RADIO BLACKOUT
FM 105.250 MhZ


via S. Anselmo 13 - 10125 Torino
Tel. ++39-11-6503422 Fax 657900


BLACK OUT. TORINO STORIA DI UNA RADIO LIBERA.


Una radio non ha luogo, il suo spazio fluttuante e multiforme è l'etere, il mezzo con cui comunica, le onde. Il luogo è quello dell'ascoltatore: la sua casa , la sua auto , il supermercato... entrare nella redazione di una radio per chi non è abituato a lavorarci , da un senso di straniamento : confusione, fogli, avvisi appesi alle pareti , spazi angusti microfoni tenuti insieme da nastro adesivo. La fruizione televisiva ci abitua a coreografie, immagini, ma la Radio è parola, parola e musica. Questo non vale per tutti. A Torino c'è una Radio libera", Radio Black Out: 100 ragazzi dei diversi centri sociali della città che trasmettono musica, notiziari, appelli, idee. Il loro indirizzo via etere è 105.250 FM, ma la loro sede è in Via S. Anselmo 13, vicino alla stazione di porta nuova nel cuore della "casbah", al secolo quartiere San Salvario , da sempre zona di immigrazione, oggi focolaio di intolleranza, sfruttamento, dove la paura , reale o ingiustificata è sentimento comune. Radio Black Out è presente nel quartiere, si fa sentire, da voce a quelli che hanno parlato di meno e che meno sono stati ascoltati. Partecipa al Coordinamento antirazzista nato per contrastare l'insofferenza e la violenza, per cercare nuove forme di dialogo , di rispetto, di convivenza. Rilancia e ha rilanciato manifestazioni ed iniziative. Radio Black Out non avrebbe senso in un altro posto della città, non avrebbe senso se ciò che trasmette restasse parola, soltanto parola. Guido educatore nella Cooperativa sociale " La Testarda, fa parte della redazione della Radio e ha lavorato con altri alla stesura del progetto. Si occupa in particolare di informazione e di formazione. E' impegnato nel centro sociale dei Murazzi e nel centro di documentazione "Senza Pazienza" del medesimo C.S.A, che ha sede nello stesso edificio della Radio, al piano terra. Ci incontriamo proprio nella sala del centro di documentazione, essenziale, ma fornita di telefono, fax, computer collegato all'Ecn, la rete telematica antagonista. Sugli scaffali libri, riviste e pubblicazioni della casa editrice del centro " Velleità Alternative". " Per prima cosa - esordisce Guido - vorrei precisare che parlo a titolo personale perché la Radio, intesa come organo, ha deciso di non rilasciare interviste. Questo perché la redazione non è omogenea e diversi sono i punti di vista. Premessa alla nascita della Radio è un seminario coordinato dal Prof. Alquati docente di sociologia industriale, a Palazzo Nuovo, presso la facoltà di scienze politiche. L'epoca era quella immediatamente successiva al movimento della Pantera, e al seminario partecipavano compagni che avevano preso parte a quella esperienza e altri che comunque ruotavano nell'orbita dei gruppi antagonisti e dell'autonomia. Emersero due grossi nodi tuttora irrisolti come fondamento della trasformazione sociale: la comunicazione e la formazione. Su queste categorie il nucleo originario che ha dato vita alla Radio pensò di porre un presupposto per il proprio progetto. L'altro presupposto deriva da un analisi interna al centro sociale dei murazzi che verificava l'inadeguatezza della azione politica e sociale del centro, e in generale del movimento dei CSA. L'idea di una radio veniva perciò intesa come superamento di questo stallo in direzione di un confronto con il contesto sociale, con realtà che non fossero solo quelle "nostre". Nella prima fase della sua storia all'incirca per un anno, un anno e mezzo, la Radio parve funzionare bene. Diventò punto di riferimento per singoli e per micro gruppi, attirati dalla novità di un "media" accessibile, aperto, che parlava un linguaggio diverso, dopo gli entusiasmi dell'inizio, emersero però alcune contraddizioni, si trattava di operare scelte di fondo. "Sorgono problemi di carattere gestionale- continua Guido-, si prospetta la necessità di pensare se e quale ruolo politico debba avere la Radio. Mettere in pratica presupposti delle comunicazione e della formazione da cui eravamo partiti si è rivelato più difficile di quello che pensavamo e sotto questo punto di vista il mio personalissimo bilancio non è positivo, soprattutto se si intende la Radio come momento di trasformazione e non solo di riproposizione dell'esistente. Oggi la Radio non fa altro che riproporre il bene e il male di quello che già c'è, e non riesce ad incidere nel tessuto sociale come vorremmo facesse. Queste mancanze io le vedo soprattutto per quanto riguarda la formazione, punto qualificante di questo progetto di comunicazione. Mi rendo benissimo conto che non è facile realizzare proposte formative via Radio. Chi formare ? e soprattutto su quali contenuti operare ? domande lapalissiane ineludibili. I mass-media fanno formazione di massa che, più o meno consapevolmente, è funzionale a questo tipo di società. Una Radio antagonista dovrebbe fare una formazione in gradi di favorire la nascita di movimenti, di evidenziare i conflitti, di stimolare trasformazioni, con attenzione molto puntuale al contesto con cui si va ad interagire. Il momento formativo è stato, a mio parere, proprio quello più carente. La mia idea di Radio vede tante diverse capacità e competenze che lavorano ad un progetto comune, mentre mi pare che oggi ci sia disorganizzazione, tutti fanno tutto e il progetto di fondo non è assolutamente esplicito e condiviso. In queste condizioni è evidente che sia proprio il progetto formativo quello che più è stato penalizzato. La Radio che nell'entusiasmo degli inizi era laboratorio e sperimentazione, si è via "sedimentata" lasciando spazio a un gruppo che "fa la Radio, ma che ha finito anche con il chiudersi un po' in se stesso ". La Radio ha giocato un ruolo importante anche nei confronti dei ragazzi che ci lavorano. Molti di loro, tutti volontari, hanno trovato in questo impegno un senso forte di identità. Se negli anni 60 possedere una motocicletta voleva dire libertà, ma anche privilegio, si può dire che la Radio oggi ricopre un pò la stessa funzione sociale. Il gioco del programmare musica, l'entrare nelle case, essere tra i pochi che sanno operare con gli strumenti di trasmissione, rappresenta uno status forte. Radio Black Out ha anche una capacità di richiamo a livello cittadino. All'ultima festa organizzata dalla redazione si sono contate circa 15.000 persone in 4 giorni. Il rischio è che la diversità che noi perseguiamo alla fine si giochi sull'esteriorità, sul linguaggio, su una trasgressione "povera", che può essere facilmente riassorbita dal sistema dominante. Non serve al mantenimento dei meccanismi attuali della società una cultura monolitica, omogenea, ma anzi è utile che il senso di ribellione dei ragazzi si esprima nel modo di vestire, nei locali che si frequentano, nella musica che si ascolta. Il salto di qualità è passare dalla trasgressione formale alla costruzione di diversità. Anche nei concerti dei centri sociali, ai quali talvolta partecipano tantissime persone, il meccanismo della comunicazione non è poi cosi diverso da quello che avviene nei circuiti dello show. Business, non si crea aggregazione ma, forse, passa solo qualche messaggio che il gruppo o la posse riesce a trasmettere. Il livello di consapevolezza di chi ascolta rimane in ogni caso basso. E' per questo che attualmente il dibattito tra noi verte sul passaggio da una Radio dei centri sociali, ad una radio che si rivolge al sociale, per ritornare al progetto iniziale. Questo non è però solo un problema della Radio. Anche chi opera nel sociale, a mio giudizio, fatica a rendersi conto del ruolo che può giocare, del potere di trasformazione che ha, rischiando così di ripiegare sul quotidiano. Ci sono educatori bravissimi dal punto di vista professionale, ma che nono riconoscono la prospettiva più ampia del contesto in cui stanno agendo. Coinvolgere gli operatori del sociale, significa anche andarli a stanare, invitarli ad esprimersi, costruire con lo strumento Radio una rete di rapporti, compiti che io penso propri di chi voglia fare il redattore in questa emittente. Radio Black Out nasce su iniziativa del centro sociale dei murazzi che aveva impegnato molte energie in questo progetto. Subito furono coinvolti anche gli altri centri sociali della città e i ragazzi che attorno ad essi ruotavano. Problemi di coordinamento e di gestione erano e sono all'ordine del giorno. "Io la vedrei come un'orchestra in cui ognuno suona uno strumento diverso. La sinfonia però è la medesima. Oggi a

NOTA DELLA REDAZIONE


Questo articolo, scheda informativa su Radio Black out di Torino, è tratta da una rivista che si chiama " La terra vista dalla Luna", pubblicata nel numero dell'estate 1995. Attualmente Radio Black Out non trasmette, è acceso un trasmettitore a bassissima frequenza che ripete un nastro con sei ore di programmazione musicale. Tecnicamente si tratta del mantenimento di un segnale di trasmissione che impedisce di incorrere nei "fulmini" della famigerata legge Mammi. Economicamente, significa praticamente azzerare i costi di energia elettrica. I motivi di questa chiusura sono da rintracciare nella necessita da parte delle/i compagni della Radio di portare a compimento un approfondimento delle problematiche alcune delle quali sono spiegate nell'articolo stesso. Permangono all'interno della redazione diversi modi di intendere l'uso dello strumento Radio, diverse ipotesi sul finanziamento, diverse interpretazioni della scena Torinese.

Aggiornamento del 5 luglio 1996

Ho letto con piacere l'intervista a Guido sulla nostra simpatica radio , vi volevo comunicare che Black Out dal novembre 95 ha ripreso le trasmissioni (prima con 250 watt e adesso con 1000 watt) coprendo di nuovo tutta Torino e una buona parte delle provincia. Trasmettiamo dal lunedi' al sabato dalle 8.00 alle 24.00 con 3 appuntamenti informativi e con spazi di approfondimento. Stiamo inoltre allestendo le pagine web della radio all'interno del sito di Zero! BBS ECn Torino, che trovate a :

http://www.geocities.com/Hollywood/3879/


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