28 GENNAIO '95
Dichiarazioni spontanee degli imputati: BETTY

PRETORE: U. Elisabetta. E' in grado di essere piu' breve?

BETTY (26 anni): Si'. 20 Gennaio, Bologna, Quella volta...

PRETORE: Parliamo di Milano qui, non di Bologna.

BETTY: Questa e' una piccolissima premessa.

PRETORE: Non possiamo saltare la piccolissima premessa?

BETTY: No, mi dispiace:

Quella volta abbiamo fatto una barricata con strumenti musicali, appartenevano ad un conservatorio: trombe, clarini, contrabbassi, violini e tamburi, ma il piu' voluminoso era un meraviglioso pianoforte a coda.

Imponente stava in mezzo alla barricata e sembrava lui da solo il vero argine che avrebbe impedito che noi fossimo travolti dalla Polizia, che minacciosa se ne stava dall'altra parte con i fucili puntati.

Poi e' partito un candelotto, i bossoli volavano sulle teste infuriati e, allora mi e' apparso di sentire una musica; da dove viene?

Viene forse dai nostri gesti?

Dalla nostra rivolta?

Si, e' vero, e' vicina questa musica, questa musica cresceva ritmica, imponente, meravigliosa, era un compagno che suonava il pianoforte a coda in mezzo alla barricata, la musica che era in noi, e sulla schiena aveva un cartello con su scritto: NON SPARATE SUL PIANISTA.

Tratto da da "Non sparate sul pianista" Ed. omino turchino '78

Il 20 Gennaio a Milano non c'erano i bastoni dell'accusa ed infine non c'erano nemmeno le sedie accatastate davanti al portone del Centro Sociale Leoncavallo occupato il 16 Ottobre '75 e dal Marzo '78 intitolato Fausto e Iaio, due nostri compagni uccisi in Via Mancinelli e, che dopo 18 anni, proprio quella mattina veniva sgomberato.

C'erano, quel giorno che, data la prova di forza messa in campo da tutti gli apparati dello stato si potevano usare, e quegli strumenti erano i corpi di quei pochi compagni che i cordoni delle "cosiddette" Forze dell'Ordine, quelli si erano tanti, hanno fatto passare per raggiungere quel fatidico portone, e dico fatidico perche', dopo 18 anni se lui avesse potuto raccontare quanta gente ha visto passare, si sentirebbero decine di migliaia di nomi di persone, compagni, uomini e donne famosi e non famosi, ma che diventavano qualcuno anche solo per il fatto che venivano li' dentro e, proprio in quel centro sociale, come in tutti gli spazi autogestiti e occupati, dove le persone riescono a lavorare per se e per gli altri senza fine di lucro, per una societa' meno schifosa, senza dover sottostare a padroni o a capi.

Purtroppo quel portone non potra' raccontare nulla, e' stato abbattuto dalle ruspe di Formentini solo tre giorni dopo. Ritornando ai giorni antecedenti, il clima preparato dalla stampa era piuttosto teso, vi voglio citare un articolo del quotidiano "il giorno" del dicembre '93. L'articolo titolava cosi': "Leoncavallo la fine e' vicina" e continuava: "Il Prefetto Giacomo Rossano modera l'ottimismo, ma e' consapevole di lavorare per trovare la soluzione definitiva al problema ed e' soprattutto consapevole di risparmiare alla citta' un'inutile spargimento di sangue".

A proposito di questo articolo che vi ho appena citato, mi viene da pensare solo una cosa: il giornalista ha proprio sbagliato, la fine del Leoncavallo e degli spazi autogestiti non e' vicina, perche' nonostante gli sgomberi, le ruspe, le denuncie che ormai sono piu' di mille, i processi e le relative condanne, la musica che e' in noi continua a crescere sempre piu' e, anche se sparate su un pianista, ricordatevi sempre che tutti sappiamo suonare.