INTRODUZIONE

Questo libro vuole essere, senza alcuna pretesa di completezza, una testimonianza tangibile di come si sia strutturato a Milano un meccanismo repressivo senza precedenti, che vede nel forte attacco al C.S. Leoncavallo, attuato con strumenti molteplici, la punta dell'iceberg di un modo di porsi e di tentare di risolvere, riconducendoli sotto le tematiche di "legalita'" e "ordine pubblico", i vari conflitti sociali presenti nella citta', di cui questo centro sociale rappresenta non solo il simbolo, ma anche l'esperienza piu' attiva e propositiva sul territorio.

I soli dati delle denunce, ormai a quota 1300, comprese quelle che l'ufficio politico della questura sta' recapitando in questi giorni, e dei processi, gia' una decina da qui a giugno, non basta a dare un quadro di come si stia strutturando il tentativo di precise forze politiche, di annullare dal territorio qualunque forma di aggregazione autogestita, politica, sociale, culturale.

E' necessario infatti avere una visione chiara dell'enormita' di questa manovra, che si e' saputa dotare di nuovi ed efficaci strumenti, volti a quella che vuole essere la paralisi e la cancellazione di esperienze come la nostra dalla citta'.

L'inizio di questa campagna va' fatto risalire, necessariamente, al Giugno '93, a quelle elezioni amministrative che avrebbero consegnato la citta' di Milano nelle mani della Lega Nord e del sindaco Formentini.

A partire infatti dalla campagna elettorale, unico tema che questa forza di governo ha saputo proporre alla citta' e' stato lo sgombero del Leoncavallo: un comodo schermo dietro il quale mascherare l'assoluta mancanza di una politica reale per la citta', che ancora oggi risulta manovrata dagli stessi interessi politici delle giunte socialiste che l'hanno preceduta, e trasformata in un enorme cantiere dove vengono privilegiate speculazioni edilizie a tutto discapito delle reali necessita' di una metropoli ormai avviata verso la disgregazione sociale.

Se si potesse suddividere in "fasi", ma preferiamo parlare di diversi momenti di un piano organico, potremmo partire dall'attacco al luogo fisico, la vecchia sede del Leoncavallo in Via Leoncavallo 22.

Prima forma, questa dell'attacco a una soggettivita' politica che, in questi anni, ha saputo concretizzare e portare avanti lotte per i diritti minimi garantiti, dalla casa, al reddito, all'istruzione, a spazi a uso sociale e collettivo.

Una minaccia di sgombero del luogo fisico con una fortissima valenza simbolica, perseguita nella speranza di ricomprendere e ridurre in questo un attacco mirato a chi, di questo luogo che solo fisico non e' mai stato, e' l'intelligenza motrice, il cuore, l'anima.

Ed e' proprio nella consapevolezza di un orizzonte futuro, in cui piu' grosse e ardue battaglie si preparavano, che nei lunghi mesi di quell'inverno, tra riunioni che si susseguivano l'una all'altra, mobilitazioni, presi'di e iniziative politiche, si prendeva la decisione di separare idealmente queste due realta', tra l'altro strettamente connesse.

Si faceva strada la consapevolezza che "centro sociale" era una realta' che andava al di la' del semplice luogo fisico, e che rispetto ad una difesa dello spazio dai tetti, riproposta nelle stesse forme del 1989, era invece arrivato il momento di proporre una nuova resistenza, che non consegnasse nelle mani della repressione quel corpo di compagni, il cui raggiungimento e' il fine ultimo di tanto spiegamento di forze.

Si struttura quindi la battaglia per l'ottenimento di una sede alternativa per il centro sociale, mentre sulla nostra testa si svolgeva uno scontro di poteri o in gioco delle parti tra istituzioni centrali e istituzioni locali, che vedeva coinvolti questore, prefetto, sindaco, pretura, ministero degli interni e Lega.

Risulta impossibile, in una prefazione, ripercorrere le tappe di quella ricerca frenetica, che ha visto diverse proposte, da Via Adriano, al Trotter, alla Cascina San Gregorio al Parco Lambro, tra autorizzazioni a montare una tensostruttura, al sequestro della struttura stessa con tafferugli tra Polizia Municipale e PS, e ordinanze di prefetto e sindaco che si annullavano l'una con l'altra.

Tutto questo mentre sono numerosi i cortei che attraverseranno la citta' in quei mesi, dove uomini e donne, compagni e compagne, giovani, disoccupati, immigrati, studenti rivendicano il diritto all'esistenza del C.S. Leoncavallo e di tutti gli spazi autogestiti, imponendo, alla fine, la requisizione della sede di Via Salomone, assegnata per un periodo non superiore a 180 giorni, e poi sgomberata il 9 Agosto.

Fallito il tentativo di legare alle macerie di Via Leoncavallo anche il destino dei compagni, inizia una battaglia ancora oggi in corso, che risulta essere il naturale svolgimento di quella.

Inizia infatti la fase delle denunce, dei processi e delle condanne, mentre il contenzioso relativo alla sede si sposta dall'illegalita' della sede, alle iniziative politiche e culturali che in questo luogo si svolgono.



Nel giro di quasi un anno e mezzo, 1300 e' il numero degli avvisi di garanzia emessi a carico di un numero, peraltro molto inferiore di compagni e frequentatori, secondo la logica di chi tende a colpire nello specifico determinate persone, note per la loro lunga militanza.

Mentre nel contempo si portano in Tribunale processi grandi e piccoli, vecchi e nuovi, alcuni dei quali rimasti per anni nei cassetti della Digos e della Magistratura, in attesa del momento politico propizio.

Lo strumento processuale marcia di pari passo alle iniziative che i compagni promuovo e le contraddizioni che queste producono.

Assai ampio e' l'orizzonte delle iniziative colpite, in cui rientrano iniziative in difesa degli spazi sociali, del diritto alla casa, al reddito, iniziative di realta' autorganizzate, gestione delle attivita' culturali e spettacolari, contro il razzismo e il fascismo, estremamente speculari, come e' ovvio, ad analoghe politiche che tendono sempre piu' ad annullare questi diritti. Questa mole incredibile di denunce si sta' trasformando in decine e decine di processi, e questo e' il dato ovvio, ma anche quelle che processi non diventeranno, riescono a essere utilizzate in altri modi, cioe' per legittimare interventi preventivi motivati dalla cosidetta "pericolosita' sociale".

Ed ecco l'applicazione del famigerato Articolo 1, le minacce di provvedimenti di arresto cautelare riguardo a determinati compagni, secondo la logica assurda che il numero delle denunce inviate stabilisce una astratta pericolosita', addirittura prima che si arrivi al processo o in sostituzione di esso. Ad esempio l'accumularsi di denunce per concerti non autorizzati viene utilizzato per minacciare un sequestro preventivo dell'area di Via Watteau, o di parte di essa.

Se poi consideriamo che questo meccanismo, per cui il semplice fatto di risultare indagato, e' gia' di per se' una prova di colpevolezza, in questo si inserisce appieno il fatto piu' eclatante del processo di cui trattiamo in questo libro, allorquando viene prodotta, per valutare le diverse pene da erogare, la lista dei 107 indagati per il corteo del 10 settembre a Milano, in cui compare anche un Avvocato del collegio difensivo.

Questo evidenzia il rapporto strumentale della questura rispetto alla magistratura, o meglio di quella parte di essa che si occupa, con una celerita' quanto meno sospetta, dei nostri procedimenti penali, e che ha istituito una vera e propria "corsia preferenziale": Conosciamo in maniera diretta vertenze sul lavoro e sulla casa che aspettano da anni la discussione in aula, mentre i nostri processi vedono il secondo grado appena dopo i nove mesi dalla sentenza del primo.

Anche lo stesso meccanismo di attribuzione dei processi sempre agli stessi magistrati, e' indice di come il Palazzo di Giustizia si sia consapevolmente attribuito la funzione di repressione contro l'opposizione sociale.

Va chiarito che il fatto che uno specifico gruppo di magistrati si occupi esclusivamente di un filone d'indagini, non e' la normalita' ( non a caso il "pool di mani pulite" ha rappresentato una novita' giuridica ).

Quindi risulta anomalo che i nomi dei PM (pubblico ministero) ai nostri processi siano sempre gli stessi.

Da quel Ferdinando POMARICI gia' noto ai piu' per avere, gia' nell'88, aperto un procedimento a carico dei compagni del movimento antagonista per associazione sovversiva, che sappiamo essere costantemente aggiornato da materiale nuovo e vario, e che sempre in quegli anni ha condotto piu' di una campagna repressiva contro i movimenti.

Non e' quindi un caso che questo magistrato abbia oggi in mano alcuni dei processi piu' grossi del Leoncavallo, tra cui quello del corteo del 10 settembre, con imputazioni pesantissime. Ma altri nomi ricorrono ripetutamente nei nostri processi, di PM che fanno parte del suo ufficio: il Dott. Roia, la Dott.ssa Turri, la Dott.ssa Manfredini, la Dott.ssa Pizzi, Dott.ssa Ferruta e il Dott. Aprile.

La dinamica processuale si inserisce nel panorama politicoche vede mesi di divieti a manifestazioni, presi'di e iniziative pubbliche che hanno poi condotto alla giornata del 10 settembre, a riprova del fatto che c'e', a Milano e nel resto del paese, una opposizione sociale che non si rassegna all'immobilismo e al silenzio, e verso la quale i ripetuti divieti non possono che produrre pubblico disordine invece che il cosiddetto "ordine pubblico", in questo coadiuvata egregiamente da un uso esclusivamente e squisitamente politico della macchina amministrativa del Comune di Milano, ostaggio da mesi delle mire e dei fini politici del suo delirante sindaco.

Un esempio che vale per tutti e' quello del divieto all'iniziativa NESSUNA GIUSTIZIA NESSUNA PACE, VI meeting internazionale dei centri sociali, che solo la fortissima determinazione dei compagni ha permesso che venisse svolto, seppur in forma mutilata ed estremamente sottodimensionata, nella "striscia di Gaza," il marciapiede di fronte alla sede di Via Salomone.

Anche qui, i motivi del divieto erano una presunta tutela del verde pubblico, tra l'altro assolutamente inesistente nella pietraia dove si sarebbe dovuto svolgere, e motivi di sicurezza legati a una tensostruttura "agibile" a tutti gli effetti per inziative organizzate da tutti tranne che dal C.S. Leoncavallo: questo negli stessi giorni in cui per la festa della Lega Nord, un totale fallimento in termini di frequenza di pubblico, veniva concesso il Parco Sempione, dove si sarebbero poi verificati gravi danni proprio al verde pubblico.

Dopo dieci giorni di militarizzazione dell'intera zona est di Milano, tra montaggi e smontaggi continui, sotto la costante minaccia di carica della polizia, veniva effettuato un vero e proprio blitz all'alba, proprio lo stesso giorno in cui il movimento antagonista veniva chiamato per difendere dallo sgombero la Casa occupata di Via dei Transiti. Un blitz culminato con il sequestro delle strutture montate all'esterno, di cui non abbiamo ancora ottenuto il dissequestro.

Ma andiamo avanti.

E' senzaltro evidente come le vicende legate a Tangentopoli abbiano riportato in auge concetti quali "legalita'" e "ordine", che nel caso in questione, cioe' quando siano rivolti a legittimare tale e tanta repressione dei movimenti, vanno letti come legalita', strumentale, e "ordine pubblico", comoda etichetta che ha legittimato altre e diverse operazioni repressive negli anni passati, e che dovrebbe, nelle intenzioni di chi la applica, legittimare il fatto che a Milano, da diversi mesi, venga ripetutamente colpito e calpestato uno tra i piu' elementari diritti, quello della liberta' di opinione e di manifestare.

Lo stesso concetto di sediziosita', che approfondiremo in seguito, e' applicato verso qualunque realta' che si organizzi per l'ottenimento dei propri diritti, ai lavoratori dell'Enichem di Crotone, come agli autorganizzati protagonisti delle lotte di quest'autunno, anch'essi oggetto di indagine a opera di POMARICI.

Difendere l'esperienza del C.S. Leoncavallo dall'ignoranza e dall'arroganza dimostrata dalla giunta milanese, non poteva che tradursi nella ricostruzione di vent'anni di storia del centro, parlando in prima persona e superando l'asfittica dimensione di essere descritti come "covo di teppisti". Un'operazione in controtendenza che vede l'inusuale utilizzo dei mezzi d'informazione di regime.

Il risultato di diventare interlocutori politici e quindi conquistarsi l'agibilita' politica ha costretto la repressione a spostare l'intervento sul piano piu' strettamente amministrativo, in cui protagonista principale, neanche a dirlo, e' ancora una volta Formentini.

Iniziano ad essere colpiti i concerti e le iniziative culturali.

Non possiamo non sottolineare l'importanza di una proposta controculturale che da anni offre alla citta' una qualita', per prodotto, non facilmente omologabile, per gestione, non speculativa, per accessibilita' economica dei frequentatori, che da sicuramente fastidio a chi, dalla SIAE, all'Assessore comunale di turno Daverio, veicola ben altri interessi dietro la maschera della "Cultura".

Ecco dunque le diffide di Formentini ad artisti quali Gabriele Salvatores, che proprio nel laboratorio teatrale del C.S. Leoncavallo muoveva i primi passi, agli attori Dario Fo, Franca Rame e a Paolo Rossi, durante la 10 giorni di lotta dell'Ottobre 1993, contro lo sgombero del Leoncavallo, fino a quelle a Raul Casadei in occasione del previsto concerto in Via Watteau, per arrivare alla diffida e relative denunce in occasione del concerto del 3 Febbraio '95 del gruppo 99 Posse - Bisca dal titolo "Adunata sediziosa tour".

Assurdo come nella citta' dove l'autogestione e chi la pratica sono considerati pericolosi soggetti da imbavagliare, fino al punto di richiedere l'uso della forza pubblica per evitare fisicamente al pubblico l'accesso in Via Watteau.

Ma non solo. Tutto questo avviene contro una battaglia per il cambiamento di destinazione d'uso dell'area, da uso industriale a uso sociale, che priverebbe di validita', alla radice, tutte le presunte "motivazioni di sicurezza pubblica" relative agli spettacoli, e per ottenere la quale stanno procedendo grossi lavori di ristrutturazione della sede.

Tutto questo in una citta' dove qualunque aggregazione libera da regole imposte e autodeterminata e' considerata, in quanto non controllabile, un pericolo, e non una ricchezza.

Siamo ovviamente molto vicini, solo geograficamente, a citta' quali Berlino, Parigi, Londra, Amburgo e Amsterdam, qui infatti anche solo un luogo di ritrovo nelle sere d'estate, in una citta' deserta, come avveniva in luglio in Piazza Vetra, in cui di fronte all'enorme pericolosita' sociale di due suonatori di bonghi, una partita di pallone, e tre banchetti che vendevano panini alla nutella a mille lire (e senza licenza !!!) si provvedeva a far intervenire la Polizia Municipale.

Milano e' davvero la citta' piu' libera del mondo! ...Interessante...