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UN'INTERVISTA AI CLOCK DVA

   

di Kom-Fut Manifesto
tratto da
DECODER #7

   
    Passioni che ancora bruciano...

I Clock DVA sono stati nel corso degli anni Ottanta una delle formazioni di punta dell'underground inglese più radicale. Padrino della formazione di Sheffield nei primi anni di vita del gruppo fu Genesis P.Orridge (Throbbing Gristle e Psychic TV) che curò la produzione del loro primo tape per la Industrial Records - quel White souls in black suits ristampato di recente su vinile - e che scrisse l'introduzione "Il leone in gabbia" per il loro LP di debutto.
Thirst, primo LP del gruppo uscito nel 1980, è disco che ancora affascina per l'elaborazione coraggiosa di suoni freddi e acuminati - punk, jazz e sperimentazione - domati dalla splendida voce dalla timbrica sferzante di Adi Newton. L'artwork dell'album è affidata a Neville Brody, all'epoca sconosciuto autore della grafica di Cabaret Voltaire e della Fetish Records, che in seguito diventerà il punto di riferimento per il rinnovamento della grafica inglese non solo underground (leggi "The Face").
Dopo un rimpasto di formazione nel 1983 esce Advantage, secondo LP del gruppo, che si ritaglia la fama di capolavoro maledetto degli anni Ottanta.
Advantage è una celebrazione cosciente dell'immaginario noir; in una Parigi fredda e indolente, Newton descrive un mondo sotterraneo dominato da ossessioni, pulsioni viscerali, popolato di "Beautiful losers" con il gelo nell'anima.
L'album vive di secchi refrain funky e squarci di jazz notturno in piccoli capolavori come Dark Encounters, Eternity in Paris e Breakdown, imbevuti di una sensibilità oscura che avvolge tutto il disco. Nel mezzo del tour europeo che segue l'uscita di Advantage, Adi Newton cantante e figura carismatica all'interno del gruppo, abbandona i propri compagni.
Mentre Clock Dva sembrano svanire nel nulla, consegnati per sempre alla storia, Adi inizia a lavorare a "The Anti Group", progetto video/musicale elettronico-sperimentale.
I temi prediletti da "The Anti Group" sconfinano nell'esoterismo più oscuro e i nuovi lavori discografici sono rebus sonori di difficile fruibilità; all'interno del nuovo progetto emerge con prepotenza l'inserimento di video assemblati dai TAG (The Anti Group) stessi e utilizzati nei live-act, costante questa che rimarrà tratto distintivo dei rinati Clock DVA.

Clock DVA come energia che tende al cambiamento

Il terremoto epocale avvenuto nella società occidentale e portatore di un nuovo modello di sviluppo dominato dalla tecnologia non poteva non avere effetti anche nel microcosmo della "deviazione temporale".
La grande trasformazione degli anni Ottanta ha avuto almeno un merito, quello di offrire tecnologie sofisticate a prezzi contenuti, permettendone quindi un utilizzo sociale con conseguente creazione di nuovi linguaggi e comportamenti urbani. Adi Newton recepisce positivamente questo nuovo spirito dei tempi. Sul finire del 1987 si fanno sempre più insistenti le voci di una imminente rifondazione della band. L'anno successivo esce l'EP The Hacker, prima prova discografica dal lontano 1983.
E' un esordio fulminante e dirompente, il suono è diventato un'arma, ossessivo e sinistro, pura elettronica anti-dance, glaciale e vorticosa, dove il ritmo lancinante dei sequencers ti trasporta nel mondo digitale di terroristi matematici, di un'algebra del male.
Il brano viene dedicato a Karl Koch, un hacker tedesco assassinato in un falso incidente automobilistico nei pressi di Amburgo da agenti della CIA.
Nel 1989 vengono pubblicati altri due singoli, The Act e Sound Mirror, che delineano definitivamente la nuova fisionomia sonora dei Clock DVA, con basi elettroniche stratificate e ipnotiche create da computers e sampling machines.

Quando David Lynch incontra il cyberpunk

Buried Dreams, il terzo LP di CDVA, esce nel gennaio del 1990 e risulta per originalità, rigore formale e spessore intellettuale, una pietra miliare del suono elettronico del nuovo decennio. Ancora una volta il mondo connesso ai mille aspetti insondati della psiche umana vengono esplorati in brani-gioiello come Velvet Realm, The Reign e Hide.
Buried Dreams è un manifesto in cui, come ha rilevato Jonathan Selzer di "Melody Maker", la perversione sottile e quotidiana alla David Lynch viene proiettata nell'immaginario violento e ipertecnologico del cyberpunk.
Ma le suggestioni culturali/estetiche entro cui si muovono i CDVA comprendono anche il Divino Marchese e Camus, Man Ray e Baudelaire, Moran e Mandelbrot, intrigando e sorprendendo.
È quindi certamente riduttivo vedere il gruppo di Sheffield come "un gruppo cyberpunk" perché - a parte la stupidità delle etichette - le influenze più evidenti affondano le radici nel Novecento europeo e non solo nella fantascienza contemporanea.

Il futuro contiene molte forme e Clock DVA è una di esse

Il 1992 inizia con la pubblicazione del quarto LP ufficiale della formazione ed è intitolato Man-Amplified. Dal punto di vista sonoro non ci sono grosse variazioni rispetto a Buried Dreams a parte una maggiore sintesi per quanto riguarda la forma espressiva delle canzoni che ricorda per certi versi la "classicità" dei Kraftwerk. Si tratta ancora una volta di un bellissimo album che rende definitivamente CDVA il gruppo seminale dell'elettronica europea.
Il tema centrale di questo lavoro è il rapporto dell'uomo nei confronti della scienza e in particolare verso le macchine e le innovazioni che ne mettono in dubbio il ruolo e il futuro. Impressionante a questo proposito musica e immagini di N.Y.C.
Overload dove le sensazioni di violenza, saturazione e frenesia, tipiche delle megalopoli occidentali, diventano reali, palpabili. Il 1992 li vede finalmente approntare un tour europeo a supporto dell'album appena uscito e, in occasione della data italiana di Castelfranco Emilia, abbiamo chiaccherato amichevolmente con il gruppo di fronte a un'enorme quantità di pizze fumanti...

INTERVISTA

Parliamo del primo singolo dopo la riunificazione, The Hacker, lo si può definire come un brano sulla libertà d'informazione?

Andy Newton: The Hacker parla di potere e tecnologia. Della libertà di informazione. Parla soprattutto di resistenza contro le restrizioni imposte dalla società. Trovare una via di scampo dalle restrizioni. Infatti a fronte di qualsiasi tipo di società autoritaria che cerca di imporre il proprio sistema, ci saranno sempre degli hackers di qualche tipo. Adesso con il sistema dei computers ci sono gli hackers ma il loro spirito è sempre esistito. L'hacker è anche una antica analogia per il simbolo della morte, della distruzione, di una universale oscurità entro tutte le culture. Preferisco pensare ad uno sviluppo euristico e che fare dell'hacking sarà in futuro una cosa non necessaria. Ma sento che non sarà cosi' e forse è impossibile all'interno di una società strutturata come quella attuale. Ci vorrebbe prima un cambiamento completo attraverso lo sviluppo dell'human bio computer.

The Hacker è una canzone politica anche se voi non siete un gruppo politico in senso stretto?

A. N.: È diventata politica perché lo è la natura dell'argomento: la restrizione della libertà. La possibilità di accedere all'informazione è sempre più ristretta e viene utilizzata dalla società, dal governo e dalle potenti organizzazzioni economiche. La conoscenza è potere. L'informazione è controllo potenziale. Siamo sommersi dai numeri."Il numero è in tutto" Baudelaire.

Cosa ne pensi di William Gibson e Bruce Sterling e in generale della corrente letteraria definita cyberpunk?

A. N.: Mi piace quello che ho letto. È interessante. L'idea del cyberspazio è un'area interessante. Penso che tali idee possono essere recepite da un pubblico giovane. Quello di cui si parla probabilmente potrà accadere. Tecnologia e sviluppo apriranno questo spazio. Il problema è che le idee sono molto buone mentre la parte visuale corrisponde a cose già viste. Per esempio la realtà virtuale è interessante ma la sua rappresentazione grafica al momento è molto primitiva. Ci vorrà tempo per svilupparla e per farla conoscere ad un pubblico più ampio. Ci sarà uno sviluppo secondo me soprattutto da parte delle generazioni più giovani che non hanno idee rigide, lo trovano nuovo ed eccitante, non sono spaventati o sospettosi come le generazioni più vecchie.

Siamo rimasti colpiti dai video che vengono proiettati durante lo spettacolo. Da chi vengono realizzati?

A. N.: Li realizziamo noi. Utilizziamo un Amiga 2000 e del software sia standard sia scritto appositamente per noi. Le possibilità grafiche dell'Amiga sono molto buone, anche rapportandole ad altri computer più costosi. La gente oggi è ossessionata dall'hardware, ma ciò che permette di avere dei buoni risultati è la creatività dell'uomo, che è più importante del tipo di computer e di programma usato. Comunque la parte video del nostro lavoro è molto più costosa di quella sonora, sia in termini economici che di tempo impiegato. Registriamo i video in formato Hi-Band fotogramma per fotogramma, con un VCR apposito.

Avete espressamente richiesto dei proiettori video LCD della General Electric. C'è un motivo particolare? (I proiettori LCD sono simili a un proiettore per diapositive, al posto della diapositiva c'è un display a cristalli liquidi a colori. La luce esce in un fascio unico, mentre nei proiettori tradizionali ci sono tre fonti, rosse, verdi e blu che si combinano sullo schermo)

Dean Dennis: La tecnologia LCD risparmia molto tempo che andrebbe perso a regolare la convergenza dei fasci luminosi.
A. N.: Si, l'unico motivo è la praticità d'uso.
Anche con poco tempo a disposizione riusciamo a raggiungere un'ottima qualità d'immagine.

Anni fa abbiamo assistito alla esibizione di TAG (The Anti Group) al festival della musica contemporanea a Prato. Le immagini che proiettavate allora erano molto più hard.

A. N.: Sì, è vero, adesso siamo interessati ad aspetti diversi della ricerca video. La tecnologia che usavamo allora era essenzialmente analogica, mentre adesso passa tutto per il computer. Erano dei cut-up di immagini relative agli argomenti che trattavamo come "Anti Group", con effetti video analogici. Ricercavamo effetti ipnotici mediante la ripetizione di brevi sequenze, con una modulazione della luminosità studiata per interagire con le onde alfa del cervello.
Molte sequenze erano prese da studi clinici sull'epilessia, che può essere appunto scatenata da stimoli audiovisivi a determinate frequenze. Noi non riteniamo l'epilessia una malattia, ma un diverso stato della coscienza. Nelle civiltà antiche gli epilettici erano considerati profeti e veggenti.
Ci sono diverse malattie, come il ballo di San Vito, che provocano gli stessi effetti delle droghe allucinogene come l'LSD. I video che facciamo adesso hanno meno impatto immediato perchè non riprendono soggetti organici.
Sono in tema con la ricerca che facciamo sul rapporto con la tecnologia.

Dopo la rinascita di CDVA è ancora attivo il fronte TAG?

A. N.: Dire che TAG e` attivo non è sufficiente. L'idea dell'"Anti Group" è molto complessa e, a parte la sperimentazione sonora con frequenze e psicofisica, stiamo attualmente lavorando ad un documento di ricerca estesa, basato sulla sonologia e le sue connessioni con scienza, arte, misticismo, voodoo e tecnologia.
Direi comunque che dal 1988 sono stato coinvolto dalla riformazione e dallo sviluppo di CDVA e a mantenere il fronte TAG.

Alcuni spettatori si sono lamentati per la scarsa durata dello spettacolo (45 minuti) e per il fatto che gran parte del suono fosse registrato.

A.N.: Io ho cantato in diretta.
D. D.: È impossibile eseguire completamente dal vivo la nostra musica.
È già molto difficile come facciamo adesso, dobbiamo sincronizzare le varie sorgenti sonore e i video.
A. N.: La durata dello spettacolo è limitata dal fatto che vogliamo proporre solo il meglio della nostra produzione e le cose più recenti. Ci interessa concentrare in poco tempo le cose migliori. Riteniamo di raggiungere una intensità maggiore.

Negli anni Ottanta Sheffield ha dato i natali a gruppi come CDVA, Cabaret Voltaire, In the nursery ecc., è una scena tuttora attiva?

A. N.: Ci sono alcune compagnie che stanno facendo diverse cose. Esistono diversi gruppi. Ognuno lavora ai propri progetti. Non ho molto tempo per vedere cosa succede nella scena musicale. Comunque quello che ho sentito sono cose convenzionali, niente di nuovo, niente che veramente mi ispiri a nuovi orizzonti.

Nel primo periodo di CDVA si percepiva un grosso amore per la musica nera, in particolare il funk e il jazz. Cosa ne pensi della nuova black music, il rap ad esempio?

A. N.: Non ne penso molto. L'ho sentito alla radio ma non mi tocca. Non è che abbia un'idea sul rap. Esiste. Ascolto musica elettronica e sperimentale. Occasionalmente ascolto jazz o classica.
Quando ho il tempo per farlo. Non sempre ho voglia di ascoltare musica, magari ascolto musica diversa da quella che faccio io, per rilassarmi ascolto qualcosa d'altro. Mi piacciono diverse cose.

Quali progetti stanno preparando CDVA per il futuro?

A. N.: Stiamo lavorando a due libri: il primo uscirà quest'anno e conterrà i nostri testi più alcuni scritti inediti e un documento sonoro, il secondo conterrà la storia dei CDVA dal 1978 in poi.
Collegato a questo uscirà un album delle nostre prime registrazioni rimasterizzate in digitale. Il libro è un grosso progetto e servirà tempo per prepararlo e indicativamente sarà pronto per la fine del 1992.
Mi piace pensare che Clock DVA sia un progetto al di là delle classificazioni, vergine di per se stesso.