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FLESSIBILITA' DEL LAVORO

Il ruolo delle regioni nella flessibilità del lavoro


Nei precedenti numeri del giornale abbiamo prestato molta attenzione ai dispositivi contenuti nel cosiddetto “pacchetto Treu” che legalizza il lavoro interinale ed altre forme di supersfruttamento.
Come documentiamo in altra parte del giornale, il processo di precarizzazione della forza lavoro non avviene soltanto su questo versante: è un processo generale che riguarda i disoccupati, come gli operai (vedi accordo Piaggio) ed i dipendenti pubblici (vedi disposizioni sulla mobilità ed i licenziamenti). Il “pacchetto Treu” non è l’unico provvedimento messo a punto per garantire la piena flessibilità nello sfruttamento della forza lavoro - che deve essere disponibile quando serve all’impresa, per il periodo che strettamente serve, senza nessuna tutela (non si applica lo “Statuto dei Lavoratori”) ed ai costi più bassi possibile.
A garantire la maggiore flessibilità possibile (“togliere i lacci ed i lacciuoli”, come dice Confindustria, che impediscono il pieno dominio dell’impresa sulla forza lavoro) ci sono CGIL-CISL-UIL e c’è l’azione costante del governo Prodi. Uno dei tanti decreti legislativi prodotti negli ultimi mesi dal Ministro Bassanini, in virtù della delega concessa dal Parlamento al Governo per la riforma della pubblica amministrazione, riguarda il passaggio alle regioni, ed agli altri enti locali, delle competenze relative al mercato del lavoro.
Il Decreto legislativo n° 469 del 23 dicembre 1997, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n° 5 dell’8 gennaio 1998, conferisce alle regioni, ed alle provincie, funzioni e compiti relative al collocamento (ordinario, obbligatorio, dello spettacolo, agricolo, per i lavoranti a domicilio, per i domestici) e alle politiche attive del lavoro (con ruolo di indirizzo, programmazione, coordinamento per quanto concerne i lavori socialmente utili, le liste di mobilità, tirocini formativi e le borse lavoro), con l’obbiettivo di incentivare “l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro”.
Con questa riforma, allo Stato, restano ben poche competenze: le funzioni di raccordo con gli organismi internazionali ed il coordinamento dei rapporti con l’Unione Europea, oltre al ruolo di risoluzione delle controversie che riguardano più regioni ed al compito di approntare il Sistema Informativo Lavoro (S.I.L.). Il S.I.L. viene presentato come strumento necessario all’esercizio delle funzioni di indirizzo politico amministrativo a carattere nazionale; alle regioni sono attribuite le attività di manutenzione e conduzione degli impianti tecnologici locali (sulla base di apposite convenzioni).
Nell’ambito di questo trasferimento di competenze presso le regioni, si svolgeranno gli esami congiunti previsti per gli interventi d’integrazione salariale straordinaria e per le procedure di mobilità. Le regioni promuovono accordi finalizzati ai contratti di solidarietà: riduzione dell’orario con corrispondente riduzione di salario.

Cosa succede:
-   Le regioni emaneranno nei prossimi 6 mesi leggi regionali di attuazione del decreto legislativo per disciplinare le nuove funzioni.
-   Le regioni costituiranno una commissione regionale tripartita come “sede concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica” delle politiche del lavoro alle quali parteciperanno le parti sociali: imprenditoria, associazioni di categoria e sindacati sulla base della maggiore rappresentatività. Questa commissione eredita le funzioni della soppressa Commissione regionale per l’impiego.
-   Le regioni costituiranno Agenzie per l’impiego, dotate di personalità giuridica con autonomia contabile e patrimoniale e con funzioni di assistenza e monitoraggio.
-   Ogni provincia, entro 6 mesi “istituisce un’unica commissione a livello provinciale per le politiche del lavoro, quale organo tripartito permanente di concertazione e consultazione delle parti sociali”. Vengono soppresse: la commissione provinciale per l’impiego; la commissione circoscrizionale per l’impiego; le commissioni regionale, provinciale, comunale per il lavoro a domicilio; la commissione provinciale per il lavoro domestico; la commissione provinciale per la manodopera agricola; la commissione circoscrizionale per la manodopera agricola; la commissione provinciale per il collocamento obbligatorio.
-   Le province, per svolgere i nuovi compiti, costituiranno “Centri per l’impiego” dislocati in zone con densità lavorativa non inferiore alle 100 mila unità. Non oltre il 1 gennaio 1999 vengono soppresse tutte le strutture e gli uffici periferici del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, i più noti sono le circoscrizioni per l’impiego, con il conseguente trasferimento alle regioni di tutto il personale in servizio presso le agenzie per l’impiego ed il personale appartenente ai ruoli del Ministero presso le direzioni regionali e provinciali – nel settore politiche del lavoro, sarà nella misura del 70% dell’attuale organico del Ministero. Tutto avviene d’intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
L’attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, può essere svolta, previa autorizzazione del Ministero, con motivato parere apposto dalle Regioni, da imprese, cooperative, enti non commerciali, (capitale versato non inferiore a 200 milioni) con l’attività di mediazione come unica ragione sociale. L’autorizzazione è rilasciata per 3 anni, ed è rinnovabile.
Obbligo dei soggetti che esercitano l’attività di mediazione, è quello di fornire al servizio pubblico collegamento in rete, tutti i dati relativi all’apertura di sedi, filiali, succursali; di avere uffici idonei, personale idoneo (esperienza gestione, orientamento e selezione del personale) ed amministratori, o direttori generali, in possesso di titolo di studio adeguato o precedente attività lavorativa.
Le attività di controllo e revoca verranno disciplinate da un successivo Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (dovrebbe essere emanato entro aprile).
Altro obbligo è quello di effettuare attività gratuite nei confronti dei prestatori di lavoro, mentre viene fatto divieto di ogni pratica discriminatoria.

La Regione Toscana
E’ all’avanguardia in questo processo di cooptazione di CGIL-CISL-UIL nelle funzioni di governo e di deregolazione del mercato del lavoro, a partire dalla gestione diretta dei processi di mobilità. L’assunto di fondo è comune a quello del Ministro Bassanini, come si è visto in questo articolo ed anche in precedenti numeri del giornale (vedi in particolare sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego): “le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative devono essere coinvolte nel processo di consultazione concertativa preliminare”.
In questa ottica “la Regione Toscana si è già attivata per coinvolgere i soggetti interessati nell’ambito dell’intero sistema delle pubbliche amministrazioni della regione, con la prospettiva di un’ipotesi di ‘accordo quadro’ sulla mobilità di personale fra i diversi comparti dell’impiego pubblico”.
Così si legge nel protocollo d’intesa siglato dalla Regione con CGIL-CISL-UIL nel mese di gennaio ’98, precisando che si tratta di “una sperimentazione di portata nazionale tramite il necessario ed adeguato sostegno governativo”. Ma la concertazione non si limita ai “processi di mobilità”.
Si estende a 360 gradi, con l’istituzione di un tavolo di confronto permanente fra la Giunta Regionale e CGIL-CISL-UIL, per tutto quanto riguarda “l’occupazione e lo sviluppo”.



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