AMBIENTE IL PROCESSO ALL'ENICHEM

"A Porto Marghera cinismo senza scuse"

Durissimo intervento del pm Felice Casson al dibattimento per strage contro il vertice dell'azienda. Parole severe anche contro il sindacato

MANUELA CARTOSIO

Durissimo sul "cinismo" dei vertici del Petrolchimico di Marghera, critico verso l'eccessiva "morbidezza" del sindacato. Con l'intervento del pm Felice Casson il processo contro 31 dirigenti di Montedison, Montefibre ed Enichem è entrato nel vivo. Facendo scintille. Quasi a ribadire che i 63 miliardi pagati dalle aziende per far uscire dal processo quasi tutte le 507 vittime costituitesi parte civile non cambiano di una virgola la gravità delle accuse: 149 operai morti di tumore, 377 ammalati, tonnellate di sostanze inquinanti disperse nell'aria e in laguna o nascoste sotto terra. Fatti che tradotti in reati si chiamano: strage e disastro colposo, avvelenamento delle acque e di sostanze alimentari, abbandono di rifiuti tossici, realizzazione di discariche abusive.

Il primo obiettivo del rappresentante dell'accusa è stato quello di togliere agli imputati l'alibi del "noi non lo sapevamo". I danni del Cvm (cloruro di vinile monomero) - ha affermato Casson - erano noti fin dal '72. Ciò nonostante, i dirigenti del Petrolchimico, su indicazioni superiori, decisero di "correre dei rischi" pur di far quadrare i bilanci. Rischi scaricati sulla pelle degli operai. Tra il '77 e il '78 solo 11 operai vennero spostati dal reparto più pericoloso. 19 di quelli che continuarono a lavorarci sono andati via di lì solo perché morti o perché congedati per malattia. Tra gli addetti all'autoclave i deceduti sono stati 18, 16 dei quali per tumore. Alla "rimozione del problema Cvm" -ha aggiunto il pm - collaborò il clima politico-sindacale dell'epoca. Compromesso storico, terrorismo, ristrutturazioni "ammorbidirono" l'attenzione del sindacato sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Di questo atteggiamento i padroni della chimica "approfittarono cinicamente". Anche chi, come questo giornale, pensa che le ricostruzioni storico politiche debbano restare fuori dalle aule di giustizia, converrà che Casson dice una cosa talmente vera da essere banale. Che non necessita, per essere dimostrata, l'acquisizione agli atti - chiesta dal pm - di un articolo del '78 del segretario della Cgil Luciano Lama.

Lo stesso sindacato "rimproverato"da Casson è parte civile in questo processo e vogliamo credere che il rovesciamento di fronte non sia solo di facciata. Oltre alle parti civili collettive (Comune di Venezia, Legambiente, Greenpeace, Medicina democratica) restano nel processo cinque operai e i figli di Gabriele Bortolozzo, il lavoratore che da solo ha ricostruito i dati sull'incidenza dei tumori al Petrolchimico. Attraverso il loro avvocato, Gianluca e Beatrice Bortolozzo dicono di non essere interessati al risarcimento, ma di non voler in alcun modo criticare la scelta dei compagni del padre: "A loro il risarcimento spetta di diritto, se lo sono conquistato anche con la tenacia con cui hanno voluto il processo". Gli avvocati delle parti civili che hanno accettato il risarcimento considerano quella di ieri "una giornata storica per la giustizia italiana": per gli omicidi bianchi di Porto Marghera si è ottenuto, prima ancora del dibattimento, ciò che non è stato ottenuto "per altre tragedie come quelle del Vajont e di Stava". L'avvocato Zaffalon definisce i 63 miliardi "una cifra congrua sulla base dei conteggi valutativi delle posizioni dei singoli danneggiati". Quei 63 miliardi serviranno sicuramente ad alleggerire la posizione degli imputati, ma sono un'ammissione di colpevolezza.

Fuori dall'aula bunker di Mestre i centri sociali e i Verdi hanno alzato quello che l'Ansa chiama un gazebo (non si potrebbe usare una parola diversa?). E' il propototipo delle 60 tende sotto le quali il 6 e 7 giugno centri sociali e Verdi terranno un referendum per eliminare le produzioni cancereogene e chiudere gli impianti ad alto rischio industriale.

Il presidente dell'Enichem Vittorio Mincato, con singolare tempismo, ha scelto proprio la giornata di ieri per lanciare dal Sole 24 ore l'ultimatum all'amministrazione comunale di Venezia: il petrochimico "ha smesso d'inquinare", vogliamo un sì o un no definitivo prima di varare nuovi investimenti. "Però non chiedeteci di fabbricare caramelle, sappiamo fare bene solo la petrochimica". Sbaraccare per l'Enichem "non è un tabù"... "a patto che ci diano quindici anni di tempo".


da il manifesto del 30.5.98