Proc. Pen. n.
Ud. del 30.05.1996
A CARICO DI ANDREOTTI GIULIO
Prima parte | Seconda parte | Terza parte | Quarta parte | Quinta parte | Sesta parte |
PRESIDENTE:
Si accomodino. L'udienza è aperta. L'imputato è presente difeso dagli avvocati Sbacchi e Coppi. E' presente il difensore della parte civile avvocato Salvatore La Marca. E allora possiamo collegarci. Possiamo cominciare.
VOCE FUORI MICROFONO
PRESIDENTE:
Come?
VOCE FUORI MICROFONO
PRESIDENTE:
E allora possiamo cominciare. Possiamo dare inizio al collegamento. Pronto.
CANC. MARTINO R.:
Pronto.
PRESIDENTE:
Buongiorno, chi è lei?
CANC. MARTINO R.:
Buongiorno, il cancelliere Martino Rosa.
PRESIDENTE:
Sì. E allora lei può fare accomodare il collaboratore di giustizia. Ancora non vedo niente. Sì, pronto, l'avvocato Foresta mi sembra, vero?
VOCE FUORI MICROFONO
PRESIDENTE:
L'avvocato Foresta... Ora, lei è assistente giudiziario vero? Signora Martino.
CANC. MARTINO R.:
Sì, esatto.
PRESIDENTE:
E allora proceda all'identificazione, attesti l'identità della persona sottoposta all'esame dando atto delle cautele adottate per assicurare la genuinità dell'esame. Prego.
CANC. MARTINO R.:
Un momento. Abbiamo interrotto perchè si vedeva il collaboratore. Allora, il signor?
MUTOLO G.:
Mutolo Gaspare.
PRESIDENTE:
Mutolo, più forte.
MUTOLO G.:
MI chiamo Mutolo Gaspare, sono nato a Palermo il 5/2/1940.
PRESIDENTE:
E allora l'assistente giudiziario attesta...
CANC. MARTINO R.:
Che il collaboratore risponde alle domande che gli vengono poste in piena libertà senza consultare documenti e senza l'intervento di alcuno.
PRESIDENTE:
E' presente il suo difensore, vero?
CANC. MARTINO R.:
Sì, l'avvocato Sante Foresta.
VOCE FUORI MICROFONO
PRESIDENTE:
Quella persona a sinistra della signora Martino, è vero?
CANC. MARTINO R.:
Esatto.
DIFESA:
Noi ci opponiamo a quella collocazione. Noi non possiamo vedere il collaborante, ma il collaborante ha il suo difensore davanti. Se consente non mi sembra che sia un modo corretto. Noi non pretendiamo che sia qui in aula ma perlomeno che si metta alle spalle del collaborante.
PRESIDENTE:
Va bene avvocato... Pubblico Ministero...
P.M.:
Presidente, il Pubblico Ministero può... è ancora una volta sorpreso il Pubblico Ministero che alla cinquantesima esperienza di videoconferenza...
PRESIDENTE:
Per noi è la prima Pubblico Ministero.
P.M.:
E per il Pubblico Ministero che le parla è la quarantacinquesima.
PRESIDENTE:
Quello che conta è per il Tribunale che è la prima.
P.M.:
Sì, e allora posso esprimere tutta la mia sorpresa che si eccepisca come si sta eccependo addirittura alla collocazione del difensore della parte che viene assistita. Desidererei sapere in nome di quale norma, in violazione di quale principio di ragionevolezza del sistema si dovrebbe ricavare che la posizione del qui presente avvocato Foresta è incompatibile con una qualche norma che presiede all'esame o al controesame di un indagato di reato collegato.
PRESIDENTE:
Prego avvocato Coppi se vuole estrinsecare meglio la sua opposizione.
AVV. COPPI:
Presidente, anch'io sono un esordiente come il collegio in questo tipo di esperimenti, però c'è un articolo 147 bis il quale mi pare sia ispirato al principio secondo cui bisogna fare tutto il possibile in questo sistema di assunzione certamente anomalo della prova perchè venga garantita la genuinità della prova. Conosco l'avvocato Foresta e naturalmente non dubito della sua correttezza e della sua lealtà, ma le cose vanno immaginate e previste in astratto. Ora mi sembra che una presenza del difensore vis a vis con la persona che deve essere esaminata, possa costituire un pericolo in astratto per l'assunzione della genuinità della prova e quindi a me sembra che il difensore, se addirittura non dovrebbe essere in quest'aula come forse sarebbe più corretto che sia, perlomeno che non abbia questa possibilità di avere il suo assistito di fronte perchè già il mezzo con il quale noi seguiamo questo esperimento è un mezzo limitativo delle possibilità di controllo, basta vedere che visione opaca e frammentaria abbiamo, per di più se poniamo questa persona che in questo caso è l'avvocato Foresta proprio di fronte al suo assistito, a me pare che si possano verificare quelle situazioni di rischio, lo devo dire con tutta franchezza, che possono incidere sulla genuinità dell'assunzione della prova. Non si è mai visto che un difensore stia di fronte alla propria parte, normalmente il difensore sta dietro o a fianco. Questo avviene in tutte le aule e questo pretendiamo che avvenga in questa occasione.
AVV. FORESTA:
Presidente, se posso intervenire.
PRESIDENTE:
Chi è che vuole intervenire? Ah, avvocato Foresta, sì dica.
AVV. FORESTA:
PRESIDENTE, io, proprio per ragioni di correttezza mi sono messo di fronte al signor Mutolo Gaspare in modo tale che la Corte, il collegio dei difensori, i Pubblici Ministeri e tutti quanti possano vedere di fronte la mia immagine e di conseguenza valutare appieno il mio comportamento nel caso concreto e non astrattamente. Comunque, voglio dire, non c'è un opposizione formale, mi posso mettere anche dietro, però dietro ritengo che venga ancor di meno salvaguardata la genuinità perchè il collegio non è in grado di valutare il mio comportamento e non è soprattutto in grado di valutarlo la difesa dell'imputato.
VOCE FUORI MICROFONO
PRESIDENTE:
E allora il Tribunale dispone che il difensore si metta alle spalle del collaborante e il cancelliere attesterà che non vi siano contatti durante il corso dell'esame se non previa autorizzazione del Presidente.
P.M.:
Presidente solo per la cronaca il funzionario responsabile della genuinità di ciò che avviene nel luogo previsto dal legislatore per la videoconferenza è il pubblico ufficiale che è stato delegato dal Tribunale. Questo così per chiarire un attimo tutti i problemi che...
PRESIDENTE:
Pubblico Ministero, la norma l'abbiamo letta tutti ieri, l'abbiamo commentata, abbiamo perso tre ore per decidere.
P.M.:
Signor Presidente, il Pubblico Ministero continua a far presente che sul problema della videoconferenza dal 1988...
PRESIDENTE:
Senta Pubblico Ministero, se vogliamo noi incominciare l'esame e lavorare seriamente...
P.M.:
Presidente non credo che sia da parte del Pubblico Ministero che si sia impedito fino a questo momento l'inizio dlel'esame.
PRESIDENTE:
Vuole fare un eccezione, la vuole formalizzare, dica.
P.M.:
No, desidero che resti traccia al verbale come sta restando traccia visto che si tratta di registrazione che per la prima volta, per la prima volta dopo mesi di utilizzazione di questo strumento che è stato invocato da tutti, da tutti, si stanno sollevando delle posizioni, delle opposizioni, delle eccezioni anche sulla collocazione della difesa.
PRESIDENTE:
La difesa ha diritto di formulare le opposizioni che ritiene opportune.
P.M.:
E il Pubblico Ministero ha diritto se mi consente, di formulare tutte le osservazioni che ritiene congrue e conducenti per la regolarità della pubblicità del dibattimento.
PRESIDENTE:
Ha finito il Pubblico Ministero?
P.M.:
Sì Presidente.
PRESIDENTE:
E allora si accomodi.
P.M.:
Grazie.
PRESIDENTE:
Prego. Avvocato, non è il caso di continuare. Dunque, e allora possiamo... Mutolo, senta, lei viene sentito nella qualità di imputato di reato connesso, quindi in tale qualità lei ha facoltà di non rispondere alle domande. Lei intende rispondere?
MUTOLO G.:
Intendo rispondere.
PRESIDENTE:
Va bene, il Pubblico Ministero può procedere all'esame.
P.M.:
Signor Mutolo, quando ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia?
MUTOLO G.:
Nel '92, nel 1992.
P.M.:
Ricorda approssimativamente il periodo?
MUTOLO G.:
Guardi, siamo i primi di luglio, fine giugno primi di luglio.
P.M.:
Primi di luglio del 1992. Lei ha mai fatto parte della associazione per delinquere di tipo mafioso denominata "Cosa Nostra"?
MUTOLO G.:
Sissignore, io ho fatto parte a pieno titolo di Cosa Nostra dal 1973 fino a quando mi sono dissociato.
P.M.:
Di quale famiglia e di quale mandamento ha fatto parte?
MUTOLO G.:
Appartenevo alla famiglia e al mandamento di Partanna Mondello capeggiata da Rosario Riccobono.
P.M.:
Da ultimo, cioè dopo la soppressione di Rosario Riccobono, chi era il suo capo mandamento?
MUTOLO G.:
Gambino Giacomo Giuseppe.
P.M.:
Durante la sua collaborazione ha confessato fatti delittuosi per i quali non era mai stato neppure sospettato e quindi non aveva mai ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria prima o informazione di garanzia dopo?
MUTOLO G.:
Ho confessato decine e decine di omicidi che non ero nè indagato nè indiziato e niente, ero completamente insomma... quindi al momento che io ho cominciato a collaborare insomma ho detto tutto quello che era giusto dire, tutto quello che avevo fatto, tutto quello che avevo commesso.
P.M.:
Al momento in cui lei ha iniziato la sua collaborazione, quali erano le sue pendenze con la giustizia?
MUTOLO G.:
Guardi, io avevo una residua pena del maxi processo più ero diciamo indagato, indiziato per un traffico di droga che c'era a Civitavecchia.
P.M.:
Ha detto che stava scontando una pena subita nel maxi processo. Nel maxi processo quindi lei è stato condannato per quali reati ed a quale pena?
MUTOLO G.:
Sono stato condannato per traffico di droga, per associazione e alla pena di 16 anni e dopo in appello ho riportato a 14 anni.
P.M.:
Con riferimento ai suoi periodi di detenzione vuole brevemente indicarli al Tribunale per fare capire un attimo durante la sua vita, diciamo, dagli anni '70 agli anni '90 quali sono stati i periodi passati in carcere e i periodi passati in eventuale libertà o latitanza.
MUTOLO G.:
Guardi, io dopo essere stato combinato, dopo che sono diventato un uomo d'onore sono stato arrestato nel '76, credo nel mese di maggio, sono uscito nell'81 a semilibertà e dopo negli ultimi mesi, diciamo, libero, sono stato riarrestato a giugno del 1982, sono uscito nell'88, dopo mi sono trasferito in Toscana, là in Toscana ho avuto prima un piccolo processo per dollari falsi, insomma e detenzione di armi, sono stato in galera per 6 mesi, sono uscito a scadenza termine legge e dopo sono stato arrestato nel '91 a Civitavecchia per traffico di droga, per detenzione di droga.
P.M.:
Dal momento in cui lei è stato ritualmente combinato in Cosa Nostra, quindi dal 1973, vuole anche in questo caso sinteticamente esporre al Tribunale i suoi rapporti con il suo capo famiglia e capo mandamento Saro Riccobono?
MUTOLO G.:
Guardi, con Rosario Riccobono noi ci conoscevamo insomma da bambini perchè eravamo nello stesso quartiere, dopo io essere entrato, diciamo, a fare parte di Cosa Nostra cioè a parte che anche prima insomma, in quei piccoli periodi che io ero fuori e non ero combinato ero in stretto rapporto con Riccobono, ma dopo il 1973, diciamo, io con la mia famiglia e lui con la sua famiglia si abitava, diciamo, sotto lo stesso tetto, tutti e due la latitanti, perchè eravamo sempre latitanti e quindi i rapporti erano conosciuti a tutti, insomma, che erano rapporti familiari insomma.
P.M.:
Un altra domanda sempre per precisare la sua affiliazione in Cosa Nostra. Vuole riferire al Tribunale dove lei venne ritualmente affiliato?
MUTOLO G.:
A me mi hanno combinato a Napoli e precisamente nella casa di Lorenzo Nuvoletta perchè io accompagnai alla mamma di Saro Riccobono a Napoli, lì incontrai a Salvatore Riina che era latitante, però c'era anche Luciano Liggio che io però in quel periodo non vidi e quindi siccome io e Salvatore Riina ero molto amico il Salvatore Riina sollecitò, diciamo a Riccobono di combinarmi subito prima che io potessi scendere a Palermo e quindi sono stato combinato diciamo là a Napoli in presenza di Riccobono, di Lorenzo Nuvoletta e di Manuele D'Agostino e di un certo Bastimento.
P.M.:
Bastimento era un soprannome?
MUTOLO G.:
Era un soprannome di un parente di Lorenzo Nuvoletta che aveva un lido chiamato lido Felice vicino a villaggio Coppola a Napoli.
P.M.:
Sempre in maniera sintetica vuole esporre al Tribunale quale è stato, quale fu meglio il ruolo di Rosario Riccobono in Cosa Nostra fino al momento della sua scomparsa?
MUTOLO G.:
Guardi, il ruolo di Rosario Riccobono era, diciamo, di capo mandamento. Era uno dei personaggi diciamo più importanti, diciamo, dei capi mandamento più importanti, che militavano in quella corrente accanto a Gaetano Badalamenti, a Stefano Bontate a Salvatore Inzerillo, a Michele Greco, che in qualche modo era in contrasto, diciamo, con le idee in Cosa Nostra che aveva Salvatore Riina, perchè c'erano queste idee, va bene, che si opponevano da un lato Salvatore Riina con Brusca, Geraci, Calò ed altri, e da un lato diciamo Stefano Bontate con le persone che ho menzionato io.
P.M.:
In relazione al rapporto che lei aveva con Rosario Riccobono, Rosario Riccobono ebbe mai lei dei segreti nei suoi confronti, ebbe mai a celarle qualcosa di ciò che lui faceva nell'ambito di Cosa Nostra oppure no?
DIFESA:
Signor Presidente, si oppone alla domanda, come si fa a dire? Insomma, Riccobono gli doveva raccontare per forza tutto Presidente, che senso ha questa domanda?
PRESIDENTE:
No, la domanda è ammessa perchè è pertinente all'indagine. Prego.
VOCE FUORI MICROFONO
P.M.:
Quindi signor Mutolo, se vuole rispondere alla domanda che le è stata posta visto che il Presidente l'ha ammessa.
MUTOLO G.:
Guardi, non c'erano motivi di avere Riccobono segreti, prima perchè abitavamo assieme, dopo perchè io lo accompagnavo in tutti i suoi spostamenti che aveva lui in commissione con tutti gli uomini, quindi noi avevamo il tempo di parlare notte e giorno e di qualsiasi cosa che c'era il Cosa Nostra, quindi non aveva nessun segreto nè verso di me e nemmeno verso qualche altro componente della stessa famiglia che era il Micalizzi Salvatore e Micalizzi Michele.
P.M.:
A proposito di Micalizzi Salvatore e Micalizzi Michele quale dei due eventualmente aveva un rapporto di affinità con Saro Riccobono?
MUTOLO G.:
Micalizzi Michele. Micalizzi Michele è sposato con la figlia diciamo più grande di Rosario Riccobono che si chiama Margherita.
P.M.:
Durante la sua permanenza in Cosa Nostra ha avuto per caso modo di apprendere notizie sul conto dell'Onorevole Salvo Lima e in caso positivo quali notizie ha appreso?
MUTOLO G.:
Guardi, quello che io ho appreso dell'Onorevole Salvo Lima in seno a Cosa Nostra erano le conversazioni che si facevano che Salvo Lima era da moltissimi tempi, diciamo, in stretto contatto con esponenti di Cosa Nostra in quanto nel lontano 1950, 1960, c'erano a Palermo i fratelli La Barbera. Da lì insomma l'On. Salvo Lima ha avuto sempre i rapporti con i componenti più importanti di Cosa Nostra.
P.M.:
Scusi, i fratelli La Barbera, vuole indicare i nomi dei fratelli La Barbera?
MUTOLO G.:
Uno si chiamava Salvatore che è scomparso e un altro si chiamava Angelo che è stato ucciso in un carcere di Napoli. Erano diciamo i capi famiglia e il capo mandamento di Palermo centro. Erano persone di Partanna Mondello, erano molto legate diciamo alla famiglia dei Riccobono, delfratello Pino che è stato ucciso, insomma, c'era uno stretto legame quindi erano persone che Riccobono sempre ricordava anche quando è stato ucciso Angelo in galera che si commentava che una morte in quella maniera non era giusto insomma che un personaggio del genere potesse fare.
P.M.:
Lei ha detto: "si diceva" o qualcosa del genere o "ho sentito parlare dei rapporti tra l'On. Lima e Cosa Nostra" Vuole riferire al Tribunale da chi ha sentito queste notizie e in che occasioni, se per caso è in grado di ricordarlo?
MUTOLO G.:
Guardi, le occasioni erano tante, i personaggi che io ne ho sentito parlare molto frequentemente diciamo riallacciandomi ai periodi prima dell'80 erano Stefano Bontate, Mimmo Teresi, Riccobono, Badalamenti, insomma, il cognato di Stefano Bontate, un certo Vitale che era un massone, insomma, ma tanti altri, non era un segreto che l'On. Salvo Lima fosse in contatto con i mafiosi, perchè era diciamo nel nostro territorio, aveva un villino a Valdesi quindi era un personaggio che si muoveva sempre dentro casa nostra.
P.M.:
Per quali motivi parlavate, se vi erano dei motivi particolari, dell'On. Salvo Lima tra voi uomini d'onore o comunque tra le persone delle quali lei ha ricordato i nomi pocanzi? Vi erano dei motivi?
MUTOLO G.:
Guardi, le occasioni potevano essere per esempio che si parlava delle costruzioni che si facevano a Palermo perchè Mimmo Teresi in quel periodo è uno dei più grossi, diciamo, per personaggi, che costruiscono, che hanno delle società con i Bontate ed altre persone. Se ne parlava in casi diversi quando c'era da aggiustare qualche processo, quando c'era qualche cosa, qualche intervento che si doveva fare al Tribunale di Palermo, insomma, le occasioni erano diverse, insomma.
P.M.:
Un attimo, un attimo soltanto.
MUTOLO G.:
Ma sempre da personaggi importanti.
P.M.:
Un attimo soltanto signor Mutolo, quindi lei ha fatto riferimento a due materie, diciamo, per le quali sentiva parlare dell'On. Lima in seno a Cosa Nostra, licenze edilizie, motivi di costruzione e processi. Se vuole riferire, se è in grado di farlo, con maggiore determinatezza al Tribunale episodi concernenti la vita amministrativa del Comune di Palermo e quindi le licenze edilizie e poi passare a quello che ha definito l'aggiustamento dei processi. Quindi cominciamo con le licenze edilizie e la vita amministrativa in genere se è in grado di dire più analiticamente qualche cosa al riguardo.
MUTOLO G.:
Guardi signor giudice, lei che è palermitano o i palermitani sanno che per costruire a Palermo e in certe aree ci sono stati diciamo magari dei palazzi che si poteva costruire al settimo piano, al dodicesimo piano. C'erano dei mafiosi fin d'allora, tipo il La Barbera, Salvatore Moncada ed altri, i Graziano, che questi erano mafiosi che purtroppo costruivano grazie diciamo all'intervento dell'On. Lima per cui per esempio in un area dove magari si poteva costruire fino al quinto piano, però con l'interessamento dell'On. Lima allora Sindaco Lima si poteva costruire fino a undicesimo piano e quindi i commenti erano questi insomma. In merito agli aggiustamenti di processi più di una volta io ho sentito dire...
P.M.:
No, no, scusi, prima di parlare all'aggiustamento dei processi restiamo sempre nell'ambito delle costruzioni. Lei per caso si è mai interessato di costruzioni, non direttamente ma per avervi investito del denaro?
VOCI SOVRAPPOSTE
MUTOLO G.:
...ma anche direttamente perchè io nel 1974 insieme a Micalizzi Salvatore e a un cugino mio, un certo Siragusa Gaetano che ora non so che fine abbia fatto, abbiamo costruito un palazzo in via Ammiraglio Cagni dove attualmente io c'ho un appartamento così abbandonato, insomma, perchè l'hanno rotto tutto, dopo io ho avuto anche nell'81, diciamo, denaro investito con i fratelli Caravella, con Micalizzi Michele e Micalizzi Salvatore. Quindi io ho investito denaro indirettamente per società e anche direttamente come socio, però essendo dei personaggi diciamo che non potevamo affacciare nelle società, tutti i mafiosi con i costruttori mafiosi e non mafiosi, va bene, avevano quasi tutti insomma l'interesse nell'edilizia. Anche negli ultimi anni.
P.M.:
Sempre in questo settore signor Mutolo, lei è è interessato personalmente ad esempio di speculazioni edilizie o di tentativi di speculazioni edilizie nel territorio della famiglia della quale faceva parte e se si che cosa può dire al riguardo?
MUTOLO G.:
Guardi, Saro Riccobono aveva il socio che era Misia, non mi ricordo per il momento come si chiama e costruiva insomma a Pallavicino. Io, Michele Micalizzi e Micalizzi Salvatore, avevamo intrapreso nell'81 dopo la scomparsa dei fratelli Pedone, diciamo, l'attività di costruzione sempre a Pallavicino, quindi io ho avuto insomma contatti con l'edilizia insomma, proprio insomma.
P.M.:
Io non posso porle la domanda in maniera diversa perchè rischierei di suggerirle la risposta, quindi insisto se lei ricorda qualche cosa in particolare. Si è interessato di speculazioni su aree edificabili nel territorio della famiglia di Partanna Mondello? Lei o altri personaggi tra quelli che ha già ricordato, Saro Riccobono, Michele e Totino Micalizzi, ecc. Ricorda qualche cosa in particolare?
MUTOLO G.:
Io forse non capisco la domanda ma noi eravamo in contatto con tutti i costruttori che c'erano a Partanna Mondello, alla Marinella c'erano dei costruttori che costruivano per il Sindaco Ciancimino dove pagavano delle tangenti, dove c'era un certo giro che tutti gli appartamenti che non venivano venduti se le prendevano persone del Comune. Insomma, le altre attività edilizie, insomma, io c'era in mezzo, insomma. Nei periodi in cui io ero fuori, insomma, l'edilizia è un attività in cui tutti i mafiosi sono implicati, sono interessati. Io non capisco la domanda a che riferimento...
P.M.:
Va bene, ci ritorniamo eventualmente in prosieguo di esame. Il secondo versante al quale lei ha fatto cenno con riferimento all'On. Lima è stato quello dell'aggiustamento dei processi. Cosa ha appreso in Cosa Nostra su questo versante.
MUTOLO G.:
Guardi, io direttamente prima diciamo dell'81 ne sentivo parlare che l'On. Lima era interessato anche se c'era di parlare con qualche Presidente al Tribunale di Palermo parlava insomma, dopo io nell'81, fine '81 insomma, la data con precisione io non la ricordo, non so se '81 o fine '82, io ho avuto presentato da Saro Riccobono a Ignazio Salvo per aggiustare il processo Cappiello a Roma e Ignazio Salvo (incomprensibile) disse che si interessava lui, che doveva parlare con Salvo Lima e dopo Salvo Lima parlava direttamente con l'On. Andreotti per cui non c'erano problemi per questo processo per noi tanto importante.
P.M.:
E scusi un attimo, lei parla con Ignazio Salvo alla presenza di Rosario Riccobono. Dove avviene questo incontro, chi lo procurò, che cosa vi siete detti più specificatamente.
MUTOLO G.:
Guardi Riccobono invita a Ignazio Salvo in un villino che aveva Rosario Riccobono, sono io, Saro Riccobono...
P.M.:
Questo villino dove si trovava?
MUTOLO G.:
(incomprensibile)
P.M.:
Questo villino dove si trovava?
MUTOLO G.:
Si trovava a Partanna Mondello, noi gli diciamo la Santa Canale, che l'hanno sequestrato il villino dopo, quindi ci viene presentato a me...
P.M.:
Un attimo soltanto, vuole ripetere la zona per piacere? Si trovava dove, a Santo?
MUTOLO G.:
Santo Canale.
P.M.:
Santo Canale.
MUTOLO G.:
Cioè che sarebbe diciamo un terreno che c'è tra Partanna e Cardillo, insomma, sono tutti nominativi che noi avevamo noi insomma, ma era un villino che aveva insomma Saro Riccobono dove l'hanno sequestrato io so.
P.M.:
E allora in questo villino che cosa avviene? Saro Riccobono invita chi?
MUTOLO G.:
Invita a Ignazio Salvo.
P.M.:
E Ignazio Salvo chi era?
MUTOLO G.:
Ignazio Salvo è diciamo un uomo d'onore della famiglia di Salemi, cognato di Antonino Salvo, personaggi importantissimi insomma che hanno esattorie comunali, hanno un sacco di interessi diciamo a Palermo e in altre province, in cui il Riccobono...
P.M.:
Scusi un istante, lei dice "uomo d'onore della famiglia di Salemi" Le venne ritualmente presentato?
MUTOLO G.:
Sì, sì. Mi viene ritualmente presentato e...
P.M.:
Prima di questa occasione dell'81 primi '82, lei aveva sentito parlare di Ignazio e di Nino Salvo?
MUTOLO G.:
IO avevo sentito parlare molto spesso sia di Nino salvo e sia di Ignazio Salvo, però non avevo avuto mai l'occasione di averli presentati perchè erano persone, diciamo riservate, non è che li presentavano a tutti.
P.M.:
Che significa "erano persone..."
MUTOLO G.:
Però io già sapevo...
P.M.:
Scusi che significa "erano persone riservate" signor Mutolo?
MUTOLO G.:
Erano dei personaggi importanti, quindi a me mi viene presentato ritualmente diciamo Ignazio Salvo, la moglie di Riccobono mi ricordo che ci portò anche il caffè insomma seduti e Saro Riccobono era molto preoccupato, cioè per l'esito che poteva avere il processo Cappiello a Roma e quindi ci diceva di interessarsi e lui con fare così molto rassicurante, tranquillo dice "non ti preoccupare perchè anche a giorni mi devo vedere con Salvo Lima a Roma e dopo si parla con l'On. Andreotti e ci pensa lui, non ci sono problemi" e mi ricordo che nell'occasione io parlai con Ignazio Salvo se si poteva interessare a Palermo che io avevo un processino da fare che erano lì a pochi giorni e quindi si potrebbe vedere la data tramite questo processino che è stato fatto e dopo mi hanno assolto e se non sbaglio era il Presidente Mollica, e niente, ci assicurò di stare tranquillo anche se Riccobono era diciamo un pochettino preoccupato per quello che aveva saputo, per quello che sapeva, del processo che non era un processo diciamo molto facile da potere sostenere insomma l'assoluzione.
P.M.:
Scusi un istante, ci sono alcuni chiarimenti da fare se è in grado di farlo. Intanto questo che lei ha definito un processino per il quale e nel quale lei era imputato, Presidente, ha detto Presidente Mollica?
MUTOLO G.:
Sì.
P.M.:
Signor Mutolo?
MUTOLO G.:
Sissignori Mollica.
P.M.:
Mollica. E questo processino era da fare, da celebrare in Tribunale o in Corte d'Appello?
MUTOLO G.:
No, no, a me mi dovevano fare l'appello perchè già il Tribunale mi aveva condannato a sei mesi perchè era un processino reso nel carcere di Palermo.
P.M.:
Per quale imputazione?
MUTOLO G.:
In una delle tante volte che scendevo io da Teramo, da Sulmona a Palermo e quindi non so se era oltraggio, minaccia, qualche cosa del genere. Già ero stato condannato a sei mesi ma non era tanto per i sei mesi ma era semplicemente perchè i sei mesi facevano scattare un certo meccanismo di altre conseguenze, ecco, e quindi io ricordo che... anzi in questo momento mi sto ricordando che l'avvocato Inzerillo non sapendo niente di questo interessamento voleva che io mi presentavo, diciamo al Tribunale, in modo da potermi giustificare. Ma io ero talmente tranquillo, pacifico che nemmeno sono andato al Tribunale insomma.
P.M.:
E quale fu poi l'esito di questo processino in appello?
MUTOLO G.:
Mi hanno assolto, Non so se per insufficienza di prove, per non aver commesso il fatto, non so insomma, non mi interessava insomma, intrinsecamente non mi interessava.
P.M.:
E lei ha fatto riferimento a questo processino in appello per dire che quell'incontro quindi nella villa di Saro Riccobono come si colloca rispetto a questo processino?
MUTOLO G.:
Ma era 5 o 6 giorni prima che si facesse insomma il processino di appello a Palermo.
P.M.:
E con riferimento al suo stato di libertà o di semi libertà lei in quel periodo se lo ricorda com'era, in semilibertà o già libero?
MUTOLO G.:
Ma guardi, io parlando con lei non mi ricordo, perchè io, cioè, dal momento che io sono uscito dal carcere di Teramo, non è che più sentivo la detenzione, perchè andavo a Palermo quando mi faceva comodo, anche per un giorno, anche per due ore oppure per...
P.M.:
Scusi, faccia capire...
MUTOLO G.:
Però... Quindi io posso anche sbagliarmi se ero a semi libertà, se ero libero, io non mi ricordo perchè ripeto, a Palermo dopo che io ho avuto la semi libertà insomma non avevo nessun problema di scendere a Palermo insomma e salire.
P.M.:
E con riferimento ecco a questo periodo della semi libertà le è mai accaduto mentre si trovava in semi libertà anche senza avere il permesso di scendere a Palermo di venirvi ugualmente?
MUTOLO G.:
Sissignori, sì, io avevo delle macchine molto veloci perchè avevo una Ferrari e una GTV 200, quindi mi spostavo da Teramo a Roma, prendevo l'aereo e in giornata scendevo e salivo.
P.M.:
Scendeva e saliva in quanto tempo?
MUTOLO G.:
Nello stesso giorno, anche se stavo, diciamo tre ore, quattro ore, dovevo parlare, dovevo fare qualche cosa insomma avevo questa possibilità e non l'ho tirato io fuori perchè l'avevano tirata già questa notizia altra persone che hanno collaborato, insomma, in cui dicevano che io la mattina con la macchina diciamo arrivavo a Fiumicino, prendevo l'aereo già con il posto prenotato sotto falso nome, perchè non è insomma che magari uno arriva all'aeroporto e vogliono i documenti, scendevo, stavo due ore, tre ore, quattro ore, quello che è, prendevo l'altro aereo e salivo a Roma di nuovo. Da Fiumicino a Teramo ci stavo quasi un ora e mezzo e quindi era tutto calcolato diciamo. Alle dieci io entravo al carcere di nuovo.
P.M.:
Alle 10 entrava, alle dieci di sera ovviamente, alle 22.
MUTOLO G.:
Sì, uscivo alle sette di mattina e uscivo alle 10 di sera... ed entravo alle 10 di sera.
P.M.:
Lei ha fatto riferimento parlando di questo incontro nella villa di Saro Riccobono sita a Santo Canale, a preoccupazioni di Riccobono per il processo Cappiello. In quel momento in cui voi avete questo incontro, il processo per l'omicidio dell'agente Cappiello in che fase era, se riesce a ricordarlo?
MUTOLO G.:
Guardi, noi siamo tutti liberi, anche Salvatore Davì, diciamo, sono tutti liberi, solo c'è la preoccupazione perchè c'è l'appello della Procura di Palermo e quindi la preoccupazione di Saro Riccobono qual'è, che Roma possa passare il processo, possa rinviare il processo a Palermo e magari trovare una Corte che non dava l'assoluzione e siccome per Riccobono era diciamo, questo processo un martello, perchè da quando da fidanzati il Michele Micalizzi andò in galera per questo omicidio, la figlia Margherita era sempre che piangeva, tanto che si trovò la strada per poterla fare entrare ogni settimana minimo al carcere di Palermo e fare colloqui, insomma, era una cosa che a parte la galera, va bene, ma era una cosa che Riccobono sentiva diciamo molto forte e logicamente sicuramente da qualche persona diciamo competente, sapeva che il processo se non era seguito sicuramente poteva finire male per come è finito male, perchè dopo Riccobono viene diciamo ucciso.
P.M.:
Quando viene ucciso?
MUTOLO G.:
Viene ucciso il 30 novembre del '92, lo fanno scomparire.
P.M.:
Il 30 novembre del '92?
MUTOLO G.:
(incomprensibile) a Roma e quindi Roma passa il processo e dopo conferma diciamo le condanne per il Davì, Micalizzi e Buffa, quindi la preoccupazione era fondata che aveva il Riccobono, non è insomma che era una preoccupazione infondata o era diciamo un processino già con l'assoluzione, dice "va bene, se sono assolti perchè ci deve essere l'intervento?" no, era una assoluzione diciamo un pochettino forzata per non dire forzatissima, perchè insomma quando ci fu l'assoluzione c'è stato insomma una serie di fatti che... ora a me mi (incomprensibile) dirlo, ma ci fu una forzatura in cui insomma l'assoluzione è nata propria.
P.M.:
E questo in appello.
MUTOLO G.:
IN appello sissignore.
P.M.:
E quindi l'annullamento al quale ha fatto riferimento lei, per chiarirlo, intanto Saro Riccobono se vuole ripetere quando viene ucciso per quello che le risulta?
MUTOLO G.:
30 novembre 1982.
P.M.:
1982. E questo annullamento della Cassazione avviene prima della morte di Riccobono o dopo? MUTOLO G.:Dopo.
P.M.:
Dopo la morte.
MUTOLO G.:
Dopo la morte di Riccobono in Cassazione fanno diciamo il ricorso e passano il processo e il processo ritorna a Palermo. Dopo il processo lo fa un altra Corte in cui condanna... riconferma diciamo la condanna che era stata inflitta nel primo grado.
P.M.:
Ed allora come mai nonostante l'intervento richiesto da Saro Riccobono a Ignazio Salvo il quale avrebbe parlato per quello che vi disse, con l'On. Lima che a sua volta avrebbe parlato con l'On. Andreotti, il processo viene annullato, cioè la sentenza di assoluzione viene annullata dalla Cassazione con rinvio?
MUTOLO G.:
Ma certamente dopo la morte del Riccobono questi personaggi non è che non sanno se Riccobono è morto o è vivo, dopo la morte di Riccobono non ci fu più nessuna pressione, non ci fu nessun interessamento. Certamente se Riccobono era vivo, un mese prima, due mesi prima che si facesse il processo, gli rinfrescava le idee e quindi la sentenza certamente sarebbe stata in una maniera diversa.
P.M.:
Quindi fino al momento in cui Saro Riccobono è vivo, per quello che le risulta, il processo che esito ebbe?
MUTOLO G.:
Guardi, fino a che Riccobono è vivo, in primo grado nel processo ci sono state le condanne, anche se ci furono fatte delle assicurazioni del Presidente, insomma, però insomma ci sono state le condanne. In appello quando c'è stata l'assoluzione noi avevamo diciamo il giudice a latere che era diciamo una persona già parlata tranquilla e pacifica e invece il Presidente che fino all'ultimo momento si è dovuto diciamo ricorrere a una specie di minaccia così, che due ragazzi con una lambrettina hanno fatto finta di avere sbagliato e gli hanno tagliato la giacca, il cappotto, quello che era, però ci furono altri interventi verso il Procuratore Pizzillo in cui si minacciò completamente esplicitamente Riccobono ci mandò a dire che appena c'era questa condanna, diciamo, ci arrivavano dieci scopettate in viso e questo era Riccobono. Ci fu diciamo, altri interventi che gli avvocati in qualche modo dicevano che erano... insomma che lo vedevano perso il processo. Ci fu anche la morte del giudice Cesare Terranova che in qualche modo ha influenzato un poco il Presidente a cambiare perchè fino a qualche mese prima, il Presidente se non ricordo male Farace, che era di Capo d'Orlando, di Messina, aveva un nipote che era un dottore, non so o direttore o dottore al Civico di Palermo, completamente mandò la risposta che lo zio era orientato alle condanne perchè le prove c'erano, va, non è insomma che... Però tutto assieme si forzarono le minacce, le pressioni e quindi è venuta fuori quella sentenza, ma c'erano altri interessamenti anche da altri magistrati.
P.M.:
Ancora tra le cose che lei ha detto per le quali desidereremmo un chiarimento. Ha parlato di Nino e Ignazio Salvo come di uomini d'onore riservati. In maniera sintetica vuole dire che cosa si intende o si intendeva per uomo d'onore riservato?
MUTOLO G.:
Guardi, ci sono dei personaggi importanti, per personaggi che non si vogliono mandare diciamo alla sbaraglio che subito si vuole fare conoscere a tutta l'organizzazione e quindi anche se si sa, anche se uno insomma lo capisce, però non vengono presentati. Nel fatto specifico dei cugini Salvo, si tenevano riservati perchè siccome questi avevano delle attività, degli uffici a Palermo, una volta che un uomo d'onore li conosceva come uomo d'onore, insomma c'era un certo dovere che uno ci poteva andare per disturbarli, per fare qualche cosa. Invece non presentandoli ad altri uomini d'onore insomma si tenevano un pò a disparte, però nell'ambito di Cosa Nostra noi sapevamo che questi personaggi erano i personaggi più importanti diciamo degli industriali, impresari, insomma, che c'erano in Sicilia.
P.M.:
Senta signor Mutolo, vuole ripetere per chiarezza quali erano i tramiti che Cosa Nostra utilizzava per l'aggiustamento dei processi, con riferimento ad esempio all'epoca della morte di Stefano Bontate, cioè fino a quando Stefano Bontate è vivo e dopo che Stefano Bontate viene ucciso. Per quella che è la sua esperienza personale come avveniva? Chiunque di voi poteva parlare con l'On. Lima oppure vi erano delle modalità particolari da seguire?
MUTOLO G.:
No, guardi, c'era diciamo una regola che era più che altro una regola di rispetto e di riservatezza, cioè non tutti potevano parlare diciamo con questi personaggi importanti. In quel periodo quelli che potevano parlare diciamo con l'On. Salvo Lima erano Stefano Bontate, diciamo Gaetano Badalamenti, Mimmo Teresi, Vitale. Se voleva anche Riccobono, però se volevo io, io non ci andavo mai. Bisognava diciamo seguire tutta una prassi, perchè c'erano degli uomini appositamente che avevano i contatti con questi personaggi, altrimenti chiunque si sentiva autorizzato a disturbare una persona del genere. Però chiunque poteva avere di bisogno poteva interferire tramite diciamo questi personaggi. Dopo la morte di Stefano Bontate il compito è passato diciamo a Ignazio Salvo e a Nino Salvo.
P.M.:
Lei ha detto che l'On. Lima si rivolgeva all'On. Andreotti per i problemi che voi gli sottoponevate con riguardo all'aggiustamento dei processi. Questo da chi...
DIFESA:
Non ha detto questo.
PRESIDENTE:
Ha detto soltanto dell'episodio che Salvo...
DIFESA:
Non ha detto questo.
P.M.:
Lei da chi l'ha appreso, se le ha apprese queste notizie.
PRESIDENTE:
Quali?
MUTOLO G.:
Guardi, io le ho apprese, ma guardi, non solo se... Ora sembra che c'era diciamo, che si disturbava magari all'On. Andreotti soltanto per i processi. Non è così, cioè si disturbava per i processi e anche per qualche altra cosa. Io per esempio ho sentito dire più volte da Riccobono e Bontate che quando c'era un fattore importante ma che poteva prescindere dal processo, per esempio come spostare un personaggio importante, non so, in Prefettura, alla Questura, cioè c'erano i modi e a Roma, che a Roma facevano questi movimenti, cioè l'On. Lima interessava diciamo all'On. Andreotti, l'On. Andreotti sapeva come muoversi, insomma, e quindi non so, faccio un esempio, un Questore, va bene, che poteva dare disturbo, non lo so, gli davano la promozione, lo portavano...
DIFESA:
No, non ci interessano gli esempi.
PRESIDENTE:
Fatti specifici Mutolo.
DIFESA:
Fatti specifici, non ci interessano gli esempi a noi.
PRESIDENTE:
Mutolo, deve riferire fatti specifici, non esempi così fatti da lei.
MUTOLO G.:
Signor Presidente, ma io, questi che io sto parlando sono fatti specifici, però io non è che mi ricordo più i nominativi...
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