Le trattative sul rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri si trascinano, condotte stancamente dai sindacati confederali, da più di 16 mesi. In questo ultimo mese ad alzare il livello dello scontro ci hanno pensato i sindacati di base di categoria, tra cui lo Slai Cobas, presentatari di una piattaforma alternativa. La situazione era diventata insopportabile : con l'intervento di mediazione del ministro dei trasporti Burlando nei fatti ormai non esisteva più neanche la piattaforma Cgil, Cisl, Uil. Da metà marzo 97, in molti depositi Atac-Ecotral di Roma (aziende del trasporto urbano e extraurbano) si sono tenute quotidianamente delle assemblee sino ad arrivare all'assemblea generale del deposito di Tor Sapienza. Di fronte alle evidenti prospettive di un peggioramento economico e delle condizioni di vita e di lavoro, dell'introduzione di una selvaggia flessibilità e della frammentazione della categoria, i lavoratori riuniti in assemblea il 7 aprile hanno deciso di mantenere il presidio per promuovere, già nelle prime ore del mattino successivo, il blocco dei mezzi in uscita. L' 8 aprile Roma è rimasta bloccata per tutta la giornata. Il 70 % circa dei lavoratori ha aderito ad uno sciopero spontaneo che non rispettava le legge di regolamentazione. Immediatamente è scattata la repressione, comandata dal sindaco Rutelli e attuata dall'Atac : sospensione a tempo indeterminato senza paga dei 5 lavoratori eletti portavoce dell'assemblea del 7 aprile, 2.500 provvedimenti disciplinari nei confronti di altrettanti lavoratori. Assieme alla repressione aziendale è scattata però anche la solidarietà di molti lavoratori, sindacati, partiti, associazioni. A Milano si sono verificate nei giorni immediatamente successivi delle fermate spontanee dei mezzi. Al deposito Giambellino il 9 aprile, ai depositi di Monza e di Carate, e quelli cittadini di Novara, Molise, Ticinese, Sarca il 10 aprile, sono state bloccate le uscite mattinali.
I focolai, nonostante il black-out imposto dai media, si stavano propagando in tutte le città. I confederali, preoccupati, buttano sul fuoco del movimento l'acqua di un protocollo d'intesa che prevede un rimborso di 1.400.000 lire di cui 800.000 subito ad aprile come una tantum. I soldi che fino a quel momento sembravano introvabili, sono di colpo saltati fuori. Contro il protocollo d'intesa e in solidarietà coi 5 lavoratori sospesi e con i lavoratori di Roma e di Milano colpiti da provvedimenti disciplinari, lo Slai Cobas proclamava uno sciopero nazionale di categoria per il 22 aprile e una manifestazione a Roma, davanti al Campidoglio, per il 19 aprile. Altissima l'adesione a Roma, del 25 % a Milano, dove occorre tener presente che era stata proclamata solo dallo Slai Cobas. Per il 9 maggio veniva rilanciato uno sciopero di 24 ore. Sotto questa minaccia l'Atac di Roma ha ceduto e, in data 6 maggio, ha reintegrato i 5 lavoratori sospesi. La buona notizia non ha calmato per niente la nostra opposizione al protocollo d'intesa sia per i contenuti che perché, di fatto, rinvia la chiusura del contratto a dopo le ferie se non addirittura al 1998. Lo sciopero del 9 maggio è stato rinviato al 23 per poter organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma sotto la sede delle associazioni datoriali.
Questa esperienza di lotta ha dimostrato che quando il movimento dei lavoratori viene dal basso, senza il controllo di centrali sindacali e politiche, fa paura. Ogni volta che scioperiamo diventiamo un'emergenza. Per questo Burlando vuole inasprire la legge di controllo sugli scioperi. Si fanno carico di tutelare i cittadini che viaggiano solo quando noi scioperiamo. Come viaggiano in tutti gli altri giorni, con quali mezzi, e a quali condizioni dei lavoratori a loro non interessa. La lotta di base può vincere. Noi continueremo a portare avanti i punti della nostra piattaforma.
Cobas Slai ATM - Milano 02- 58104017
I centri sociali non sono un "fenomeno giovanile". A Milano nascono con l'inizio della "terziarizzazione" della città, verso la metà degli anni 70. Per far fronte ad una classe operaia sempre più sviluppata e combattiva, il sistema ha percorso la strada di una massiccia "robotizzazione" con la contemporanea espulsione in massa di decine di migliaia di lavoratori, inserendovi dentro, ovviamente, i più politicamente attivi. Fuori dalle fabbriche, sul territorio, questo miscuglio di espulsi dal lavoro e di giovani proletari, viene relegato nelle periferie- dormitorio, vere e proprie città ghetto a misura di palazzinaro, dove solo l'eroina è "messa a disposizione" come collante sociale. Di fronte a questa situazione organizzazioni della sinistra di base, gruppi giovanili e anche semplici cittadini, organizzano "occupazioni abusive" di aree dismesse, industriali e civili, in cui dare spazio a quei bisogni che una "città tutta da bere" nega loro : dai momenti socializzanti più elementari e ludici a prezzi popolari (concerti, birra, canne ...) fino all'organizzazione di attività esplicitamente politiche ( liberazione dei detenuti politici e degli esuli, autodifesa di comunità minoritarie o variamente represse - donne, stranieri, gay, lesbiche - legalizzazione dell'"erba", riconoscimento del diritto all'autogestione da basso degli spazi sociali, diritto alla casa, al reddito ....). A soggetti che la ristrutturazione destinava al macero veniva così restituita la propria identità di esseri politici e sociali. L'unica costante di questo eterogeneo movimento, che si differenzia al suo interno nelle più svariate componenti, è l'opposizione alle logiche del capitale post-fordista che dopo aver governato la ristrutturazione delle fabbriche mirava a coprire l'intero territorio. C'è però una carenza di progetto a fronte di una acuta coscienza del suo bisogno, che determina una specie di "stallo" nella crescita di questo movimento. Questo si traduce in un freno alla sua organizzazione, obbligandolo a lasciare perennemente l'iniziativa all'avversario senza riuscire a costruire forme di lotta significative su altri piani, quali quello economico (il reddito) o quello giuridico (processi, regime carcerario ... ). I centri sociali non sono quindi liquidabili come "questione giovanile" ma sono la manifestazione territoriale della "questione" operaia. Questo lo si può ben capire dallo zelo e dall'intensità della persecuzione che i padroni di tutto (delle fabbriche e della città) stanno mettendo in atto anche contro questo movimento. Centinaia di processi pretestuosi contro i militanti dei centri Sociali più esposti sono la "preparazione del terreno" per una carcerazione diffusa e risolutiva, di cui si vedono già i primi risultati, mentre per i pochi tangentocrati rimasti impigliati nella rete, si stanno già preparando i proverbiali "vino e tarallucci". Ma il fatto stesso che questo movimento, pur con tutti i suoi limiti e anche le sue ingenuità, riesca a tener testa a questo furibondo attacco, dimostra che si tratta di un problema che va ben al di là di un generazionale "fenomeno giovanile". Nel movimento dei centri sociali si muovono, in realtà, enormi potenzialità e forze che attualizzano sul territorio quella che una volta non ci si vergognava a chiamare "lotta di classe".
da un contributo di Elenina e Enzo
del Centro Sociale Leoncavallo
adl@ecn.org
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