una metà sono attualmente profughi e circa 250.000 si sono rifugiati nello stato di Sabah, in Malesia. È stato documentato che tale emigrazione trova il favore dell'attuale regime filippino. Più esplicitamente i Moros hanno l'impressione di essere in qualche modo "di ostacolo" nel momento stesso in cui si trovano sulla loro terra. È pertanto in corso una politica di trasferimento forzato e di sterminio, che ricorda quanto subirono gli indiani americani che si trovavano sulla strada dell'espansione verso occidente della popolazione bianca degli Stati Uniti d'America.
5. Il programma fissato per le isole del sud non è tanto lo sviluppo industriale quanto lo sfruttamento delle materie prime e dei prodotti agricoli. In quelle poche attività industriali che sono state sviluppate fino ad ora da elementi esterni al paese, i Moros sono scarsamente rappresentati. Essi non vi sono coinvolti né come lavoratori, né come consumatori, dal momento che i principali prodotti sono destinati all'esportazione. Le isole del sud sono notoriamente ricche di risorse. Attualmente Mindanao produce la metà di tutto il granoturco e la noce di cocco delle Filippine, il 20% del riso, il 50% del pesce, il 40% del bestiame, quasi tutte le banane e gli ananas che vengono esportati, l'89% del nichel e del cobalto, il 90% del ferro, il 62% del calcare, quasi tutta la bauxite; il 72% del legname e tutto il caucciù. Eppure le isole di Mindanao e di Sulu sono poco più di un terzo della superficie delle Filippine e hanno meno di un quarto della popolazione totale.
6. La popolazione del sud è ora composta : di una piccola élite di industriali e proprietari terrieri, principalmente filippini e stranieri, di cui una parte soltanto ha le sue origini nella vecchia aristocrazia musulmana; di un gran numero di nuovi contadini filippini poveri proprietari di piccoli appezzamenti di terreno; e dei Moros.
Nel suo rapporto del 21 settembre 1970 alla Banca Mondiale, di cui è presidente, Robert McNamara parlava di ciò che egli chiamava "uomini marginali". Questi, spiegava, sono semplicemente improduttivi, quindi non servono nel quadro dell'economia di mercato. Non servono né come produttori né come consumatori; non solo sono di ostacolo, ma la loro esistenza è un impedimento. Le società americane, giapponesi ed europee e la classe dirigente filippina apparentemente hanno deciso di considerare l'intero popolo Bangsa-Moro come "marginale" e stanno mettendo in esecuzione, con lucida determinazione, un piano di rimozione forzata dalle sue terre e di genocidio, in quanto esso costituisce un impedimento al programma di un preteso sviluppo, che in definitiva non è che lo sfruttamento delle abbondanti risorse dalle isole meridionali unicamente a scopo di profitto.
7. La lotta del popolo Bangsa-Moro, che è rappresentato dal Fronte Nazionale di Liberazione Moro (MNLF) e dall'Esercito Bangsa-Moro ha ottenuto un significativo riconoscimento internazionale. A questo proposito si deve fare riferimento al riconoscimento dell'MNLF da parte della Conferenza Islamica, la quale ha condotto i negoziati, che hanno portato al successivo accordo (Accordo di Tripoli del 23 dicembre 1976) concluso tra l'MNLF e il regime di Marcos. Tale accordo rappresenta un formale riconoscimento dell'MNLF da parte del governo Filippino.
8. Il riconoscimento internazionale della lotta armata del popolo Bangsa-Moro impone l'obbligo al governo Filippino di rispettare in pieno le disposizioni delle Convenzioni di Ginevra per quanto riguarda i combattenti dell'MNLF. Impone altresì agli organismi internazionali l'obbligo di consentire all'MNLF la partecipazione alle loro attività.
Il ruolo del governo di Marcos e degli USA nelle Filippine è praticamente in contraddizione con ogni articolo della Dichiarazione di Algeri. Particolare attenzione va comunque rivolta alle seguenti violazioni:
Br> Il sistema neocoloniale in atto nelle Filippine è in aperta contraddizione con quanto garantisce la Dichiarazione di Algeri agli articoli 2 e 3, e cioè che "Ogni popolo ha il diritto di conservare pacificamente il proprio territorio e di ritornarvi in caso di espulsione". Il neo-colonialismo che si manifesta nelle forme già descritte viola il contenuto dell'articolo 5 che assicura il diritto all'autodeterminazione, e quello dell'articolo 6 che dichiara: "Ogni popolo ha il diritto di liberarsi da qualsiasi dominazione coloniale e straniera diretta o indiretta e da qualsiasi regime razzista".
Più particolarmente l'articolo 8, in rapporto ai problemi economici, dichiara che: "Ogni popolo ha il diritto esclusivo sulle proprie ricchezze e risorse naturali. Esso ha il diritto di rientrare in possesso, se ne è stato spogliato, e di recuperare gli indennizzi pagati ingiustamente". Questo fondamentale principio è in pieno contrasto con la sofisticata struttura economica transnazionale del regime organizzato da Marcos e dagli USA, la quale priva i popoli Filippino e Bangsa-Moro dei loro diritti ed assicura benefici economici illegittimi alle potenze imperialiste straniere e ai loro complici, imprese multinazionali e istituzioni finanziarie internazionali.
L'articolo 10 della Dichiarazione di Algeri, inoltre, afferma in termini netti che: "Ogni popolo ha diritto a che il proprio lavoro sia valutato giustamente e che gli scambi internazionali avvengano a condizioni paritarie ed eque". L'articolo 11 aggiunge che: "Ogni popolo ha il diritto di darsi il sistema economico e sociale da lui stesso scelto e di perseguire la propria via di sviluppo economico in piena libertà e senza ingerenze esterne". I modelli fissati da queste disposizioni sono del tutto contrapposti al sistema che regge la vita economica dei popoli Filippino e Bangsa-Moro, la cui essenza, come dimostra una precisa documentazione, è di sfruttare la manodopera locale e di privare l'intero paese della possibilità di usare le sue risorse nel proprio interesse. Si vuole inoltre qui sottolineare come le istituzioni finanziarie internazionali, quali il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la Banca per lo Sviluppo dell'Asia giochino un ruolo determinante nel favorire la violazione di queste fondamentali disposizioni della Dichiarazione di Algeri.
È anche provato che le imprese multinazionali violano l'articolo 16 della Dichiarazione di Algeri nella misura in cui impiantano nelle Filippine industrie inquinanti. E queste violazioni sono particolarmente gravi nei casi in cui l'industria in questione non ha il permesso di operare nel paese di origine per motivi di pericolo ambientale, così come avviene nel caso dell'impianto Kawasaki di Mindanao.
Il trattamento riservato alle varie minoranze etniche delle Filippine è la diretta e deliberata conseguenza dello stesso sistema neocoloniale. Si tratta di un'aperta violazione di quei diritti delle minoranze che sono indicati negli articoli 19 e 21 della Dichiarazione di Algeri, di cui si rendono colpevoli principalmente tanto il regime di Marcos quanto le imprese multinazionali e le istituzioni finanziarie internazionali. Privando le minoranze etniche delle loro terre ancestrali, il regime di Marcos conduce una politica discriminatoria che ha un chiaro carattere criminale, in quanto porta ad un vero e proprio genocidio di queste popolazioni.
Tutto l'apparato repressivo connesso al sistema di legge marziale imposto dal regime di Marcos viola i diritti civili e politici dei popoli Filippino e Bangsa-Moro con la connivenza, la collaborazione e la partecipazione del governo degli Stati Uniti e dei suoi vari agenti. È risultato che sono in uso sistemi brutali e crudeli per ridurre al silenzio gli oppositori e per impedire che si esprimano anche le forme più pacifiche di opposizione. L'esistenza quotidiana delle popolazioni è divenuta un incubo senza fine per la pratica continuata dell'arbitrio dei corpi di sicurezza sia militari che paramilitari del regime di Marcos. Tali abusi di potere non solo violano la Dichiarazione di Algeri, ma sono anche condannati da precise disposizioni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo riconosciuta ormai da tutti gli Stati quale diritto internazionale generale.
La conclusione d'insieme che si impone circa la violazione dei diritti dei popoli è riassunta nell'articolo 22 della Dichiarazione di Algeri, secondo il quale la non osservanza delle prescrizioni ivi contenute "costituisce una trasgressione di obblighi verso la comunità internazionale nel suo insieme".
Il tipo di riparazione dovuta per queste violazioni è indicato nella Dichiarazione di Algeri, agli articoli 23 e 27, e prevede il diritto a ricevere il risarcimento per le perdite causate dai profitti eccessivi realizzati dalle imprese e dalle banche straniere.
L'articolo 25, in particolare, afferma che "tutti i trattati ineguali, come quelli che legano le Filippine agli Stati Uniti, sono da considerare privi di effetto". L'articolo prevede ancora che non vengano pagati i debiti esteri "eccessivi e insopportabili per la popolazione", descrivendo bene una situazione che è quella del popolo Filippino in conseguenza della politica corrotta e repressiva della dittatura di Marcos. E` significativo che violazioni di questo tipo siano sufficienti, stando all'articolo 27, per "costituire crimini internazionali che comportano la responsabilità penale personale degli autori". Il Tribunale ritiene di concludere nel senso che il sistema neocoloniale di Marcos e degli USA costituisce una impresa criminale continuata ai sensi del diritto internazionale emergente e nel senso che i capi e gli agenti dei due governi vanno ritenuti responsabili personalmente per i crimini descritti.
La Dichiarazione di Algeri afferma inoltre che i movimenti di liberazione e, nel caso specifico, il Fronte Democratico Nazionale (NDF) e il Fronte Nazionale di Liberazione Moro (MNLF), hanno status giuridico loro proprio nell'ambito della comunità internazionale. Essi hanno il diritto, secondo l'articolo 28, di far valere i diritti dei rispettivi popoli, se è necessario, con la lotta armata. Il Tribunale aggiunge anche che per l'enormità dei crimini commessi dal regime di Marcos, questo regime ha perso la sua legittimità e che, al suo posto, ai due movimenti di liberazione va riconosciuta la posizione internazionale di legittimi rappresentanti dei rispettivi popoli.
Le indicazioni particolareggiate su come la Dichiarazione di Algeri sia applicabile rispetto alla documentazione ed alle prove presentate a questo Tribunale, mettono in evidenza il sistema giuridico complessivo su cui si fondano le conclusioni generali cui si è pervenuti.
Va pur tuttavia sottolineato come il regime di Marcos e tutto il sistema neocoloniale che serve a sostenerlo, sarebbero per molti versi perseguibili alla luce di una concezione tradizionale del diritto internazionale e punibili perché responsabili di crimini internazionali, anche senza dover far riferimento alla Dichiarazione di Algeri.
Gli imputati sarebbero ugualmente riconosciuti colpevoli nel caso venisse convocato un Tribunale internazionale, come in effetti dovrebbe avvenire, per iniziativa delle Nazioni Unite o a seguito di una azione congiunta di altri Stati, analogamente a come avvenne alla fine della seconda guerra mondiale, quando furono condannati i dirigenti dei governi tedesco e giapponese, ed alcuni importanti industriali degli stessi paesi.
Particolare rilievo assumono a questo proposito gli articoli 55 e 56 della Carta dell'ONU che fanno appello agli Stati membri, affinché assicurino il pieno rispetto del principio dell'autodeterminazione dei popoli e la promozione di "un più alto livello di vita, pieno impiego e condizioni di progresso e sviluppo economico e sociale" e "il rispetto universale e la pratica dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, indipendentemente dalla razza, sesso, lingua e religione". Rilievo in proposito assumono anche la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e i vari accordi e convenzioni nella stessa materia, approvati dalle Nazioni Unite e dalle loro istituzioni specializzate.
Di grande importanza come fondamento giuridico a questo processo sono i Princìpi di Norimberga approvati all'unanimità dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e codificati dalla Commissione del Diritto Internazionale delle Nazioni Unite. I Princìpi di Norimberga, nella sostanza, conferiscono carattere di illecito penale all'attività di questi individui e gruppi che operano in violazione dei diritti fondamentali dei popoli, anche se le loro azioni sono formalmente compiute nell'esercizio della funzione statale. Una categoria fondamentale riconosciuta dai Princìpi di Norimberga è quella dei crimini contro l'umanità, di quegli atti, cioè, che comportano gravi violenze contro la popolazione civile. Anche se il principio 6 (c) ha valore restrittivo in quanto limita la previsione normativa a quei crimini contro l'umanità connessi ai crimini contro la pace o crimini di guerra, nell'attuale diritto internazionale generale viene riconosciuta anche la responsabilità penale degli atti compiuti contro la popolazione civile del proprio paese.
La Convenzione internazionale sulla prevenzione e punizione del crimine di genocidio può essere opportunamente applicata alla situazione del popolo Bangsa-Moro ed a quella delle minoranze nazionali delle isole settentrionali delle Filippine. È certo che i diritti fondamentali dei popoli nascono da un fondamento naturale cui si fa spesso riferimento come "la coscienza dell'umanità" e che esiste, indipendentemente da ogni formulazione di principio, in testi di diritto positivo quali sono i trattati ed altri strumenti internazionali.
Questo esame dei princìpi giuridici fondamentali, sui quali il Tribunale si è basato, dimostra ancor più fino a qual punto la legge marziale di Marcos, voluta dagli USA e tutto il sistema neocoloniale di sfruttamento, sia da considerare un'attività criminale cui devono opporsi tutti i membri della comunità internazionale che hanno a cuore la giustizia, la morale ed il rispetto di un sistema efficace di norme internazionali adeguate. Il Tribunale Permanente dei Popoli nel momento in cui formula la propria decisione è consapevole della necessità urgente di una più ampia elaborazione dei diritti dei popoli in rapporto a rivendicazioni del tipo di quelle avanzate nel corso del presente procedimento.
1. Il Tribunale ritiene che il regime di Marcos, a causa della legge marziale "permanente" sulla quale si fonda, e a causa dei numerosi e flagranti illeciti che esso commette, ha perduto il suo carattere di governo legittimo di fronte alla società internazionale ed è privo di capacità di agire in nome e per conto del popolo Filippino e del popolo Bangsa-Moro.
2. Il Tribunale conclude che i trattati e gli accordi Stati Uniti - Filippine, succedutisi nel tempo, sono nulli ed inefficaci in quanto "trattati ineguali" e che tutti gli obblighi che essi comportano debbono considerarsi estinti. A questo riguardo il Tribunale dichiara invalido il recente accordo commerciale bilaterale firmato nell'ottobre 1979 e noto come "Accordo Collantes-Murphy" che sostituisce "l'Accordo Laurel-Langley" del 1954. Allo stesso modo il Tribunale considera nullo ed inefficace il trattato sulle basi militari del 1947 e il suo recente ampliamento mediante gli accordi del 1979.
3. Il Tribunale condanna nei termini più decisi il programma di trasferimento forzato e di estinzione fisica messo in atto dal regime di Marcos contro il popolo Bangsa-Moro. Un simile programma ha già privato i Bangsa-Moro di molti dei loro territori aviti e ha trasformato quasi la metà di loro in rifugiati ed esiliati. Il crimine di genocidio è il risultato complessivo di questo programma.
4. Il Tribunale considera che gli abusi del regime di Marcos hanno contribuito in modo fondamentale alla degradazione del ruolo delle donne e al loro sfruttamento economico e sessuale.
5. Il Tribunale condanna ugualmente il governo degli Stati Uniti per il ruolo che svolge nel sostenere, appoggiare e incoraggiare il regime di Marcos ad agire in favore dei propri interessi economici e strategici, in violazione dei diritti del popolo Filippino e del popolo Bangsa-Moro. Il Tribunale fa appello al governo degli Stati Uniti affinché cessi immediatamente tutta l'attività di sostegno di tali crimini ed affinché rispetti in futuro la piena sovranità dei Filippini e consideri il Fronte Democratico Nazionale (NDF) e il Fronte Nazionale di Liberazione Moro (MNLF) come rappresentanti legittimi dei loro rispettivi popoli.
6. Il Tribunale fa appello, a questo proposito, all'opinione pubblica mondiale affinché sia particolarmente vigilante di fronte ai tentativi, da parte del governo degli Stati Uniti, di sostituire la dittatura di Marcos con un altro regime dipendente e neo-coloniale, durante questo periodo di crescente resistenza contro un governo che ha perso tutta la sua credibilità e capacità.
7. Il Tribunale sostiene ugualmente che il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la Banca per lo Sviluppo dell'Asia, nonostante lo scopo dichiarato di "contribuire ad elevare il livello di vita nei paesi in via di sviluppo", giocano un ruolo determinante nel sostenere, appoggiare e incoraggiare il regime di Marcos, malgrado i crimini che quest'ultimo commette in modo sistematico. Il Tribunale fa appello a questi organismi finanziari internazionali affinché pongano fine a questa collaborazione che li rende complici di violazioni dei diritti dei popoli e responsabili di sconvolgere la vita di intere popolazioni, per il sostegno a grossi progetti idroelettrici, i quali minacciano la stessa esistenza di popoli quali gli Igorot e i Kalinga.
8. Il Tribunale condanna numerose imprese multinazionali americane, giapponesi ed europee per il loro ruolo nella violazione dei diritti sovrani dei popoli Filippino e Bangsa-Moro, ivi compreso il loro diritto all'autonomo controllo delle loro risorse naturali. Il Tribunale ingiunge a queste imprese di cessare la loro attività, di risarcire il popolo Filippino e Bangsa-Moro per il saccheggio delle loro risorse e di evitare nel futuro ogni ingerenza nella vita interna delle Filippine.
9. Il Tribunale condanna anche le Banche transnazionali per il ruolo che svolgono nell'appoggiare le attività illegali e criminali del governo di Marcos e delle imprese multinazionali ed ingiunge alle medesime di interrompere i prestiti che servono a sostenere attività criminali, perpetrate ai danni dei popoli Filippino e Bangsa-Moro.
10. Il Tribunale denuncia inoltre le azioni di diverse organizzazioni non governative, ivi comprese organizzazioni educative, religiose e sindacali, per il loro appoggio al regime di Marcos consistente nel sostegno di progetti economici che rafforzano l'ordine sociale esistente, nella formazione di un'élite locale e nell'inganno di operai e contadini con la creazione di false organizzazioni che pretendono di operare in favore del popolo ma sono in realtà strumenti del regime.
11. Il Tribunale dichiara Ferdinand Marcos colpevole di gravi e numerosi crimini contro il proprio popolo Bangsa-Moro; lo dichiara altresì indegno di governare e passibile di pene severe per i misfatti commessi, primo fra i quali la pratica del saccheggio economico e la mancata protezione della sovranità del suo paese contro le ingerenze neocoloniali.
12. Il Tribunale riconosce la colpevolezza dell'"en-tourage" di Marcos corrotto e venale in quanto complice e perpetratore di numerosi crimini politici ed economici e lo dichiara passibile di condanna.
13. Il Tribunale riconosce il diritto del popolo Bangsa-Moro all'autodeterminazione; prende atto favorevolmente della garanzia formulata dal MNLF che in caso di una decisione da parte del popolo Bangsa-Moro di creare uno stato separato, tutte le minoranze godranno della piena uguaglianza di diritti senza distinzione di razza, religione o origine nazionale; inoltre il Tribunale prende atto favorevolmente della posizione comune del NDF e del MNLF sul problema cruciale dell'autodeterminazione.
14. Il Tribunale conclude che la lotta armata tra il regime di Marcos e i popoli Filippino e Bangsa-Moro ha le caratteristiche dello stato di belligeranza ai sensi del diritto internazionale e che, di conseguenza, le parti sono tenute a rispettare pienamente le clausole delle convenzioni di Ginevra sul diritto di guerra, rispetto necessario tenuto conto delle innumerevoli atrocità commesse dall'esercito di Marcos nel corso degli anni.
15. Il Tribunale Permanente dei Popoli fa appello all'opinione pubblica mondiale, ai governi, alle organizzazioni ed ai singoli individui affinché diano il loro sostegno ai popoli Filippino e Bangsa-Moro, che lottano per l'autodeterminazione e per la liberazione dal regime di Marcos e dal sistema neocoloniale di repressione.