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Liberi
1993

Tangentopoli, ovvero l'equivoco di Mani Pulite

Le rivelazioni di Mario Chiesa, del Psi, danno avvio all'inchiesta sulle tangenti. Nel '92 l'insorgere di una nuova forza politica, la Lega, e il collasso del sistema dei partiti, che portera' alla scomparsa della Dc, alla trasformazione del Pci e alla dissoluzione del Psi, rendono possibile alla magistratura - la quale gia' con l'emergenza antiterrorismo ha acquistato un ruolo di supplenza al vuoto del potere politico e un protagonismo via via crescente - di evidenziare con le sue inchieste quanto sia diffuso e pervasivo il livello di corruzione e di clientele.
Il potere politico ed economico italiano risultano intrecciati in un equilibrio di interessi di partito e personali che riguarda praticamente ogni settore della societa', partito politico e azienda.
Parte del personale politico e di affari che ha gestito il paese nei decenni precedenti, viene distrutto dalle inchieste di Mani Pulite; inchieste che, utilizzando metodi gia' usati contro il terrorismo, comportano la definitiva soggettivazione del diritto.

Non e' l'inchiesta in se', il suo valore storico, ma il metodo applicato che occorre mettere in discussione.

"... Pubblici ministeri e, quel che e' piu' grave, giudici non perdono piu' tempo a stabilire la individuale responsabilita' dell'imputato, hanno abbandonato il ruolo tecnico di "risolutori del conflitto" per attribuirsi il peso gravoso (pubblicamente gratificante, politicamente forte) di "una missione": la difesa sociale."
(Giuseppe D'Avanzo, Tangentopoli e avvocati, la Repubblica, 26/10/96)

Il magistrato-eroe di tangentopoli diventa Di Pietro, aspirante Bonaparte. La spettacolarizzazione dei processi crea nel paese un'ondata di giustizialismo. Il furore popolare, deluso per le ricorrenti promesse mai mantenute dalla politica, si raccoglie al seguito di magistrati giustizieri che appaiono come protagonisti di una rivolta trasformatrice contro il vecchio sistema di potere e i suoi intoccabili potenti.
Ma l'utilizzo ai fini politici di Tangentopoli si rivela un boomerang. La magistratura acquista tale visibilita' e potere che si scatena, all'interno degli stessi poteri dello Stato, una lotta infinita i cui esiti colpiscono settori stessi della magistratura e anche Di Pietro.
Il protagonismo dei giudici, oltre a sconvolgere le regole del diritto, tiene sospeso ogni potere; governi, ministri e leader politici convivono con questa spada di Damocle. Solo i giudici sono in grado di contrastare il potere dei loro colleghi. Le forze politiche che prima plaudono Mani Pulite, sono in seguito oggetto di indagini. Non viene risparmiato il Pci-Pds - che, a vanto della sua diversita', deve almeno giustificare come abbia potuto convivere e cogestire tanti anni di consociativismo senza vedere, senza sentire e senza parlare - e neanche la Lega.
La cosiddetta rivoluzione italiana consegna un paese in cui l'affarismo di Stato, invece di affievolirsi, si rafforza, in cui la promiscuita' tra impresa e governo si accentua, in cui il filo della corruzione si srotola all'infinito.

"D'altra parte gli episodi di malcostume anche recenti ... dimostrano che scandali e processi, lungi dall'eliminare la corruzione, in molti casi hanno soltanto reso le tangenti piu' rischiose (e quindi piu' cospicue), la corruzione piu' sofisticata ..."
Dalla relazione del Comitato di studio alla Commissione parlamentare anticorruzione (Corriere della Sera, 31/10/1996)