La Cassetta degli Attrezzi

Tool Box nº 3
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1Governi e padroni sollevano un'altro problema che mi sembra importante affrontare. Essi dicono:
Il deficit dell'INPS è assicurato.
Infatti le spese pensionistiche sono in aumento mentre le entrate previdenziali sono in calo a causa dell'allungamento della vita, dell'invecchiamento della popolazione e del fatto che il numero dei pensionati sta superando il numero dei lavoratori attivi;
per evitare la crisi dell'INPS bisogna tagliare le pensioni.
2Lorsignori sono proprio capaci di far bene il loro interesse. E lo fanno proprio tutto:
  • creano problemi riducendo l'occupazione (riducono la massa salariale)
  • dichiarano di poter gestire questi problemi senza traumi solo con una merce forza-lavoro a buon mercato quindi tagliano i salari e sviluppano la precarizzazione (aumentano le collaborazioni riducendo le assunzioni regolari, incrementano il lavoro a tempo determinato, aumentano la
    mobilità e il lavoro nero, ecc.) (riducono il livello dei salari)
  • così riducono tanto inesorabilmente quanto consapevolmente le entrate contributive (riducono la massa dei versamenti di salario contributivo)
  • e alla fine, con la nobile intenzione di salvare l'INPS, tagliano le pensioni (riducono il salario dei pensionati).
3D'altronde se i governi e i padroni dichiarano guerra alle pensioni; se modificano la struttura dell'occupazione con una forte riduzione nel settore industriale e una modesta crescita del terziario (soggetto ad aliquote contributive più basse), se all'interno del terziario aumentano il lavoro irregolare, se continuano ad applicare al lavoro autonomo aliquote dimezzate, se riducono deliberatamente la convenienza del pensionato pubblico rispetto alle assicurazioni private, se diffondono l'allarmismo per un'eventuale crollo dell'INPS spingendo i lavoratori ad andare in pensione appena possibile, se incentivano le diverse forme di prepensionamento, se ampliano le maglie dell'evasione e parallelamente concedono continui condoni contributivi e decontribuzioni; se tutto questo succede è chiaro che le prospettive per l'INPS non possono certo essere rosee.

4A questo punto mi sento di fare due considerazioni.
  1. Affermo, per prima cosa, che i lavoratori non devono in alcun modo sacrificare le loro pensioni, non devono, cioè, rassegnarsi alla perdita del collegamento tra pensioni e salario, al raffreddamento o alla perdita della scala mobile, all'allungamento dell'età pensionabile, alla riduzione dei rendimenti, ecc.
  2. Aggiungo che noi dobbiamo sostenere tale affermaione spiegando ciò che abbiamo dimostrato. E precisamente spiegando che
    • la spesa per le pensioni non è responsabile dell'allargamento e del consolidamento del deficit dello Stato
    • la spesa per le pensioni non è responsabile dei deficit dell'INPS passati, presenti e futuri
    • la guerra di concorrenza dei padroni e dei loro Governi produce disoccupazione, riduzione dei salari, precarizzazione, trasferimento del salario previdenziale dal reddito dei lavoratori dipendenti ai profitti e alle rendite
    • queste azioni dei padroni e dei loro Governi sono la causa della crisi del sistema previdenziale


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1Fin qui abbiamo fatto un buon lavoro.
Ma non è molto utile se lo usiamo solo per dimostrare che i padroni e i loro Governi dicono cose tecnicamente sbagliate sulle pensioni o per condannare le loro colpevoli menzogne.

Padroni e Governi in realtà operano secondo la loro logica di mercato opposta alla nostra. Cercano cioè di aumentare i profitti riducendo i salari. Fanno la loro lotta economica di classe attaccando i salariati con tutti i mezzi, compresi gli errori tecnici e le menzogne.

Dunque noi lavoratori , se dobbiamo certamente smascherare le falsità e gli imbrogli contenuti nei loro attacchi, non dobbiamo però perdere di vista la nostra logica di mercato che cerca di aumentare o almeno di difendere il salario.
2Tu dici che ci sono due logiche di mercato contrapposte:
  1. la logica di mercato dei padroni e dei loro Governi
  2. la logica di mercato dei lavoratori salariati
Vuoi spiegarti meglio?
3Prima che tu gli risponda vorrei ricordare che abbiamo già parlato di questa contrapposizione quando, citando Marx, abbiamo detto che «Il capitale cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo (compreso il salario differito destinato alle attività sociali e previdenziali), mentre l'operaio esercita costantemente una pressione in senso opposto».

4Proprio cosi!

5È vero! Però credo che lui volesse capire meglio la particolare contrapposizione prodotta dalle due logiche di mercato sul problema delle pensioni.

6Bene. Diciamo subito che secondo la logica di mercato dei padroni e dei loro Governi le pensioni sono un problema finanziario mentre secondo la nostra logica di mercato le pensioni sono un problema salariale.

Vediamo le cose più da vicino.


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1Per i PADRONI
DAL PUNTO DI VISTA DEI PADRONI LE PENSIONI SONO DENARO,
secondo la loro logica di mercato sono una enorme ed appetitosa massa di denaro.
Nel sistema capitalistico il denaro si sotanzia nel capitale che deve fruttare e la sua efficienza è misurata dal bilancio economico. Il capitale va bene solo se il bilancio è in attivo e se l'attivo viene accumulato. Da questo punto di vista la grande massa di miliardi che si muove nel sistema INPS è un capitale poco efficente. Le leggi ottenute dalle lotte dei lavoratori hanno vincolato il suo utilizzo al sistema della ripartizione, escludendolo dal mercato finanziario. Certo è stato possibile rubarne una parte con le spese assistenziali, le evasioni, i condoni, ecc.. Ma esso rimane comunque un capitale bloccato. Per renderlo liquido e profittevole mediante la speculazione sul mercato dei capitali, bisogna mandare in deficit irreversibile e strutturale il suo bilancio, imponendo che il maggior numero possibile di posti di lavoro sia esente da contributi e che chi occupa tali posti paghi la propria previdenza nelle mani di un fondo pensione privato.
2Per i LAVORATORI
DAL PUNTO DI VISTA DI NOI LAVORATORI LE PENIONI SONO SALARIO,
secondo la nostra logica di mercato sono una enorme massa di salario indispensabile per la vita dei pensionati. Nel sistema capitalistico il salario si sostanzia nelle merci di consumo che devono produrre, sviluppare, conservare e perpetuare la classe dei venditori di merce forza-lavoro e la sua efficienza è misuarata dal livello di vita della classe lavoratrice. Il salario va bene solo se il livello di vita della classe migliora in proporzione al miglioramento economico di tutta la società. Come facciamo a valutare la grande massa di miliardi di salario che si muove nel sistema INPS dal nostro punto di vista, secondo la nostra logica di mercato?
Se le pensioni sono salario devono avere le stesse caratteristiche delle retribuzioni. Il sistema retributivo è definito da norme generali e particolari che costituiscono il contratto di lavoro privato e pubblico, nazionale e locale. Anche il sistema pensionistico è definito dalle norme generali e particolari della legislazione previdenziale. Dunque tale sistema è un vero e proprio contratto previdenziale pubblico nazionale. Esso impegna le parti (i padroni, i lavoratori e il Governo) ad applicare le norme che definiscono la quota di salario sociale da ripartire favore dei "componenti anziani" della classe e le relative modalità di ripartizione. Il salario previdenziale gestito dal sistema INPS deve quindi essere valutato ragionando come quando si valuta un contratto. Bisogna cioè considerare:
  • se vanno bene il modello, le linee rivendicative e le richieste di contratto previdenziale che i lavoratori dipendenti sostengono per determinare il costo di riproduzione materiale e sociale della forza lavoro pensionata.
  • Se il risultato contrattuale (se il contenuto degli articoli della legge/contratto previdenziale) corrisponde alle richieste, alle linee rivendicative e al modello di contratto previdenziale.
Usando la tabella che mostra le fasi di miglioramento o peggioramento delle pensioni
(pag. 7 di questo bollettino), vediamo che i lavoratori nel 1945 hanno chiesto ed ottenuto di abbandonare il modello della capitalizzazione (che usa i contributi previdenziali come salario). Vediamo ancora che nel 68 i lavoratori hanno chiesto ed ottenuto di migliorare il modello a ripartizione calcolando la pensione su base retributiva invece che su base contributiva. Essi inoltre hanno chiesto ed ottenuto l'applicazione della scala mobile alle pensioni e il loro aggancio alla crescita dei salari. Diciamo dunque che tanto il modello, le linee rivendicative e le richieste, quanto il risultato del contratto previdenziale vanno bene.

3 In definitiva abbiamo dimostrato ed affermato che:

Dal punto di vista dei padroni il sistema previdenziale INPS ha sempre un costo eccessivo che è inevitabilmente determinato dal deficit di bilancio e ha sempre una pesante inefficenza automaticamente ai mancati guadagni speculativi.

Dal punto di vista di noi lavoratori il sistema previdenziale INPS ha sempre un costo normale che è necessariamente equilibrato e garantito dal riconoscimento ai pensionati di una quantità, concordata tra le parti, di beni necessari alla loro vita. E ha una sufficente efficienza necessariamente dovuta al pieno utilizzo del salario previdenziale come parte del salario sociale globale di classe.


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1Insomma la questione centrale resta lo scontro di classe tra capitale e lavoro.
2E lo sa bene Federmeccanica che sta riducendo ai minimi termini il contratto dei meccanici. Lo sanno bene i "prodi" ministri economici del governo di "mortadella" che non perdono occasione per proporre di fare la riforma della riforma della riforma delle pensioni, naturalmente secondo il punto di vista dei padroni. Lo sa bene tutto lo schieramento borghese che, sulla base dei propri interessi opposti a quelli nostri, vorrebbe fissare un salario ridotto e metterlo "fuori mercato" vietando la lotta economica per aumentarlo. Proprio come hanno fatto i padroni, il governo fascista e i sindacati corporativi fascisti nel ventennio.
3Gli unici che sembrano ignorare questo scontro (ma sarà poi vero?) sono i burocrati di CGIL-CISL-UIL che invece di orgnizzare la nostra lotta in risposta agli attacchi del capitale, nel 92 hanno avvallato l'accordo Trentin-Amato che sacrificava le pensioni per l'interesse comune a salvare l'Italia, nel 93 hanno concertato con Ciampi un ulteriore peggioramento per l'interesse comune a salvare il bilancio dello Stato, ecc. ecc..
4I padroni e i loro Governi sono all'attacco e, come dicevo all'inizio, penso che esista un progetto per la riduzione delle pensioni che i vari Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini/CGIL-CISL-UIL e Prodi hanno portato avanti in modo più o meno rapido.

5Questo progetto esiste ed è importantissimo conoscerlo per capire
6COME ATTACCA IL CAPITALE
I documenti ufficiali dell'OCSE, l'organizzazione dei maggiori paesi industrializzati con sede a Parigi, già all'inizio degli anni 80, parlano di crisi della spesa sociale. Ecco in sintesi il loro contenuto.
    «La crescita economica capitalistica degli anni '50 e '60 ha permesso, in tutti i paesi industrializzati, il finanziamento e quindi l'estensione della spesa pubblica a fini sociali (in realtà i lavoratori che hanno costretto il capitale a pagare un salario sociale più alto).
    Dopo la crisi degli anni '70 la crescita economica non è più tornata ai livelli precedenti e perciò non ci sono più le risorse economiche da destinare alla spesa sociale. Questo processo comporta l'aumento dell'indebitamento pubblico che, a sua volta, rende necessaria la riduzione e la ristrutturazione del ruolo economico dello Stato.
    (In realtà la crisi economica ha ridotto i profitti. Il capitale vuole recuperare le perdite tagliando il salario sociale. In particolare per tagliare il salario destinato alla spesa sociale, dice che questo salario è indebitamento pubblico, che l'indebitamento pubblico è fuori controllo e che per rimettere le cose a posto bisogna ridurre l'intervento sociale dello Stato)
Come è noto la spesa previdenziale ed assistenziale è la parte preponderante della spesa pubblica a fini sociali, le analisi dell'OCSE vengono usate per mettere sotto accusa i sistemi previdenziali pubblici nazionali. Così ad esempio dalla metà degli anni '80 compaiono in Italia numerosi studi che sostengono la necessità di una "riforma strutturale" del settore
(cfr. Banca d'Italia-Imi-Ina, Ministero del Lavoro, Confindustria, Ente Einaudi).
Tutti i capitalisti hanno svolto un lungo lavoro programmatico per sostenere gli interventi operativi di riduzione della spesa sociale. Infine il padronato mondiale fa uscire un progetto organico per la riduzione delle pensioni dal seminario sulla "Riforma delle pensioni pubbliche" tenutosi dall'8 al 12 agosto 1994 al Fondo Monetario Internazionale a Washington, in cooperazione con la Banca Mondiale.


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