Hackers



In questi ultimi anni, caratterizzati dalla rivoluzione telematica, i giornali hanno sovente riportato la notizia di persone, definite pirati informatici o hacker, infiltratesi nelle banche dati di governi, banche e multinazionali ; in questi articoli si leggeva lo sgomento del giornalista davanti a queste incursioni che rappresentano un pericolo per la società che poggia saldamente le sue istituzioni sui computer.

Ma cos'è un hacker ? Cosa lo porta ad introdursi nelle banche dati di tutto il mondo ? Sono da classificarsi poi tutti come hacker coloro che appaiono sui giornali come pirati informatici ?

Sono, queste, domande a cui un giornalista, in quanto tale, avrebbe dovuto trovare risposte : cosi non è stato e l'hacker è definito come un pirata informatico, e la parola che lo definisce è stata ridotta alla sua accezzione negativa.

Ma procediamo con ordine, partendo dall'inizio come si suol fare quando la finalità di un articolo è il ragionamento e non il giudizio.

Il termine hacker è nato all'inizio degli anni '60 al Mit (Massachussetts institute of technology) dal linguaggio adottato da un gruppo di giovani studenti appassionati di computer e di tutto ciò che era tecnologia. Il termine “hack” rappresentava un progetto intrapreso o un prodotto costruito non soltanto per adempiere a uno scopo specifico ma che portasse con se il piacere scatenato della pura partecipazione (da Hackers di Steven Levy).

I computer, ben lontani da quelli che conosciamo adesso, occupavano intere stanze ed erano appannaggio esclusivo dei tecnici in camice bianco forniti dalla IBM; era un ambiente molto settario e questi tecnici-burocrati impedivano l'accesso a queste stanze a chiunque non avesse autorizzazioni firmate e controfirmate; inoltre il sistema dei computer era ancora a schede perforate, quindi erano necessari diversi computer, uno per la perforazione delle schede, uno che controllasse che il programma fosse privo di errori ed uno che lo interpretava e che lo eseguiva.

Il cambiamento avvenne quando arrivò il primo computer a nastro magnetico, dislocato su un piano diverso da quelli precedentemente descritti: fu così che avvenne la prima rivoluzione informatica.

Non era più necessaria la presenza di molte persone, ognuno avrebbe potuto, da solo o in compagnia, sedersi alla consolle e sperimentare. Fu allora che i primi studenti si diedero da fare per conoscere questa nuova e misteriosa tecnologia sottratta al monopolio dei tecnici blasonati; si sedettero a turno e cominciarono a macinare codice, a penetrare nei meandri della macchina e a capirne il suo funzionamento: erano nati gli hackers.

La loro dedizione era totale e il loro scopo quello di migliorare il sistema; si prenotavano per l'uso del computer di giorno e si appostavano nei dintorni per approfittare di ogni momento in cui la macchina fosse libera, soprattutto di notte poiché quei computer non venivano mai spenti in quanto necessitavano di un tempo di accensione molto lungo ed erano particolarmente delicati.

Per capire bene la loro filosofia è necessario introdurre il concetto di sistema: un sistema era per loro un insieme di elementi che interagivano tra loro in modo perfetto, senza errori e con l'utilizzo di risorse e di codice sempre minori. Il sistema perfetto era lo scopo e facevano a gara per ottenere programmi in grado di farlo girare con il minor numero di righe di codice.

Questo è il punto fondamentale delle loro filosofia: pur cercando di ottenere il miglior programma , senza errori, non erano in competizione tra loro, o meglio non lo erano secondo l'attuale concetto di competizione, per cui lo scopo finale è più importante delle vittime che si lasciano lungo il percorso. Tutti i programmi o il codice creati erano a disposizione di tutti in un contenitore nella stanza del computer; non esisteva il concetto di proprietà, chiunque poteva prendere un pezzo di programma scritto da altri e migliorarlo, studiarlo senza chiedere permessi.

Gli hackers intervenivano spesso anche sull'hardware, sul computer stesso, cosa che non era tanto gradita dai responsabili, fatto è che le modifiche erano sempre un miglioramento, nell'ottica di ottenere un sistema perfetto.

Questa filosofia, nonostante che anche i responsabili si rendessero conto che dopo ogni modifica sia hardware che software il sistema funzionasse meglio, contrastava con la filosofia del tempo, peraltro molto simile alla nostra, che tendeva a chiudere ogni cosa dietro a permessi, regolamenti, porte ben chiuse per impedire l'accesso a chi non avesse l'autorizzazione.

Era il tempo della lotta delle idee, il tempo in cui gli hackers per raggiungere il loro scopo, condiviso tra l'altro da tutti, dovevano ingegnarsi.

È' successo per esempio che per fare delle modifiche alla macchina ci volessero degli attrezzi ben chiusi in una stanza, proprietà di una persona che li considerava dei beni da santificare: gli hackers divennero così esperti anche di serrature; penetrarono attraverso il condizionatore d'aria, smontarono la serratura, la studiarono e trovarono il modo di aprirla e di poter quindi usufruire degli attrezzi ogni volta ne avessero avuto bisogno.

Nella comunità hacker del Mit c'erano persone a cui non interessavano solo i computer, ma tutto ciò che era tecnologia: un esempio era la rete telefonica. Alcuni esploravano questa rete per capire il suo funzionamento, per migliorarla, ma spesso le loro finalità non erano capite; essi venivano accusati di telefonare gratuitamente alle spalle della società telefonica: niente di più falso; gli hackers esploravano la linea, commutatore per commutatore, arrivando anche a telefonare anonimamente alla società dei telefoni per avvisarla che in un certo punto della rete c'era un errore che poteva comprometterne il funzionamento.

Il concetto di denaro non era presente nella loro filosofia ma ,forse per questo, perché questa pericolosa idea di rifiuto del denaro non era accettata dalla società , venivano additati come delinquenti.

Negli anni successivi venne introdotto nel computer un sistema che permetteva ad ogni utente di avere una sua password di entrata ed un suo spazio dove immagazzinare il suo codice e la sua posta elettronica privata; da una parte la direzione promuoveva l'utilizzo di queste password, dall'altra gli hackers ribattevano che tutto il codice doveva essere a disposizione di tutti e perciò proponevano di schiacciare il tasto enter alla richiesta di password, il che equivaleva a non metterne alcuna.

La maggioranza degli utenti seguirono la filosofia hacker, mentre alcuni, di solito laureati altezzosi che giudicavano gli hackers alla stregua di bambini che giocano, immettevano una password per proteggere i loro lavori.

In sostanza non ce n'era bisogno perché nessuno si sarebbe permesso di rovinare i loro lavori; l'unica motivazione era il diritto alla proprietà del codice e la gloria personale di aver scritto qualcosa di utile: motivazioni alquanto discutibili, perché compromettevano il raggiungimento dell'obiettivo comune di ottenere un sistema funzionante e quindi utilizzabile da chiunque.

Inoltre, per un hacker, una password, come lo era stato una serratura, non era una barriera insormontabile; infatti per farne capire l'inutilità, gli hackers penetravano periodicamente queste porte digitali, senza danneggiare niente, lasciando un messaggio all'utente che proclamava l'inutilità delle password e l'utilità per la comunità informatica di poter accedere a tutto il materiale.

In quanto detto finora emerge chiaramente quello che si potrebbe definire l'etica hacker:

l'accesso ai computer, e a tutto ciò che potrebbe insegnare qualcosa, dev'essere illimitato e completo

tutta l'informazione dev'essere libera

dubitare dell'autorità perché apparato totalmente burocratico

gli hackers devono essere giudicati per il loro operato, e non sulla base di falsi criteri quali ceto, età, razza o posizione sociale (da Hacker di Steven Levy).

Questi personaggi, da alcuni malvisti, furono coloro che implementarono i programmi, crearono i sistemi operativi e promossero lo sviluppo dei computer, creando le basi, con la loro filosofia, affinché i computer diventassero personal computer e entrassero, nel futuro, prima nei club di appassionati e poi nelle case di tutti.

Negli anni seguenti gli hackers del Mit lasciarono gli ambienti dell'università e si dispersero per gli Stati Uniti, promuovendo ovunque l'etica hacker e influenzando le generazioni future.

Fu anche grazie a questo se in California attorno alla metà degli anni '70, fu creato il primo personal computer, l'altair, di dimensioni più o meno di quelli odierni.

Anche in quell'epoca si respirava aria di etica hacker; in un club informatico del Nord della California, i cui componenti si riunivano ogni due settimane, si cercava di rendere i computer accessibili a tutti; si cercava di portarli fuori dalle università affinché tutti potessero beneficiarne ed apprendere le tecniche di quello che già si sapeva come lo sviluppo futuro in campo tecnologico.

Dopo la creazione del primo PC, fatto in casa con pezzi di scarto spesso trovati dal rottamaio, si rendeva necessaria la creazione di programmi in grado di farlo funzionare.

In questo fu di grande aiuto l'esempio degli hackers del Mit; chiunque scriveva qualcosa di utile lo presentava alle riunioni del club, attese con molta trepidazione dagli interessati, e lo sottoponeva al giudizio degli altri; veniva anche pubblicizzato il codice sorgente, cosicché tutti potessero migliorare i difetti del programma.

Il primo PC presentava però un problema, non aveva un sistema facile per programmare accessibile a tutti; infatti i programmi erano scritti in assembly, un linguaggio molto difficile da utilizzare anche se molto potente.

Ad una riunione di appassionati informatici venne presentato da un ragazzo un nuovo linguaggio molto semplice, il basic; tutti i presenti rimasero però stupiti e disorientati quando il giovane, alla richiesta del codice sorgente, si rifiutò di pubblicizzarlo e asserì che il programma sarebbe stato venduto al prezzo di 150 $. Il ragazzo in questione si chiamava Bill Gates, il proprietario della futura Microsoft.

Fu un tragico momento, quello, per l'etica hacker: la tecnologia dei computer incontrava il capitalismo e quello che sarebbe stato in futuro uno dei suoi più degni rappresentanti. Fu in quel momento che nacque il concetto di pirata informatico, poiché una persona presente trovò per terra un nastro con il programma del basic e lo portò alla successiva riunione dell'Homebrew club (il club precedentemente citato), distribuendolo ai presenti con l'unica condizione di farne almeno cinque copie a testa e distribuirlo a tutti quelli che ne avessero fatto richiesta, come d'altronde era consuetudine fino ad allora.

In ogni caso la rivoluzione informatica era in pieno svolgimento: negli anni seguenti nacquero diverse società che costruivano PC, come quella che vendeva l'altair o la Apple fondata in un garage da Steve Wozniack e Steve Jobs, mentre la mastodontica IBM che aveva sempre dominato il mercato con i suoi mainframe era all'apice del declino.

L'inizio degli anni '80 fu dominata invece dal software, in particolare dai giochi per PC che giravano su Apple e Amiga : fu l'inizio del declino dell'etica hacker.

Inizialmente le società furono fondate da hacker che provavano gusto a scrivere codice; il concetto di copyright non esisteva ancora e la collaborazione tra di loro era molto intensa: pur essendo in concorrenza si scambiavano idee e consigli; tutti sapevano quello a cui l'altro stava lavorando.

In seguito, col benessere proprio degli anni '80, si perse di vista tutto ciò che era stato creato dagli hacker del Mit; le società crebbero e la concorrenza tra loro divenne sfrenata, la loro conduzione fu affidata a manager navigati e senza scrupoli.

Rimase un solo hacker che, disgustato dagli eventi, si ritirò con un gruppo di fedelissimi e fondò la Free Software Foundation, una società che come dice il nome si occupa dello sviluppo di programmi a cui tutti possono accedere liberamente: il suo nome è Richard Stallman.

Negli anni '90 stiamo assistendo ad un'altra rivoluzione, quella telematica, caratterizzata da nuovi media come il Worl Wide Web (WWW).

È' in questi anni che il termine hacker si è fatto conoscere in termini negativi, grazie al coinvolgimento di giornalisti senzazionalisti e scrittori come Bruce Sterling, che non hanno saputo o voluto scavare in profondità per capire cosa significasse essere un hacker.

Molte persone accettano il termine di pirata informatico, sostanzialmente negativo, perché non capiscono e non vogliono accettare il significato di alcune incursioni hacker; questo è dovuto soprattutto all'ottusità della mentalità moderna che considera tutto come business, che accetta senza riflettere il concetto di copyright e che considera giusta ogni cosa concepita nell'ottica della legge e dello stato.

Ogni tanto appare sui giornali la notizia di un pirata informatico che è riuscito a penetrare in un sistema bancario e che ha cercato di rubare denaro: viene definito come hacker.

Queste persone sono abili coi computer ma non sono hackers; sono i figli del potere e della mentalità odierna secondo cui ogni attività è finalizzata al percepire un compenso in denaro; sono gli allievi modello del capitalismo che si ritorcono contro il sistema a loro vantaggio personale.

Quando un hacker fa un'incursione in un sistema protetto segue un'etica non accettata dallo stato, la ricerca e la divulgazione della conoscenza, dell'informazione; e forse è per questa ragione che tendono ad accomunarli con i criminali, per sviare l'opinione pubblica dal loro vero scopo.

Con la diffusione a livello mondiale dei computer e della rete telematica stiamo assistendo, adesso, ad una rivoluzione senza precedenti nella storia dell'umanità: da quando l'uomo ha scoperto la tecnologia, qualunque essa sia, è stata usata da poche persone per garantirsi il potere e controllare le masse; in questo momento abbiamo la possibilità di invertire questa tendenza, poiché la tecnologia è accessibile ad un numero sempre più vasto di persone e attraverso la rete si può accedere all'informazione e comunicare con tutto il mondo.

Non dobbiamo però fermarci ed aspettare perché chi non vuole il cambiamento si sta organizzando:

La rete è forse l'ultima occasione affinché si possa ottenere un mondo privo di censura e che l'informazione circoli liberamente: è un invito questo a conoscere e attraverso queste conoscenze diffondere tutto ciò che viene sbarrato da una password o da una serratura; è un invito questo a diventare hackers nei fatti e nello spirito in tutte le situazioni della vita.