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28 GENNAIO '95 Dichiarazioni spontanee degli imputati: ANNA PRETORE: Q. Anna ANNA (28 anni): Io non ho fatto richiami espliciti al Tribunale fascista o meno, perche' mi sembra comunque che quello che e' soggetto in questo processo a partire dalle provocazioni fisiche durante la prima udienza l'aula bunker l'inquisizione di un avvocato e le dimissioni degli altri siano gia' sufficienti a chiarire comunque l'analogia con quel tribunale. Adunata e grida sediziose sono le fattispecie sotto le quali si tenta di ricondurre il presidio del 20 gennaio, e le motivazioni e le ragioni di chi, all'alba di quel giorno, si trovava davanti al portone del Centro Sociale Leoncavallo. Non e' un caso che vengano utilizzate, proprio in questo periodo e proprio contro determinati soggetti sociali, norme penali di un codice fascista, il Codice Rocco del 1930, che tendono a colpire diritti fondamentali quali la liberta' di espressione e manifestazione, che caratterizzano questo processo e tutta la campagna repressiva di quest'ultimo anno, con piu' di mille denunce a carico di compagni e frequentatori del Leoncavallo e di tutto il movimento antagnista milanese, alle decine di processi, gia' fissati da qui a maggio, alle prime pesanti condanne. La lettura, in chiave politica, del perche' di questo processo, come degli altri, puo' essere data da tutti quei soggetti che hanno un quadro chiaro delle trasformazioni in atto nel paese negli ultimi anni, e in particolar modo nella citta' di Milano, e il conseguente tentativo di cancellare dal territorio qualunque forma di opposizione sociale, che lotta per diritti fondamentali sempre piu' negati dalle politiche nazionali e milanesi, che stanno di fatto portando allo smantellamento dello stato sociale, condannando fasce sempre piu' ampie di popolazione all'emarginazione, alla miseria, al degrado. Il 20 gennaio, davanti al portone dl Leoncavallo, tanti non sono riusciti ad arrivare, dato che l'intera zona, fin dall'alba, era stata isolata da reparti delle cosidette "forze dell'ordine", nel tentativo di impedire o ridurre ai minimi termini quello che era un appuntamento dovuto, importante, conseguente e connesso alle manifestazioni che a piu' riprese, in quel lungo inverno, hanno riempito la citta' di decine di migliaia di persone, contro lo sgombero del Leoncavallo e in difesa degli spazi sociali autogestiti. Questo era il senso di qul presidio, che ha voluto essere l'ennesima denuncia di un atto gravissimo per la citta', lo sgombero di un centro sociale con 18 anni di storia, di internita' nel tessuto sociale cittadino, di lotte contro l'eroina, l'emarginazione, le politiche razziste e fasciste, per il diritto alla casa, al reddito, alla salute, alla scuola, a una societa' diversa e piu' giusta. La giornata del 20 gennaio e' il risultato dei mesi precedenti, di grosse mobilitazioni, di uno scontro istituzionale agli alti livelli, tra poteri centrali e locali, che ha visto questura, prefettura, ministero dell'interno, sindaco e lega nord, impegnati in un gioco di poteri, a noi estranei, sulla testa e sulla vicenda del Centro Sociale Leoncavallo, in cui la linea di difesa, emersa da decine di assemblee e incontri, e' stata quella che ha portato alla giornata del 20 gennaio. Di fronte a un attacco all'esistenza, quanto mai pesante, n cui alle tattiche individuali, sfrattie sgomberi, si sono aggiunt la macchina amministrativa del Comune di Milano, ostaggio dei fini politici del suo delirante sindaco, e un utilizzo in chiave squisitamente politica della magistratura e della questura, che ha innescato la dinamica del terreno processuale, in cui piu' evidente che mai risulta la volonta' politica di cancellare l'opposizione e il conflitto sociale dal territorio. E' per controbattere nella maniera piu' efficace questo fronte, che si e' presa la decisione, difficile ma inevitabile, di scindere idealmente la realta' del centro sociale n due parti, quella fisica, che solo fisica non e' mai stata, con la sua storia, i suoi 18 anni, i suoi morti, dall'elemento che di questo luogo e' cuore, cervello, motore, che non si voleva consegnare nelle mani della repressione, il tutto unito alla consapevolezza che in un panorama come quello che si prospettava negli anni a venire, si imponeva la necessita' che questo corpo di compagni fosse preservato nella sua capacita' di agire politicamente, socialmente e culturalmente nel territorio. Ecco perche' allo sgombero non si reagi' con una difesa come quella del 1989, ma con un presidio di controinformazione e denuncia, e con l'accettare la sede di Via Salomone, concessa provvisoriamente per un periodo non superiore a 180 giorni, durante i quali un rafforzamento della destra, divenuta con le ultime lezioni partito di governo, avrebbe portato a un ulteriore inasprimento dell'attacco contro l'opposizione, sfociato, il 9 agosto, nell'ulterire sgombero, con modi e tattiche diverse, a riprova del modo in cui si trattano le questioni sociali in questa citta'. C'era, in quel presidio, la volonta' di continuare a interagire nel territorio, la rabbia di chi vede i propri piu' elementari diritti calpestati quotidianamente e arrogantemente, il dolore di lasciare un posto che dopo lo sgombero dell'89, poi risultato illegale, era stato da noi ricostruitomattone su mattone e fatto vivere per altri 5 anni, ma forte piu'di tutto la volonta' di sopravvivenza, la stessa che ci ha portato, quest'estate, randagi ei parchi di Milano, in una citta' deserta dove, ancora una volta, non si poteva rispondere alle provocazioni di chi, oltre i manganelli, ha anche e comunque la legge dalla sua parte, e la "legalita'" formale, come suo scudo. Quella stessa "legalita'" che bolla come sedizioso chi, in prima persona, lotta per i suoi spazi e i suoi diritti, siano essi i centri sociali, le fabbriche di cui si vuole impedire lo smantellamento, le case che si vogliono sgomberate quando l'unica alternativa per chi le abita e' la strada. Quella legalita' che, forte di leggi e cavilli, vuole negare spazi di opposizione politica, sociale e culturale nel territorio, slegate dalla logica imperante del profitto e della mercificazione, portatrice di valori che certo non sono dio, patria, famiglia. Lo stesso significato aveva il corteo, pr evidenziare come la sede di Via Salomone fosse solo transu'sitoria, e che nelle mani di un'amministrazione comunale, portatrice di una politica piu' disastrosa per la citta' di quelle socialiste che l'hanno preceduta, si rimetteva la responsabilita' di trovare una sede alternativa e accettabile per le attivita' del Centro Sociale Leoncavallo. Se non fossimo in un tribunale, ma in luogo sensibile e interessato alle tematiche sociali, tante altre cose si potrebbero dire, ma considerato che fine di questo processo, come degli altri, e' quello di portare avanti un attacco strettamente politico, niente altro mi interessa far emergere, se non ribadire, a chi giudica e condanna, senza conoscerla, una realta' sociale basata sull'autogestione e la democrazia diretta, basandosi su un'accusa sediziosa, che la nostro interno non esistono meccanismi di delega e attribuzioni specifiche di funzioni, e che quindi non accettiamo differenziazioni tra buoni e cattivi, tra piu' sediziosi e meno sediziosi, ispirate da un'accusa che della differenziazione e del tentativo di colpire in maniera piu' pesante alcuni compagni rispetto ad altri, ha fatto la sua linea costante negli innumerevoli procedimenti penali a nostro carico. In un processo come questo, che ha visto nelle udienze precedenti ripetuti tentativi di intimidazione, pesanti provocazioni fisiche da parte dei carabinieri, un avvocato indagato, neanche a dirlo, per adunata e grida sediziose, un'udienza nell'aula binker, e le dimissioni di un intero collegio di difesa, come denuncia di uno spazio di difesa inesistente, niente altro mi interessa dire. Condannati o assolti, noi usciremo comunque a testa alta da questo luogo, nello stesso modo in cui camminiamo pr le strade, figli di quanti prima di noi e come noi, hanno lottato per una societa' piu' giusta, senza nulla da perdere se non la volonta' di una vita migliore. Noi, ripeto, camminiamo a testa alta quando siamo per la strada, e lei Signor Roja ?
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