28 GENNAIO '95
Dichiarazioni spontanee degli imputati: STEFANIA

PRETORE: G. STEFANIA

STEFANIA (29 anni): Chiunque abbia seguito la vicenda del C.S. Leoncavallo, sa che non e' possibile scindere quella giornata del 20 gennaio '94 dai mesi che l'hanno preceduta e che ne hanno determinato la dinamica.

C'e' in effetti da stupirsi per le accuse di adunata e grida sediziose, in quanto cio' che e' successo quella mattina era stato previosto e concordato con la questura, in decine di incontri dei mesi precedenti a cui eravamo obbligati, e in cui era difficile fidarsi l'uno dell'altro, ma in cui non avevamo scelta.

Lasciare la vecchia sede del Centro Sociale Leoncavallo era una scelta che i compagni e le compagne avevano maturato molto prima di quella mattina, una scelta dura ma comunque collettiva e mossa dalla convinzione che l'importanza di un luogo come il Leoncavallo non si riduceva alle murache lo circondavano, ma era ed e' frutto del lavoro collettivoche ha reao importante quel luogo per la sopravvivenza sociale e politica di tutti coloro che si vedono negare sempre piu' i diritti sondamentali, esperienza quindi ripetibile in ogni luogo.

Il termine "sedizioso" oggi piu' che mai necessita' di una interpretazione che tenga presente tutti gli elementi possibili, alrimenti potrebbe diventare pericoloso per tutti coloro che, pensando di essere dalla parte giusta, lottano per una igliore qualita' della vita. Diventerebbero sediziosi gli operai che lottano contro la chiusura di una fabbrica, o lo sfrattato che presidia la sua casa perche' non ne ha un'altra dove andare, ma anche tutte quelle lotte di uomini e donne che in passato hannoportato al riconoscimento di alcuni diritti : penso all'aborto, al divorzio, al diritto di sciopero.

E cosi' quella mattina del 20 gennaio, tutta la citta' sapeva dello sgombero di un centro sociale con una storia lunga 20 anni, e la polizia sapeva che, comunque davanti al Leoncavallo si sarebbero concentrati tutti coloro che intendevano testimoniare, facendosi portare via di peso, l'importanza di quel luogo.

Essere li' davanti, prima di ricominciare il lavoro sociale e politico nello stabile di Via Salomone, era un atto politico simbolico, dovuto, perche' il C.S. Leoncavallo e' sempre stato per la citta' di Milano, e non solo, un luogo di aggregazione sociale importante che lotta contro l'eroina, l'emarginazione, e tutte le forme di razzismo e di fascismo.

Da un punto di vista piu' tecnico, vorrei dire che per quanto riguarda il trasferimento in Via Salomone, questo era stato concordato con la dinamica descritta, cioe' resistenza passiva davanti al centro e corteo verso Via Salomone, ma il trasferimento del materiale, delle strutture del centro necessarie per continuare le attivita' e frutto di u lvoro collettivo, non era in realta' definito. Potevano, come in parte hanno fatto, entrare con la ruspa e accanirsi su tutto quello che trovavano, come hanno fatto il 16 agosto dell'89, dove hanno distrutto, in una demolizione poi risultata illegale, tutto l'archivio storico, l'impianto musicale ecc.

Il 20 gennaio gran parte del materiale era in cascina, ma molto ancora si trovava all'interno del Leoncavallo. Il giorno prima avevamo accatastato le sedie, regalateci da Dario Fo, fuori dal cnetro, al di la' del muro che chiudeva da Via Mancinelli. Quelle sedie, che il PM ha scambiato per barricate, dovevano essere trasferoite in Via Salomone appena si fosse concluso il tutto, quelle sedie che non sono mai arrivate perche' la ruspa le ha distrutte senza motivo. E credo che sia stato solo grazie alla nostra presenza li', quella mattina, che siamo riusciti a ottenere di poter smontare parte del capannone, costruito da noi cn tubi innocenti, nei giorni che precedevano la demolizione. Sono piccole elementi, questi, che spero che insieme alle altre testimonianze, aiutino a capire l'insieme di cose che ha caratterizzato quella giornata cos' importante, che sarebbe riduttivo ricondurre dentro la sfera giuridica.

Un'ultima cosa che vorrei dire e' che trovo inaccettabile il solito tentativo di differenziazione, buoni da cattivi o piu' sediziosi e meno sediziosi, in una esperienza come la nostra che fa' perno sulla collettivita' e l'autogestione. Il movimento dei centri sociali, mettetevelo in testa, non ha "capi" o "comandanti", ma e' formato da uomini e donne, diversi tra loro, che applicano la demopcrazia diretta in ogni momento e in ogni luogo del loro agire.