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1975 |
Un canto sommesso
Milano, 16 aprile 1975: due fascisti di Avanguardia Nazionale uccidono con un colpo di pistola lo studente Claudio Varalli.
Entravano in piazza. Gli striscioni ormai li avevano arrotolati.
Per tutto il pomeriggio, davanti al Comune, avevano gridato che la casa e' un diritto. Poi i colpi. Uno, due, brevi secchi. Per Claudio Varalli, la primavera finiva cosi', a sedici anni. Col viso solo un po' stupito.
I fascisti erano scappati. Verso la Questura.
Il giorno dopo la polizia carica la manifestazione, diretta alla sede dell'Msi di via Mancini, con un carosello di camion. Uno di questi schiaccia Giannino Zibecchi, giovane insegnante di 26 anni.
Il giorno dopo c'eravamo tutti. Scendevamo per corso di Porta Vittoria, in un silenzio strano. Di tanto in tanto, una voce: "Almirante", e il corteo dietro, per quanto era lungo, "Assassino", rispondeva. Sapevamo dove andare.
Per anni, da via Mancini, dov'e' la sede dell'Msi, erano usciti con catene, con coltelli, con pistole. Sapevamo anche che non ci avrebbero fatto arrivare fin la'. Ma eravamo in tanti. E la fotografia di quel ragazzo sull'asfalto era negli occhi di tutti. Continuavamo ad andare. Molti col fazzoletto sul viso. Altri col tascapane gonfio di sassi.
Il giorno dei funerali di Giannino, i Navigli brulicano di gente, di bandiere, di striscioni. E tanti fiori. Li portavano davanti a tutti, delle compagne. Giovanissime. Un canto sommesso rompeva appena lo scalpiccio dei passi.
Ancora, e ogni anno, Varalli e Zibecchi e un altro giovane del movimento studentesco, Roberto Franceschi, ucciso, il 23 gennaio 1973, da un colpo alla nuca sparato da un agente di polizia davanti alla sua universita', la Bocconi - che le autorita' accademiche volevano tenere chiusa ad ogni iniziativa culturale e politica - vengono ricordati dai compagni che non si piegano a dimenticare.
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