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Il caso dei Negativland è un episodio
abbastanza conosciuto per gli amanti di musica
sperimentale e di avanguardia. Si tratta di un gruppo
musicale dalle chiare ascendenze situazioniste, che
nel 1991 si è macchiato di lesa maestà nei
confronti di un gruppo basilare dell'attuale
starsystem: gli U2.
I Negativland hanno difatti decostruito I
Still Haven't Found What I'm Looking for
accostando brani della versione originale del pezzo
degli U2 a materiali di varia origine, tra i quali un
nastro registrato del presentatore televisivo
americano Casey Kasem, in cui venivano espressi dei
giudizi pesanti nei confronti del gruppo irlandese.
La dicitura sul disco recitava in grande U2 e un po'
più in piccolo il nome dei Negativland. L'ufficio
legale della Island immediatamente chiese i danni e
il sequestro del disco in questione, producendo così
una serie di contraddizioni tra l'etichetta che aveva
prodotto il disco (la SST) e gli stessi Negativland.
Dopo l'avvenuto sequestro del corpo del reato si
sono prodotte forme di solidarietà in tutto il mondo
nei confronti del gruppo americano: gruppi si sono
organizzati per duplicare il disco incriminato e i
proventi dell'operazione vengono versati su un conto
corrente utilizzato per pagare le spese legali
relative alla causa.
Come ha dimostrato Duchamp molti decenni orsono,
l'atto della selezione può essere una forma di
ispirazione originale e significativa come ogni altra. In
tutti i media possiamo trovare artisti che lavorano selezionando
materiali pre-esistenti, assemblandoli, riutilizzandoli
come creazione e forma di critica. In generale, continua
a essere una direzione che piace sia all'arte seria
che all'arte popolare. Ma si tratta di furto? Gli
artisti hanno o non hanno il diritto di campionare
liberamente (a scopo di lucro o meno) da un ambiente
elettronico già creato che li circonda, per
usarlo nel proprio lavoro?
La psicologia dell'arte ha sempre favorito un furto
frammentario, che non causasse danni al proprietario.
Infatti, la maggior parte degli artisti parla liberamente
e pubblicamente di tutto il materiale di cui si sono
appriopriati in questa o in quella occasione. In questo
regno di idee, tecnoteche, stili ecc., quasi tutti gli
artisti sanno che rubare (anzi, essere influenzati,
termine che suona più legittimo) non solo è OK, ma è
un punto cruciale di ogni evoluzione creativa. È un
percorso documentato che gli artisti hanno attuato da
quando esiste l'arte e che non sarà mai smentito -- è
semplicemente naturale nell'esperienza creativa.
Qualcuno potrà dire che c'è una bella differenza tra il
rubare idee, tecniche e stili che non sono facilmente
protetti e il rubare materiali attuali, che al contrario
sono tutelati dalla legge. Tuttavia, al di là del
fattore deterrente del copyright presente in tutte le
leggi riguardanti l'industria artistica, non possiamo
trovare nulla di intrinsecamente sbagliato nel fatto che
un artista decida di incorporare campioni di arte
già esistente nel suo lavoro. Il fatto di avere leggi
(motivate economicamente) che si oppongono a tutto questo
non rende certamente la cosa meno stimolante e
importante. Infatti, questo tipo di furto ha una
tradizione di tutto rispetto nelle attività artistiche,
fin dalla Rivoluzione Industriale.
Nei primi anni del secolo, i cubisti mettevano insieme
materiali di recupero simili a pacchetti e fotografie dei
loro quadri. Ora questo sembra un desiderio ovvio e
perfettamente naturale di racchiudere e trasformare le
cose esistenti nel proprio lavoro, in una sorta di
dialogo con l'ambiente materiale -- un ambiente materiale
che cominciava a espandersi in modi strani e inediti.
L'appropriazione nelle discipline artistiche ha
attraversato l'intero secolo, passando attraverso i
confini mediatici ed espandendosi costantemente in
rilevanza emozionale dall'inizio alla fine senza curarsi
di ascese e cadute delle frontiere dello stile. Si
è sviluppata nel collage, negli oggetti recuperati del
Dada e nel concetto di detournement, ha raggiunto
le sue vette più alte nell'arte visiva dopo la metà del
secolo con l'appropriazione da parte della Pop Art delle
icone della cultura di massa e dell'immaginario
massmediale. Ora, alla fine del secolo, è nella musica
che ritroviamo la rabbia dell'appropriazione come metodo
creativo e come controversia legale.
Pensiamo sia tempo che l'ovvia validità estetica
dell'appropriazione venga sbandierata in opposizione alla
supposta preminenza delle leggi di copyright, che
reprimono il libero riutilizzo di materiale culturale.
C'è bisogno di ricordare che la proprietà privata della
cultura di massa è una contraddizione in termini?
Gli artisti hanno sempre percepito l'ambiente che li
circonda come un'ispirazione per lavorare e come
materiale crudo da modellare e rimodellare. In
particolare questo secolo ci si è presentato con un
nuovo tipo di influenza sull'ambiente umano. Siamo
immersi in un ambiente mediale in continua crescita. Oggi
siamo circondati da idee, immagini, musiche, testi
inscatolati. Il 70/80% della popolazione mondiale riceve
la quasi totalità delle proprie informazioni dalla TV.
Riceve opinioni. L'incremento del nostro input sensoriale
quotidiano non è basato sulla realtà fisica che ci
circonda, ma sulla saturazione dei media. In quanto
artisti, non possiamo non trovare questo nuovo ambiente
elettrificato una fonte irresistibile di critica e di
manipolazione.
L'appropriazione dall'assalto dei media rappresenta per
noi una sorta di liberazione dal nostro status di
spettatori acritici e sperduti (che tanto piace ai
pubblicitari). È una forma assolutamente necessaria di
autodifesa contro lo sbarramento corporativo
unidirezionale dei media. Appriopriarsi vuol dire
guardare ai media come a un soggetto da catturare,
riarrangiare, eventualmente mutilare e riportare allo
sbarramento da parte di chi ne è assoggettato. Gli
appriopriatori reclamano il diritto a una creazione
speculare.
La nostra cultura corporativa, d'altra parte, è
determinata a raggiungere la fine del secolo, mantenendo
però il suo punto di vista, dipendente da condizioni
economiche, che in tutto questo c'è qualcosa di
sbagliato. Tuttavia, sia a un livello percettivo che a un
livello filosofico, negare che qualcosa, quando viaggia
sulle onde, diventa di pubblico dominio rimane una
scomoda stortura del senso comune -- il fatto che i
proprietari della cultura e della sua distribuzione
materiale possano tranquillamente negarlo, non è che un
omaggio alla loro abilità di ristrutturare il senso
comune per ottenere il massimo profitto.
La nostra evoluzione culturale non concede spiegazioni,
come faceva invece la cultura pre-copyright. La vera
musica folk, ad esempio, non è più possibile. Il
procedimento folk originale di incorporare melodie e
liriche già esistenti dentro canzoni in costante
evoluzione non è possibile se melodie e liriche sono
proprietà privata. Viviamo in una società talmente
soffocata e inibita dalle proprietà culturali e dalle
leggi di copyright che la stessa idea di cultura di massa
si basa essenzialmente sul profitto e sui compensi della
proprietà. Per essere chiari, quando queste leggi si
occupano di chi realizza bootleg sembrano chiudere
un occhio, mentre criminalizzano in partenza l'idea di
creazione.
L'attuale intensa rete internazionale di restrizioni di
copyright ha preso forma durante i congressi mondiali e
non è stata decisa da nessuno che si occupasse
attivamente di arte, bensì da una parassitaria classe
media della cultura -- le corporation e i
potentati manageriali, che vedevano una buona
opportunità per arricchire le loro proprietà e i loro
redditi semplicemente sfruttando un'attività umana, che
procedeva in modo del tutto naturale attorno a loro,
ovvero il riutilizzo della cultura. Questi rappresentanti
della cultura -- gli avvocati dietro gli amministratori,
gli agenti, gli artisti -- si sono dati da fare per
estrarre ogni minima possibilità marginale di
potenziale monetario nelle loro proprietà artistiche.
Tutto ciò viene svolto a norma di legge con la copertura
di sostenere gli interessi degli artisti nel mercato, e
il Congresso, irrimediabilmente chiuso a ogni punto di
vista alternativo, li ospita sempre.
Ci sono due tipi di appropriazione oggigiorno: legale o
illegale. Qualcuno potrà chiedersi perché allora tutti
non seguano le regole operando in modo legale.
Negativland rimane nel lato oscuro delle leggi vigenti,
perché questo ci mantiene fuori dal business. Ecco un
esempio personale di come le attuali leggi di copyright
servano a prevenire totalmente il procedimento creativo
appriopriativo che è parte integrante delle attuali
tecnologie riproduttive.
Per un'appropriazione o un campionamento anche di soli
pochi secondi di qualsiasi cosa, dovrebbero essere fatte
due cose: chiedere il permesso e pagare la tassa di
vendita. L'aspetto della concessione diventa un blocco
inevitabile per chiunque intenda usare il materiale in un
contesto non adulatorio dell'autore e del suo lavoro.
Quanta satira troveremmo se gli autori dovessero chiedere
il permesso all'oggetto della loro satira? La faccenda
della tassa è un ostacolo enorme per noi. Negativland è
un piccolo gruppo di persone che intendono mantenere una
posizione critica e restare fuori dal mainstream.
Creiamo e produciamo personalmente il nostro lavoro, la
nostra label, ci occupiamo personalmente delle
nostre entrate e uscite di denaro. Il nostro lavoro è un
tipico assemblaggio di elementi ritrovati, di frammenti e
citazioni registrate da tutti i media disponibili. Una
cosa che va molto oltre uno o due, o anche dieci o venti
elementi. Possiamo usare anche cento elementi differenti
su un solo disco. Ciascuno dei nostri frammenti audio ha
un diverso proprietario e ciascuno dei proprietari può
essere identificato -- normalmente questo non è
possibile, perché la natura frammentaria della ripresa
casuale dalla radio e dalla TV non comprende nome o
recapito dei legittimi proprietari. Se ciascuno dei
proprietari è riconoscibile, supponendo che sia
d'accordo con il nostro lavoro, ha diritto a ricevere una
somma che va dai cento ai mille dollari. Le tasse di
vendita, naturalmente, esistono in virtù di attività
lucrative interaziendali. Anche se fossimo in grado di
pagarle in qualche modo, rimarrebbe comunque la
frustrazione di avere a che fare con una burocrazia
letargica e immotivata. Sia il nostro budget che la
nostra liberatoria sarebbero interamente fuori dalle
nostre mani e per ottenere la liberatoria potremmo essere
costretti ad aspettare anche per anni. Come piccolo
gruppo indipendente, letteralmente non potremmo lavorare
in tali condizioni. Ogni tentativo di entrare nella
legalità blocca la nostra attività.
OK, siamo solo delle piccole teste dure che si ostinano a
lavorare con metodi non contemplati dalla legge; e se
questo è così problematico, perché non tentiamo di
lavorare in un altro modo? Perché questo modo di
lavorare ci interessa sinceramente, esattamente come non
ci interessa emulare i vari status accomodanti.
Quante prerogative artistiche ci sono date nel mantenere
la nostra cultura della proprietà? L'arte può imboccare
strade talvolta pericolose (il rischio della democrazia)
ma certamente non possono essere dettate dalle
concessioni del business. Se andiamo a guardare in
qualsiasi dizionario, l'arte non viene mai definita come
un businness!
Quando i procuratori del business vogliono porre limiti
alla sperimentazione artistica è segno di uno stato di
cose in buona salute o piuttosto di un incoraggiamento
alla stagnazione culturale?
Negativland propone alcune possibili revisioni alle
vigenti leggi di copyright che potrebbero liberarci di
tutte le repressioni su ogni pratica di appropriazione
frammentaria. In generale, gli intenti su vasta scala
delle leggi di copyright. Ma, per esempio, la tutela e il
pagamento agli artisti e ai loro amministratori potrebbe
essere ristretta all'uso di interi lavori da parte di
altri, o di utilizzi a scopo pubblicitario e commerciale.
Mentre gli autori dovrebbero essere liberi di mettere
frammenti dai lavori altrui nel proprio. Un frammento
può essere definito come meno di un intero, per
dare il beneficio del dubbio all'infallibilità.
Tuttavia, una semplice compilazione di lavori pressoché
interi, se contestata dai proprietari, rischierebbe di
non superare un esame cruciale: se il materiale usato è
sostituito dalla nuova natura del riutilizzo, è qualche
cosa di più che non una semplice somma delle parti?
Confrontando gli esempi attuali, non è una cosa
difficile da valutare.
Oggi, questo tipo di incoraggiamento per la nostra
esigenza vitale di remixare la cultura compare solo in
modo molto vago nelle leggi di copyright sotto la voce uso
corretto (fair use). Gli statuti dell'uso
corretto concedono la libera appropriazione in casi
di parodia o di telecronaca. Correntemente, queste
condizioni sono interpretate in modo conservatore da
tanti violatori. Ci sarebbe un grandissimo
miglioramento se la sezione uso corretto della
legge fosse atta a liberalizzare qualsiasi utilizzo
parziale per qualsivoglia ragione (l'intero è
più della somma delle parti). Se fosse così, il
resto delle leggi di copyright potrebbe rimanere
invariato ed applicabile in tutti i casi di furto integrale
a fini commerciali (bootleg di interi lavori, ad
esempio).
L'importanza della Fair Use Doctrine è che si
tratta dell'unico accenno a una possibilità per la
libertà artistica e di linguaggio nell'intera
legislazione, ed è persino in grado di passare sopra le
altre restrizioni. Processi per appropriazione incentrati
sull'uso corretto e l'assoluta necessità di un
suo aggiornamento potrebbero cominciare a smuovere un po'
questo pantano culturale. Fino a che non ci saranno
aggiustamenti, le società moderne continueranno a
trovare i detentori corporativi delle proprietà
culturali impegnati nell'ostinata battaglia fra il senso
comune e le inclinazioni naturali del loro popolo di
utenti.
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