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28 GENNAIO '95 Dichiarazioni spontanee degli imputati: BERNI PRETORE: F. Bernardo BERNI (31 anni): Il solo e unico motivo per cui mi trovo a comparire in questa aula di tribunale oggi e' perche' in una societa', basata sull'ingiustizia, quale, senza ombra di dubbio, e' la nostra, il destino di un uomo giusto e che fa della giustizia una delle proprie ragioni di vita e' quello di comparire a giudizio, nelle aule di tribunale, o di finire in prigione. La storia del nostro paese, per non dire del mondo intero, e' piena di esempi in tal senso, ed il mio non sara' che l'ennesimo e se pur piccolo contributo a questo elenco. Ed e' per questo che io mi trovo oggi a comparire davanti a un giudice mentre dopo 15 anni ancora dalle aule di questo tribunale non e' uscita alcuna verita' sugli assassini, siano essi mandanti od esecutori di Fausto e Iaio, due compagni uccisi in Via Mancinelli la sera del 18 marzo del 1978 e ai quali da allora il centro e' dedicato. I reati che mi vengono contestati non possono essere giudicati, a mio avviso. perche' non sono tali e qualora lo fossero non sono stati compiuti, ne da me personalmente ne da tutti coloro che sono imputati in questo processo. Un piccolo bigino di storia a cominciare dalla campagna politica delle elezioni per il nuovo sindaco di Milano, fino ad arrivare al giorno del 20 Gennaio del 1994. In questi lunghi mesi il centro sociale Leoncavallo e le migliaia di giovani, studenti, disoccupati, lavoratori, bambini, nonni, mamme, artisti, immigrati, si sono trovati, loro malgrado, a dover rispondere ad un ottuso e violento attacco da parte di quello che sarebbe stato il futuro sindaco di MIlano e del suo partito. Ma in realta' questo attacco veniva portato, non solo a coloro che in questi ultimi mesi o anni hanno frequentato e fatto vivere il centro sociale, ma bensi a tutte le generazioni che in diciotto anni di storia del centro sociale hanno varcato quei cancelli carichi di voglia di lottare per un societa' egualitaria ma anche di voglia di vivere e di amare e di determinare il prorio futuro. Penso che non sia possibile per chi non ha vissuto quei mesi capire cosa e' successo e cosa e' cambiato nella testa e nel cuore dei compagni. E penso anche che lo sgombero e la demolizione della sede del centro sociale Leoncavallo di Via Leoncavallo 22 se da una parte hanno rappresentato una sconfitta non solo per i compagni ma per la citta' intera, dall'altra abbiano segnato l'inzio di una nuova fase, ancor oggi tutta da scoprire, ma che gia' fa intravvedere le immense potenzialita' che potranno essere espresse. In questo periodo si parla e si discute molto, a tutti i livelli, di trapianti d'organo, penso che mentre il centro sociale di Via Leoncavallo veniva assassinato, un'altra mano, sapiente ha saputo prelevare da quel corpo ormai privo di vita tutti gli organi essenziali per trapiantarli in un altro corpo a cui ridare vita. Questa e' un'esperienza che ha caratterizzato e caratterizzera' la lunga vita del centro sociale e che lega in modo indissolubile i soggetti che ne sono protagonisti. Facendo riferimento all'episodio in questione, lo sgombero del centro sociale era in quel periodo diventato un appuntamento fisso, piu' che settimanale, che ha via via coinvolto i frequentatori del centro, gli abitanti del quartiere, la citta' intera, il paese intero, gli organi di informazione a livello internazionale, persino la CNN ha trasmesso le immagini di quei giorni. A tutti appariva ormai chiaro che lo sgombero del centro nonostante l'incredibile, testarda e creativa mobilitazione sarebbe avvenuto ed in modo pacifico, a tale proposito voglio ricordare le minacce sia personali sia a mezzo stampa rivolte nei confronti dei singoli compagni e del centro sociale piu' in generale, minacce che piu' di una volta facevano intravvedere la possibilita' di altri morti a cui dedicare un futuro centro sociale. Quanto affermo puo' essere tranquillamente confermato andando a rileggere la stampa dell'epoca attraverso la quale e' possibile verificare come i compagni del centro sociale a salvaguardia dell'incolumita' collettiva del movimento dell'opposizione sociale a Milano avevano piu' volte chiaramente, e senza ombra di dubbio, manifestato la volonta' di accettare, seppur costretti da iniqui rapporti di forza, il trasferimento pacifico della sede in Via Salomone 71, della quale si era gia' preso visione nelle settimane precedenti. Quella mattina la zona circostante al centro risultava completamente colorata di blu, tanta era la presenza piu' o meno discreta delle efficenti, in questo caso, forze dell'ordine. Molti compagni furono quindi impossibilitati a raggiungere il centro sociale, solo una piccola minoranza riusci' a raggiungere il portone per portare l'ultima testimonianza e probabilmente gettare un ultimo sguardo ad uno spazio che per diciotto anni era stato liberato da ogni tipo di speculazione, di abbandono e caratterizzato da attivita' soicalmente utili e non a scopo di lucro, insomma una pietra preziosa. Riguardo agli episodi accaduti quella mattina risulta chiaro che, da parte di coloro che si trovavano davanti al portone, e non dentro al centro sociale, come affermato da alcuni testimoni dell'accusa, non vi era alcuna volonta' di opporre resistenza. Appaiono quindi prive di fondamento la dichiarazioni che accusano coloro che erano li' quella mattina di essere armati di bastone, in tal senso esiste ampia documentazione fotografica e televisiva, nonche' il fatto che i compagni volessero rientrare nel centro una volta che la polizia ne aveva preso possesso, in tal caso non ne sarebbero mai usciti volontariamente. Al di la' del bene e del male l'accusa, ad esempio , secondo la quale file di sedie, di notevole valore economico fossero state accatastate dietro il cancello di via mancinelli per impedire l'ingresso delle ruspe . Concludendo mi chiedo quale giovamento puo' portare a questa citta' e alla societa' piu' in generale, tanto accanirsi da parte dei tribunali in questa ed in altre occasioni contro chi studie e lavora e persino elabora attivita' per una societa' che garantisca a tutti il diritto alla casa all'istruzione, alla salute al salario ed al divertimento, diritti tutti garantiti dalla costituzione. E se nonostante cio' verremo condannati perche' troppo forte abbiamo gridato la nostra rabbia contro un'ingiustizia, forse la prossima volta varra' la pena venir condannati per essersi tolti le mani di tasca. |
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