28 GENNAIO '95
Dichiarazioni spontanee degli imputati: GIOVANNA

PRETORE: Z. Giovanna

PM: Chiedo scusa, siccome sono state evidenziate delle accusa abbastanza pesanti all'ufficio che rappresento e tale ufficio rappresenta lo Stato e lo Stato e' inteso come cittadini, come quindi consociati, non tollero piu' che vengano effettuate delle dichiarazioni lesive dell'attivita' giudiziaria della Procura della Repubblica, alla quale io appartengo. Pertanto, se gli attuali Imputati rilevano delle questioni di abuso o di quant'altro, di canali preferenziali io li invito a denunciarle nelle competenti sedi, ma non in quest'aula di giustizia, perche' cio' risulta dannoso rispetto a quello Stato che noi oggi rappresentiamo.

PRETORE: Non sono ammessi altri applausi al termine delle dichiarazioni, questo e' un avviso formale, se sentiro' fare degli applausi vi faro' uscire dall'aula. Non e' ammissibile questo.

PRETORE: Z. Di nome?

GIOVANNA: Giovanna (30 anni). Quel che e' successo in Via Leoncavallo 22 il 20 gennaio 1994 merita piu' di una riflessione sul perche' si sia trasformata quella storica giornata di intenso dolore e dispiacere a tutt'oggi, per me, e per molti che come me sanno e hanno avuto la fortuna di sapere cosa racchiudeva quel centro sociale , cosi' come oggi continua a farlo la sua nuova sede, in Via Watteau al 7.

Qualche dotto saggio su una rivista apparsa neppure un mese fa nelle edicole spiegava che i frequentatori dei centri sociali sono decine di migliaia tutte le settimane.

Tra questi frequentatori molti sostengono un impegno politico culturale e sociale che non puo' essere definito nell' incongruente concetto di volontariato, che se applicato alle attivita' dei centri sociali potrebbe dare a intendere chi la pratica intende nel contempo subire passivamente le carenze dello stato, cosa su cui e' socialmente utile e necessario interagire attivamente e non passivamente per i centri sociali.. Ed e' sempre tra i frequentatori che molti, per esempio, sono persone accomunate da un dato di tendenza apparso agli occhi di tutti nei telegiornali dei giorni scorsi, per la precisione mercoledi', in un anno un milione di posti di lavoro in meno, un milione di persone che non solo hanno una condizione di vita estremamente precaria, sotto pagata e ricattata sia per gli per orari che per le penose fatiche, ma hanno anche altro a cui pensare, hanno l'impossibilita' di trovare un tetto decente sotto cui mettere la proprie stanche membra, l'impossibilita' di difendere i propri diritti essendo state cancellati, come parte sociale durante le fasi e le forme della contrattazione della destra liberal-economica e se poi, come nel nostro caso, hanno saputo restare uniti di fronte al visibilissimo nemico economico di colore, di divisa o anche solo di penna, si ritrovano a incontrare anche il livello della toga.

Non voglio dirvi molto, non perche' manchino gli argomenti, ma perche' non penso vogliate ritenerli tali, pero' alcune questioni cosi' come sono state esposte dai compagni intervenuti precedentemente vorrei sottolineare anch'io.

L'accordo forzato pena l'uccisione, lo spargimento di sangue, i gis e i nox, questi sono stati gli strumenti convincenti da parte di chi non ha voluto riconoscere al Centro sociale Fausto e Iaio, al Leoncavallo la sua valenza politico - sociale, il fantomatico accordo dicevo non e' stato neppure mantenuto, dentro Via Salomone non hanno piu' potuto riprendere vita le attivita' di Palestra, il cinema, l'asilo per bambini con difficolta', la biblioteca, la salette musicali, lo spazio di prove teatrali e lo spazio mostre.

E' un problema di giustizia non indifferente perche' dall'interruzione di quelle attivita' non deriva un danno commerciale da esibire dentro le aule di un tribunale amministrativo regionale, quelle interruzioni rappresentano un danno sociale, la negazione di quegli spazi puo' anche aver comportato danni gravissimi e da questo punto di vista noi oggi non siamo piu' in grado di verificarlo. Spero che in questo processo si sappia riflettere quindi sulla concretezza della nostra protesta, non sono sediziose le grida di chi tenta per l'ennesima volta di spiegare il danno che si compiva con lo sgombero di Via Leoncavallo. Quelli voci sono l'ultimo modo possibile di farlo.

Alla stessa stregua dei modi precedenti. Degli appelli firmati da centinaia di intellettuali e politici, delle dieci mila persone in piazza due mesi prima o gli oltre sessanta mila frequentatori che hanno riempito la dieci giorni che sconvolgera' Milano, ci dicevamo, che sara' in grado di far smorzare l'attacco per arrivare ad una fase piu' contrattuale. o delle ottocento persone davanti al centro venti giorni prima. Certo attaccare, isolando il quartiere Casoretto ottocento persone era disumano, rischioso, meglio quando per stanchezza, freddo, orario, repentinita' eccetera gli attaccati fossero rimasti un centesimo di quei ottocento pronti a chiedere giustizia davanti al portone del centro sociale, molto coraggiosa come mossa strano che questa volta non gli abbiamo voluto dare un nome a questa operazione. Se fosse stata una svista gliene consiglierei io uno di nome: rabbit storme, che in italiano vuol dire operazione coniglio ma si sa L'italia e l'America non sono la stessa cosa, qui la pena di morte non viene pratica con brutale razzismo dentro le stanzette ufficiali, qui e' casuale, ma altrettanto fascista e avviene nelle strade. Fausto e Iaio c'e' lo hanno insegnato.

Un ultima dubbio Dott. Roya, che trasformo in domanda per trovare una certezza...

PRETORE: No scusate non siete qui a interloquire con il Dottor Roya, siete qui per delle dichiarazioni e mi sembra che state andando oltre i fatti del 20 Gennaio.

GIOVANNA: Allora ho concluso.

(PARTE OMESSA DAL TRIBUNALE) ...Ieri gli antifascisti e le antifasciste hanno ricordato lo stermino di 50 anni fa di Auschitz. Noi lo abbiamo fatto. Lei?